domenica 12 dicembre 2010

La Dottrina Draghi per uscire dalla crisi

Di LUIGI SPAVENTA 
ECONOMISTI assortiti e giornalisti in gran copia continuano a vedere dietro l'angolo, ormai da giorni, il collasso inevitabile dell'euro e il tracollo definitivo dell'Europa.

Governanti di vaglia, come il nostro ministro dell'Economia Tremonti e il primo ministro del Lussemburgo e presidente dell'eurogruppo Juncker, preoccupati per la tensione nei mercati, conferiscono autorevolezza politica alla proposta del professor Monti di creare un'agenzia europea del debito, che emetta titoli europei in sostituzione di quelli nazionali. Il Fondo monetario internazionale chiede un aumento cospicuo del fondo europeo di stabilizzazione. Altri pensano a un Fondo monetario europeo. I tedeschi si stracciano comunque le vesti e prima di un risicato si dicono dieci volte no (proteggendo comunque le banche, che finanziarono i vizi altrui). In questo bailamme, con una paginata di intervista Financial Times il professor Draghi, Governatore di Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Board, dispensa calma ed esibisce tranquilla fiducia nelle sorti dell'euro; esorta i governi dei paesi in difficolta' a correggere ciascuno gli squilibri di cui furono responsabili; manifesta scetticismo sulle varie proposte di emergenza, ritenendole ne' necessarie ne' sufficienti; pone limiti stretti al sostegno che ci si puo' attendere dalla Banca Centrale Europea con i suoi acquisti di titoli di Stato; constata, come inevitabile, la lentezza del progresso di integrazione dell'Europa. Di piu' lo preoccupa la situazione delle molte banche che dipendono per la loro provvista dalla liquidita' offerta dalla Banca centrale. Sollecita una "trasformazione culturale" per l'intero sistema bancario. Omette, il Governatore, di auspicare una trasformazione siffatta anche per le banche centrali, le quali, solo intente al controllo delle aspettative d'inflazione, chiusero gli occhi sulla crescita smodata del credito, che in alcuni paesi contribui' alla crisi ben piu' della politica fiscale. Ma cio' riguarda il passato. Ci si deve invece chiedere se abbia ragione Draghi ad essere cosi' cool per il futuro: tanto da apparire indifferente (o sfavorevole) alla possibilita' di rafforzare le reti finanziarie di protezione o di apprestarne di nuove. Ma forse non e' cosi'. Ritiene il Governatore che «se si concede un tempo sufficiente, pretendendo una reazione nazionale seria e rigorosa, qualsiasi paese puo' superare la crisi». Il corsivo e' nostro, come usa dire: sottolinea il "tempo sufficiente" come condizione necessaria. Alcuni paesi dell'area dell'euro devono oggi risanare squilibri gravissimi dei conti, pubblici privati e del settore finanziario, senza godere di liberta' valutaria: il taglio della domanda interna non e' compensabile con esportazioni indotte da una svalutazione. Ma la compressione della crescita puo' ostacolare, o impedire, la stabilizzazione, come ben comprendono i mercati: parlo' Draghi in altra sede (Rapporto sulla stabilita' finanziaria) del «legame inscindibile che unisce la stabilita' finanziaria alla crescita economica». Per evitare la contraddizione e' opportuno che la correzione degli squilibri sia imposta con qualche gradualita' e con un po' di flessibilita'. Se, ad esempio, un obiettivo di bilancio pubblico viene mancato solo perché le entrate sono cadute per un declino inatteso del prodotto, sarebbe vano e dannoso tentarne una compensazione con altre misure restrittive. Quando gli interventi delle autorita' sono seri e rigorosi, la concessione di piu' tempo puo' fare la differenza fra successo e fallimento. La temporanea protezione dai creditori e' sovente condizione necessaria per il risanamento di un'impresa. Nel caso di uno Stato sovrano a cui si voglia concedere tempo adeguato per rimettere i conti in ordine questa protezione puo' prendere due forme: o una "ristrutturazione" del debito, che tutti temono e che comunque richiede assistenza finanziaria; oppure la disponibilita' di finanziamento (condizionata al progresso compiuto) onde non abbandonare il paese in balia dei sottoscrittori privati e metterlo al riparo da crisi finanziarie che comprometterebbero l'opera. Come il professor Draghi, smaliziato economista, sa bene, in tempi difficili si possono manifestare situazioni che, a parita' di condizioni, possono dare luogo a due esiti alternativi, entrambi possibili: uno favorevole e uno "cattivo". Tocca allora a chi gestisce la politica economica approntare gli strumenti finanziari che possano favorire il primo esito ed evitare il secondo: non in emergenza, volta per volta, quando e' troppo tardi, ma programmando tempi e percorso. Non si tratta di "meccanismi" dilatori, ma dei mezzi necessari per consolidare un processo di risanamento, a cui devono contribuire sia i governanti sia i banchieri centrali: la divisione del lavoro non impedisce la collaborazione e non puo' comportare la separazione di responsabilita'.
Fonte: http://tweb.interno.it/twebmi/index2.php


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