domenica 13 marzo 2011

Cosa tiene ancora unita l’Italia?

Articolo di Società cultura e religione, pubblicato lunedì 28 febbraio 2011 in Germania.
[Articolo originale "Was hält Italien noch zusammen?" di Birgit Schönau] [Die Zeit]
La disputa sull’unità nazionale culmina proprio nel giorno del 150° anniversario dell’unità d’Italia.





L’Italia ha 150 anni, e bisogna festeggiare. Il 17 marzo 1861 Vittorio Emanuele di Savoia viene proclamato re d’Italia. Così all’alba del 17 marzo verranno esposte le bandiere in tutto il paese, dal Gianicolo a Roma risuoneranno colpi di cannone e il parlamento si riunirà in seduta straordinaria. La giornata quindi si concluderà, con le note delle opere di Verdi che risuoneranno nei teatri non ancora del tutto costretti ad un regime di totale ristrettezza economica, come preveda la finanziaria. Questa parte del programma sembra essere comunque condivisa da tutti, tuttavia per la restante parte degli eventi previsti è scoppiata una controversia quasi surreale.

La nazione va incontro a questo importante anniversario “senza entusiasmo”, ha dichiarato l’ex presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ma in realtà non è vero. Le indagini demoscopiche rivelano che pur sempre i quattro quinti degli italiani festeggeranno volentieri il compleanno della loro nazione, stranamente molto più volentieri se sono di sinistra. La mancanza di entusiasmo di cui parla l’araldo della costituzione, Carlo Azeglio Ciampi, riguarda più i politici che i cittadini.

Le discussioni si sono dilungate per mesi, per decidere se concedere o meno un giorno di festa agli italiani. Naturalmente gli imprenditori erano contrari, i sindacati erano divisi e anche il governo lo era. Il presidente Silvio Berlusconi stesso è troppo indaffarato e con i suoi tre processi, che lo attendono come imputato, perché possa occuparsi di una simile inezia come i festeggiamenti del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Comunque, all’ultimo minuto, il governo ha emanato venerdì scorso un decreto, con cui il 17 marzo di quest’anno viene dichiarato giorno festivo. Un decreto d’emergenza – come se si trattasse di una grave crisi di governo. Quindi le regioni governate da giunte di destra, Sicilia, Calabria e Lazio, hanno già deciso autonomamente la chiusura delle scuole per quel giorno. L’Italia si dimostra veramente unita nell’anniversario della sua unificazione.

L’alleato del governo Berlusconi, la Lega Nord boicotterà in ogni caso la festa. I separatisti della Lega da tempo considerano la nazione italiana uno stato senza speranza, oggi il loro partito governa già le regioni del Piemonte e del Veneto vagheggiando uno stato di fantasia chiamato Padania, che comprenderebbe tutto il nord dell’Italia e si estenderebbe fino all’Emilia Romagna, stato sganciato da “Roma ladrona” e dalla “terronia”.

Sebbene rappresentata al governo dal ministro degli interni Maroni, la Lega rifiuta il tricolore e l’inno di Mameli come simboli nazionali. Umberto Bossi, a capo del partito leghista, è già stato accusato di vilipendio al tricolore, dopo aver dichiarato con vanto che lui usa la bandiera italiana al posto della carta igienica. La bandiera della “Padania” è verde con il Sole delle Alpi, simbolo che ricorda una runa stilizzata. I leghisti riconoscono come loro inno il Coro degli Ebrei, tratto dal “Nabucco” di Verdi. Alla Lega sembra non disturbi molto che il compositore di quest’opera e autore di questo brano sia egli stesso un eroe del Risorgimento italiano. Quello che conta è che Verdi sia originario del nord Italia.

La Lega è appoggiata anche dall’Alto Adige, nel suo rifiuto dei festeggiamenti in occasione dell’anniversario dell’unità d’Italia. Luis Durnwalder, presidente della Regione dal 2008, precisa in un comunicato ufficiale, che non intende prendere parte ai festeggiamenti, poiché la “minoranza austriaca” dell’Alto Adige non potrebbe assolutamente condividere la gioia per i festeggiamenti dei 150 anni dell’unità d’Italia. Alla radio Durwalder rincara la dose: “Non ho mai pronunciato le parole ‘viva l’Italia’”.

I due deputati del SVP, che rappresentano la minoranza di lingua tedesca al parlamento a Roma, a metà dicembre, in occasione della mozione di sfiducia contro il governo, hanno votato per Berlusconi, in cambio la provincia autonoma di Bolzano ha ottenuto la gestione della propria quota del parco nazionale dello Stelvio. Il secondo regalo di Berlusconi per il loro voto consiste nel concedere agli altoatesini di collocare sui monumenti fascisti, ancora sparpagliati sul territorio, targhe commemorative, che esprimano il dissenso critico nei confronti di quel periodo storico. Su questo punto, tuttavia, la destra italiana in Alto Adige, non si è mostrata completamente coesa, come c’era da attendersi.

In occasione del dibattito sui festeggiamenti del 150° appare molto evidente, come la classe politica sfrutti la storia del proprio paese, incurante delle verità storiche, come un supermercato self-service utile per la propaganda elettorale. L’interpretazione che viene data agli avvenimenti del marzo 1861 oscilla tra il rifiuto sarcastico e l’entusiasmo patriottico. Dunque, proprio in occasione del suo anniversario, viene alla luce una crisi d’identità dell’Italia, che ad oggi, dopo un secolo e mezzo, non appare ancora risolta. Dietro a tutto questo c’è un inquietante questione: cosa tiene oggi unita l’Italia? A parte la disposizione che tutti i liceali, da Bolzano a Palermo, debbano leggere I Promessi Sposi di Manzoni? Sicuramente non esiste più una visione comune delle cose e una volontà politica ferrea che portarono i rivoluzionari Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini da un lato e il geniale diplomatico Camillo Benso Conte di Cavour dall’altro, a creare la nazione italiana.

La visione repubblicana dello stato è soppiantata dal quotidiano reality show di una democrazia che in Italia è ridotta a intrattenimento circense. Inoltre succede che attualmente l’ unico palcoscenico pubblico, che ha visto presenti contemporaneamente ed in armonia tre ministri del governo Berlusconi, è stato quello del Teatro Ariston in occasione del Festival di Sanremo. I politici erano seduti accanto ad un ex partecipante del’ “Isola dei Famosi” e alla fidanzata dell’attore George Clooney. In origine avrebbero dovuto partecipare allo storico festival di Sanremo anche due canzoni del recente passato italiano: l’inno dei partigiani “Bella Ciao” e anche l’inno marziale fascista “Giovinezza”. Per fortuna i dirigenti della RAI si sono ravveduti all’ultimo momento. Ma solo il fatto che il fascismo abbia trovato posto accanto alla resistenza nella colonna sonora della decadente democrazia italiana, suona alquanto bizzarro.

Il berlusconismo ha sostituito il concetto di “cittadino” con quello di “italiano”. Con l’appropriazione della parola “italiano” la concezione della parola è stata svuotata di senso, cosa sia italiano e cosa non lo sia oggi sembrano deciderlo i populisti di destra che sono al governo, coltivando così un patriotismo becero, in cui sopravvive una sospetta nostalgia del fascismo. La conseguenza della rivoluzione culturale dei berlusconiani è che il patriotismo costituzionale liberale stesso viene bollato come di ispirazione comunista e quindi sovversivo. Contemporaneamente si mettono sullo stesso piano i combattenti della Repubblica di Salò prima della caduta del Terzo Reich e i partigiani della Resistenza, e la festa nazionale del 25 aprile come festa della liberazione dal dominio nazi-fascista viene oggi più che mai messa in discussione. In questo contesto di cambiamenti di valori e contraffazioni storiche è da ricercarsi anche un ulteriore motivo della incredibile rigidità e della imbarazzante insicurezza, con cui l’Italia si avvia a celebrare l’anniversario.

Del resto sono nati anche al sud potenti partiti regionali. Per esempio la Sicilia è governata dal Movimento per l’Autonomia (MPA), una sorta di nuova Lega del Sud, nata proprio dall’ex enorme bacino elettorale del partito di Berlusconi. Queste correnti si rivoltano contro il presunto colonialismo del nord verso il mezzogiorno, e anche qui viene alterata radicalmente una pagina di storia e all’eroe risorgimentale Garibaldi si affibbia il ruolo dell’usurpatore.

Allora, è proprio il caso di festeggiare? Assolutamente, scrive il pubblicista Aldo Cazzullo : “In ogni famiglia c’è un componente, che ha fatto l’Italia. Il padre soldato nella seconda guerra mondiale, la zia nella Resistenza, lo zio reduce dai campi di concentramento nazisti. Ogni famiglia custodisce un frammento della nostra storia nazionale.” Quindi per andare alla ricerca di questi frammenti di storia e per ritrovare sé stessa l’Italia si concede il prossimo 17 marzo un giorno festivo e di liberta’. Un giorno libero dai freddi calcoli del mondo politico.



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