giovedì 9 dicembre 2010

LA NUOVA SARDEGNA - Cultura e istruzione : Tombe distrutte e indifese


Dall’imposizione del vincolo nel 97 sono state trovate 421 sepolture prive di tutela MAURO LISSIA CAGLIARI


Dubbi ormai non ce ne sono più: l’area archeologica di Tuvixeddu si estende ben oltre i confini del parco pubblico, dal 1997 al 2008 le sepolture venute alla luce per gli scavi compiuti dalle imprese edili sono una realtà documentata, che risulta chiaramente agli atti del procedimento penale contro l’ex sovrintendente archeologico Vincenzo Santoni, ora usciti dal segreto investigativo e diventati conoscibili. Le annotazioni di polizia giudiziaria elaborate dal nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale confermano la relazione firmata il 30 aprile 2008 dall’archeologa Donatella Salvi su richiesta dell’allora direttore regionale dei beni culturali Elio Garzillo e vanno oltre: le tombe ritrovate fuori dall’area di vincolo diretto e ricomprese in quella di vincolo indiretto - quindi meno tutelate, sostanzialmente affidate alla discrezionalità delle amministrazioni pubbliche di competenza - sono 421 e molte di queste sono del tutto prive di tutela. Si trovano nell’area Erb e nel cosiddetto mappale 187, dove la ditta Cadeddu ha edificato una schiera di palazzi. Alcune - segnala nel rapporto il coordinatore dell’indagine - sono ancora visibili malgrado a pochi metri l’impresa abbia colato quintali di cemento per realizzare un’autorimessa e gli edifici di servizio alle abitazioni. Non solo: la forestale - che ha lavorato per mesi a Tuvixeddu, su delega del sostituto procuratore Daniele Caria - allega alle note di servizio alcune schede di scavo acquisite agli uffici della sovrintendenza archeologica. Ed è da questi documenti che emerge una realtà inquietante: «Il piano di deposizione - scrivono gli ufficiali di polizia giudiziaria - era in roccia, in altri casi in argilla pressata tale da costituire tombe a camera che sono andate completamente distrutte in sede di edificazione delle strutture edili». Tombe distrutte. Chiariamo meglio: gli uomini incaricati dalla Procura di indagare sulla situazione del colle punico, quindi un corpo investigativo indipendente, denunciano l’avvenuta distruzione di un numero imprecisato di sepolture antichissime, che facevano parte della grande necropoli punico-romana. Sono 421 le tombe rilevate ma non è possibile indicare un numero anche approssimativo delle sepolture finite sbriciolate dalla benna dei bulldozer. Questi lavori devastanti - spiegano gli ufficiali delegati dalla Procura - sono stati condotti e portati a termine senza che la sovrintendenza archeologica mettesse becco nel cantiere. E’ scritto nella nota del 16 luglio 2009: «Si evidenzia che da un’analisi della complessiva documentazione acquisita non risulta alcun documento a firma dei dirigenti e funzionari della sovrintendenza che collochi le tombe in rapporto al vincolo, sia esso diretto o indiretto». Nessun controllo. Sembra di capire insomma che nessuno si sia preoccupato di verificare la posizione dei ritrovamenti in rapporto ai confini dell’area vincolata, come se quelle quasi cinquecento tombe rappresentassero un sacrificio inevitabile di fronte all’esigenza di mandare avanti i lavori di costruzione dei palazzi. Quindi riepiloghiamo: l’archeologa Salvi comunica in una nota alla direzione regionale dei beni culturali che nel periodo di osservazione indicato - tra il 1997, la data di imposizione del vincolo archeologico, e il 2008, passando per il 2000 che è l’anno in cui è stato firmato l’accordo di programma tra Regione, comune di Cagliari e Coimpresa per dare il via ai cantieri privati su Tuvixeddu - si sono verificati ritrovamenti significativi di tombe di epoche remote, sono in tutto 1166 di cui 421 prive o parzialmente prive di tutela. Il nucleo investigativo del corpo forestale non si accontenta di acquisire la nota della Salvi per consegnarla alla Procura ma controlla il dato con una lunga sequenza di sovralluoghi, misurazioni e sovrapposizioni di mappe. Emerge chiaramente, come le cartografie allegate agli atti giudiziari dimostrano, che dopo il 2000 sono saltate fuori sepolture anche fuori dal perimetro del parco archeologico, distanti dall’area del vincolo diretto e persino da quella della tutela indiretta. Situazione cambiata. In undici anni la situazione di Tuvixeddu appare dunque radicalmente modificata, ci sono elementi nuovi da verificare, studiare, emergenze di cui tener conto. Ma Santoni, chiamato a votare nella commissione regionale per il paesaggio sull’allargamento dei vincoli in funzione del piano paesaggistico regionale, afferma con decisione che «... successivamente al decreto di vincolo archeologico del 1997 sono state rinvenute decine di tombe, ma tutte all’interno dell’area sottoposta a vincolo diretto». Insomma: è tutto come prima, non è cambiato nulla. Ma Santoni - si osserva nel rapporto - dice il falso. Ed è lo stesso sovrintendente che con la nota 6214 del 16 novembre 1998, inviata alla Coimpresa srl del gruppo Cualbu, al sindaco di Cagliari, alla sovrintendenza ai beni ambientali e all’ufficio regionale tutela paesaggio a rappresentare «con intransigenza la necessità - è scritto nella relazione della Forestale - che il progetto di riqualificazione urbana ed ambientale dei colli di Sant’Avendrace nel suo complesso debba essere supportato da uno studio di impatto ambientale che valuti l’effetto che il nuovo riassetto urbano potrebbe avere sul complesso archeologico». Va avanti la nota di Santoni, riportata dalla Forestale nel rapporto: «L’esigenza di tale studio non riveste rilievo meramente formale ma anche e soprattutto sostanziale... ne consegue che la valutazione di impatto ambientale si configura necessaria al fine di meglio comprendere, recepire, significare i limiti di compatibilità volumetriche del comparto immobiliare Tuvumannu-Tuvixeddu con il dato ambientale e archeologico della necropoli». Il tentato abuso. Peraltro, quando voterà contro l’imposizione su Tuvixeddu di nuovi vincoli per notevole interesse pubblico Santoni ometterà - come osserva la polizia giudiziaria - di comunicare alla commissione e al proprio ufficio la circostanza non irrilevante che la di lui figlia Santoni Valeria, giovane ingegnere, ha un rapporto di lavoro diretto con la società Coimpresa di proprietà del Cualbu Gualtiero per la progettazione di un complesso edilizio». La stessa figlia che in una conversazione intercettata dirà: «Quando sono entrata lì... non capivo nulla di nulla». Quindi, osserva il pm Caria nell’archiviare l’inchiesta penale contro Cualbu e gli altri non era stata assunta per l’esperienza professionale.
fonte:
http://www.regione.sardegna.it/j/v/491?s=155125&v=2&c=1489&t=1


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