lunedì 13 agosto 2012

Si sta’ facendo notte (Renato Zero)


Quando l’imprenditore si sente operaio. Ilvo Diamanti
asterisco





1. La notte prima delle nozze
Con le frequenti svalutazioni della Lira degli anni settanta ed ottanta del secolo scorso, l’industria padana ha navigavato a naso, faceva cash flow sul magazzino prodotti finiti appena si svalutava, e rimandando il piu’ possibile l’acquisto delle materie prime: produceva utili “immediati e dentro”, grazie alla svalutazione, e scaricava i “costi del personale fuori”, grazie alla Cassa Integrazione guadagni, pagata dallo Stato con le tasse dei contribuenti. In sostanza gli imprenditori padani scaricavano il costo della svalutazione sul cittadino, per ben due volte: in veste di consumatore finale e di contribuente dell’Erario. Gli imprenditori padani si erano, cosi’ di fatto, trasformati in “produttori a commessa”, repentinamente, cosa ben diversa da quello che i giornalisti galbanini dicevano e scrivono. In sostanza, grazie alle barriere doganali sull’import dei prodotti finiti, il prezzo delle svalutazioni della Lira e’ sempre stato addossato al consumatore: Erario dello Stato, imprenditori padani, salariati e dipendenti di tutte le latitudini erano e sono coperti sull’inflazione dai contratti nazionali; chi piu’ chi meno. I piccoli imprenditori hanno imparato ben presto l’adagio, si sono organizzati, anche perche’ – spesso – ex dipendenti delle “grandi aziende padane” e con il management di queste ben ammanigliati. Non e’ questione di imprese statali, parastatali, partecipate o private, nella logica degli appalti e subappalti questo e’ un dettaglio. Capito mi hai?
Chi ha pagato? Il retail, i piccoli artigiani, i pensionati di medio-basso livello, i giovani del sud alla ricerca di lavoro stabile nel settore privato (che non c’era piu’ gia’ fine degli anni ’80, quelli del “risanamento craxiano in salsa milanese), le famiglie numerose, i lavoratori autonomi (che si sono immersi nel sommerso), e tutti i soggetti che si possono catalogare come “deboli”, perche’ non “protetti”.

2. L’alba dell’Euro....
..la stampa galbanino scriveva, in sostanza: la Lira e’ la colpa delle nostre infinite svalutazioni, del rincaro dei prezzi all’ingrosso ed al consumo, dell’inflazione importata, del disagio dell’apparato industriale, della disoccupazione strutturale; un giornalista rai considero’, in diretta tv, che – in fondo – non era mai stata un “vera moneta”: concordo, non lo e’ mai stata, serviva esclusivamente alle ragioni di scambio dell’industria padana, all’interno dei confini (prezzi-costi) come all’estero (costi-prezzi). E la stampa galbanino continuava: con L’Euro si risolveranno i problemi di stabilita’ dell’apparato produttivo della parte piu’ avanzata del paese, che si sarebbe potuto porre rimedio “all’arretratezza del Sud”, che avrebbe visto investimenti dall’estero. E continuava con corbellerie del genere. Naturalmente a spese del contribuente, per ben due volte: la prima perche’ i giornali erano lautamente finanziati dal Contribuente e quindi dal lettore, la seconda perche’ lo stesso lettore - a pagamento dei giornali - diventava un “sciosciammocca”.

3. Il giorno della Germania
Intanto che i padani spalavano “gratis et amore dei” soldi pubblici e Fas, grazie ai governi Berlusconi e Prodi, Angela Merkel ordinava – ogni tanto - un serie di cosette, robette da ridere:
1. Accordo strategico tra datori di lavoro e rappresentanze della manodopera, comportante sacrifici per gli operai ed impiegati, contenuti dal perfetto welfare state finanziato dal debito pubblico: una scommessa sul futuro.
2. Fuoriuscita dal nucleare, una botta di costi che taglierebbe le gambe alla Francia. Ma i tedeschi vanno avanti.
3. Adozione dell’euro in quanto leva strategica sul mercato mondiale. Per la Germania, ovvio.
Angela – ne sono convinto – e’ europeista. Ci crede veramente e fermamente, e quando un capo tedesco comunica la sua convinzione agli elettori, volenti o nolenti, gli opinion leaders e rappresnetanti della societa’ civile si allineano, e lavorano per il fine individuato. Il resto son chiacchiere da Sali e Tabacchi. Angela e’ una grande leader.
Angela vuole l’Europa virtuosa. La virtu’ concepita in salsa germanica e’ quella del lavoro di qualita’, sempre piu’ perfezionato, senza limiti di budget o di tempo, col fine ultimo della leadership del prodotto nel suo comparto e segmento. Questa e’ in estrema sintesi la Germania del XXI secolo: qualita’, quantita’ e designer. In tutto il mondo. Chi ci sta’ – dice Angela - si impegni a lavorare, il Paese che non ci sta’ se ne vada, e quello non ce la fa chieda aiuto, in modo chiaro ed esplicito: per noi tedeschi e’ un’opportunita’ di ulteriore sviluppo.
C’e’ da specificare che gli aspetti finanziari che privilegiano oggi la Germania sui bond, mi riesce difficile ipotizzare che siano stati pianificati, a livello politico o industriale, mi riesce piu’ semplice intuire che sono semplicemente un “derivato della cretinaggine altrui”. Rispetto alla germani il resto dei paesi dell’Ue non conta un “belino”, come si dice a Genova, tutti i paesi dell’Ue non esportano – messi insieme – neanche la meta’ di quanto esprta in tutto il mondo la Germania.

4. Si sta’ facendo notte
Il sistema dei “pesi e contrappesi” che ha governato l’economia e la redistribuzione del reddito nel belpese padanino e’ entrato in coma irreversibile il giorno dell’adozione dell’Euro. L’atteggiamento della stampa galbanino nei confronti dell’Euro e’ gradualmente, inesorabilmente, radicalmente cambiato: ora c’e’ addirittura chi vagheggia il ritorno alla tanto vituperata “liretta”. La verita’ e’ che la farsa e’ finita: la produzione industriale padana non e’ mai stata di eccellente qualita’, adesso e’ pietosa. Prendete un qualsiasi prodotto padano e confrontatelo con uno d’origine europea. Misurate qualita’, prezzo ed affidabilita’: cosa esce fuori? Ma gli imprenditori padani se la prendono con il costo del lavoro; per la serie: quando uno e’ incapace, la colpa e’ sempre di qualcun’altro. In Germania la risorsa lavoro e’ considerata e valutata – giustamente – come la Risorsa Principe di un’azienda, quella dalla quale deriva la qualita’ insita nella quantita’ del prodotto finito. I padani invece scappano verso l’Europa dell’est, dove la manodopera costa due copechi al giorno. Dove sperano di continuare a “menar il cane per l’aia”: li’ cercano di spillar soldi all’Ue o ai governanti di quei paesi, esattamente come hanno fatto per 50anni nel belpaese. Qualcuno ci riesce, e ripete il rapporto di ricatto che gli ha tanto fruttato nel belpaese (assunzioni Vs finanziamenti, salario Vs facilitazioni).
In questo quadro l’area che mantiene le quote sull’export, consolidandole, e’ il Mezzogiorno, con il suo formidabile paniere di prodotti agro-alimentari di qualita’, sia della fascia alta di mercato che in quella media. Con la produzione artigianale di nicchia, con l’assoluta leadership nel Mediterraneo in tutti i campi e comparti del Settore Primario. Il Mezzogiorno e’ una delle zone piu’ ricche d’Europa, se si considera il contributo del Terziario avanzato. Il resto son chiacchiere da barsport.
Il tizio che ha scritto l’articolo sopra e’ un sociologo, cosi’ mi par d’aver capito in internet, uno di quelli che misurano i fenomeni quantitativi e poi ci scrivono sopra ricamando pseudo-letteratura. Questo qui ha fatto il “grande balzo” come esegeta della Lega padana. Poi ha avuto il posto nel gironale in cui adesso scrive e dunque ha preso le distanze da quello che era prima. Niente era e niente e’. Infatti nell’articolo di sopra ci sono almeno due errori marchiani, di quelli che un sociologo non potrebbe permettersi di manifestare. Ma chi se ne frega, il tizio aveva in mente di dare un quadro moral-spirituale della religione a cui appartiene: la sociologia industriale. C’e’ una branchia di questa materia che si occupa di archeologia. Credo che i padani ed i loro sociologi debbano prenderla in seria considerazione, l’Euro non perdona.
Adesso son stufo, vado al mare. Questo scritto potrebbe – forse – essere meno peggio. Ma non ho voglia di rileggerlo, tantomeno di riscriverlo. Saluti
grecanico

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