martedì 14 agosto 2012

(3) XIV.VIII.MMXII/ La civilta’ di un paese si misura dalle sue carceri; scusate, ho sbagliato: dalle sue “case circondariali”, nelle quali quel grand’uomo di Manganelli non entrera’ mai. Forse.===Di seguito l’elenco dei nomi di chi è «morto di carcere»: Antonio Giustino (52 anni, 29 luglio 2012, suicidio); Pop Virgil Cristria (38 anni, 13 maggio 2012 per sciopero della fame); Antonio Padula (46 anni, 14 luglio 2011, suicidio); Salvatore Morelli (35 anni, 1 gennaio 2011, malattia), Luigi Coluccello (55 anni, 12 giugno 2010, suicidio), Emanuele Carbone (71 anni, 31 marzo 2010, malattia); Giuseppe Nardella (45 anni, 13 febbraio 2010, cause da accertare); Rosario Vollaro (38 anni, 12 settembre 2009, suicidio); Gerardo D’Argenzio, 42 anni, 27 luglio 2009, cause da accertare); Vincenzo Coratella (27 anni, 13 dicembre 2008, suicidio); Sophie Chaffurin (43 anni, 19 luglio 2008, suicidio); Giuseppe Mercuri (59 anni, 19 luglio 2008, suicidio); Vincenzo Fazio (51 anni, 18 dicembre 2007, malattia), Mohamed Faleb (24 anni, 6 febbraio 2006, suicidio); Gaetano Maggio, 34 anni, 30 dicembre 2005, suicidio); Satoj Sotaj (40 anni, 5 ottobre 2002, malattia); Gioacchino Sammali (22 anni, 22 marzo 2002, suicidio).---Dal 1990 al 2011, secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero della Giustizia, si sono suicidati 1.128 detenuti: 575 erano imputati, persone cioè in attesa di un giudizio definitivo; 69 gli internati; 483 i condannati definitivi (mentre risulta un solo caso non rilevato). Tra essi, gli stranieri erano 252 e le donne 46.


Stipati come sardine nel supercarcere
Borgo S. Nicola, 21 morti in 10 anni
Crisi: Ue schiva recessione; Berlino, no rinvio salva-Stati

Stipati come sardine nel supercarcere
di STEFANO LOPETRONE
LECCE - Dopo i picchi del 2010, l’andamento del sovraffollamento nel carcere di Borgo San Nicola sembra lineare. Da encefalogramma piatto. È vero non stiamo vivendo, al momento, l’emergenza di due estati fa, con il penitenziario al limite del collasso: si superarono le 1.500 presenze in un posto dove potrebbero vivere solo 656 persone. Ora le cose vanno decisamente meglio: a distanza di due mesi dall’ultimo monitoraggio, il dato non è cambiato affatto. Al 19 luglio i detenuti ospitati nel supercarcere erano 1.311; il 16 maggio (ultimi dati diffusi dalla direzione) ce n’erano appena nove in più, a metà luglio 10. Una stabilità che non deve far perdere la bussola: la situazione è sotto controllo, ma il malato è sempre grave.
Basta infatti un’occhiata ai numeri per capire che il trend è tutto fuorché positivo. Rispetto alla capienza tollerabile, artificio contabile che consente all’amministrazione penitenziaria di stipare quasi il doppio dei detenuti nelle carceri nazionali, il sovraffollamento registrato a Borgo San Nicola è del 14,5%. Tradotto: dove potrebbero essere ospitate 100 persone, in realtà vivono in 115. Il guaio è che tutto, in un penitenziario, è parametrato alla capienza regolamentare. Nel caso di Lecce, la struttura è stata concepita per contenere 656 detenuti, in celle teoricamente riservate a due persone (addirittura in alcuni casi celle singole). Docce, bagni, coperti, spazi all’aperto, trattamento, assistenza sanitaria e soprattutto personale amministrativo e di polizia penitenziaria: tutto è commisurato alla capienza ordinaria o regolamentare. Da questo punto di vista, decisamente meno roseo, la linea piatta del trend racconta di una struttura sotto stress: la percentuale di sovraffollamento è al 99,9%. Dove dovrebbero vivere 100 persone, ve ne sono ammassate quasi 200.
Uno scandalo quotidiano, a cui ormai tutti ci siamo abituati. Al punto da saltare a piè pari il dato della capienza ordinaria per discutere solo di capienza tollerabile. Stiamo attenti, perché se non si torna coi piedi per terra, il rischio è di vanificare lo sforzo compiuto dal governo col piano carceri. Lecce è destinataria di fondi per la realizzazione di un nuovo blocco da 300 posti letto. Sarebbe il settimo, visto che al momento nei 30mila metri quadrati recintati insistono i blocchi Reclusi 1 e 2, Circondariali 1 e 2, Femminile e Dimittendi. La nuova struttura dovrebbe sorgere vicino al blocco C1: la prima pietra non è stata ancora posata, ma i lavori dovrebbero partire entro la fine dell’anno. Questi 300 posti faranno levitare la capienza ordinaria fino a 956. Utilizzato correttamente, il nuovo padiglione consentirebbe di spalmare i 664 detenuti in sovrannumero ora presenti in carcere. A quel punto la percentuale di sovraffollamento scenderebbe al 30% (se riferita alla capienza ordinaria). Sempre pesante, per carità, ma meno stressante per detenuti, lavoratori e struttura. Siccome però l’anello al naso è caduto da un pezzo, c’è da aspettarsi un immediato adeguamento ai parametri della futura capienza tollerabile, che sfiorerà i 1.700 detenuti. Nel nuovo padiglione saranno stipate almeno 500 persone e la situazione non cambierà. Anzi peggiorerà.
Dal monitoraggio emergono altri numeri: gli uomini sono 1.221; le donne 90. Gli stranieri sono complessivamente 331 (308 maschi e 23 femmine); i tossicodipendenti 72. Nel blocco dell’alta sicurezza vivono 236 persone: tutti esponenti della Scu, della Camorra, della Mafia e della ’Ndrangheta.

Borgo S. Nicola, 21 morti in 10 anni
LECCE - Rimbombano in testa come martellate sul cranio. Certi dossier, certe liste, sono tanto utili quanto dolorosi. Il sito internet www.ristretti.it - realizzato dalla redazione di Ristretti Orizzonti e che raccoglie studi, inchieste e tesi di laurea sul mondo delle carceri italiane - aggiorna periodicamente l’anagrafe delle morti in carcere. I dati sono impressionanti: dal 2002 al 2012 (ultimi dati disponibili al 30 luglio) sono decedute nelle patrie galere 1.685 persone. Tra queste ben 598 hanno deciso di togliersi la vita.
La piaga dei suicidi, dei Miché cantati da Fabrizio De Andrè (L’avevan perciò condannato/vent’anni in prigione a marcir/però adesso che lui s’è impiccato/la porta gli devono aprir), periodicamente interessa purtroppo anche Borgo San Nicola. Nell’ultimo decennio hanno perso la vita 21 ospiti del carcere leccese. Di questi casi, 13 sono suicidi acclarati; 2 sono casi ancora da accertare; 5 le malattie; 1 lo sciopero della fame.
I loro nomi, quando si conoscono, sono destinati a restare negli archivi dei giornali, in attesa che qualcuno vada a rispolverarli. Diversamente sono destinati all’oblio. Di seguito l’elenco dei nomi di chi è «morto di carcere»: Antonio Giustino (52 anni, 29 luglio 2012, suicidio); Pop Virgil Cristria (38 anni, 13 maggio 2012 per sciopero della fame); Antonio Padula (46 anni, 14 luglio 2011, suicidio); Salvatore Morelli (35 anni, 1 gennaio 2011, malattia), Luigi Coluccello (55 anni, 12 giugno 2010, suicidio), Emanuele Carbone (71 anni, 31 marzo 2010, malattia); Giuseppe Nardella (45 anni, 13 febbraio 2010, cause da accertare); Rosario Vollaro (38 anni, 12 settembre 2009, suicidio); Gerardo D’Argenzio, 42 anni, 27 luglio 2009, cause da accertare); Vincenzo Coratella (27 anni, 13 dicembre 2008, suicidio); Sophie Chaffurin (43 anni, 19 luglio 2008, suicidio); Giuseppe Mercuri (59 anni, 19 luglio 2008, suicidio); Vincenzo Fazio (51 anni, 18 dicembre 2007, malattia), Mohamed Faleb (24 anni, 6 febbraio 2006, suicidio); Gaetano Maggio, 34 anni, 30 dicembre 2005, suicidio); Satoj Sotaj (40 anni, 5 ottobre 2002, malattia); Gioacchino Sammali (22 anni, 22 marzo 2002, suicidio).
Ad essi vanno poi aggiunti due detenuti italiani di 25 anni morti nel luglio del 2004, uno straniero di 30 anni morto nel maggio del 2010 e un 48enne italiano scomparso per malattia il 17 settembre 2010. I loro nomi non sono stati resi noti. Dal 1990 al 2011, secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero della Giustizia, si sono suicidati 1.128 detenuti: 575 erano imputati, persone cioè in attesa di un giudizio definitivo; 69 gli internati; 483 i condannati definitivi (mentre risulta un solo caso non rilevato). Tra essi, gli stranieri erano 252 e le donne 46.

Crisi: Ue schiva recessione; Berlino, no rinvio salva-Stati
Reggono Pil Germania-Francia ma Ue scivola; Rehn,bene Italia
14 agosto, 19:36
(di Domenico Conti) (ANSAmed) - ROMA - L'Eurozona evita per un soffio la recessione grazie alla crescita migliore del previsto di Germania e Francia. Ma i Diciassette chiudono il secondo trimestre comunque in negativo, trascinati dai maxi-debiti e dall'austerity. Una schiarita, sul fronte della crisi, arriva dalla Corte costituzionale tedesca che - spiega un portavoce - non vede ragioni per rinviare il suo verdetto sul fondo salva-Stati oltre il 12 settembre. E così il ricorso di un gruppo di accademici non potrà bloccare l'atteso via libera dei giudici di Karlsruhe al fondo Esm, indispensabile per potenziare il 'firewall' anti-crisi europei e per far partire anche il contributo anti-spread della Bce. Parole positive sono arrivate anche dal Commissario Ue agli Affari Economici, Olli Rehn, che ha sottolineato l'irreversibilità dell'euro e promosso le misure "significative" dell'Italia "per rafforzare le riforme strutturali". Ora "é molto importante che continui".
 Sul fronte macroeconomico, tuttavia, le luci di oggi non cancellano le 'ombre' che aspettano l'Eurozona nella seconda parte dell'anno. Il prodotto interno lordo dei 17 Paesi dell'euro ha chiuso il periodo aprile-giugno con un -0,2%, in linea con le previsioni, appesantito dalla frenata di investimenti e consumi: si torna in negativo per la prima volta dal 2010, cioé dall'onda lunga della grande crisi iniziata negli Usa e culminata con il disastro di Lehman Brothers. Tuttavia Eurostat ha rivisto i dati del primo trimestre e stima ora una crescita piatta contro il precedente -0,1%. La recessione tecnica, due mesi consecutivi in rosso, è dunque evitata per un soffio, anche se gli economisti non cambiano più di tanto il quadro negativo dei mesi a venire, e in molti si aspettano un Pil in rosso nel periodo luglio-settembre, che certificherebbe la recessione. Ken Wattret, di Bnp Paribas, è convinto però che si tratti solo di una "tregua temporanea", mentre Martin Van Vliet di Abn Amro dice che "abbiamo già un piede nella recessione". E' la locomotiva tedesca a risollevare la crescita media d'Europa: il Pil tedesco è cresciuto dello 0,3% lo scorso trimestre rispetto ai tre mesi precedenti, quando aveva segnato +0,5%, dunque una frenata che tuttavia supera le stime di un +0,2%. E un contributo arriva anche dalla Francia, seconda economica europea, che ha chiuso con un Pil invariato anziché negativo come si aspettavano gli economisti (-0,1%), e dall'Olanda, cresciuta dello 0,2% contro il -0,3% atteso. I numeri non sono bastati a evitare l'impatto negativo sulla media europea da parte di Italia (-0,8%) e Spagna (-0,4%), per non parlare delle profonde recessioni in atto in Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro e Malta. E va in profondo rosso anche la Finlandia (-1%), a dimostrazione che la crisi del debito comincia ad avere un pesante impatto anche fra i 'virtuosi' della finanza pubblica. L'appuntamento con la recessione su scala europea è probabilmente solo rinviato all'estate: l'attività manifatturiera e dei servizi dei Diciassette è scesa ancora a luglio, la disoccupazione viaggia all'11,2%, un tasso record. In Germania, dove secondo il governo consumi ed export hanno continuato a produrre crescita, i mesi estivi dovrebbero segnare un'ulteriore frenata e l'indice Zew sulla fiducia degli investitori indica una gelata, scendendo a -25,5. L'Italia, terza economia dell'euro, sembra lontana dal ritorno alla crescita (Eurostat rileva un crollo dell'8,2% della produzione industriale, con la Penisola fanalino di coda dell'Ue). Mentre è la Banca di Francia a prevedere che anche Parigi farà i conti con la crescita negativa nel terzo trimestre.(ANSAmed).



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