domenica 12 dicembre 2010

L'eccidio di Bari del 1910

La Puglia vittima del regno
di VITO ANTONIO LEUZZI


L’immagine della Puglia alla vigilia del primo cinquantenario dell’unificazione nazionale (1911) era quella di una regione caratterizzata da equilibri economico-sociali ancora instabili e da una crescita non lineare, condizionata ancora dagli effetti negativi della crisi agraria degli anni precedenti. Tutto il primo decennio del Novecento si caratterizzò per un forte spinta demografica, particolarmente accentuata a Bari che si collocò tra le città italiane con un popolazione superiore ai 100.00 abitanti, seconda città del Mezzogiorno continentale dopo Napoli. Le cifre della popolazione attiva nel capoluogo regionale, col 20-21 per cento destinato all’industria, il 21 per cento di addetti all’edilizia e circa il 50 per cento della popolazione attiva classificata senza professione o di professione ignota, confermavano le contraddizioni di uno sviluppo economico caotico, segnato da una espansione edilizia senza precedenti e da una forte accelerazione dei processi di immigrazione dalla provincia.

Anche l’incremento di categorie impegnate nell’amministrazione pubblica, nelle professioni o nel commercio non costituivano l’indice di un processo organico di modernizzazione. Le inchieste parlamentari mettevano in luce le contraddizioni di uno sviluppo privo di scelte organiche da parte delle classi dirigenti in diversi settori della vita pubblica. Nell’indagine promossa da Corradini sullo stato dell’istruzione primaria e popolare in Italia (1907-1908) si evidenziavano i ritardi nel Meridione dei processi di scolarizzazione. Il 40 per cento dei comuni della provincia di Bari era privo di asili e giardini d’infanzia, tale percentuale raggiungeva l’80 per cento in provincia di Lecce ed il 70 per cento in quella di Foggia. L’evasione dell’obbligo scolastico nelle elementari si presentava elevatissimo sino al 50 per cento; mentre la percentuale degli analfabeti si aggirava tra il 60 ed il 70 per cento nella regione. L’arretratezza strutturale della società si manifestava nella sanità e nella condizioni igieniche, anche per l’assenza di un approvvigionamento idrico adeguato. La mortalità infantile risultava ancora molto alta, le epidemie di tifo erano diffuse, mentre la malaria imperversava ancora in diverse zone della Capitanata.

Nell’estate del 1910 il colera si ripresentò a Bari ed indiversi centri del Nord barese, in particolare Trani, Barletta ed Andria. In questa complessa realtà il ritardo più evidente si registrava nella vita politica, nonostante la tendenza da parte di settori della classe dirigente liberale favorevoli all’allarg amento del suffragio elettorale ed al riconoscimento dei diritti dei lavoratori relativi all’or - ganizzazione sindacale ed allo sciopero. L’ingerenza del governo, gli interventi della prefettura ed il ricorso alla violenza costituivano dati diffusi nel corso delle elezioni amministrative o parlamentari. Nei diversi collegi elettorali la partecipazione dei ceti popolari alla vita politica veniva ostacolata con ogni mezzo.

Il forte incremento delle leghe operaie e contadine e la nascita di Camere del Lavoro, che tentavano di organizzare e di disciplinare le spinte anarcoidi della protesta, venivano considerate con sospetto e sottoposte a controlli e censure da parte degli apparati dello Stato. Il barese Paolo Lembo, tipico esponente del giolittismo meridionale, schierato su posizioni progressiste e protagonista di avanzate politiche infrastrutturali nell’amministrazione della città (ultimazione dei lavori del porto, viabilità cittadina, sviluppo urbano), sostenne nel corso della campagna elettorale che «lo sciopero è sempre distruzione di ricchezza, è sempre un grave danno per il capitalista e per il lavoratore». Il clima repressivo delle proteste popolari a Taranto, Brindisi e Bari si respirò in tutto il primo decennio del ‘900 e fu oggetto di denuncia anche da parte della stampa estera.

Il 10 agosto del 1910 un eccidio sconvolse la città nel corso di uno sciopero generale indetto dalla Camera del Lavoro per protestare contro l’aumento incontrollato degli affitti. Nel corso della manifestazione a un accenno di reazione da parte della folla alle provocazioni di un funzionario di polizia, la forza pubblica aprì il fuoco ferendo mortalmente tre operai ed un commerciante. L’impressione generale fu enorme; la notizia della violenza poliziesca nel corso dello sciopero fu ripresa dal «New York Times» e da altri giornali stranieri. Dopo le denunce dell’«Avanti!», il Partito socialista convocò la sua direzione nazionale a Bari e rese pubblico un ordine del giorno in cui si esprimeva solidarietà alla popolazione. «La Puglia degli eccidi cronici » costituì l’espressione più frequente, comparsa sulla stampa e utilizzata in Parlamento, nelle denunce del clima politico violento ed insopportabile imposto, senza soluzione di continuità, dalla borghesia meridionale in mezzo secolo di stato unitario.
12 Dicembre 2010
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=389096


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