mercoledì 8 dicembre 2010

Il Cancelliere Merkel ed il bilancio.


di grecanico

Punto uno. Merkel boccia Tremonti: no agli aeuro bonds - ultimo aggiornamento: 06 december 2010 14:33. La proposta lanciata dalle colonne del Financial Times dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker sopravvive lo spazio di un mattino. Prima della solenne bocciatura da parte di Angela Merkel. Moody's intanto ha abbassato oggi il rating dell'Ungheria da 'Baa1' a 'Baa3' per le "preoccupazioni sulla stabilita' finanziaria di medio-lungo termine".
L'idea di Tremonti e Junker. "L'Europa deve formulare una risposta forte e sistemica alla crisi", scrivono Tremonti e Juncker sottolineando che "ciò può essere ottenuto lanciando gli E-bonds o obbligazioni sovrane europee, emesse da un'Agenzia europea del debito che succeda all'attuale Efsf (il fondo europeo salva-Stati)". Secondo Tremonti e Juncker, "il Consiglio europeo potrebbe quanto prima in questo mese avviare la creazione di tale agenzia, con il mandato di raggiungere gradualmente un ammontare di emissioni equivalente al 40% del Pil dell'Unione europea e di ciascuno Stato membro".
Lo stop del cancelliere. Per Angela Merkel, invece, non c'è nessun bisogno di aumentare l'entità del fondo europeo anticrisi che ammonta attualmente a 750 miliardi di euro. E soprattutto, ha lasciato intendere il cancelliere al termine di un incontro con il premier polacco, Donald Tuskil, il Trattato europeo non consente l'emissione degli eurobond invocati da Tremonti e Junker: quello che serve è piuttosto rendere automatiche le sanzioni per coloro che sforano il Patto di Stabilità.
Nessun necessità di uniformare i tassi . Al vertice Ecofin di oggi, ha aggiunto Merkel, si discuterà, invece, per l'ennesima volta del pacchetto di aiuti messo a punto per l'Irlanda e dei cambiamenti "semplici" dei trattati europei per creare un meccanismo permanente di aiuto. Fra l'altro, Merkel ha motivato il suo 'no' agli euro-bonds perché in questo modo si eliminerebbe la concorrenza a livello europeo sui tassi di interesse. "Il livello dei tassi di interesse - ha sottolineato il cancelliere tedesco - rappresenta anche un incentivo a realizzare gli obiettivi del patto di stabilità e di crescita".
I ministri dell'euro gruppo hanno di fronte la richiesta più o meno esplicita del Fmi perché venga aumentato il fondo di 750 miliardi di euro. Non bastasse, Dominique Strauss-Kahn chiede alla Bce di intensificare gli acquisti di titoli del debito pubblico dei paesi euro in difficoltà, per scoraggiare la speculazione.
Punto due. Intervista a Michael Stuermer - "Questa è una provocazione, i tedeschi non pagano per tutti"
di Tarquini Andrea - martedì 7 dicembre 2010
«La proposta di eurobond può solo minacciare di creare una letale levata di scudi degli elettori tedeschi contro l'euro. I tedeschi non vogliono abbandonare l'euro, ma rifiutano spese incontrollabili, facciamo tutti attenzione a non provocare troppo i nostri elettori».
Il giudizio a caldo viene dal professor Michael Stuermer, uomo-chiave dell'establishment di Berlino. Massimo storico e politologo conservatore nel paese, fu consigliere di Kohl per l'Europa negli anni-chiave dell'unione monetaria. Ecco il suo parere.
Professor Stuermer, che ne dice della proposta di Tremonti e di Junker di creare eurobond? «Mi sembra sbagliata, fuorviante. Il risultato finale potrebbe essere solo lo sfascio dell'Unione monetaria e dell'Unione europea in generale. I tedeschi diranno di no, se si decide a maggioranza nella Ue i tedeschi perderanno. Ma il no perdente dei tedeschi porterebbe conseguenze».
Quali? «L'Unione monetaria non può essere a lungo termine una transfer-union, un'unione monetaria per il trasferimento di risorse. Noi tedeschi abbiamo affrontato lo shock della riunificazione, e non abbiamo mai concesso simili garanzie al Meclemburgo-Preopomerania o ad altri BundesLaender poveri o iperindebitati dell'Est del nostro paese».
E la priorità di salvare l'Europa e l'euro? «E' una priorità, assoluta, nell'interesse di tutti. Però vi prego di capire che non si può sempre parlare di priorità alla salvezza dell'Europa pensando che gli elettori (e contribuenti) tedeschi continuino a essere disposti a pagare per tutti. Già la sola partecipazione tedesca al pacchetto di garanzie per il salvataggio di Grecia e Irlanda vale il 7% del Pil tedesco, e in parte è stata spesa. Scusate, quale altro paese accetterebbe un simile fardello?».
Allora l'euro è condannato? «No, l'euro può ancora salvarsi. E' anche la speranza dei tedeschi. Ma offrire sempre più garanzie rischia di avere come effetto finale un incoraggiamento agli Stati deboli a contrarre sempre più debiti. Continuate così, suona la logica, e ci sarà sempre un ombrello».
Ok, ma se crolla l'euro non le sembra che crollerà anche l'economia tedesca? «Sì. Anche per questo dico che bisogna sperare in una salvezza dell'euro. Ma non con gli eurobond. Significherebbero che i tedeschi oltre a coprire sempre di più con garanzie e altro i debiti altrui pagherebbero interessi sempre più alti, in linea coni paesi più indebitati. Quale governo, in quale paese, potrebbevendere una simile politica ai suoi elettori?».
 Scelta pro-euro o timori politici? «Angela Merkel, Wolfgang Schaeuble e il suo governo sono fermamente convinti dell'interesse anche tedesco alla salvezza dell'euro. Ma guai se, con proposte simili, sorgesse in Germania un nuovo partito conservatore, a spese della CduCsu della cancelliera, un partito che dica basta con l'euro, non ci serve più, torniamo alle valute nazionali o spacchiamo l'euro-nord da un euro-sud».
asterisco.
Il Cancelliere Merkel fa gli interessi della Sua Nazione, e svolge il Suo ruolo con puntigliosa precisione informativa. Ma poniamo il caso che il prossimo anno, supponiamo in estate, alcuni stati dell'Unione Europea non siano piu' in grado di onorare il pagamento delle cambiali in scadenza, ognuno per ragioni proprie, e particolari.
Cosa faranno i creditori? Almeno quelli che avranno rinnovato, in tempo non utile per ripensarci e scappare via. Non rimarrebbe altra strada che spingere, con vigorose spallate, per un intervento del Fondo di Garanzia della BCE; il quale dovrebbe onorare quei foglietti, con la tecnica del rinnovo. Ma resta il fatto che se li accollerebbe. Non c'e' altra strada. Magari, poi, con calma, il Fondo potrebbe porre la questione alla politica, che ne parlerebbe al vertice successivo, magari dell'EcoFin. O dei Ministri dell'Economia. Ma con quale propsettiva? Alla fine della fiera il fideiussore dovra' onorare l'impegno.  Silenti o parlanti, la realta' e' che la BCE non ha, o non ha potuto, contrastare le politiche del debito intraprese da Portogallo Irlanda Grecia e Spagna, piu' Italia. Insomma i tre pigs piu' Armageddon.
Brutta roba; per i tedeschi, in particolare. Il Cancelliere tedesco vedrebbe realizzate due negativita'.
Negativita' numero uno: bilancia commerciale. Drastica riduzione delle esportazioni tedesche nei paesi in default; vedrebbe coinvolta una percentuale non marginale di consumatori del made in germany, un brand leader mondiale nelle esportazioni. Ad occhio e croce, tra Irlanda, Portogallo, Grecia e Spagna, si tratta di decine di milioni di consumatori finali, senza tener conto della crisi che si abbatterebbe sui canali di distribuzione del made in Germany: imprenditori locali del commercio all'ingrosso ed al dettaglio, maestranze ed indotto dei servizi. Insomma un bel guazzabuglio difficile da gestire.
Negativita' numero due: bilancio dello Stato. La Germania, in quanto maggior interessato alla stabilita' del commercio interno alla U.E., sarebbe chiamata a contribuire alla risoluzione delle problematiche finanziarie dei paesi insolventi.
Cosa fare? Bel quesito. Per capire quanto sia stretta la strada per il cancelliere Merkel, torna utile l'articolo che segue.
Punto tre. I perché del miracolo tedesco
8 dicembre 2010. Il miracolo economico tedesco è nelle cifre: nel terzo trimestre 2010 il Pil è a +3,9%; il tasso di disoccupazione al 6,8%, –0,4% rispetto al 2008, all’alba della crisi. Dati veramente sorprendenti se pensiamo che l’Unione europea a 27 ha rispettivamente +2,1% e 9,6% e l’Italia è a +1% e 8,2%. Come è stato possibile? La risposta è indubbiamente complessa. Le cause sono molteplici. Tutte le variabili economiche sono coinvolte.
L’inversione di tendenza del Pil in Germania ha anticipato di un trimestre (secondo 2009) quella del resto dell’Unione. Da quel momento, la disoccupazione ha cominciato a scendere, mentre in Europa continuava a salire nonostante l’incremento del Pil. Quello che colpisce infatti è il basso impatto della crisi sui dati occupazionali. La Germania ha segnato un incremento massimo cumulato della disoccupazione di 0,4 punti percentuali (giugno 2009) rispetto al periodo precrisi, nonostante un peggioramento del Pil del 6,6%, contro un 5,1% della media europea.
La Germania è riuscita, innanzitutto, a ridurre l’impatto della crisi sulla occupazione grazie allo strumento del Kurzarbeitergeld, una misura del tutto simile alla nostra cassa integrazione. Essa si è dimostrata particolarmente efficace nel prevenire i licenziamenti di massa e nel conservare i posti di lavoro. Prima criticata, oggi è addirittura indicata, a livello europeo, come strumento di attuazione della flexicurity.
L’utilizzo della cassa integrazione come strumento di flessibilità interna ha significato per le imprese anche la salvaguardia del loro capitale umano, fondamentale nella fase di ripresa economica. Rilevante, peraltro, a tal fine, la formazione effettuata nei periodi di riduzione dell’orario di lavoro, in parte finanziata con risorse pubbliche dall’Agenzia federale per il lavoro (competente per l’attività di collocamento, ma anche per la gestione della previdenza).
Insieme a questa misura, la stessa Cancelliera Merkel indica come interventi efficaci nel far fronte alla crisi le esenzioni e gli aiuti alle famiglie e alle aziende. Sono stati aumentati gli assegni familiari così come l’imponibile esente da imposta per i figli a carico, così da sostenere la domanda.
Ugualmente efficace l’introduzione di aiuti, in particolare, per le piccole e medie imprese, come la deducibilità fiscale delle spese per interessi, nonché in alcuni casi delle perdite in caso di conservazione dei posti di lavoro o di investimenti nelle imprese. Inoltre, per garantire la sopravvivenza delle imprese familiari in caso di successione, sono state ridotte le imposte di successione per i fratelli e i nipoti.
Accanto a questi interventi di "accelerazione della crescita", non è da dimenticare l’azione delle parti sociali. Sono per esempio stati siglati dei contratti collettivi, sulla base dei quali è possibile per le aziende dello stesso settore "prestarsi" reciprocamente lavoratori. Una sorta di somministrazione di lavoro tra imprese, consentita in Germania in deroga alla stessa legge sulla somministrazione.
Inoltre, già prima della crisi, i rinnovi contrattuali, considerando gli elevati livelli retributivi tedeschi, avevano previsto il congelamento dei salari, se non addirittura dei tagli in cambio dell’impegno delle imprese a non delocalizzare o a non licenziare. Questi accordi hanno sicurramente avuto un impatto positivo nel contenimento della crisi. Silvia Spattini.
Gia’, il welfer state tedesco e’ una cosa seria, funziona, e molto bene, sempre che i suoi costi siano trainati dal saldo positivo della bilancia commerciale. Pero’ la Germania denuncia un debito pubblico pari a quello italiano; non gli pesa in virtu’ della leadership nelle esportazioni; se codeste dovessero rallentare gli incrementi, il peso del debito si farebbe sentire in proporzione. La strada e’ stretta, fornitori e distributori dei paesi dell’unione Europea dipendono, chi piu’, chi meno, dalla funzione trainante del sistema economico tedesco. E questo la Merkel lo sa. Se viene chiamata a scegliere tra il salvataggio dei paesi pigs e quello del welfer di casa propria, cosa fara’? Investira’ per le prospettive future della bilancia commerciale in ambito ue, o finanziera’ le risorse interne al paese nella prospettiva di una diversificazione del portafoglio mercati esteri?
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