lunedì 14 ottobre 2013

XIV.X.MMXIII – Antonio Corrado: La storia drammatica di abusi e incuria, che danneggiano irrimediabilmente il nostro patrimonio culturale si ripete in lungo e in largo nel territorio della Magna Grecia, tra Basilicata e Calabria.---BARI - «Adesso la sfida del Mezzogiorno è occuparsi non più solo dei propri fatti specifici ma anche di quelli nazionali». Alessandro Laterza, vice presidente di Confindustria, sarà l’ultimo con le deleghe per il Sud: la riforma di Confindustria ha infatti abolito il Comitato Mezzogiorno.

Dalla Calabria alla Basilicata una storia di abusi e incuria
Laterza: «Ora il Mezzogiorno può occuparsi anche del Paese»
Ue-17:produzione industria, +1,0% agosto
Polonia terzo Paese al mondo per attrazione industrie
Crisi: Grecia; disoccupazione devasta fondi previdenziali




Dalla Calabria alla Basilicata una storia di abusi e incuria
Il sindaco di Cassano allo Jonio, Giovanni Papasso, racconta la sua lotta contro il fango
di ANTONIO CORRADO
CASSANO ALLO JONIO - La storia drammatica di abusi e incuria, che danneggiano irrimediabilmente il nostro patrimonio culturale si ripete in lungo e in largo nel territorio della Magna Grecia, tra Basilicata e Calabria.
Lo sa bene il sindaco di Cassano allo Jonio, Giovanni Papasso, che da dieci mesi combatte la sua battaglia per salvare gli scavi archeologici di Sibari, dal fango riversato lo scorso 18 gennaio dal fiume Crati. Oggi, dopo dieci mesi, l’area archeologica più vasta di quella metapontina, invasa da 220mila metri cubi di acqua (a Metaponto ce ne sono 80mila), è ancora piena di fango.
«Purtroppo è così -ci confessa Papasso, 55 anni, sindaco di Cassano dal maggio 2012- ed io sono pervaso sempre di più da un sentimento di tristezza, perché al di là dei primi interventi coordinati dal ministero per i Beni culturali, quello che si avverte oggi è l’impressione dell’abbandono. Per questa ragione solidarizzo con la popolazione lucana, la Sovrintendenza regionale, il Comune e la direzione dell’area archeologica di Metaponto. La storia si è ripetuta e leggo che a Metaponto è la terza volta in cinque anni; una dato che non si può proprio tollerare.
Qui si sta ancora combattendo per liberare gli scavi dal fango, abbiamo operato con i fondi Por e la partecipazione del ministero, ma oggi è ancora tutto fermo, con il parco abbandonato nella melma. Per tutti noi è un dovere morale, civile e culturale preservare la storia in modo che venga tramandata ai nostri figli. Non è tollerabile che a Metaponto, gli scavi facciano da vasca naturale alle piene del Bradano. Apprezzo molto l’iniziativa del Quotidiano, che ha raccolto tantissime firme di persone molto importanti, sensibilizzando tutti rispetto a questo tema, perché gli uomini finiscono ma la storia va avanti».
Papasso lancia l’idea di una battaglia comune di Basilicata e Calabria per salvare questo patrimonio dalla rovina definitiva. A Sibari, come anche per certi versi in Basilicata, il sindaco è costretto a combattere anche contro l’abusivismo, che causa l’allagamento degli scavi. «E’ proprio così -spiega- perché in quella zona gli agrumeti fanno da barriera al normale deflusso dell’acqua e deviano tutto verso gli scavi. Nei giorni scorsi, durante un sopralluogo, ho verificato che un agricoltore per accedere al suo agrumeto ha aperto un varco sulla sponda del fiume indebolendola e mettendo ancora più a rischio gli scavi. Poi ci sono agrumeti sopraelevati, o realizzati in Siti di interessi comunitari. Ho emesso diverse ordinanze di eradicazione e denunce alla Procura, ma finora ho rimediato solo gomme squarciate e graffi sulla mia auto. Non importa, io vado avanti nella mia battaglia per la legalità».

Laterza: «Ora il Mezzogiorno può occuparsi anche del Paese»
Il vice presidente di viale dell’Astronomia
«Il Sud esce con un ruolo ampio dalla riforma»
BARI - «Adesso la sfida del Mezzogiorno è occuparsi non più solo dei propri fatti specifici ma anche di quelli nazionali». Alessandro Laterza, vice presidente di Confindustria, sarà l’ultimo con le deleghe per il Sud: la riforma di Confindustria ha infatti abolito il Comitato Mezzogiorno. Ma il Sud, per Laterza, cambia solo ruolo, assumendone uno più stimolante.
Come ci si sente ad essere l’ultimo presidente del Comitato Mezzogiorno, la Confindustria del Sud? Chi lo fa notare in questi giorni, lo dice facendo sottintendere che adesso il Mezzogiorno sparisce da Confindustria.
«È oggettivamente così: io sono l’ultimo presidente del Comitato Mezzogiorno. Non è invece vero che il Mezzogiorno sparisce da Confindustria. Anzi, nel progetto di riforma di Confindustria il Sud cambia ruolo e diventa protagonista nazionale e non esclusivamente titolare dei propri interessi e problemi. E ciò, tra le altre cose, è garantito dal fatto che ci sarà sempre un vice presidente espresso dal Sud, anche se non ricoprirà, come avviene fino ad oggi, il ruolo di presidente del Comitato Mezzogiorno».
La parola Sud, comunque, nel Consiglio delle rappresentanze regionali per le politiche di coesione scompare.
«Il Consiglio delle rappresentanze regionali per le politiche di coesione è un organismo più importante: chiamarlo Consiglio, nel gergo confindustriale, non è irrilevante, significa che è un organo di rango superiore rispetto al Comitato. Ne faranno parte i 20 presidenti regionali, di cui 8 del Sud, che quindi assumeranno anche un ruolo più importante rispetto a quello rivestito adesso. E tutti avranno uno stesso peso, il Molise varrà come la Lombardia».
Ma è giusto che Lombardia e Molise abbiano pari dignità?
«Nel caso specifico sì, perché è un Consiglio delle rappresentanze regionali. Il rapporto tra la Confindustria del Molise e la Regione Molise è lo stesso che intercorre tra la Confindustria lombarda e la Regione Lombardia».
Torniamo alla domanda precedente. Il Sud che scompare dal nome.
«Adesso si parla di coesione. E la coesione è un fatto tecnico, va dal Nord al Sud, sebbene sia chiaro a tutti che ha maggiore rilevanza al Sud».
Da una parte si parla di coesione e dall’altra si stabilisce l’alternanza alla presidenza del Consiglio tra Centro-Nord e Sud. Insomma, da una parte si cancella il Sud immergendolo nel resto del Paese, dall’altra il Mezzogiorno mantiene una sua rilevanza assestante. Non è poco coerente?
«No. Perché i livelli sono differenti. Da una parte c’è il Consiglio delle rappresentanze regionali per le politiche di coesione dove, appunto, le politiche regionali devono dare riconoscimento a ciò che le regioni possono offrire, siano del Nord o del Sud. Dall’altra c’è il Comitato di coesione territoriale con 8 rappresentanti del Sud e 3 del Nord, sempre presieduto da un imprenditore meridionale, in cui si riconosce che la coesione ha maggiore rilevanza al Sud. La vera sfida del Mezzogiorno, però, è nel Consiglio».
Qual è la sfida?
«La scommessa del Mezzogiorno è passare da occuparsi dei propri fatti specifici a quelli nazionali. Se è vero che lo sviluppo del Paese non può prescindere dal Sud, il Sud si deve mobilitare in una sfida di sistema generale. In pratica, deve dimostrare di poter dare un contributo al sistema Paese».
È con questi argomenti che è riuscito a trasformare l’iniziale ostilità degli imprenditori meridionali alla riforma confindustriale a due soli voti di astensione in giunta, quelli dei campani Sabino Basso e Mauro Maccauro?
«Inutile negare che la discussione intensa, al nostro interno, c’è stata. E ciò, oltre a essere fisiologico, è anche sano. Poi, però, si arriva a un punto in cui ci si rende conto della necessità di rivisitazione della macchina complessiva di Confindustria. E quindi il progetto passa all’unanimità con due sole astensioni, tra l’altro motivate dal desiderio di capire più a fondo il meccanismo complessivo della riforma. Io, quindi, le considero un auspicio a una prossima compiuta partecipazione anche della Campania».
Sono possibili modifiche della riforma licenziata dalla giunta fino all’approvazione da parte dell’assemblea nella prossima primavera?
«Sono possibili modifiche e anche più. Perché il documento su alcune tematiche pone delle questioni lasciandole appositamente aperte. Ad oggi abbiamo approvato delle linee programmatiche che fissano dei principi che, se da una parte, ovviamente, non possono essere stravolti, dall’altra vengono affidati alla fase di attuazione. Penso, per esempio, al principio delle aggregazioni tra le Confindustrie territoriali. L’indirizzo c’è, ma come si dovrà attuare è un discorso ancora aperto, bisognerà metterlo in pratica. Adesso è partito il processo costituente».
L’obiettivo è di passare dalle attuali 120 associazioni territoriali a 50, anche con meccanismi di incentivazione. Si è fatto un’idea di come dovrebbero cambiare Puglia, Campania e Sicilia?
«Le mie idee le tengo per me, dovranno essere le associazioni territoriali a evidenziare i progetti più praticabili. Si vuole ridurre il numero ma, si badi, nessuno ha mai detto che in presenza di un’aggregazione sparirà un’associazione e resterà in piedi solo l’altra: ci saranno comunque due sedi. Non è un fatto di muri, ma una questione di sinergia di servizi».
Michelangelo Borrillo

Ue-17:produzione industria, +1,0% agosto
Ma -2,1% su base annuale in Eurozona
14 ottobre, 11:01
(ANSA) - BRUXELLES, 14 OTT - La produzione industriale nell'Eurozona a agosto ha registrato un aumento di +1,0% rispetto al mese precedente; a luglio la produzione era scesa dell'1,0% su giugno. Lo rileva Eurostat che per l'insieme della Ue-28 indica un aumento dello 0,5%. Su base annuale, ovvero rispetto ad agosto 2012, la produzione industriale è in calo, tanto nei 17 paesi della moneta unica (-2,1%) quanto nei 28 della Ue (-1,6%). I cali più marcati, in Svezia (-7,9%), Grecia (-7,5%), Irlanda (-5.9%),Italia(-4,6%)

Polonia terzo Paese al mondo per attrazione industrie
Unica nazione della Ue a evitare la recessione del 2009
12 ottobre, 10:52
(ANSA) - VARSAVIA - Secondo le classifiche Bloomberg la Polonia è il migliore paese della Comunità economica europea sul versante affari. Nel rapporto Fdi Intelligence (Financial Times) la Polonia ha guadagnato il terzo posto a livello mondiale, dietro la Cina e gli Usa, come migliore 'location' per i progetti manifatturieri. Secondo il report sulla Attrattività europea stilato da Ernst & Young, nei prossimi tre anni la Polonia sarà il secondo Paese più attrattivo in Europa (dopo la Germania) in termini di investimenti. Il report ha messo in luce in Polonia una situazione macroeconomica stabile, annotando che il paese è stato l'unico della Ue ad evitare la recessione del 2009, e che da quando la crisi si è verificata la Polonia ha raggiunto la crescita più elevata non solo nell'area ma in tutta l'Unione. Un report della Banca Mondiale sugli Affari nel 2013 conferma che la Polonia ha guidato la classifica globale dei paesi più innovatori. Il Paese ha rilanciato la capacità di fare affari attraverso quattro riforme in campo istituzionale e in quello dei regolamenti, rendendo più facile registrare una proprietà, pagare le tasse, applicare i contratti, e risolvere le insolvenze. Il valore degli Investimenti Diretti Esteri che la Polonia ha attratto nel 2011 ha raggiunto 13.567 miliardi di euro, con un incremento del 30% rispetto all'anno precedente. Il numero dei nuovi progetti di investimento è in costante crescita, specialmente nei settori automotive, ricerca e sviluppo, elettronica e chimica. Il mercato polacco, forte di 38 milioni di consumatori, è uno dei più grandi d'Europa. La favorevole collocazione del Paese, nel centro del vecchio continente dove le maggiori vie di comunicazione si intersecano, rende possibile esportare merci verso tutti i Paesi europei e così raggiungere più di 500 milioni di consumatori. Mentre il debito pubblico è un problema per molti Paesi, il rapporto tra debito pubblico e Pil in Polonia è significativamente sotto la media (57%). La valutazione del clima per gli investimenti per gli imprenditori esteri sta migliorando di anno in anno. Tutti questi fattori, uniti alla sicurezza internazionale del Paese e alla sua stabilità garantita dalla sua appartenenza alla Nato e alla Ue, fanno della Polonia un partner credibile e importante per gli investitori stranieri. (ANSA).

Crisi: Grecia; disoccupazione devasta fondi previdenziali
14 ottobre, 10:25
(ANSAmed) - ATENE, 14 OTT - Il continuo aumento della disoccupazione in Grecia - che a luglio ha toccato il 27,6% - oltre a una pesante ricaduta sul benessere delle famiglie ha avuto pure un devastante effetto sulle finanze del principale Istituto di Previdenza Sociale ellenico, l'Ika, che dal 2009 ha visto i contributi versati dai lavoratori ridursi di quasi un quarto. Dall'inizio della crisi economica, sei anni fa, l'Ika ha perso quasi il 24% dei contributi, la maggior parte dei quali (il 77,65%) proveniva dai lavoratori nel settore delle costruzioni edilizie.
 Secondo dati ufficiali, l'Ika si attende di chiudere l'anno incassando contributi per 10,78 miliardi di euro, con un vero e proprio crollo di 5,08 miliardi rispetto a quanto incassato quattro anni fa quando l'istituto aveva 460.794 iscritti più di oggi. Dei 10,78 miliardi che entreranno nelle casse dell'istituto, l'Ika dovrà pagarne 9,56 in pensioni entro la fine dell'anno.(ANSAmed).

Nessun commento: