giovedì 9 dicembre 2010

Miccichè, l'Unto dal Signore


 «Ma che cravatte vi siete messi?». A un amante dei toni scuri come il Cavaliere quell’arancione dev’essere sembrato un po’ troppo sgargiante. E la battuta, comunque, ha rasserenato i sei parlamentari di Forza del Sud convocati a Palazzo Grazioli un mese fa. Gianfranco Miccichè, leader del nuovo partito ipermeridionalista, pensava di mettere Berlusconi di fronte al fatto compiuto. Il premier però lo ha spiazzato: «Chi vuoi convincere? Questo partito praticamente te l’ho fatto fare io».


Ironia che è stata implicito beneplacito. Tanto che, alla fine dell’incontro con gli scissionisti, il capo del governo si è rivolto al deputato Giacomo Terranova, reo di indossare una cravatta arancione spento: «Mettine al collo una più accesa. Come quella che hanno gli altri».

L’aneddoto è emblematico. L’accordo, adesso, ha crismi di ufficialità. Se restassero inalterati gli equilibri politici attuali, con l’Udc e Fli imbrigliati nel terzo polo, la terza gamba della maggioranza potrebbe diventare Forza del Sud (Fds): il movimento che Miccichè, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha tenuto a battesimo il 30 ottobre a Palermo. Il reclutamento è all’inizio: sei deputati, tre senatori, oltre 1.000 amministratori. E sicure estimatrici anche nel governo. La prima è Stefania Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente: «La considero di Forza del Sud anche se rimarrà dov’è» sogghigna Miccichè. La seconda è Mara Carfagna, titolare delle Pari opportunità: «So già che la pensa come me. E io l’aspetto a braccia aperte, con lei avremmo un punto in più». Nell’attesa, il sottosegretario le ha regalato una coppola arancione.

Colore che rappresenterà il partito: cravatte e pochette per gli uomini, foulard per le donne, copricapo della tradizione siciliana per tutti. Un’idea mutuata dalla Lega: che ha fatto del verde il simbolo della Padania. Ma il colore non è l’unico spunto che Miccichè vorrebbe prendere dal Carroccio. Di sabato mattina il parlamentare passeggia, cellulare in mano, nella sua casa al centro di Roma: un appartamento pieno di stravaganze pop. Parla in vivavoce con deputati, segretarie, giornalisti, amici d’infanzia. Accende l’ennesima sigaretta e siede sul divano rosso fuoco del salotto: «La gente percepisce l’asse della maggioranza troppo spostato al Nord» spiega. «Berlusconi l’ha capito. Un palermitano come me, assieme ad altri uomini del Sud, ora sarà il garante della nostra terra, Questo è determinante per l’immagine di tutta la coalizione. Altrimenti avremmo avuto il Meridione rappresentato da due bolognesi». Il riferimento è ai campioni del terzo polo: Pier Ferdinando Casini, presidente dell’Udc, e Gianfranco Fini, leader di Fli.

Forza del Sud, però, potrebbe avere un altro compito: fare da refugium peccatorum per qualche pidiellino tentato da Futuro e libertà. Tanto che il Cavaliere avrebbe cominciato a indirizzargli alcuni malpancisti: «Va’ da quel matto di Gianfranco» pare abbia detto a un riottoso. «Del resto, sa che io non lo tradirò mai» giura il sottosegretario, mentre pesca dal pacchetto un’altra sigaretta. «Ho le spalle abbastanza larghe per sopportare il peso della riconoscenza». Il riferimento è a Fini, «che rappresenterebbe ancora l’estrema destra, se Berlusconi non l’avesse sdoganato nel 1993 con il sostegno nella corsa a sindaco di Roma».

La casa di Miccichè, nelle ultime settimane, è diventata una specie di segreteria politica. Arriva il deputato Pippo Fallica, orgoglioso palermitano e gran fumatore pure lui, uomo macchina del partito. C’era anche nel segretario venne coinvolto da Marcello Dell’Utri nella nascita di Forza Italia in Sicilia. «Non lo vedevo così da quei tempi » dice Fallica, mentre il leader riafferra il cellulare trillante. Del resto, il prefisso scelto, Forza, è lo stesso dei tempi che furono. Solo che adesso è seguito da Sud e non da Italia.

Fallica si congeda. Miccichè va verso una delle librerie di casa. Da una pila sfila un libro sul Carroccio. Dopo avere assicurato di aver letto l’opera omnia sull’epopea dei fazzoletti verdi, annuncia: «Voglio ricreare nel Mezzogiorno il modello Lega. Il loro sistema organizzativo è imbattibile. Hanno una classe dirigente che non viene da altri partiti, questa è la vera chiave del loro successo: non hanno mai preso transfughi. I partiti, in questi anni, sono stati rovinati dal trasformismo. Compresa Forza Italia, dove i problemi sono cominciati quando all’azzurro si sono mescolati altri colori. Per questo voglio gente nuova, che nasca e muoia con le nostre idee».

Suonano al citofono. Alla porta si affaccia un imprenditore romano, si offre per dare una mano a organizzare il partito nel Lazio. Annuncia che il sindaco di Valmontone, a pochi chilometri dalla capitale, sarebbe già un «arancione». Qualche battuta, e anche l’imprenditore si accomiata.

Miccichè allora comincia ad armeggiare con il computer, alla ricerca di una colonna sonora adeguata al periodo. Alla fine, mette Like a rolling stone di Bob Dylan. Come una pietra che rotola. «Ci candideremo in tutt’Italia» assicura, soddisfatto della scelta musicale. «Anche perché abbiamo una cosa in più rispetto alla Lega: loro a Bari voti non ne prendono, noi, invece, a Bergamo possiamo avere consenso: il Nord è pieno di immigrati».

Arriva il sondaggista Luigi Crespi, affaticato dalle scale e da un infortunio alla caviglia. Sarà lui ad adoperarsi per capire il peso elettorale di Forza del Sud. «In Sicilia l’obiettivo è il 20 per cento per le amministrative e l’8 alle politiche» si entusiasma Miccichè. «Mentre a livello nazionale il mio dovere è garantire il 2 per cento alla coalizione ». Crespi, però, non si compromette: «Dare cifre è prematuro. Molto dipenderà da quando si andrà a votare. Più in là saranno le elezioni, più tempo ci sarà per farsi conoscere. Soprattutto fuori dalla Sicilia, dove il partito deve ancora organizzarsi e radicarsi nel territorio. La Lega, del resto, c’ha messo anni a farlo».

Salutato il sondaggista, Miccichè cerca di compendiare il suo programma: «Serve un meridionalismo moderno: produttivo. La classe burocratica e politica del Mezzogiorno fa schifo. Ripeto: facciamo schifo. Abbiamo passato gli ultimi anni a domandare sempre e soltanto soldi. Ce ne hanno dati una vagonata e li abbiamo spesi male. O non li abbiamo spesi affatto».

Si alza dal divano rosso fuoco. Afferra dalla scrivania lo studio di alcuni ricercatori dell’Università di Palermo: «Oggi le sovrintendenze siciliane tengono ferme 13 mila domande. Se venissero autorizzate, il pil dell’isola aumenterebbe almeno del 3 per cento». Si risistema gli occhiali sul naso. Continua a leggere: «E la regione ha bloccato 9 miliardi di investimenti in fotovoltaico e altri 2 di impianti eolici: 11 miliardi, in totale. Con quale faccia chiediamo ancora soldi?».

La ricetta, a suo dire, sarebbe semplice: aumentare la ricchezza. «Non siamo stati mai capaci di crearne. Un nuovo meridionalismo invece dovrebbe sbloccare le pratiche, occuparsi della crescita, puntare al pil produttivo». Il contrario, spiega, di quello che starebbe facendo il governatore siciliano, Raffaele Lombardo, leader dell’Mpa.

Miccichè già annuncia la sua candidatura alla guida della Sicilia: «Il sogno di una vita» ammette. Forza del Sud, anche per questo, vuole togliere consensi e peso politico agli autonomisti. «Il progetto di Lombardo ha fallito. Bello o brutto che sia, adesso c’è il federalismo, a noi toccherà utilizzarlo invece che subirlo. D’ora in poi ci occuperemo noi del Mezzogiorno. Come ha fatto la Lega in questi anni al Nord».
Ora di pranzo, suonano ancora al citofono: stavolta è un amico. «Vedi di scendere» intima. «Altrimenti non ci fanno mangiare più». Il ristorante in cui si ritrovano quotidianamente è Capricci di Sicilia: lo stesso frequentato da Roberto Maroni, storica bandiera del Carroccio, fazzoletto verde perennemente nel taschino. Per il ministro dell’Interno Miccichè nutre sconfinata stima: «Gli regalerò la nostra pochette arancione» promette. «E, almeno una volta, dovrà indossarla. Altrimenti lo costringerò a cambiare ristorante».
antonio.rossitto
asterisco.
Stavamo scarsi, abbiamo aspettato infinitamente ad ora. Che noi finalmente abbiamo subitaneamente l'Unto dal Signore. Abemus institorem ficōrum, con insistenza. Fiat voluntas mulōrum.

fonte:
http://blog.panorama.it/italia/2010/12/09/forza-del-sud-la-sfida-di-micciche-diventero-il-bossi-del-sud/


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