mercoledì 2 marzo 2011

Federali della Sera. Una situazione che si ingarbuglia, a livello di Corte di Cassazione, dal momento che la Provincia di Belluno, cui fa parte oggi Sappada, ha chiesto con un referendum «cui nessun sappadino ha preso parte, avendo già scelto con un altro precedente referendum di voler aderire al Friuli» di entrare a far parte della regione Trentino Alto Adige. 2 marzo 2011.

Sezione Forza Oltre padania:
Bozen. L'addio a Berloffa unisce italiani e tedeschi.
Bozen. Bolzano: nelle scuole medie italiane gli alunni stranieri arrivano al 21,5 per cento.
Rovereto. 150° Italia, l'invito per la festa è di Prodi.
Pordenone. Gli stranieri a Pordenone: no ai licenziamenti etnici.
Sappada ha preparato il carnevale “friulanista”
 
Sezione padani, basta la parola:
Vicenza. Nel Veneto delle camicie verdi arrivano i rottamatori.
Milano. La Lombardia ha la sua Festa.
Cuneo. Controcopertina: Cuneo...non è un paese per giovani.




Bozen. L'addio a Berloffa unisce italiani e tedeschi. Ma il centrodestra diserta. BOLZANO. Alcide Berloffa unisce italiani e tedeschi, che si ritrovano per l'omaggio alla camera ardente. Ma le ferite e le divisioni storiche restano aperte: la destra italiana diserta, con l'eccezione del capogruppo del Pdl in Comune Paolo Bertolucci.  Berloffa è stato il politico italiano che più lavorò per la trattativa con il gruppo tedesco durante la costruzione dell'autonomia fino alla chiusura del Pacchetto. Non si è persa memoria di quella sua (contestata) ostinazione al dialogo. Così molti sudtirolesi hanno visitato ieri la camera ardente allestita a Palazzo Widmann. Sudtirolesi che rendono omaggio all'ex deputato e presidente della commissione dei 6 e dei 12 per 22 anni, morto venerdì a 88 anni, «è stato un uomo di pace», mescolati a vecchi amici, a politici ed ex politici, a cittadini del gruppo italiano.  «Grazie Alcide»: il primo a firmare il libro delle condoglianze è stato il presidente Luis Durnwalder, seguito dagli altri assessori. La giunta ieri ha interrotto alle 10 la seduta per partecipare all'apertura della camera ardente, che potrà essere visitata anche oggi dalle 9 alle 12. Alle 14 di oggi i funerali in Duomo, che saranno celebrati da padre Kurt Egger, amico personale di Alcide Berloffa. Poi alle 15.30 la cerimonia funebre al cimitero di Oltrisarco. Sarà il momento più politico di omaggio al politico che in questi giorni viene onorato come uno dei padri costituenti dell'autonomia. Lo ricorderanno Durnwalder, seguito dal presidente trentino Lorenzo Dellai, dal sindaco Luigi Spagnolli, dal diplomatico austriaco Ludwig Steiner (ex consigliere diplomatico di Karl Gruber, tra i protagonisti delle trattative per parte austriaca), Pierluigi Castagnetti e Giancarlo Bolognini.  Attorno alla bara si sono alternati ieri vecchi amici e colleghi politici del periodo della Dc e della Margherita, Bolognini, Di Puppo, Ferretti, Spagnolli, Cavagna.  Ad accogliere i visitatori i due figli, Paolo e Giovanna, in rappresentanza anche della madre Vanda. Nei giorni dei riconoscimenti a Berloffa, la famiglia ha voluto ricordare anche i momenti difficili di quegli anni di trattative. Sulla bara coperta di rose rosse, è stato posato il crocifisso semidistrutto durante l'attentato nell'ufficio di Berloffa negli anni Ottanta.  Decine di persone sono entrate ieri a Palazzo Widmann. Laura Colombo arriva con il marito Walther, sudtirolese: «Siamo un esempio della convivenza possibile, quella per cui ha lavorato Berloffa, attirandosi critiche durissime. E ci sono ancora pregiudizi da vincere, anche se le persone spesso sono più avanti della politica». Elisabetta Pini: «Sarebbe ora che italiani e sudtirolesi si dicessero: viviamo in una terra bella e ricca, basta contese». Zilli Torggler appartiene all'infanzia di Berloffa, quando viveva a Rencio: «I suoi genitori venivano nel nostro maso». Carlo Weber conosceva invece Berloffa dal 1948 e insieme facevano parte di quei «cattolici convinti che si dovesse trovare una soluzione giusta per l'Alto Adige. Berloffa sapeva affrontare i problemi anche quando aveva tutti contro». Annamaria Tarsia è un'amica di famiglia: «Alcide era un uomo giusto e modesto. Negli anni più duri ci raccontava che il suo sforzo era fare capire che "la mediazione è l'essenza della politica", ci diceva, "l'interesse generale viene prima di tutto"». Accanto c'è Milena Rizzardi: «Ricordo tante passeggiate e camminate in montagna. E forse è vero che sperava in un Alto Adige diverso, più unito». Johanna Ganthaler: «Volevo salutare questo grande uomo, che ha lavorato per portare la pace tra noi». Giorgio Danieli: «Ha pensato a tutti, italiani, tedeschi e ladini».
Bozen. Bolzano: nelle scuole medie italiane gli alunni stranieri arrivano al 21,5 per cento. BOLZANO. Nelle scuole medie inferiori di lingua italiana dell'Alto Adige c'è una media del 21,5% di alunni figli di stranieri. La maggioranza dei giovani immigrati si riversa più nella scuola italiana che non nella tedesca, dove rappresentano solo il 4,9 per cento del totale. È il dato che emerge dalla statistica Astat riferita all'anno scolastico in corso.
LE 88 SCUOLE. Nell'anno scolastico 2010/11 sono 9.205 gli alunni e 8.565 le alunne che frequentano una delle 88 scuole medie, denominate ufficialmente scuole secondarie di primo grado, dell'Alto Adige. Rispetto all'anno scolastico precedente si registrano 96 alunni in più. Questo aumento è da imputarsi soprattutto all'incremento di iscrizioni di alunni stranieri. Il 73,8% degli alunni frequenta una scuola media in lingua tedesca, il 21,5% una in lingua italiana e il restante 4,7% una nelle località ladine. Gli alunni ripetenti sono complessivamente 559; la relativa quota è calata di 0,4 punti percentuali rispetto all'anno scolastico stico precedente, attestandosi a 3,1 ripetenti ogni 100 iscritti. Le scuole medie contano complessivamente 911 classi. In media risultano esserci 19,5 alunni per classe.
ETEROGENEITÀ. Nell'anno scolastico in corso sono 1.471 gli alunni stranieri iscritti nelle scuole secondarie di primo grado altoatesine, vale a dire 8,3 ogni 100 iscritti. La maggior parte proviene da un paese europeo esterno all'Unione europea (46,4%), il 20,3% dall'Asia, il 15,0% dall'Africa e il 13,5% da un paese dell'Unione europea. Se si considerano le singole nazionalità, gli stati più rappresentati sono l'Albania (246 alunni), il Marocco (163), il Pakistan (163), la Serbia e Montenegro (127) e la Macedonia (113).
LA SUDDIVISIONE. Gli alunni stranieri frequentano in prevalenza le scuole medie in lingua italiana, dove si registrano 21,5 stranieri ogni 100 iscritti. Nelle scuole in lingua tedesca tale quota si attesta su 4,9 stranieri ogni 100 iscritti e in quelle delle località ladine su 1,7. Sono invece 95 i bambini che provengono da paesi dell'Unione europea di lingua tedesca (Germania e Austria).
LA RELIGIONE. Nell'anno scolastico 2010/11 sono 851 (di cui 615 stranieri) gli alunni delle scuole secondarie di primo grado che non si avvalgono dell'educazione religiosa, pari a 4,8 alunni ogni 100 iscritti.
LE ELEMENTARI. Nell'anno scolastico in corso sono 2.344 gli alunni stranieri iscritti nelle scuole elementari altoatesine, vale a dire 8,5 ogni 100 iscritti. La maggior parte proviene da un paese europeo esterno all'Ue (44,1%), il 21,2% dall'Asia, il 17,4% dall'Africa e il 12,8% da un paese europeo facente parte dell'Unione. Se si considerano le singole nazionalità, gli stati più rappresentati sono l'Albania (410 alunni), il Marocco (273), il Pakistan (240), la Macedonia (205), la Serbia e Montenegro (125) e il Kosovo (117). Nelle scuole elementari in lingua italiana si registrano 20,1 stranieri ogni 100 iscritti. Nelle scuole elementari in lingua tedesca tale quota si attesta su un valore pari a 5,3 stranieri ogni 100 iscritti e in quelle delle località ladine su 3,5; sono infine 115 gli alunni che provengono da paesi dell'Ue di lingua tedesca (Germania e Austria). (da.pa)
Rovereto. 150° Italia, l'invito per la festa è di Prodi. L’invito a celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia è arrivato con una circolare del capo del governo nel luglio 2010. Peccato, però, che la firma in calce alla nota non fosse del presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi ma del suo predecessore Romano Prodi. Il che, ad essere ottimisti, fissa il tempo tra l’invio da palazzo Chigi e l’arrivo a palazzo Pretorio in oltre due anni. Sarà forse anche per questo che il Comune di Rovereto ha scelto di non organizzare la notte tricolore tra il 16 e il 17 marzo? 01/03/2011 19:23
ROVERETO - «Non è mancanza di volontà, - stoppa subito la polemica l’assessore alla contemporaneità Luisa Filippi - ma proprio l’impossibilità di seguire le indicazioni del governo. Nella circolare c’è scritto di aprire per quella notte i musei e le varie attrazioni culturali in nome dell’unità nazionale. Il tutto, è sottolineato, con sobrietà. Insomma, è un invito a dimostrare l’italianità attraverso la cultura che è poi l’espressione peculiare di un popolo.
Purtroppo, però, i due maggiori musei, il Mart e il Museo della guerra al Castello, sono inagibili. Il primo, infatti, deve ultimare l’allestimento per la mostra del Museo d’Orsay che aprirà il 18 marzo; il secondo sta finendo il restauro del terzo lotto, quello del Quattrocento veneziano, dove c’è tutta l’espressione roveretana, della sua cultura politica visto che era la sede del podestà. Quest’ala sarà visitabile, per la prima volta, a fine mese».
Pordenone. Gli stranieri a Pordenone: no ai licenziamenti etnici. di Chiara Benotti. Ma sugli esuberi Electrolux il Carroccio ribatte: «Tutela a chi è del posto» PORDENONE. «No del comitato Primo marzo ai licenziamenti etnici: pari diritti agli immigrati». Stranieri con il lavoro a rischio in prima linea, a Pordenone, ma la Lega nord ribatte: «Chi è italiano e tiene in piedi il tessuto sociale non può essere licenziato».
Botta e risposta, ieri sera a Pordenone in via Canaletto 4, tra Didier Manga dell’associazione Primo marzo e il numero due della Provincia, Eligio Grizzo. E’ l’uomo del dialogo del Carroccio provinciale, che ha preso sul serio la sfida con gli immigrati: sintesi impossibile, alla fine, ma confronto dialettico serrato. Sul piatto del forum, la crisi occupazionale diffusa e gli esuberi Electrolux da gestire.
«Mi viene freddo alla schiena, quando sento parlare di licenziamenti etnici dal Carroccio – ha incalzato Manga con gli ospiti sindacalisti Roberto Zaami, vertice provinciale della Uil e Carla Franza, di Cgil -. La situazione che gli immigrati del Pordenonese vivono è di grande paura».
Operai stranieri a casa per salvare il posto di lavoro agli italiani? Pollice verso, da Mark Ewur, cassintegrato dell’Electrolux. «Sono qui da 20 anni – ha raccontato -. Ho comprato casa e ci sono i miei figli, con me. Dove dovrei andare? Se ci volete rispedire a casa, allora dovete darci i contributi che abbiamo pagato in tutti questi anni di duro lavoro. Tanti stranieri se ne sono dovuti andare».
Per Zaami, bisogna mettere a fuoco una cosa: «Nell’Electrolux non si può dividere operai autoctoni da non autoctoni – ha ribattuto all’ipotesi sostenuta dalla Lega Nord -. Tutti pagano tasse e contributi previdenziali. In un momento di crisi, quindi, la professionalità può essere l’elemento di distinguo. In previsione di una ri-occupabilità». No sindacale al “celodurismo” sugli stranieri. «La proposta della Lega Nord è pura propaganda politica – ha chiuso la questione Zaami -. Dobbiamo dare slancio all’industria con una politica strutturata di lungo respiro, per Electrolux: la Regione si faccia sentire».
Opinioni difformi anche sul piano provinciale dell’immigrazione. «Per 252 stranieri è stato trovato un lavoro» ha fornito i numeri Grizzo sull’attività della Provincia. Per Manga «la soluzione non sta nelle differenziazioni sul colore». Oggi l’Associazione immigrati sarà ricevuta dal Questore Antonino Costa e il 16 marzo dal sindaco Sergio Bolzonello: chiedono diritti di integrazione, di lavoro e sono pronti a mobilitarsi.
Sappada ha preparato il carnevale “friulanista” di Gino Grillo Durante la sfilata maschere con slogan per il passaggio alla Provincia di Udine. SAPPADA. La voglia di Sappada di tornare in Friuli contagia anche il carnevale. Domenica scorsa, in occasione del carnevale dei contadini (“Paurn Sontag”), un gruppo di maschere ha innalzato dei cartelli nei quali si ribadiva la volontà, sancita in maniera plebiscitaria da un referendum tenutosi l’anno scorso, di far parte della nostra regione. Il fatto è stato commentato da Alessandro Mauro, del comitato “Ritorno di Sappada in Friuli”: «Non vi è stata nessuna manipolazione su quanto accaduto: il carnevale di Sappada fa parte di una antica tradizione del paese». «Personalmente io terrei separata questa secolare tradizione con le istanze contingenti, ma tant’è, domenica scorsa alcune maschere si sono presentate con cartelli inneggianti al ritorno in Friuli».
Punto fermo del carnevale sappadino sono i Rollate, persone camuffate con pelli che li rendono irriconoscibili, che avanzano facendo risuonare i loro campanacci di bronzo e che avranno il loro momento clou con la sfilata di lunedì 7 marzo, mentre tutti possono partecipare scegliendo il tema con il quale travestirsi, trasformando l’evento in un carnevale spontaneo. «Quello che vorremmo ora è una risposta al nostro referendum - spiega Mauro – qualsiasi essa sia, anche negativa, da parte del parlamento nazionale sarà bene accetta e rispettata».
Queste maschere hanno quindi voluto riproporre la questione del ritorno in Friuli di Sappada, ponendo pressione sui parlamentari friulani e veneti. «Da un colloquio con il senatore Saro, che porta avanti le nostre istanze in commissione affari costituzionali, abbiamo appreso - prosegue Mauro - che esistono delle perplessità, in quanto se il Friuli Venezia Giulia si è espresso (positivamente) sulla questione, vi è un silenzio assoluto da parte della regione Veneto».
Una situazione che si ingarbuglia, a livello di Corte di Cassazione, dal momento che la Provincia di Belluno, cui fa parte oggi Sappada, ha chiesto con un referendum «cui nessun sappadino ha preso parte, avendo già scelto con un altro precedente referendum di voler aderire al Friuli» di entrare a far parte della regione Trentino Alto Adige. «Occorre rilevare - fa presente Mauro – che Sappada, oltre che tradizione storica, fa già parte del Friuli: tutte le sue associazioni, società sportive, legami affettivi, economici e non ultimo quelli relativi alla diocesi che è quella di Udine, si rivolgono al Friuli. Chiediamo quindi che Sappada diventi friulana anche amministrativamente».
Si attende ora domenica prossima, con la sfilata dei ricchi “Hearn Sontag”, per verificare se la provocazione di domenica scorsa avrà fatto dei proseliti.


Vicenza. Nel Veneto delle camicie verdi arrivano i rottamatori. di Giovanni Bucchi   «Vogliono espellere il leghismo dalla Lega». Parola di Davide Lovat, il «rottamatore» dirigente vicentino del Carroccio, cacciato sabato scorso dal partito su decisione del consiglio veneto. Succede anche questo nella regione conquistata a larga maggioranza dal padano doc Luca Zaia. Qui, tra il Po e le Alpi, il partito di Umberto Bossi fa i conti con spaccature e rivolte interne. Il caso di Lovat, l'intellettuale «troppo» leghista e «colpevole» di aver puntato il dito contro alcuni dirigenti locali, ne è un esempio. Sullo sfondo c'è la lotta tra il segretario uscente Gian Paolo Gobbo, in odore di riconferma, e il sindaco veronese Flavio Tosi. Un duello che si sta riproponendo nei vari congressi locali. Gobbo, trevigiano doc e vicinissimo a Bossi, incarna l'anima più autonomista e celodurista della Lega. Tosi, su cui si è vociferato mesi fa un passaggio al Pdl area Sacconi (e lui in tutta risposta ha minacciato querele), è il primo cittadino più popolare d'Italia, non si tira indietro se c'è da festeggiare i 150 anni dell'unità nazionale, e non disdegna una sua lista alle elezioni del 2012 (dopo che la sua civica alle comunali precedenti ha ricevuto più consensi della Lega, altra grana). Non bastasse, Tosi, un mese fa, si è pure alzato in consiglio comunale per ascoltare l'inno di Mameli mentre i suoi colleghi di partito (sorella compresa) restavano incollati alle sedie. Anche per questo il sindaco scaligero viene indicato come vicino al ministro Roberto Maroni, uno che ha detto «Viva l'Italia! Federale», mandando su tutte le furie mezzo partito. Ma le polemiche venete sono solo una questione di inni e bandiere? No, c'è dell'altro, innanzitutto il controllo di un territorio dove la Lega è fortissima e gli interessi economici anche. Il caso di Lovat, il «rottamatore rottamato» è però significativo. «Il leghismo originario viene tradito» dice a ItaliaOggi, «io ho denunciato che a livello locale ci sono dirigenti che si comportano da feudatari, trattano la base come il volgo guardandoli dalla villa in collina. Per queste parole mi hanno cacciato». Espulsione che ha dovuto votare lo stesso Gobbo, anche se, per ricucirla, si sta muovendo il senatore Paolo Franco. In Veneto insomma si sta ripetendo il copione di altre crisi locali leghiste: il partito governa da anni, e la base inizia a rumoreggiare. «Mi hanno espulso senza comunicarmelo, l'ho appreso dai giornali», continua Lovat , «quelli che stanno vicino a Bossi non hanno capito cosa sta facendo certa gente. Io sto con Gobbo, Zaia, Bricolo, Bossi, Rosy Mauro e Reguzzoni, lo scriva pure, ma qui c'è chi come Tosi e Maroni vuole costruire un partito che non è più la Lega Nord». Lovat assicura che il suo è un malessere «molto diffuso nella base veneta» e per questo lancia «un grido di dolore perché non prevalgano quelli che vogliono una Forza Italia federale».
http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1703149&codiciTestate=1&sez=hgiornali
Milano. La Lombardia ha la sua Festa. La Lega ottiene lo "scambio" con l’Unità d’Italia: sarà il 29 maggio. Nasce all’insegna del baratto la Festa della Lombardia. Qualcuno potrebbe anche sostituire "baratto" con "ricatto": l’unità della Patria - unitaria perché una sola, di nome Italia - si celebrerà con dovuto rispetto il 17 Marzo soltanto grazie all’istituzione, imposta dalla Lega Nord, della Giornata della Regione. La scelta è caduta, non proprio a sorpresa, sul 29 Maggio, anniversario della battaglia di Legnano del 1176. Sul calendario, nulla da eccepire: evento storico di culto risorgimentale ben prima che "padano", citato nell’Inno di Mameli. Ben collocata anche come stagione e rispetto ad altre festività. Migliore dell’alternativa più forte, il 18 o il 22 Marzo - prima e ultima delle Cinque Giornate di Milano. Lo stesso Qualcuno di cui sopra potrebbe indignarsi per un presunto sintomo di secessionismo, ma non è affatto il caso. Se il metodo brutale del "do ut des" appanna lo smalto, si tratta né più né meno dell’applicazione dello Statuto d’Autonomia della Regione Lombardia. Tardiva, per giunta,visto che dal 24 maggio 2008 l’articolo 1 comma 4, dispone: "La Regione ha festa, bandiera, stemma e gonfalone propri stabiliti con legge regionale". Che per approvare la legge sia stato necessario il 150° anniversario della proclamazione del Regno d’Italia non è uno scandalo, ma un paradosso. Non il solo...
Cuneo. Controcopertina: Cuneo...non è un paese per giovani. Sarà il clima? sarà la gente? Soprattutto nei mesi invernali Cuneo, dopo le dieci di sera, sembra una città da catastrofe postnucleare, non c'è in giro nessuno, o quasi. I pochi che si aggirano stanno visibilmente raggiungendo casa, camminando in fretta. Eppure Cuneo non si può dire che sia una città morta. Ci sono numerosi cinema, c'è un teatro, aggregazioni culturali, oltre alle pizzerie, ristoranti, bar.
Quello che forse manca sono i locali di aggregazione “giovanile”, dove ci si incontra e si beve, si mangia, si ascolta musica. Non c'è bisogno di andare fino a Torino, dove i locali a girarli tutti anche solo una volta non basterebbe un anno intero, basta uscire da Cuneo, e ad esempio, spostarsi a Saluzzo, cittadina da questo punto di vista vivacissima.
Per questo che nel capoluogo non è sufficiente un locale come gli Ex Lavatoi, un esempio di luogo di aggregazione che offre diverse occasioni di interessanti eventi, ma ce ne vorrebbero altri. Se vogliamo dare la colpa al clima, d'estate occorre riconoscere che la città si anima di più e, grazie ovviamente al caldo, la gente esce, riempie i portici e le strade principali, i bar ed i locali sono pieni, ma questi sono sempre gli stessi, e basta svoltare l'angolo per ritrovare di nuovo vie desolate, tristi.
Anche il Nuvolari, in attività d'estate, fa il pienone, il che vuol dire che la domanda di spettacoli e di musica è grande. Se vogliamo dare la colpa alla gente, allora occorre riconoscere che in occasione di manifestazioni ed eventi culturali, Cuneo ha sempre risposto in maniera massiccia ed entusiasta. Il problema allora qual é?
E' vero che in Cuneo è preponderante una popolazione non giovanissima, e non essendo diventata una vera e propria città universitaria, ha perso una fetta importante di giovani. Con tutti i pro e i contro del caso, le città universitarie sono quelle più vivaci, dove pullulano le possibilità per passare qualche ora in una miriade di posti diversi. Anche se sono di parte per la mia provenienza, basta vedere Torino per avere un'idea di quello di cui sto parlando. Invece, i giovani cuneesi in gran parte sono “emigrati” per ragioni di studio, portando via con sé anche una fetta della voglia, da parte della città stessa, di rinnovarsi e trovare nuove idee per favorire l'aumento di locali dove si possa ascoltare anche d'inverno musica dal vivo, serate con ospiti di richiamo o anche semplicemente per dare occasione ai gruppi emergenti di farsi conoscere. 
Dispiace dover comunque fare chilometri e chilometri per poter sentire suonare un gruppo, tanto per cambiare e non andare sempre nella stessa gelateria o pizzeria. Sicuramente l'attuale amministrazione comunale è sensibile alla valorizzazione degli spazi culturali e di aggregazione, perché ne ha dato prova, e siamo curiosi di vedere che piega prenderà il progetto della costituzione della “Casa delle arti e dello spettacolo”, che nelle intenzioni dovrebbe offrire spazi per attività musicali, teatrali ed espositive, e cercare di supportare “la nascita di un’area formativa con aspetti di incubatoio per dare la possibilità a chi manifesta ambizioni artistiche di poter verificare le proprie aspirazioni.”  Monica Bruna

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