I nuovi poveri sono i pensionati e i giovani
Basilicata: pochi tributi, molta spesa. Le società
petrolifere devono pagare
Il Governo mantiene gli accordi, in legge stabilità arrivano
110 milioni per i lavoratori precari
Imprese, contribuenti.it: l'export corre grazie al sud.
Made in: Comi, Germania non europeista guida fronte 'no'
Crisi nera a Palermo: nel 2013 chiuse oltre mille imprese
25 novembre 2013 - 12:41 - Cronaca
Regionale,Economia
La crisi del commercio e del
turismo colpisce anche nel 2013 la provincia di Palermo: nei primi 10 mesi di
quest’anno si sono registrate 1002 chiusure di imprese. E sempre la provincia
del capoluogo dell’Isola e’ in testa alla classifica regionale per il record
negativo di cessazioni di attivita’ nel settore alimentare: oltre cento imprese
hanno calato la saracinesca.
E’ quanto emerge dai dati
dell’osservatorio di Confesercenti che a livello nazionale, da gennaio a
ottobre, ha registrato la cessazione di 60 mila aziende. In Sicilia si sono
rilevate le perdite di imprese di maggiore consistenza. “Se da un lato –
commenta il presidente di Confesercenti Palermo, Mario Attinasi – assistiamo ad
un piccolo ma incoraggiante segnale di ripresa (da gennaio ad ottobre sono nate
543 nuove imprese nel settore del commercio e del turismo), dall’altro ci
ritroviamo a fare i conti con le banche, col sistema fiscale e con le pubbliche
amministrazioni. Punto centrale – spiega Attinasi – e’ ad esempio l’accesso al
credito. Gli istituti bancari devono tornare a dare fiducia alle imprese. Va
poi rimodulato il sistema fiscale e contributivo. Con la crisi che viviamo e’
divenuto insostenibile. Le imprese non riescono a pagare oggi neanche i propri
contributi. Infine il rapporto tra le pubbliche amministrazioni e le imprese.
Le aziende hanno bisogno di un supporto, di un sostegno concreto. Spesso per
regolamenti e leggi ormai inadeguate e obsolete le pubbliche amministrazioni
finiscono, invece, per danneggiare la vita stessa delle imprese”.
I nuovi poveri sono i pensionati e i giovani
Tra spese di medicinali e bollette
sono in forte difficoltà anche tutte le famiglie monoreddito dell'area etnea
CATANIA - I nuovi poveri di
Catania? Sono pensionati, giovani e nuclei familiari monoreddito. È quanto
emerge da una ricerca che la Cisl etnea ha effettuato, in collaborazione con
l'Università degli studi di Catania, su un campione di oltre duemila famiglie.
I catanesi sono stati interpellati su crisi, recessione e tassazione e la
fotografia che è venuta fuori è un quadro fatto di solitudine, spese elevate
per farmaci e bollette, con i nuovi poveri che hanno pudore nel rivolgersi a
strutture di assistenza. Le zone più a rischio? Quella metropolitana con i
quartieri storici etnei, dove la situazione è più critica che in altre aree.
Anziani soli con pensioni inadeguate, donne tra i 45 e 64 anni in nuclei
familiari senza reddito, adulti con famiglie numerose e reddito insufficiente,
tutti cittadini catanesi costretti a cambiare stile di vita per la povertà che
li ha colpiti, ma anche timorosi nel rivolgersi ad associazioni di assistenza.
Le criticità prevalenti in provincia di Catania e le nuove povertà che la crisi
ha fatto emergere, sono state svelate dalla ricerca condotta dalla Cisl e dalla
Fnp Cisl etnee, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze politiche dell'Università
di Catania, su un campione di 2269 intervistati nell'ambito del convegno
«Famiglia e povertà, welfare sostenibile per le nuove povertà», che ha
registrato anche le analisi e le proposte scaturite dalla ricerca.
LA STATISTICA - La ricerca è stata
condotta su tre aree: Metropolitana con i quartieri di Catania Barriera,
Picanello e Fortino, e i comuni di Gravina, Mascalucia, Misterbianco, San
Pietro Clarenza e Paternò, la zona Ionica con Aci Sant'Antonio, Acicastello,
Acireale, Giarre, Riposto e Viagrande; e, infine, la fascia Pedemontana -
calatina con Adrano e Caltagirone. Il 26% degli interpellati non percepisce
alcun tipo di reddito, il 20% ha perso il lavoro negli ultimi due anni e il 36%
del campione sul quale sono stati rilevati i dati non possiede una casa di
proprietà.
SOLITUDINE E POCA INFORMAZIONE -
«I profili venuti fuori dalla ricerca - ha spiegato Simona Gozzo, docente di
Sociologia, del Dipartimento di Scienze Politiche e sociali dell'Università di
Catania - sono tre: il primo si caratterizza per la solitudine, la mancanza di
informazioni rispetto alle strutture e ai servizi di assistenza e l'elevata
spesa per farmaci, casa e bollette. Il secondo è tipico di soggetti che
dichiarano di aver cambiato stile di vita per mancanza di reddito, motivi di
salute o per questioni familiari. Il terzo profilo è caratterizzato da soggetti
dal reddito assente o non sufficiente e con famiglia numerosa, che cambiano
stile di vita per cause connesse al lavoro e che conoscono le strutture di volontariato.
Un'ulteriore problematica è riferita ai soggetti giovani che vivono in nuclei
familiari con minori e che, pur in condizioni precarie, vengono aiutati dal
nucleo familiare da cui, verosimilmente, ancora dipendono».
IL DRAMMA SOCIALE - Per quanto riguarda
le criticità per area, si sono distinti i profili prevalenti nelle tre aree
ionica, metropolitana ed extra-metropolitana del catanese per meglio orientare
la programmazione degli interventi socio-assistenziali. Il profilo più
problematico risulta essere quello metropolitano, caratterizzato da condizioni
sostanzialmente insostenibili sul piano economico, con un'alta incidenza di
famiglie senza reddito o con reddito insufficiente per far fronte alle spese
mensili. L'area pedemontana e quella del Calatino si presentano con meno
problematiche, mentre alla ionica non si associano specifiche criticità. «Un
dramma sociale», così lo ha definito Marco Lombardo, segretario generale Fnp
Cisl Il segretario generale della Cisl Rosaria Rotolo ha quindi invitato tutte
le forze sociali e le istituzioni a identificare le maggiori criticità
definendo le priorità di azione per migliorare l'intero sistema del welfare
etneo.
25 novembre 2013
Basilicata: pochi tributi, molta spesa. Le società
petrolifere devono pagare
Siamo una regione fiscalmente non autonoma. Il perno
ruota sempre attorno alle compagnie petrolifere: molto cambierebbe se avessero
la domiciliazione fiscale dove estraggono. Con Ires e Irap, senza aumentare le
royalties, la Basilicata avrebbe maggiori opportunità
di VALERIO PANETTIERI
POTENZA - La Basilicata è un fanalino di coda
nell’economia italiana. E il lavoro che propone Giuseppe Tralli dal blog
Basilicatapost.it è una analisi che ci riporta sistematicamente al punto di
partenza nel dibattito sulla questione petrolifera in Basilicata. Come è
possibile che in una regione colonizzata da Eni e Total ci si ritrovi comunque
a fare i conti con una situazione economica che non permette alcun tipo di
crescita? Vero, con le royalties la lucania ha potuto garantire un servizio
sanitario che nel resto del meridione si invidia, ma potremmo anche fermarci
qui. Il discorso era stato accennato quando Total ha inaugurato a Corleto
Perticara, pochi mesi fa, la scuola di formazione per 54 lucani che dopo un
percorso di studi di tre anni potranno lavorare all’interno dell’azienda. Non
c’è nessuna voglia, da parte delle grandi multinazionali petrolifere, di domiciliare
parte delle proprie aziende in Basilicata. Così ancora oggi si discute di
percentuali e royalties mentre in sostanza le grandi compagnie continuano a non
pagare Irap e Ires non essendo domiciliate in Basilicata. E questo è,
diciamolo, un problema. Lo è perché non tanto dall’Irap ma dall’imposta sul
reddito delle società, con una aliquota piuttosto alta si potrebbero fare
entrare non pochi spiccioli alla Basilicata. In realtà il sistema di tassazione
prevede che il denaro arrivi allo Stato, che poi dovrà redistribuirlo alle
Regioni.
Si tratta comunque di un punto di partenza necessario se,
come a quanto pare vuole fare il neo governatore Pittella, si vorrà chiedere di
più allo Stato in merito alla gestione e allo sfruttamento del territorio
lucano. È vero anche che la fiscalità è piuttosto pressante in Italia (circa il
34%) ma comunque, a quanto pare, non tanto da intaccare i giganteschi patrimoni
petroliferi. Vale quindi la pena discutere di royalties o si può fare un
piccolo passo in avanti nella discussione? Diciamo che è una base solida per
ridiscutere anche della distribuzione della ricchezza in Basilicata. Se è vero
che le compagnie devono restare è giusto che per loro sia oneroso. la
battaglia, sul piano politico, non sarà poi tanto facile: non si può obbligare
un’azienda a domiciliarsi, tutto questo mentre lo Stato discute anche se sia
giusto o meno distribuire le royalties in tutto il territorio nazionale.
lunedì 25 novembre 2013 08:01
Il Governo mantiene gli accordi, in legge stabilità arrivano
110 milioni per i lavoratori precari
L'emendamento è stato avanzato alla Commissione bilancio
del Senato, così come era stato annunciato nei giorni scorsi anche dopo
l'incontro con il governatore Scopelliti. I fondi per il 2014 sono destinati ai
lavoratori socialmente utili, ma dovranno essere divisi con Palermo e Napoli
CATANZARO - Arrivano 110 milioni per il 2014 per i
lavoratori socialmente utili della Regione Calabria. Lo prevede un emendamento
del governo alla legge di stabilità che l'esecutivo si accinge a presentare in
commissione Bilancio del Senato. Nei giorni scorsi la protesta dei lavoratori
socialmente utili si era fatta molto dura, fino a presidiare palazzo Campanella
(GUARDA LE FOTO). Resta solo un dubbio, ancora da chiarire completamente
rispetto ai reali contenuti: i fondi, infatti, dovrebbero essere divisi con
Napoli e Palermo. Occorre capire in che proporzioni e se quelli previsti per la
Calabria basteranno a garantire un risultato concreto.
Ad annunciare la decisione del Governo era stato nei
giorni scorsi il governatore Giuseppe Scopelliti. «Più volte a Roma, nel corso
di riunioni con il vicepremier Angelino Alfano - aveva detto il governatore -
avevo sollecitato il Governo ad occuparsi concretamente delle problematiche del
precariato calabrese». L’emendamento, per come era stato annunciato, prevede
che all’articolo 7 della legge di stabilità 2014, il comma 6 aggiunga un
passaggio «per fare fronte all’eccezionale necessità di risorse finanziarie da
destinare ai lavoratori socialmente utili e a quelli di pubblica utilità della
Regione Calabria e altresì ai lavoratori di cui alla legge della Regione
Calabria 13 giugno 2008, n. 15».
Di fatto si tratta dell'autorizzazione alla spesa di
circa 110 milioni di euro per l’anno 2014. «Nell’emendamento in questione -
afferma Scopelliti - sono presenti infatti le risorse per la copertura delle
mensilità del 2013 a cui la Regione ancora non aveva fatto fronte».
"IL NORD SI RIBELLERA'" - Alla notizia dei
fondi per i precari è seguita una polemica innescata dal capogruppo della Lega
Nord in Senato, Massimo Bitonci, che ha detto: "Per i disoccupati, esodati
e cassintegrati del Nord non c'è nemmeno un euro ma quando si tratta degli
amici clientelari assunti come lavoratori socialmente utili i soldi si trovano
sempre. Come se già non fossero sufficienti i 99 milioni regalati agli Lsu di
Napoli e Palermo il governo si è preoccupato di presentare un emendamento per
altri 110 milioni solo per gli Lsu calabresi. Governo Letta vergognati. Il Nord
si ribellerà".
venerdì 22 novembre 2013 20:09
Imprese, contribuenti.it: l'export corre grazie al sud.
COMUNICATO STAMPA 23.11.2013
Economia
ROMA - Grazie alla diffusione nel mondo della "Dieta
mediterranea", cresce nei primi 6 mesi del 2013 l'export dei prodotti
agroalimentari ed enogastronomici italiani verso il Nord America con +4,3 per
cento, la UE con +3,2 per cento, ed il sud Asia con 2,6 per cento.
In media, le esportazioni dei prodotti agroalimentari ed
enogastronomici sono aumentate del +3,9 per cento dei primi sei mesi del 2013,
con il Sud in crescita del +12,7 per cento, il Centro del +6,9 per cento,
mentre dati negativi si registrano nel Nord est con -1,1 per cento e nel nord
ovest con -0,8 per cento.
La Sicilia batte tutti con +23,8 per cento, seguita dalla
Campania con +18,2 per cento e Puglia con +12,3 per cento. Bene anche il Lazio
con +7,5 per cento, l'Abruzzo con +6,8 per cento ed il Molise con +6,2 per
cento.
Nello stesso periodo decrescono nell'export tutti i paesi
concorrenti ad ec! cezione della Spagna con +2,2 per cento e Portogallo con
+1,7 per cento. Male va la Francia con il -4,2 per cento, la Germania con il
-3,3 per cento e la Gran Bretagna con -2,6 per cento.
È quanto diffuso dal presidente di Contribuenti.it
Associazione Contribuenti Italiani Vittorio Carlomagno, nel corso del convegno
su «Dieta mediterranea e sviluppo economico" organizzato dal Centro Studi
e Ricerche Sociologiche "Antonella Di Benedetto" di Krls Network of
Business Ethics nell'ambito del progetto YAMABELL 2.0, promosso
dall'Associazione Contribuenti Italiani, che si rivolge alle imprese che sono
interessate a lavorare in rete avvalendosi dell'esperienza di Teams
professionali di Business Conselors e Coaches Aziendali, con la mission di
supportare, promuovere e sviluppare l'aggregazione di piccole e medie imprese,
italiane ed europee, su programmi comuni, centrati sui mercati esteri.
"L'aggregazione, o rete d'imprese, - ha affermato
Vittorio Carlomagno - può offrire una ri! sposta ai limiti dimensionali delle
nostre aziende, favorendone l'accesso all'estero e accrescendo o diversificando
la gamma di prodotti e servizi offerti"
"Contribuenti.it intende promuovere tali iniziative
- ha concluso Vittorio Carlomagno - incentivando i processi di cambiamento
delle aziende italiane, adeguandole agli standard internazionali (Europa, Usa e
Giappone), rendendo il sistema economico più competitivo".
Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani
L'ufficio stampa Infopress 3314630647 – 0642828753
Made in: Comi, Germania non europeista guida fronte 'no'
21 novembre, 18:26
(ANSA) - STRASBURGO, 21 NOV - E'
la Germania a guidare nel Consiglio Ue il fronte del 'no' alla proposta per il
'made in', sostenuta da Italia, Francia e Spagna. E' la denuncia lanciata
dall'europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, che ricorda come venerdì
scorso un blocco di paesi, guidato appunto dalla Germania, abbia frenato
nuovamente l'avanzamento della proposta Tajani-Borg nella riunione dei
rappresentanti permanenti dei 28 a Bruxelles. Con la Germania, a quanto si
apprende, sono schierati una quindicina di paesi tra cui Svezia, Olanda, Gran
Bretagna, e Finlandia. "Si critica tanto il nostro Paese in sede europea,
ma è questo l'europeismo portato avanti dalla Germania" dice Comi.
"La battaglia per ottenere nuove regole
sul 'made in', che l'Italia porta avanti con forza da anni, rischia ancora una
volta di vedere uno stop per l'opposizione dei Paesi del Nord Europa - afferma
la deputata Fi - A capo del fronte del 'no' c'è la Germania. La commissione
Mercato interno del Parlamento, di cui sono membro, ha approvato lo scorso
ottobre la nuova proposta di Regolamento relativa alla sicurezza dei prodotti
di consumo presentata da Antonio Tajani, responsabile Ue per l'industria e
Tonio Borg, commissario alla Salute. L'articolo 7 prevede l'indicazione di
origine dei prodotti, ma anche stavolta, in seno al Consiglio, l'armata dei
Paesi contrari sta bloccando la sua adozione".
"La presidenza del Consiglio, affidata
alla Lituania, ha tentato venerdì scorso di presentare un compromesso che
potesse far incontrare i due punti di vista divergenti - aggiunge la
parlamentare che sabato prossimo a Milano parteciperà alla tavola rotonda
'Leggere l'etichetta' - Ma la contrarietà resta.
Da una parte ci sono i Paesi del
Sud Europa, Italia, Spagna, ma anche la Francia, favorevoli al marchio
d'origine. Contrari i Paesi del Nord con in testa la Germania".
Comi sottolinea l'importanza del
provvedimento, che da quasi dieci anni rimbalza fra le istituzioni europee,
ricordando che la tracciabilità dei prodotti è indispensabile per combattere la
contraffazione dei prodotti, "un mercato del falso che vale 200 miliardi
di euro l'anno a livello mondiale e 17 miliardi in Italia, con una perdita di
185 mila posti di lavoro". (ANSA).
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