giovedì 2 dicembre 2010

Pompei e San Lorenzo Maggiore ad Utrecht




Nuovi crolli a Pompei. Così il sito sta morendo
Creata il 02/12/2010 - 09:30
Tsao Cevoli* da Pompei

BENI CULTURALI. Ieri si è sbriciolato un muro sulla via Stabiana ed un altro nel “piccolo lupanare”. E' il settimo caso in un anno, 5 solo nell’ultimo mese. Ma il ministro Bondi continua a minimizzare.
E' passato meno di un mese dal crollo della cosiddetta “domus dei gladiatori”, che ha inferto una gravissima ferita al patrimonio culturale italiano e alla sua immagine nel mondo, e si torna a parlare ancora una volta di crolli a Pompei. Quello che un mese fa il ministro Bondi, provando a minimizzare l’accaduto, ha cercato di far passare come un episodio isolato, ineluttabile, dovuto ad eccezionali condizioni atmosferiche, appare ora come un terribile avvertimento di qualcosa di grave che sta accadendo a Pompei senza che si stia facendo nulla per evitarlo. Nuovi crolli sono avvenuti ieri e nei giorni scorsi: dopo quello all’interno della Casa del Moralista, adiacente alla casa dei gladiatori e  già parzialmente travolta il 6 novembre, è crollato un muro di un edificio in un’altra parte del sito, sulla centralissima Via Stabiana, ed un altro ancora nel cosiddetto “piccolo lupanare”, in una delle zone degli scavi chiuse al pubblico.

Siamo a 7 crolli in un anno, di cui cinque solo nell’ultimo mese. Ciononostante le parole d’ordine dettate dal ministro sembrano essere ancora una volta minimizzare, dire che si tratta di strutture in gran parte ricostruite, dare la colpa alla pioggia, millantare l’inevitabilità di questi crolli, invocare la privatizzazione come ricetta per risolvere ogni male.  Intanto il quadro della reale situazione di Pompei si fa ogni giorno più drammaticamente chiaro. Per capire cosa sta accadendo occorre partire dall’inizio di quest’orribile anno: già a gennaio e poi durante l’estate si erano registrati dei crolli nella Casa dei Casti Amanti. Un segnale di pericolo rimasto inascoltato, anzi addirittura insabbiato. Ci è voluto il crollo della Schola armaturarum (la cosiddetta “domus dei gladiatori”) per far scoppiare il caso Pompei.

Per le sue insolite caratteristiche e funzione la Schola era l’unico edificio del genere rimastoci in tutto il mondo romano. di ricomporre faticosamente scavo dopo scavo. All’indomani del crollo il ministro non ha trovato niente di meglio da dire che dare la colpa alla pioggia. Abbiamo assistito ad una tragicomica pantomima e all’affannoso tentativo di scaricare la colpa sulle gestioni passate del sito. Dimentica, forse, che queste strutture hanno resistito ad un terremoto, ad un’eruzione del Vesuvio, e dopo essere riemerse dalla cenere e dai lapilli sono rimaste esposte talune per uno altre per più di due secoli a intemperie, terremoti, guerre.

E fino ad oggi, in due secoli e mezzo di gestione del sito, cose così gravi non se ne erano viste. Il ministro all’indomani del crollo del 6 novembre ha anche nominato una supercommissione di esperti, tutti in realtà già con un ruolo di primissima responsabilità all’interno del ministero. Ma la realtà è ben diversa da quella che ci racconta il ministro: la colpa di questi crolli e dell’escalation del degrado di Pompei è solo la mancanza di manutenzione ordinaria, effetto dei tagli in bilancio operati da Tremonti e della dissennata scelta di spendere a Pompei 79 milioni di euro in apparenza ed effetti speciali, invece di pensare innanzitutto alla salvaguardia del sito: soldi finiti nella realizzazione del cantiere-evento della Casa dei Casti Amanti, negli spettacoli estivi al Teatro Grande e nell’installazione di ologrammi nella domus di Giulio Polibio.

Nei giorni scorsi si è verificata la caduta di parte degli affreschi della facciata dell’officina infectoria, la cosiddetta  “tintoria con fornace”, sempre su Via dell’Abbondanza, a pochi passi dalla casa dei gladiatori. A Pompei sono oggi notevolmente a rischio tutti gli edifici del versante settentrionale di via dell’Abbondanza fino all’incrocio con Via Stabiana e lungo i due versanti della stessa via Stabiana. È particolarmente a rischio la Casina Dell’Aquila, oggetto di un recente intervento di restauro, o meglio dovremmo dire solo di lifting, edificio moderno che si trova nella zona non scavata di Pompei, a ridosso della stessa via dell’Abbondanza. La parola, per quanto riguarda eventuali errori o negligenze, spetta alla magistratura. Il tribunale di Torre Annunziata ha, infatti, già aperto un fascicolo sui crolli di Pompei. Ma la responsabilità politica resta del ministro Bondi. Egli dovrebbe prenderne atto e dimettersi.

Al danno materiale provocato da questi crolli si aggiunge un indubbio enorme danno d’immagine per l’Italia. La notizia del crollo di un edificio sulla strada principale di Pompei, il sito archeologico più importante del mondo ed in assoluto il più visitato d’Italia, ha fatto in poche ore il giro del mondo. È diventato un simbolo del declino cui la miope politica di questo governo. I crolli di Pompei non sono che un’inevitabile conseguenza della politica di questo governo nel settore dei beni culturali: di una concezione dei beni culturali o come inutile fardello, o della cultura come da spremere per fare cassa, ora e subito, senza preoccuparsi del domani.

Non resta più molto ormai di quel Belpaese che qualche decennio fa deteneva il primato mondiale del turismo culturale, di quell’Italia che ha insegnato al mondo l’arte e la scienza del restauro e dell’archeologia. A Pompei occorre un Soprintendente con pieni poteri, non uno ad interim, occorre dotarlo delle necessarie risorse umane, economiche e strumenti per poter garantire in primis gli interventi urgenti di messa in sicurezza degli edifici più a rischio, poi di pari passo l’immediato avvio di un adeguato piano di manutenzione ordinaria dell’intero sito ed un programma di interventi a medio e lungo termine, che rispondano alle reali esigenze di conservazione, non alle esigenze di immagine e di passerella politica di qualche esponente politico.
*Presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi
URL di origine:

Napoli, party e cubiste nella chiesa di S.Lorenzo Maggiore.
NAPOLI (2 dicembre) - Feste fino a notte fonda, con alcol a fiumi e musica a tutto volume, cubiste e persino funamboli appesi al soffitto: così San Lorenzo Maggiore, la storica chiesa di Napoli dove Boccaccio incontrò Fiammetta, diventa una discoteca.

Tutto legale, i permessi sono stati ottenuti, in base a una delibera del Comune del 2002 gli spazi del complesso francescano possono essere utilizzati ”per finalità artistiche, culturali e sociali“: ma sulla destinazione a sala party o discoteca è bufera dopo l’ultima esibizione organizzata da un club della capitale.

Un gruppo di genitori ha scritto alla Curia sollecitando un intervento sui francescani perché, sottolineano, «i nostri ragazzi sono tornati a casa alle quattro del mattino, visibilmente presi dai fumi e dall’alcol somministrato durante l’evento».
02-12-2010 sezione: NAPOLI

Bigon: i calciatori non vengono a Napoli per la spazzatura
«Sono ragazzi che giocano in club del Nord ma anche
in altri Paesi. Temono per le proprie famiglie»

UTRECHT— Il gelo e la pista dell’aeroporto Schiphol di Amsterdam bordata di neve sono la prima vera insidia della trasferta del Napoli a Utrecht: temperature sotto lo zero: -7˚, rispetto ai +18˚ di Napoli. E’ solo il primo contrasto tra le due realtà. I paesaggi sono di grande appeal, subito espressione della vivibilità e della civiltà del Nord Europa. E’ un altro quadro rispetto a quello lasciato due ore prima: Napoli e Amsterdam così agli antipodi da liberare quasi una sensazione di leggerezza e di piacere in chi, da mesi, a Napoli convive con la puzza della spazzatura nelle strade e con la visione drammatica della munnezza addossata in ogni dove. Il contrasto è stridente, balza agli occhi, è nel sentire di ognuno.

Amsterdam è lontana da Napoli. E non è solo una distanza geografica. Da Napoli oggi sono lontane anche le città del Centro e del Nord Italia; da Napoli sono lontani tutti e soprattutto tutti si allontanano. Il calcio è fenomeno nazionalpopolare e la piazza napoletana paradossalmente rappresenta un fiore grande che spunta in quella orribile spazzatura. Eppure, la monnezza che ha dato Napoli in pasto al mondo, immortalata su giornali e siti Internet come esempio massimo di inefficienza istituzionale, ha avuto il potere di condizionare le scelte di giocatori di calcio— stranieri e del Nord Italia — che a Napoli oggi non verrebbero mai. La testimonianza è diretta e la riferisce il ds del Napoli, Riccardo Bigon. «Purtroppo l’immagine di Napoli — dice Bigon— è fortemente compromessa dall’emergenza rifiuti. E’ successo che calciatori contattati per ampliare la nostra rosa, abbiano declinato l’invito prima ancora di avviare qualsiasi trattativa. Motivo? I rifiuti, la spazzatura, il timore per la vivibilità delle proprie famiglie».

Era già successo due anni fa, quando Napoli viveva un altro momento drammatico. Il rifiuto di un calciatore, Francesco Modesto, che giocava e viveva a Reggio Calabria (non in Padania) che ascoltò le ragioni di sua moglie fortemente preoccupata per la situazione ambientale. «E’ accaduto ancora — rimarca Bigon— Ci dicono di no, prima ancora di cominciare a trattare. Il problema è Napoli e la sua spazzatura. Dispiace e rammarica molto perché questa è una città che ha potenzialità enormi, una città d’arte tra le più belle d’Italia». Ma chi sono questi calciatori? Bigon fa molta attenzione, il periodo è caldo dal punto di vista del mercato e il Napoli è impegnato su qualche fronte. I nomi non si fanno mai nel calcio, ma una cosa in più Bigon la dice: «Sono ragazzi che giocano in città del Nord Italia ma anche provenienti da altri Paesi». Ormai la fotografia della vergogna ha fatto il giro del mondo.
Monica Scozzafava
02 dicembre 2010

Fonti:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/sport/2010/2-dicembre-2010/bigon-calciatori-non-vengono-napoli-la-spazzatura--1804290740982.shtml




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