domenica 13 marzo 2011

Federali del Mattino. 13 marzo 2011. Valle d'Aosta Free dal Pdl. Sequestrate tutti i beni di Berlusconi. Pagherà il suo tradimento. Non è più possibile attendere chi è rimasto indietro. Se non è un ultimatum poco ci manca. Siamo rimasti molto scioccati. Loggia P4. A dispetto delle apparenze, Matteo Renzi e Flavio Tosi hanno parecchie cose in comune. Mi son fatto dei nemici.

Forza Oltre padani:
Tripoli. Saif Al Islam Gheddafi contro l’Italia: «Pagherà il suo tradimento»
Aosta. Da qualche sezione unionista e da esponenti di Stella Alpina l'appello per una Valle d'Aosta "free" dal PdL.

Sorrisi e coltelli:
Verona. «Io più popolare di Tosi? Ma presto mi sorpasserà».
Vicenza. Gli industriali: «Federalismo lento, il Nord non può più aspettare».
Parma. «Sequestrate tutti i beni di Berlusconi».
Roma. Ultimatum di Scajola a Berlusconi: il posto di Bondi nel Pdl o lancio un nuovo gruppo parlamentare.
Napoli. Loggia P4, i pm indagano sulla Selex (Finmeccanica) .


Tripoli. Saif Al Islam Gheddafi contro l’Italia: «Pagherà il suo tradimento» 12 marzo 2011 Tripoli - «Siamo rimasti molto scioccati, anzi molto irritati, dalla vostra posizione, perché voi siete il primo partner della Libia al mondo», ma ora «sarà molto facile rimpiazzare l’Italia con la Cina o con la Russia, perciò state attenti: se tu tradisci un tuo partner, come credi che quello debba reagire»?
Sono parole durissime, quelle usate da Saif Al Islam, uno dei figli del leader libico Muammar Gheddafi, per commentare quanto detto ieri dal primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, secondo cui il Colonnello non è più un interlocutore per la comunità internazionale: «Sapete che cosa accadrebbe se le milizie prendessero il controllo del Paese - avrebbe minacciato Gheddafi Jr, secondo quanto riportato questa mattina dalla Repubblica e dal Corriere della Sera - Che voi sareste le prime vittime, avreste milioni di immigrati illegali, i terroristi salterebbero dalle spiagge di Tripoli verso Lampedusa e la Sicilia. Sarebbe un incubo per l’Italia, svegliatevi»!
Poi, alla domanda su un possibile messaggio per Berlusconi, risponde: «La Libia è una linea del fronte per l’Italia. Quello che succede oggi qui da noi determinerà quello che succederà da voi domani. Per cui: state attenti»!
Infine, Saif chiude la strada a qualsiasi accordo con gli insorti: «Sarà guerra sino alla fine. Questi terroristi non parlano di democrazia, di elezioni, di valori, sono semplicemente terroristi». Ora però, «il 90% del Paese è tornato sotto il nostro controllo».

Aosta. Da qualche sezione unionista e da esponenti di Stella Alpina l'appello per una Valle d'Aosta "free" dal PdL. 12/03/2011. AOSTA. Il recente dibattito nella Commissione regionale Assetto del Territorio sugli ogm ha ispirato a qualcuno lo slogan "Valle d'Aosta Free dal Pdl". Ovviamente sono i contrari o i perplessi sull'ipotesi di allargamento della maggioranza del Consiglio Valle al Pdl.
Nell'Uv alcune sezioni non si sono espresse; altre, come quella di Jovençan, hanno detto no all'allargamento al Pdl. Due le ragioni che i contrari portano a sostegno della loro tesi: la maggioranza regionale fino ad oggi ha lavorato bene ed ha i numeri per continuare a lavorare in modo eccellente; l'altra con tutti i governi centrali c'è sempre stato il confronto e ottenuto il rispetto dei diritti della Valle.
Anche all'assemblea della sezione di Saint Vincent le posizioni sono state quanto mai diversificate e non ci sono state dichiarazioni. Ma dal suo sito, il consigliere Luciano Caveri fa sapere che "il dibattito è stato introdotto da un lungo intervento del Presidente del Movimento, Ego Perron, che ha spiegato diffusamente e direi con entusiasmo le ragioni del sì" e poi fa alcune considerazioni. Scrive ancora Caveri. "La prima: ha fatto bene il presidente della sezione, Stefano Juglair, a segnalare la scarsa partecipazione, una ventina di iscritti sugli ottanta complessivi (l'UV ha nel paese 1.500 voti di media e dunque il rapporto aderenti-votanti è bassissimo). Seconda: il Popolo della Libertà romano è stato e sarà generosissimo verso la Valle e dunque gli esponenti locali devono essere accolti in maggioranza. Poco conta che l'alleanza autonomista fosse stata la proposta all'elettorato nel 2008 e che i pidiellini ne dicessero "peste e corna" dei governanti unionisti. Terzo punto, direi decisivo. L'alleanza alle Europee e le elezioni aostane mostravano la nuova via da tempo, malgrado all'epoca si smentisse". Questo si legge nel sito di Caveri.
Ma tutto si concluderà lunedì prossimo con la riunione del Conseil Federal.


Verona. «Io più popolare di Tosi? Ma presto mi sorpasserà». Renzi: mi son fatto dei nemici. Il Pd? Serve entusiasmo. Il «Rottamatore» a Verona per promuovere il suo libro
VERONA — A dispetto delle apparenze, Matteo Renzi e Flavio Tosi hanno parecchie cose in comune. Politici «giovani» in un’Italia di «vecchi», si contendono lo scettro di sindaco più amato d’Italia; non sempre sono allineati ai rispettivi partiti, che li guardano con sospetto crescente e proporzionale alla loro popolarità. Sabato il primo cittadino di Firenze è in trasferta a Verona: alle 21, al teatro Stimate di piazza Cittadella, presenterà il suo libro, «Fuori!» (ingresso libero). Prima che la sua Fiorentina affronti il Chievo al Bentegodi, guiderà la rappresentativa del consiglio comunale di Firenze contro quella di Verona, in una gara amichevole sul campo di via Sogare.
Sindaco Renzi, il Pd di Verona è, elettoralmente parlando, il terzo peggiore d’Italia dopo Caserta e Sondrio. Qualche consiglio? «Nessuno di noi ha ricette, solo nonna Papera. L’unica cosa che si può provare a fare è recuperare l’entusiasmo, lasciandoci alle spalle alchimie di palazzo e lotte intestine. Non ero a conoscenza di questi numeri su Verona. Noi siamo l’unica città dove il Partito democratico ha la maggioranza assoluta. Quindi vengo volentieri a fare questo gemellaggio politico, che si unisce a quello calcistico che già c’è, storicamente, tra la Fiorentina e il Verona».
Tra l’altro lei ha recentemente superato proprio Tosi, nella classifica di popolarità dei sindaci. «Non so se continuerà ad essere così. Recentemente a Firenze ho ritirato diversi telepass per l’accesso alla Ztl ad alcune categorie di cittadini, come parlamentari e consoli onorari. Me ne sono inimicati tanti, quindi è possibile che io venga presti scalzato. Tosi forse ha ora un vantaggio competitivo nei miei confronti».
Conosce Tosi? Che opinione ne ha? «L’ho conosciuto in più di una circostanza, spero di sfidarlo domenica nella partita tra i consigli comunali (ma Tosi, infortunato, non ci sarà, ndr). È chiaro che io e Tosi politicamente siamo agli antipodi, ma tra colleghi deve esserci prima di tutto solidarietà e collaborazione».
Come lei con il suo Pd, anche Tosi ha recentemente qualche problema con la Lega. Troppa popolarità fa male? «Non conosco la situazione di Tosi. Per quanto mi riguarda io cerco solo di fare il mio lavoro, perché la città possa tornare a crescere e non viva solo della gloria passata. Capita spesso comunque che i partiti siano più indietro rispetto agli amministratori: sono bravi a fare le grandi strategie sulla carta, ma il rapporto tra gli amministratori e la gente è un’altra cosa».
Questo federalismo municipale, appena approvato dalla Camera, le piace? «Può rappresentare un primo passo, ma mi pare che si sia ancora molto lontani dall’obiettivo. Io ho tutti gli interessi ad avere presto un federalismo che funziona, da quello demaniale a quello fiscale, la mia città ci guadagnerebbe. Ma la sensazione è che la Lega debba smuovere molto più le acque di quanto ha fatto finora se vuole avere dei risultati concreti». Alessio Corazza

Vicenza. Gli industriali: «Federalismo lento, il Nord non può più aspettare». Le imprese di Veneto e Lombardia stringono un patto per fare pressione sul governo: «Non c’è alternativa». Marcegaglia e Tomat in sintonia: «Più competenze a chi le vuole». E Zaia sottoscrive
VICENZA - Dalla Fiera di Vicenza, già in passato epicentro dell’orgoglio imprenditoriale, torna ad alzarsi la voce di Confindustria, che ha scelto i padiglioni di via dell’Oreficeria per chiedere al governo di spezzare una volta per tutte le catene che impediscono alle Regioni del Nord di spiccare il volo verso il federalismo. Con un passo in più: è finito il tempo dei lamenti solitari, Veneto e Lombardia hanno deciso di stringere un’alleanza per convincere «il Cavaliere ad abbassare finalmente la frusta sul cavallo dell’economia ». Anche perché il pericolo, come ha sottolineato il presidente degli industriali di casa Andrea Tomat, è quello di «perdere il treno della ripresa». Pochi scrupoli, allora: «Non si può continuare a penalizzare le realtà più virtuose e produttive, come le nostre, per tenere agganciate quelle più arretrate», ha ammonito Tomat tra gli applausi, che già non si erano trattenuti quando il leader di Confindustria Vicenza, Roberto Zuccato, aveva citato Margaret Thatcher e il suo there is no alternative: «Io dico: non c’è alternativa al federalismo. Non è più possibile attendere chi è rimasto indietro».
È il «federalismo dei sagaci» contrapposto al «federalismo lento » dei decreti attuativi e dei disegni di legge. Alla fine del convegno, non a caso intitolato «Avanti chi può», è arrivata la telefonata della presidente nazionale Emma Marcegaglia, costretta al forfait all’ultimo minuto: «Il federalismo differenziato è una strada percorribile, lo prevede l’articolo 116 della Costituzione. Non si tratta di demagogia ma di una semplice constatazione della realtà del nostro Paese, fatta di grandi diversità. E allora chi ha dimostrato di potersi fare carico di altre competenze, le abbia». Sul banco degli imputati finiscono dunque le Regioni del Sud, ma non solo. «Dobbiamo superare anche questa anomalia delle Regioni a statuto speciale, che godono di più autonomia non in base alle loro reali capacità ma per legge». Un concetto, questo, su cui era già intervenuto il presidente lombardo di Confindustria, Alberto Barcella: «Lo abbiamo già detto, i limiti di alcune Regioni non possono più essere un freno tirato. Ma è altrettanto vero che i privilegi di altre Regioni non possono castigare amministrazioni efficienti come quella lombarda o quella veneta, pronte a prendersi il proprio carico di responsabilità di fronte a cittadini e imprese». Musica per le orecchie del governatore Luca Zaia, che ha sì ricordato l’esistenza del fondo perequativo e degli altri meccanismi di solidarietà nazionale per cui «nessuno verrà lasciato al proprio destino», e però poi ha affondato la lama: «Se esistono Regioni che hanno un buco da 5 miliardi in sanità, che hanno 26 mila forestali, che non fanno i bilanci, che hanno ospedali con 26 posti letto e 250 dipendenti, un motivo ci sarà pure. Noi stiamo con i cittadini del Sud che vogliono essere della partita, gli altri dovranno farsene una ragione: quella alle porte è la stagione delle riforme».
Con qualche accento ardito: «Il federalismo è il federalismo come una madre è una madre. Siamo l’esercito della salvezza venuto a sistemare questo Paese, che finora ha patito una gestione disastrosa». Tutti d’accordo, dunque, dalla politica all’impresa, Pd compreso. Si è infatti rinnovato, sul palco della Fiera, il feeling già visto tra Zaia e il sindaco di Vicenza Achille Variati in occasione dell’alluvione (citato da più parti come l’episodio simbolo della capacità del Veneto di far da sé): «Ha avuto fiducia nei sindaci e di questo lo ringrazio. Dobbiamosemplificare - ha detto Variati -, ci sono troppi enti, troppe competenze, troppe procedure, troppa burocrazia. Tra la Regione e i Comuni vedo solo una zona grigia, che confonde le responsabilità ». Sulla stessa linea Marcegaglia, che nel suo intervento conclusivo ha teso una mano ai sindaci sulla strada dell’autonomia fiscale: «Il federalismo municipale ha lasciato spazi impositivi limitati. Dobbiamo avvicinare di più al territorio il prelievo fiscale, responsabilizzando gli amministratori pubblici e riducendo di pari passo i trasferimenti dallo Stato. E' chiaro infatti che il federalismo non può accrescere una pressione fiscale già altissima. Sarebbe inaccettabile ». Marco Bonet

Parma. «Sequestrate tutti i beni di Berlusconi». 12 marzo 2011. Parma - Rodolfo Marusi Guareschi, imprenditore e uomo d’affari parmense che risiede a Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia), ha chiesto il sequestro conservativo di tutti i beni intestati al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sentendosi danneggiato in conseguenza del caso Ruby Rubacuori.
Sarà il Tribunale di Milano ad occuparsi della vicenda. L’udienza è stata fissata per il 16 marzo di fronte al giudice Giorgio Alcioni, che ha deciso di non assumere provvedimenti «inaudita altera parte», e cioè d’urgenza, e ha convocato le parti per la costituzione in giudizio.
Sostanzialmente, Marusi Guareschi sostiene che la vicenda legata all’arresto di Ruby i ha mandato a monte un contratto molto grosso, che l’uomo d’affari di Sant’Ilario d’Enza stava chiudendo proprio nei giorni in cui il presidente del Consiglio si trovava a far fronte allo scandalo dei festini ad Arcore.
L’imprenditore non è nuovo ad iniziative clamorose. Qualche anno fa, ad esempio, era riuscito a creare qualcosa come 500 società che, nei suoi piani secondo una ricostruzione alquanto maliziosa, avrebbero dovuto intercettare i finanziamenti destinati alle aree depresse del meridione d’Italia. Per il 23 marzo, ma questa volta a Roma, è stata fissata l’udienza che dovrà occuparsi di un altro ricorso presentato da Rodolfo Marusi Guareschi, non direttamente contro Berlusconi ma nei confronti della sua società più nota: Rti Spa. Si tratta della società che produce e manda in onda i programmi Mediaset. Anche in questo caso si tratta di un ricorso che mira a ottenere il risarcimento dei danni che Marusi Guareschi ritiene di aver sofferto a causa di alcune trasmissioni Mediaset. In particolare Striscia La Notizia. Il programma di Antonio Ricci si era occupato di Marusi Guareschi in quanto creatore del `Dhana´, la moneta coniata dall’imprenditore in previsione della fondazione della `Repubblica della Terra´, un’entità sovranazionale che è rimasta al solo stadio di progetto.

Roma. Ultimatum di Scajola a Berlusconi: il posto di Bondi nel Pdl o lancio un nuovo gruppo parlamentare. di Celestina Dominelli. Se non è un ultimatum poco ci manca, e arriva da uno dei fedelissimi del premier, l'ex ministro Claudio Scajola, pronto ad avviare una scissione interna al Pdl se non otterrà, sono parole dei suoi uomini, «il giusto riconoscimento politico». Che, fuor di metafora, significa soprattutto un ruolo di prestigio in quel partito che lui ha contribuito a far nascere. Nel suo entourage la mettono giù così. «Claudio vorrebbe prendere il posto di Sandro Bondi come coordinatore del Pdl, ma insomma il presidente Berlusconi saprà trovare il modo di valorizzarlo».
Il nodo rimpasto preoccupa il Cavaliere
Insomma, la richiesta è chiara e domani o al più tardi lunedì Scajola si ritroverà faccia a faccia con il premier già alle prese con il nodo rimpasto. Annunciato più volte e ora rinviato sia per le perplessità della Lega (che chiede poltrone dopo aver rinunciato a piazzare uno dei suoi all'Agricoltura) sia per le difficoltà legate a uno dei nomi del riassetto: l'ex Udc Saverio Romano, destinato a subentrare a Galan e la cui nomina pare aver sollevato più di qualche dubbio al Quirinale (guarda il ritratto). Per non dire poi dei mal di pancia nel partito del Cavaliere, preoccupato di rimanere fuori da un nuovo allargamento della squadra dell'esecutivo (per ora l'unico nome è quello di Anna Maria Bernini come viceministro dello Sviluppo, ma i berlusconiani aspirano anche a qualche sottosegretariato).
I gruppi dell'ex ministro pronti a nascere in Parlamento
I nodi, dunque, sono tanti e ad agitare ancor di più le acque in casa della maggioranza ci si mette ora anche l'ex ministro che ha già mostrato di poter contare su una discreta forza parlamentare (circa 60 tra deputati e senatori con cui ha creato poco tempo fa la fondazione Cristoforo Colombo). Ora, dunque, Scajola è pronto a battezzare nuovi gruppi all'inizio della prossima settimana «se non arriveranno convincenti risposte politiche». Alla Camera l'ex ministro ha già raccolto 22 firme, più che sufficienti per staccarsi dal Pdl, mentre al Senato per il momento sono 9 i parlamentari che si sono già detti disponibili a sostenere il suo progetto e altri due hanno manifestato interesse (dieci è il numero minimo per costituire un gruppo a Palazzo Madama).
Lo speciale rapporto tra il premier e Scajola
La macchina organizzativa è quindi in movimento e anche se è arrivata oggi la smentita di Gregorio Fontana, uomo di Denis Verdini e indicato come uno degli artefici dell'operazione, Scajola è pronto a smarcarsi dal Cavaliere. Che, va detto, ha sempre nutrito per lui un affetto e una considerazione particolari nonostante gli incidenti che ne hanno segnato la carriera politica: prima le dimissioni da ministro dell'Interno nel 2002 per l'infelice commento sul giuslavorista Marco Biagi ucciso dalle Br («è un rompicoglioni»,disse allora Scajola) e poi la vicenda dell'appartamento con vista sul Colosseo che l'ha costretto a un nuovo passo indietro nel maggio scorso.
Il progetto di La Russa: gruppi di ex An in Parlamento
Lui, però, ha sempre proclamato la sua innocenza e ora vuole tornare a pieno titolo nel Pdl accanto a La Russa e Verdini. Che guardano con sospetto al ritorno dell'ex ministro anche perché, diversamente da Bondi, ormai latitante al ministero ma anche al partito, Scajola è deciso a dare battaglia agli altri due. Senza contare che l'eventuale nascita di nuovi gruppi alla Camera e al Senato potrebbe innescare un effetto a catena. È noto, infatti, che anche la Russa coltiva da tempo l'idea di creare gruppi di ex An in Parlamento dopo l'uscita di Fini e dei suoi. Finora il progetto è rimasto nel cassetto, ma se Scajola riunirà gli ex azzurri non è da escludere che il ministro della Difesa lo segua a ruota.

Napoli. Loggia P4, i pm indagano sulla Selex (Finmeccanica) . dall'inviato Roberto Galullo. NAPOLI - Nell'inchiesta sulla trama di poteri occulti della Procura di Napoli, ormai battezzata "P4", non c'è solo l'appalto che l'impresa Italgo di Milano si è aggiudicata presso la Presidenza del consiglio ma altre 4 o 5 società, quasi sempre le stesse, che da anni vincono le commesse su informatizzazione, sicurezza e trasmissione dei dati nei settori più delicati della pubblica amministrazione, sistema giudiziario compreso. L'appalto – del valore di 9 milioni distribuiti per la durata triennale del contratto - riguarda la sicurezza dei servizi informativi, telefonici e dati dei 17 immobili della Presidenza del Consiglio. Italgo è una società registrata alla Camera di commercio di Milano solo il 1° ottobre 2008 con un capitale sociale di poco più di 5 milioni e con un fatturato che a fine 2009 aveva sfiorato 32 milioni, con una perdita di 752mila euro.
La porta d'ingresso per ottenere questi appalti è del resto strettissima, così come riservatissime sono le modalità di aggiudicazione, spesso a trattativa negoziata e secretata. Insomma, una serie di vagoni "esclusivi" di commesse: i pm sospettano che per salirci bisogna conoscere il capotreno e i controllori che erano sempre gli stessi e proprio nella stazione di Napoli facevano tappa.
I pm hanno capito che la porta è stretta proprio partendo da quella gara alla quale, come ha ricordato Palazzo Chigi, Italgo, la società amministrata da Anselmo Galbusera in stretto rapporto di amicizia con Luigi Bisignani, entrambi non indagati, «inizialmente non invitata, è stata successivamente ammessa a presentare offerta in un raggruppamento temporaneo d'impresa su richiesta della Selex service management come previsto dal disciplinare di gara e dalla vigente normativa».
Da mesi, sulla Selex service management del gruppo Finmeccanica, la Procura ha acceso i riflettori, visto che da anni si aggiudica le principali commesse sulla sicurezza dei dati della pubblica amministrazione centrale e periferica. E la disponibilità ad essere ascoltato a Napoli, data dall'ex pm Luigi De Magistris, potrebbe tornare utile perché già nel 2007 stava investigando su una società controllata da Finmeccanica, Datamat, fornitrice del ministero della Giustizia nell'ambito dei progetti finanziati dal Pon Sicurezza e attiva nel campo delle intercettazioni. All'epoca la reazione di Finmeccanica fu dura. «Un possibile ruolo operativo di Finmeccanica – dichiarò in una nota scritta - nell'ambito della razionalizzazione delle attività di intercettazione telefonica è fatto noto. Finmeccanica dispone infatti di tecnologie e competenze che anche a tale scopo potrebbero essere utilmente impiegate». Questa volta, interpellata dal Sole-24 Ore, Finmeccanica ha preferito non commentare.
Ieri, intanto, nell'ambito del filone di indagini che fa capo a Vincenzo Piscitelli sono stati perquisiti a Roma uffici di Finmeccanica. L'obiettivo era individuare documentazione da cui possa risultare attività di segnalazione relativamente a nomine aziendali.
L'interesse allargato fuori dall'area campana fa capire che il treno a Napoli fa solo tappa: il fine corsa è Roma e presto, dunque, si porrà il problema della competenza giudiziaria. Nella capitale, infatti, si perfezionerebbero le trame e qui verrebbe deciso come piazzare tutte le tessere del puzzle della supposta associazione segreta che piloterebbe appalti, nominerebbe i grand commis di Stato più vicini e utili alla rete e, alla bisogna, si presterebbe a opera di dossieraggio e ricatti. Nella capitale la Procura sta lavorando sulla cosiddetta P3, che ruoterebbe intorno a una cricca di affaristi, faccendieri, politici, magistrati e figure ambigue, tutti pronte secondo l'ipotesi accusatoria a tramare per aggiustare sentenze e appalti, alcuni dei quali si intreccerebbero con il quadro campano. Non solo. È sempre la Procura di Roma che sta indagando proprio sulla gestione degli appalti Enav che corre sull'asse Selex sistemi integrati-Finmeccanica.
Anche lo scopo del viaggio è diverso da quel che appare: i pm potrebbero, infatti, dimostrare l'esistenza di uno "stato nello Stato", che ha il compito di intercettare tutte le informazioni e i dati sensibili che nascono, partono o arrivano all'interno delle stanze del potere, per usarli a proprio uso e consumo.

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