sabato 29 settembre 2012

(2) XXIX.IX.MMXII/ Sono uccelli senza sale.


Alcoa, fallita la trattativa con Glencore Gli svizzeri rinunciano all'acquisto
Sanità, il disavanzo è da capogiro ma la Calabria è la regione che spende meno per tutelare la salute
Casa:Cgil,oltre 3mln famiglie in disagio
Fisco, allarme di Squinzi: "Stiamo morendo di tasse Rinunciamo a incentivi"
Spagna: Governo taglia stime deficit di bilancio 2012 al 7,4%

Alcoa, fallita la trattativa con Glencore Gli svizzeri rinunciano all'acquisto
ultimo aggiornamento: 29 settembre, ore 16:22
Roma, 29 set. (Adnkronos/Ign) - Glencore rinuncia all'acquisto dello stabilimento dell'Alcoa di Portovesme: la societa' lo ha comunicato formalmente in una lettera giunta nella tarda serata di ieri al ministero dello Sviluppo economico.
Di fatto la rottura e' avvenuta sul prezzo: non e' stato possibile superare lo 'scoglio' rappresentato dal costo dell'energia chiesto da Glencore per i prossimi 10 anni (non avrebbe dovuto superare i 25 euro/Mwh).
"Con una volonta' meramente propositiva, desideriamo semplicemente sottolineare che con l'applicazione dei meccanismi illustrati arriviamo ad un costo finale dell'energia pari a 35 euro/MWh, prezzo che si e' rivelato insufficiente a garantire anche la continuita' produttiva di Alcoa" si legge nelal lettera inviata dal manager Daniel Goldberg al ministero dello Sviluppo Economico. Nel testo si sottolinea come "l'operazione di acquisizione dello stabilimento Alcoa di Portovesme si possa definire solo ed esclusivamente a condizioni economicamente sostenibili". In questo contesto, sottolinea Goldberg, "ci spiace dovere rilevare che il costo dell'energia a 35 Euro/Mwh evidenzia una diseconomia non sostenibile".
Glencore ribadisce di non voler "richiedere al governo violazioni alla legislazione europea esistente ma semplicemente 'suggerire' percorsi alternativi certi che, ove praticabili, avrebbero potuto portare a riequilibrare quei fattori produttivi non sostenibili economicamente".
"Prendiamo atto del fatto che le strade proposte non incontrerebbero i favori della comunita' europea e, pertanto, Vi confermiamo che allo stato attuale e in questa situazione non siamo interessati a proseguire il discorso anche in ragione del fatto che l'attuale gestore dell'impianto, alle stesse condizioni, accumula perdite rilevanti che hanno portato alla decisione di chiudere lo stabilimento". Tuttavia, conclude la lettera, Glencore resta disponibile a un confronto "qualora fossero possibili soluzioni alternative atte a creare condizioni economiche sostenibili e certe"
Dopo la lettera inviata al governo c'e' comunque la possibilita' di far ripartire il dialogo perche' la multinazionale svizzera "sa che una eventuale soluzione deve andare bene a tutte le parti in causa, non solo a una" sottolineano fonti vicine al dossier evidenziando come l'azienda a questo punto si aspetti, se possibile, una risposta dal governo visto che "le cose possono cambiare in futuro".
La linea di Glencore, quindi, sarebbe quella della "disponibilita' a trovare una soluzione che vada bene all'azienda come ai sindacati", ma senza recedere da quella che viene definita "una posizione molto chiara, e cioe' l'assenza di condizioni per rendere conveniente" l'attivita' dell'impianto di Portovesme. Scarse appaiono le possibilita' di un rilancio visto che, ricordano le fonti, "Glencore conosce molto bene l'impianto e la regione" e non sembra interessata neppure dalla concorrenza del fondo americano Clash, che ha espresso interesse per il sito sardo. Su questo punto, non sembrano avere effetto neppure i 'pungoli del ministro Passera che ha ricordato come "per fortuna ci sono anche altri" ad avere manifestato interesse per l'impianto Alcoa. "Glencore - spiegano - e' pronta a dare il suo contributo, ma ben venga se qualcun altro riesce a trovare una soluzione migliore" per il futuro di Portovesme.
I sindacati esortano il governo a non mollare. Per il segretario generale della Cisl Sardegna, Mario Medde, la lettera di rinuncia della multinazionale svizzera è "all'interno delle dinamiche contrattuali''. ''Ognuno difende la propria posizione sul costo dell'energia - dice Medde - che Glencore vuole a 25 euro a Megawatthora, mentre il governo e' fermo a 35 euro. Non e' la fine del confronto, che dovra' continuare''.
''Glencore chiede 25 euro a Mwh, cifra che crediamo meritevole di approfondimento, perche' sostiene economico quel prezzo per la produzione e quindi per l'acquisto di Alcoa. Il governo - spiega Fabio Enne, Segretario Generale della Cisl del Sulcis Iglesiente - sostiene irricevibile la proposta assicurando un prezzo per 3 anni e non lo stesso prezzo per almeno 10 anni tanto èvero che per i primi 3 il costo dell'energia sarebbe di 35 euro MWh e poi schizzerebbe a 40 euro''.
Secondo Mario Ghini, segretario nazionale della Uilm, "sembra che Glencore lasci la porta aperta" a eventuali trattative, "ma adesso sta al governo mettere in campo gli strumenti perche' questa discussione possa andare avanti". "Capisco che il governo nicchia, perche' sulla questione energetica e' facilissimo e costoso prendere una infrazione dalla Commissione Europea, ma - sottolinea Ghini - non possiamo far si' che attivita' importanti per l'Italia se ne vadano via". Per questo, conclude, il nostro governo "deve iniziare a battere i pugni sul tavolo in Europa per ottenere quegli strumenti che ci permettano di mantenere in Italia certi tipi di industria".

Sanità, il disavanzo è da capogiro ma la Calabria è la regione che spende meno per tutelare la salute
Uno studio di Confartigianato rileva come in Italia i costi del settore siano più alti rispetto al resto dell'Eurozona. E nella punta dello Stivale, nonostante un debito da 632 milioni accumulato in tre anni, si investono 1.704 euro per ogni cittadino: a Bolzano se ne spendono 550 in più. Eppure il bilancio è in attivo
di ANDREA GUALTIERI
NONOSTANTE sia una delle regioni con il disavanzo più elevato nel settore della sanità (632 milioni accumulati tra il 2008 e il 2011), la Calabria è la porzione della Penisola nella quale in difesa della salute dei cittadini si investe la quota più bassa in assoluto: appena 1.704 euro pro capite, 150 euro meno della media nazionale, 550 in meno di quanto si spende nella provincia autonoma di Bolzano che nonostante questo figura tra le aree più virtuose, tanto da portare in bilancio addirittura un attivo di 65 milioni.
I dati appaiono in un rapporto redatto da Confartigianato e presentato nell'ambito del Festival della Persona in corso di svolgimento ad Arezzo. E dall'analisi emerge che in Italia, più che nel resto d’Europa, ammalarsi non conviene: tra luglio 2007 e luglio 2012, i prezzi dei servizi e prodotti sanitari sono cresciuti del 14,1%, vale a dire 5,7 punti in più rispetto all’aumento dell’8,4% nell’Eurozona. Secondo Confartigianato, a far registrare i maggiori rincari sono stati medicinali, prodotti farmaceutici, attrezzature e apparecchiature medicali i cui prezzi sono saliti, tra il 2007 e il 2012, del 13,6%, ad un ritmo quasi triplo rispetto al 5,0% dell’Eurozona, quindi con un differenziale che arriva a 8,6 punti.  Molto elevata la differenza Italia-Ue anche per i servizi ambulatoriali i cui prezzi in Italia salgono del 18%, rispetto al 10,4% rilevato in Eurozona.

CALABRIA IN CODA... - Il rapporto di Confartigianato analizza anche la spesa pubblica per la sanità: tra il 2000 e il 2011 è cresciuta del 64,1%, con un ritmo doppio rispetto dell’aumento del 31,9% registrato dal Pil. Nel 2012, la spesa pubblica sanitaria ha raggiunto la somma di 114,5 miliardi, pari al 7,2% del Pil e al 14,2% della spesa pubblica complessiva. Nel 2011 la spesa sanitaria pro capite in Italia ammonta a 1.851 euro per abitante. La più elevata si riscontra a Bolzano con 2.256 euro per abitante, seguito dalla Valle d’Aosta con 2.222 euro, da Trento con 2.209 euro, dal Friuli Venezia Giulia con 2.074 euro, dal Molise con 2.057 euro e dalla Liguria con 2.044 euro. La spesa sanitaria pro capite più bassa è appunto in Calabria, con 1.704 euro per abitante.
Ma tra il 2000 e il 2011 la crescita maggiore della spesa sanitaria si riscontra a Trento con un aumento dell’87,3%. Al secondo posto il Friuli Venezia Giulia con un aumento del 75,2%. All’opposto, dinamiche meno accentuate si registrano nelle Marche con il 54,7%, nel Piemonte con il 51,6%, in Liguria con il 51,4%, in Campania con il 50,0%, in Calabria con il 47,9% e in Abruzzo con il 43,9%.

...MA COL DEBITO ALTO - Nella classifica delle regioni con il disavanzo più vistoso nel servizio sanitario, al contrario, la Calabria si trova invece ai primi posti mentre la "spendacciona" provincia autonoma di Bolzano risulta essere la più virtuosa.
In testa, nella graduatoria del disavanzo, c'è il Lazio che, tra il 2008 e il 2011, da solo cumula un disavanzo sanitario di 4.958 milioni, pari al 45,0% del totale, seguito dalla Campania con 2.337 milioni pari al 21,2%, dalla Puglia con 1.103 milioni pari al 10,0%, dalla Sardegna con 786 milioni pari al 7,1%, dalla Calabria con 632 milioni pari al 5,7% e dalla Sicilia con 592 milioni pari al 5,4%. Sul versante opposto della classifica, sono 8 le regioni virtuose che tra il 2008 e il 2011 hanno cumulato un avanzo: il valore più elevato in Emilia Romagna con 113 milioni, seguita da Bolzano con 65 milioni, dal Veneto con 63 milioni, dal Friuli Venezia Giulia con 59 milioni, dalle Marche con 52 milioni, dalla Lombardia con 45 milioni, dall’Umbria con 32 milioni e dal Piemonte con 28 milioni.
Facendo un calcolo pro capite, il disavanzo nella sanità pubblica cumulato tra il 2008 e il 2011 incide per 182 euro. E la zona che investe di più per ogni cittadino (Bolzano) è anche quella che presenta un bilancio più roseo: 128 euro di attivo pro capite, seguita dal Friuli Venezia Giulia con 47 euro pro capite. 
Valori di gran lunga superiori alla media nazionale per quanto riguarda il disavanzo si riscontrano invece nel Lazio dove il disavanzo sanitario nel quadriennio 2008-2011 pesa per 865 euro per abitante, seguito dal Molise con 722 euro per abitante, dalla Sardegna con 469 euro per abitante, dalla Campania con 401 euro per abitante. La Calabria è quinta con 314 euro per abitante.
29 settembre 2012 10:43

Casa:Cgil,oltre 3mln famiglie in disagio
a fronte di 2,4 mln in 2010
29 settembre, 11:49
(ANSA) - ROMA, 29 SET - Oltre tre milioni di famiglie italiane spendono piu' del 40% del proprio reddito per far fronte alle spese dell'abitazione a fronte dei 2,4 milioni nel 2010, una soglia di fatto difficilmente sostenibile. Lo afferma la Cgil in uno studio nel quale si sottolinea che l'incidenza media delle spese legate alla casa e' passata dal 28,4% del 2010 al 31,1% per il 2012. ''Un impennata - scrive la Cgil - frutto dei rincari delle utenze, della tassa Imu, del peso dei mutui e degli affitti''.

Fisco, allarme di Squinzi: "Stiamo morendo di tasse Rinunciamo a incentivi"
ultimo aggiornamento: 29 settembre, ore 17:30
Torino, 29 set. - (Adnkronos/Ign) - ''Le imprese stanno morendo di fisco, per questo siamo disposti a rinunciare a tutti gli inventivi in cambio di una riduzione fiscale a carico di imprese e famiglie''. Lo ha detto il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi, che intervenendo agli Stati generali del Nord promossi dalla Lega, si dice d'accordo ad evitare ''l'accanimento terapeutico'' nei confronti di imprese senza futuro, cosi' come proposto il manifesto presentato da Maroni.
''Questo Paese - ha sottolineato Squinzi - ha vissuto per tre decenni da cicala sprecando molte risorse per sostenere imprese decotte. Siamo disposti a rinunciare agli incentivi, anche perche' dei trenta milioni stimati dal rapporto Giavazzi di sostegno alle imprese solo poco piu' di tre arrivano a quelle private, ma chiediamo come ritorno una riduzione della pressione fiscale''.
Ricordando che l'Italia paga di tasse 20 punti in piu' della Germania ''che e' il nostro competitor principale'', Squinzi ha ribadito che le imprese sono disponibili a rinunciare agli incentivi in cambio di una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese. ''Per noi non e' un grande sforzo rinunciare agli incentivi, sarebbe un vantaggio rinunciare a 3 mld di risorse se ci abbassassero le tasse di 30 mld, saremmo contenti'', ha aggiunto.
Il presidente della Confindustria boccia invece la proposta avanzata dal Carroccio di passare dai contratti collettivi nazionali a quelli territoriali. "Non sono d'accordo sui contratti territoriali, il contratto nazionale e' importante perche puo' recepire le specificita' e le autonomie delle diverse categorie". Per Squinzi inoltre, "nel contratto nazionale si possono introdurre flessibilita' e modi di gestire nuovi, poi la contrattazione finale si puo' fare in azienda".
Quanto al decreto sviluppo, "segnali positivi ci sono senz'altro - dice - pero' bisogna realizzarlo''. ''Aspettiamo che sia realizzato, poi tireremo le conclusioni'' sottolinea Squinzi.
Il presidente di Confindustria parla anche di costi della politica e ipotesi Monti-bis. ''Da imprenditore che gira per il mondo vedo che le Regioni fanno tanti sprechi. Al di la' di quelli che leggiamo sui giornali delle feste in costume, anche nella promozione delle imprese nel mondo ci sono sprechi inconcepibili''.
Squinzi esorta a non parlare di di Monti bis. "Da italiano e da imprenditore mi auguro che un paese di 60 milioni di persone, la settima-ottava economia al mondo, sia capace di esprimere con un voto popolare un governo capace di governare''. Per il leader degli industriali quindi "non è questione di nomi, se Monti si presenta e raccoglie la maggioranza per me va benissimo''.

Spagna: Governo taglia stime deficit di bilancio 2012 al 7,4%
29 Settembre 2012 - 17:58
 (ASCA-AFP) - Roma, 29 set - Il deficit pubblico spagnolo nel 2011, inizialmente previsto all'8,9% del Pil, e' stato rivisto al 9,44%, per raggiungere il 7,4% nel 2012, invece del 6,3% promesso all'Ue.
 Lo ha annunciato il ministro spagnolo del Bilancio, Cristobal Montoro, secondo cui la revisione al ribasso delle stime e' dovuta agli aiuti pubblici concessi alle banche, entrate in crisi sin dallo scoppio della bolla immobiliare nel 2008.
 Montoro ha tuttavia assicurato che il Governo prevede che gli aiuti vengano ripagati, confermando di fatto la stima finale del deficit 2012 al 6,3% del Pil, come concordato con l'Unione Europea.
fch/mau


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