venerdì 11 marzo 2011

Mezzogiorno della Sera. 11 marzo 2011.

La Malaburocrazia favorisce la criminalità.
 
Istat: produzione agricola «piatta».
 
Case popolari, tagli al fondo di emergenza.
 
San Vito, un piano per il turismo.
 
Tre milioni di euro per i pescherecci siciliani.
 
Pescara come Napoli per l'inquinamento atmosferico.
 
Torna lo spettro della spazzatura ammassata in strada.

Impugnata la legge finanziaria regionale

Molise. Pronti ad accogliere 400 profughi libici.
 
Molise. La Regione stanzia 5 milioni di euro.

Tomaselli: “Salvate l’edificio e il futuro di molti giovani”
 
L'UNIONE SARDA - Politica: Finanziaria e caccia, stop del Governo
 
L'UNIONE SARDA - Politica: «I pastori hanno sbagliato».

Termoli. Colpo di scena: rispuntano i vecchi cassonetti.
 
Emirates cerca hostess e steward mini stipendio ma alloggio a Dubai.
 
Taranto. Diossina all'Ilva e i dati ballerini.
 
Basso Molise. Acqua, tumori e agricoltura: "In Basso Molise ci si ammala il doppio".




La Malaburocrazia favorisce la criminalità. Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua. Se nella Regione e nei Comuni siciliani la burocrazia fosse virtuosa, cioè efficiente ed efficace, a servizio vero dei cittadini, tutto funzionerebbe bene, senza sbavature ed i risultati sarebbero sotto gli occhi di tutti. In una macchina pubblica che funzioni, sarebbe difficile la penetrazione dei tentacoli della criminalità ordinaria e organizzata. Sarebbe difficile, altresì, il diffondersi della corruzione perchè anche a chi venisse in testa di chiedere un favore riceverebbe la porta sbattuta sul grugno.
In una burocrazia che funzioni, non c’è posto nè spazio, dunque, per la malavita, per il malaffare e per la corruzione. Se queste tre distorsioni sono, invece, presenti è perchè la burocrazia non si svolge secondo i principi di equità e di imparzialità, come prevede l’art. 97 della Costituzione. Per cui, dalle fessure e dalle finestre entrano spifferi nauseanti di ogni genere che appestano l’aria dei luoghi pubblici i cui responsabili, anzichè aprire le finestre per fare uscire l’aria fetida, le tengono ben rinserrate per evitare che i cittadini guardino dentro.
Sono le vituperate Procure della Repubblica, sulla base delle inchieste che fanno le Forze dell’ordine, ad entrare nei Palazzi dei Comuni e della Regione per scovare il malaffare. Anche la Procura regionale della Corte dei conti, guidata dall’ottimo Guido Carlino, interviene con migliaia di inchieste (aperte solo nel 2010) per recuperare centinaia di milioni di euro di danni erariali. Ma tutto questo, altamente meritevole, è  insufficiente per colpire il tessuto cancerogeno che si trova dentro le pubbliche amministrazioni regionale e locali. Lo è perchè esse, come abbiamo più volte scritto, non hanno un sistema immunitario che sviluppi gli anticorpi contro virus e bacilli del malaffare.
È incredibile rilevare come presidenti, assessori regionali e sindaci, non abbiano pensato, in questi 64 anni di Autonomia, che fosse indispensabile crearli, questi anticorpi, sotto forma di strutture investigative riservate che svolgessero il monitoraggio su qualunque cosa negativa potesse accadere in ogni amministrazione. Non pensiamo alla scarsa intelligenza dei diversi responsabili, ma alla loro connivenza con un sistema che porta i voti delle organizzazioni criminali e dei corrotti.
Non sembri una bestemmia, ma lo sfrenato clientelismo, causa dell’assunzione indiscriminata e senza alcuna ragione organizzativa di migliaia e migliaia di precari, è una forma di corruzione estesa perchè implicitamente comporta che tutti costoro assunti per chiamata diretta (cioè per raccomandazione, non avendo superato alcun concorso pubblico) sono già stati e continuano ad essere galoppini politici in tutte le tornate elttorali.
Ma presidenti della Regione e sindaci sono stati miopi perchè chi si vende per un posto di lavoro o per uno straccio di indennità, troverà successivamente qualcuno che pagherà un prezzo più elevato. Chi non ha la capacità di trovare un lavoro sul mercato, perchè non ha le competenze o perchè non si è addestrato nel tempo adeguatamente, sarà sempre con la mano tesa come un mendicante a chiedere l’elemosina a qualcuno. Corrotto e corruttore sono indegni di una società progredita ed equa.
Sembra ancora incredibile come in questi 64 anni il ceto politico, abdicando al suo ruolo primario, abbia consentito ad una burocrazia, non al servizio dei cittadini ma di se stessa,  di creare un fitto reticolo di procedure, appositamente ingarbugliato per obbligare i cittadini che richiedono un qualunque servizio a farlo accompagnare dal classico favore. Non solo, ma l’intreccio delle procedure ingarbugliate consente le infiltrazioni delle organizzazioni malavitose, le quali ottengono autorizzazioni che non dovrebbero avere, mentre i burocrati non rilasciano quelle che dovrebbero dare perchè la contropartita del favore non è stata adeguata o danneggerebbe i concorrenti malavitosi.
Sembra un ginepraio. Lo scenario, invece, è perfettamente illuminato e risulta chiarissimo se non si cacciano i dirigenti regionali e comunali che non rilasciano in tempo reale le autorizzazioni e, d’altra parte, se non vengono ribaltate le procedure, per cui ogni cittadino o impresa può fare qualunque cosa che non sia vietata dalla legge. Per contro la pubblica amministrazione ha la facoltà di controllare ed impedire eventuali violazioni solo a posteriori. La Sicilia resterà inchiodata nel sottosviluppo di cui la corruzione è la causa principale se tutto rimane com’è oggi.
Istat: produzione agricola «piatta». Secondo la Cia, l’andamento del settore primario continua a rimanere stagnante. Pesano i costi produttivi in costante aumento. Fonte: © CIA.it - Pubblicata il 10/03/2011 ROMA - L’agricoltura italiana inizia il 2011 con prospettive per niente rosee. Dopo aver chiuso il 2010 con una produzione complessiva in calo del 2 per cento, le stime relative al primo trimestre del nuovo anno non fanno ben sperare: l’andamento del settore primario resta piatto, stagnante. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, nel giorno in cui l’Istat diffonde i dati sulla produzione industriale a gennaio.
SETTORI - In particolare -spiega la Cia- tra gennaio e marzo, le aziende impegnate nelle coltivazioni erbacee (ortaggi, cereali, legumi e colture industriali) non prevedono sostanziali variazioni delle rese produttive rispetto agli ultimi tre mesi del 2010, fermandosi a un misero meno 0,07 per cento. Stessa situazione per gli allevatori: l’indice sintetico relativo alle consegne per la macellazione dovrebbe rimanere pressappoco invariato a meno 0,07 per cento. Solo la produzione di latte è attesa in aumento, anche se soltanto dello 0,16 per cento.
COSTI - Questo vuol dire -osserva la Cia- che l’agricoltura non cresce, resta immobile, zavorrata per un verso dai costi produttivi in continuo aumento e per l’altro da prezzi non ancora remunerativi per gli agricoltori. Una situazione resa evidente anche dai dati pubblicati dall’Istat sulle intenzioni di semina 2010-2011: quest’anno c’è un netto aumento (pari al più 19,1 per cento) dei terreni lasciati a riposo. Nella maggior parte dei casi la decisione di non seminare è dipesa proprio dal fattore costi, soprattutto visto che oggi i prezzi di mercato, caratterizzati da una crescente volatilità, non riescono a compensare gli oneri da fronteggiare.
Basti pensare all’aumento boom del carburante agricolo, alimentato dalle rivolte in Nord Africa -ricorda la Cia-. Solo tra gennaio e febbraio l’incremento record del greggio è costato all’agricoltura, e alle serre in particolare, un conto molto salato: oltre 5 milioni di euro.
Case popolari, tagli al fondo di emergenza. El Zhobi (Idv): porterò in consiglio comunale le famiglie rimaste senza aiuti. CHIETI. Fondo per l'emergenza abitativa tagliato, per l'anno in corso, del 60% con cento famiglie rimaste senza il prezioso supporto economico mensile per pagare l'affitto di casa. Gli utenti protestano e Bassam El Zohbi, capogruppo dell'Idv, attacca l'amministrazione comunale. «C'è un preoccupante immobilismo», dice, «sulle politiche della casa».  L'ex assessore della giunta di centrosinistra, con delega proprio alle politiche della casa, annuncia.  «Se il fondo non verrà rimpinguato con un'apposita variazione di bilancio porterò in consiglio comunale», assicura El Zohbi, «tutte e cento le famiglie che adesso rischiano concretamente lo sfratto». La situazione sembra incandescente.  Il fondo per l'emergenza abitativa è stato istituito tre anni fa dal passato governo di centrosinistra con un contributo annuo pari a 195 mila euro.  «Soldi», ricorda El Zohbi, «confermati fino al 2010. Per quest'anno il centrodestra, invece, ha stanziato il 60% in meno».  Ovvero appena 80 mila euro.  Un taglio che ha mandato su tutte le furie le famiglie che avevano diritto al fondo.  Nel dettaglio all'ufficio casa sono pervenute 130 richieste di sussidio mensile da 200 euro per pagare l'affitto.  Ma verranno aiutate, in concreto, solo trenta famiglie.  «Le altre sono imbufalite e riversano quotidianamente le loro frustrazioni ai dipendenti dell'ufficio casa che, però, non c'entrano nulla. Le colpe», attacca El Zohbi, «sono della politica».  Il capogruppo dell'Idv, in particolare, punta il dito sull'assessore alle politiche della casa Ivo D'Agostino.  «Esponente», sottolinea El Zohbi, «dell'Udc, partito cardine del costituendo terzo polo che dice di essere attento al sociale. A questo punto chiedo a loro di lavorare per inserire più soldi nel fondo per l'emergenza abitativa».  Istituzionalizzato con un apposito regolamento passato in consiglio a dicembre.  Come se non bastasse i soldi del fondo vengono restituiti, nell'anno successivo allo stanziamento, per tre quarti dallo Stato in base alla legge 431 del'98.  «Un modo per riversare nelle casse comunali soldi freschi e risolvere», riprende El Zohbi, «la carenza di alloggi di residenza pubblica in città».  Le case popolari sono 450 mentre sono 200 le case parcheggio con dimensioni inferiori ai 45 metri quadrati.  Un contingente insufficiente.  «Purtroppo», lamenta Luigi Febo di Chieti per Chieti, ex assessore ai lavori pubblici della giunta Ricci, «si sta annullando il percorso virtuoso iniziato da noi». (j.o.)
San Vito, un piano per il turismo. Marketing e strutture per promuovere la costa. san vito dei normanni. di Teresa Di Rocco. SAN VITO. Promuovere in modo attivo ed organizzato lo sviluppo turistico del territorio, offrendo servizi che mescolino qualità, bellezza, offerte culturali e tradizioni locali. E' l'obiettivo del piano di sviluppo turistico e di marketing territoriale, presentato nei giorni scorsi dalla giunta guidata dal sindaco Rocco Catenaro.  Un progetto, redatto da Leonardo Di Nicola Agostini, ideato due anni fa dall'amministrazione e costato 20mila euro. «Alla base del piano ci sono due anni di studio delle caratteristiche e delle criticità del sistema turistico del paese», spiega Catenaro, «il progetto non è, però, un punto di arrivo, bensì di partenza per la crescita del territorio attraverso la promozione e una pianificazione che finora non c'era mai stata. E' questa la novità: creare un sistema organizzato di promozione turistica e di offerta di nuovi servizi».  Sono due le parti che compongono il piano: la prima sulla promozione turistica, ed è un'attività di marketing, la seconda riguarda invece i servizi da offrire ai villeggianti. «La promozione è volta ad evidenziare qualità e bellezze del territorio», afferma l'assessore all'ambiente e al turismo, Luigi Comini, «per organizzare l'attività si creerà un forum dello sviluppo con operatori turistici, associazioni, imprenditori che si occuperà anche della creazione di un marchio locale, come quello ideato per i cellipieni. Magari il simbolo del paese sarà scelto dagli studenti attraverso un concorso di idee».  Ma è la parte dei servizi quella più innovativa e che prevede, in particolare, l'aumento della capacità ricettiva del paese, attraverso strutture di qualità e progetti di mobilità sostenibile. «In collaborazione con la Sangritana, ad esempio, vorremmo creare una metropolitana di superficie, sfruttando l'ex tracciato ferroviario», spiega Comini, «creare percorsi naturalistici sul mare, da percorre a piedi, in bici, a cavallo». Due dei progetti previsti nel piano marketing sono già avviati: il resort e il porto. Il primo, struttura ricettiva da 600 stanze, campi sportivi, teatro, a Colle Foresta, ha ottenuto il mese scorso il via libera dagli enti regionali con competenza ambientale.  Il progetto del porto, da 300 posti barca da costruire ai piedi della vecchia stazione ferroviaria, è in corso. E' prevista infine, la creazione di una banca del vino, dell' olio e della pasta,per valorizzare i prodotti tipici. «Tutti i progetti sono realizzabili attraverso finanziamenti regionali, comunitari e privati», conclude Catenaro, «indicati nel piano marketing».
Tre milioni di euro per i pescherecci siciliani. di Stiben Mesa Paniagua. Pubblicato sulla Gurs del 4 marzo il bando rivolto ai pescatori dell’Isola per migliorare le proprie imbarcazioni. L’obiettivo del finanziamento è anche quello di consentire l’adeguamento alle esigenze ambientali. PALERMO - Migliorare le condizioni dei pescherecci, in termini di sicurezza, igiene, e qualità del pescato. È quanto si propone la misura 1.3 del Fondo europeo per la pesca. Investimenti a bordo dei pescherecci e selettività (art. 25, reg. CE n.1198/06). Al bando, pubblicato sulla Gurs dello scorso 4 marzo, dall’Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari, sono assegnati complessivi euro 3 milioni di risorse pubbliche.
L’obiettivo del finanziamento è consentire a pescatori l’ammodernamento per adeguare i pescherecci alle esigenze ambientali e per consentire il rispetto degli ecosistemi acquatici, nonché favorire l’evoluzione dello sforzo di pesca verso sistemi di cattura più sostenibili e con sistemi di pesca selettivi.
I lavori di armamento, che verranno controllati amministrativamente e in loco da personale dell’Autorità marittima, dovranno però rispettare alcune condizioni: gli investimenti non dovranno permettere un aumento della capacità di cattura, né della dimensione della stazza, né della potenza motore. Solo per motivi di sicurezza è possibile l’aumento di stazza dell’imbarcazione, ma ciò non deve determinare un aumento dello sforzo di pesca.
Rientrano, invece, fra gli interventi ammessi quelli volti a migliorare gli standard di sicurezza a bordo, le condizioni di lavoro, l’igiene, la qualità dei prodotti, l’efficienza energetica e la selettività senza incrementare le capacità di cattura del peschereccio. Così come si potrà sostituire il motore, sempre senza aumentarne la potenza. Altri investimenti previsti riguardano tutti quei lavori di ammodernamento volti a ridurre i rigetti in mare e l’impatto della pesca su specie non commerciali. E ancora, interventi per migliorare selettività degli attrezzi da pesca, compresa la sostituzione degli stessi verso l’uso di altre tecniche di pesca più selettive.
Affinché si consegua quanto desiderato, ossia un miglioramento in termini di qualità e non di quantità, tutte le eventuali modifiche, dovranno ottenere almeno uno di questi obiettivi: razionalizzazione delle operazioni di pesca, in particolare mediante l’impiego a bordo di tecnologie e metodi di pesca più selettivi per evitare catture accessorie non opportune; miglioramento della qualità dei prodotti pescati e conservati a bordo, mediante l’impiego di adeguate tecniche di pesca e di conservazione delle catture e l’applicazione di normative sanitarie; miglioramento delle condizioni di lavoro e di sicurezza; garantire la qualità dell’opera e la rispondenza alle finalità relative alla misura; garantire la conformità alle norme vigenti; soddisfare i requisiti essenziali, definiti dal quadro normativo nazionale e comunitario.
I soggetti a cui è destinato il contributo sono sia i proprietari che gli armatori di imbarcazioni da pesca. Per gli armatori è necessario che il proprietario accordi, per iscritto, il proprio consenso. Il finanziamento sarà attuato per i natanti ammissibili a contributo devono essere iscritti nel Registro comunitario da almeno 5 anni ed in uno dei compartimenti marittimi della Regione siciliana.
Pescara come Napoli per l'inquinamento atmosferico. La chiamano domenica ecologica, serve nelle buone intenzioni a contribuire a rendere più respirabile l'aria di città, e dopodomani Pescara ci riprova. E fa bene, visto che rientra nella lista nera in cui i limiti del pm10 hanno sforato i limiti di legge. Lo rivela uno studio di Legambiente che ha monitorato in 2 mesi 22 città italiane. Nel centro-sud peggio di tutte hanno fatto Frosinone che ha già superato di 48 giorni il limite consentito di 50 nanogrammi/metro cubo di pm10, seguita da Napoli e Pescara che hanno raggiunto i 36. Non è una novità, il cattivo stato di salute dell'aria pescarese, legato in particolar modo al traffico delle vetture. Pescara ogni giorno vede riversarsi nelle vie decine di migliaia di automobili con ovvie ricadute in termini di inquinamento. È chiaro che il ciclo del blocco del traffico, per di più parziale, difficilmente è in grado da solo di far migliorare la situazione. È anzi accaduto, non di rado, che il congestionamento lungo l'anello che delimita l'isola pedonale abbia accentuato problematiche che hanno un'origine ben precisa ma soluzioni difficoltose quando non si adottano metodi radicali. Metodi che prevedono anche la consapevolezza civica nell'utilizzo di mezzi ecologici, a partire dalle biciclette (che però avrebbero bisogno di piste adeguate). In attesa che Gtm e Arpa mettano in linea gli autobus a metano, immobilizzati in deposito dalla presenza di acqua in fase di rifornimento, Pescara inanella un altro record negativo. Energia rinnovabile, risparmio energetico, le scelte d'acquisto responsabili e corretta gestione dei rifiuti sono belle parole alle quali dovrrebbero seguire fatti concreti.
Torna lo spettro della spazzatura ammassata in strada. TERAMO Un anno di chiacchiere, di impegni non rispettati. E un cda rinnovato che si è trovato di fronte a una situazione ormai ingestibile, senza alcun margine di manovra. Ma soprattutto 120 lavoratori che rischiano di tornare a casa, senza uno stipendio su cui contare, e i Comuni che da lunedì potrebbero ritrovarsi ancora una volta coi rifiuti per strada e con la necessità di ottemperare da soli alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento dei rifiuti. Ad oggi, infatti, Sogesa non avrebbe ancora ricevuto un euro per i servizi dal Cirsu (il consorzio che raccoglie i comuni di Bellante, Mosciano, Notaresco, Morro D'Oro, Roseto e Giulianova) e questo nonostante l'impegno assunto dai Comuni a versare il corrispettivo delle fatture del mese di gennaio in tempi utili. E a meno di novità dell'ultimo minuto il 15 Sogesa potrebbe non essere in grado, per l'ennesima volta, di pagare gli stipendi. Col passare delle ore il destino del Cirsu e quello del suo braccio operativo sembrano sempre più legati ad un filo. Dopo che la Regione, nell'incontro di mercoledì, ha sgomberato il campo da ogni ipotesi di commissariamento (strada che non sarebbe tecnicamente percorribile, essendo il Cirsu una spa), i margini di manovra per salvare il consorzio sembrano sempre più limitati. I sindaci, infatti, si sono dati tre settimane di tempo per individuare una soluzione, ma sembra difficile che in un lasso di tempo così breve si riescano a risolvere situazioni che vengono da lontano e che trovano le principali criticità nella situazione economico-finanziaria del consorzio. Per lunedì, intanto, è stata fissata una riunione del cda del Cirsu, in cui i vertici del consorzio dovrebbero chiedere la convocazione dell'assemblea di Sogesa con l'obiettivo di riportare in capo a Cirsu l'autorizzazione integrata ambientale per la discarica. Al.Mar.
Impugnata la legge finanziaria regionale PESCARA Il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge finanziaria 2011 della Regione Abruzzo. La censura del Governo riguarda la parte in cui si dispone che i compensi per lavoro straordinario del personale Co.Co.Co in forza alla Protezione civile regionale siano rimborsati alla Regione dalla Struttura commissariale statale per la «gestione dell'emergenza». La legge è stata poi censurata in altri tre punti: nella parte in cui attribuisce alla Giunta regionale il potere di predisporre «un provvedimento legislativo per la revisione complessiva delle tasse, dei canoni e delle imposte regionali»; in quella relativa alla «lotta all'abusivismo nell'edilizia residenziale pubblica», coinvolgendo le aziende territoriali per l'edilizia residenziale pubblica (Ater); nella parte in cui prevede che il Soccorso alpino speleologico Abruzzo adotti sulle proprie divise di ordinanza e sui propri mezzi il logo della Protezione civile regionale. Tuttavia, d'intesa con la Regione, è stato individuato un percorso che potrebbe portare alla modifica delle parti impugnate della legge e alla conseguente rinuncia all'impugnativa. Il Governo, inoltre, ha rinunciato all'impugnativa pendente contro la legge della Regione Abruzzo n. 31/2010, «Norme regionali contenenti la prima attuazione del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)».
Molise. Pronti ad accogliere 400 profughi libici. La Prefettura ha predisposto il Piano di intervento. Aldo Ciaramella Emergenza profughi, senza soldi dallo Stato per la loro accoglienza, le Regioni si defilano. Questo è quanto è emerso ieri pomeriggio nella riunione tenutasi al Viminale che i direttori delle Protezioni civili regionali hanno avuto con il responsabile del settore del Ministero dell'Interno. Per il Molise ha partecipato l'architetto Giuseppe Giarrusso responsabile della Protezione civile locale che su mandato ovviamente del Governatore Iorio e tenendo presente l'atteggiamento della Conferenza Stato Regioni che sull'argomento è stata molto chiara nei giorni passati, si è allineato alla posizione generale degli altri presidenti delle Giunte regionali. Naturalmente i Piani di sistemazione dei profughi libici e di tutti quelli provenienti dall'Africa settentrionale verranno attivati nel momento in cui lo Stato come è stato sottolineato ieri mette mano a proprie risorse per accreditarle al Molise e da qui autorizzare un programma che vedrebbe impegnati molti siti su tutto il territorio regionale. Il Ministero ieri in questo senso ha ascoltato per il momento le motivazioni delle Regioni per avvertire, tuttavia, di mantenere in piedi e perciò da concretizzare subito la soluzione dell'accoglienza nel momento in cui, probabilmente tra oggi e domani, il ministro. «Dopo aver partecipato alla riunione romana - ha detto Giarrusso - aspettiamo notizie dal Ministero dell'Interno. Ci hanno riferito che in un paio di giorni avrebbero informato la presidenza della Giunta e da qui le strutture operative locali. Il nostro sistema di Protezione civile è efficiente ed operativo. Naturalmente a quanto pare è necessario risolvere questioni economiche che le Regioni in questo momento non possono sopportare da sole». Secondo alcuni calcoli di massima se fossero 400 i profughi «assegnati» al Molise i costi per l'assistenza fisica, escluse altre spese comprese quelle sanitarie, sarebbero di circa 10 mila euro al giorno. In Molise secondo un primo Piano di emergenza ci potrebbe essere un'accoglienza, infatti, di circa 400 profughi. La Prefettura di Campobasso nei giorni passati sotto il coordinamento del prefetto Trotta ha fatto una ricognizione dei luoghi e degli immobili pubblici e quindi demaniali utilizzabili. Senza contare che la Protezione civile regionale senza sguarnire il suo apparato per qualsiasi altra evenienza può servire e assistere circa 400 persone su una capacità complessiva di 900 persone.
Molise. La Regione stanzia 5 milioni di euro. Si avvia alla piena operatività il Programma «Obiettivo Giovani», promosso dalla Regione Molise, che vede un impegno finanziario di oltre 5 milioni di euro. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, infatti, lo ha approvato e condiviso sia nella parte strutturale che finanziaria. «Questo nuovo programma – ha commentato l'Assessore al Lavoro e alle Politiche sociali Angela Fusco Perrella – vuole far convergere le azioni del sistema formativo e produttivo, per consentire ai giovani l'opportunità di affrontare l'ingresso nel mondo del lavoro».
Tomaselli: “Salvate l’edificio e il futuro di molti giovani” Mercoledì 09 Marzo 2011 14:41 SAN GIORGIO - “A due passi dal municipio c’é una struttura, di competenza della Provincia, abbandonata da anni, che sarebbe dovuta diventare sede dell’Istituto scolastico Righi, ma è in pratica divenuta discarica di rifiuti pericolosi e di eternit. L’edificio rappresenta, pertanto, un pericolo igienico-ambientale per San Giorgio”. Parla così Angelo Tomaselli, coordinatore cittadino del Pdl. Il politico ha chiesto alle amministrazioni locali che lo stabile, situato nei pressi del Comune, ormai fatiscente, venga recuperato, completato e che sia inserito nell’elenco dei lavori della Provincia. “La struttura, in quello stato, rappresenta anche uno spreco di denaro pubblico, investito in passato con la speranza di dare ai futuri giovani, periti industriali, una sede idonea allo svolgimento delle lezioni - sottolinea Tomaselli - la Provincia di Taranto continua ad investire denaro nelle scuole, ma contestualmente San Giorgio Jonico continua ad essere mal rappresentata e irresponsabilmente non é affatto considerata dalla giunta”. Secondo il Pdl le strutture scolastiche del territorio sono sempre in emergenza. Tomaselli si appella anche al sindaco Venneri per il recupero e la valorizzazione dello stabile, anche se, aggiunge “il sindaco, che per nove mesi é stato nel consiglio provinciale, non ha mai posto la risoluzione del problema, che avrebbe consentito una opportunità per i giovani sangiorgesi”.

L'UNIONE SARDA - Politica: Finanziaria e caccia, stop del Governo 11.03.2011 Impugnati due articoli della manovra e la deroga a febbraio. Il Governo ha impugnato due leggi della Regione. Due articoli della Finanziaria 2011 e la deroga per la caccia, un doppio stop sul quale dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale. Queste le decisioni prese ieri dal Consiglio dei ministri, su proposta del ministro degli Affari generali, Raffaele Fitto, una settimana fa in visita ufficiale a Cagliari per la contabilizzazione delle risorse che la Sardegna potrà spendere nei prossimi due anni. All'attacco Pd e Fli, sereno l'assessore al Bilancio: l'impianto della Finanziaria non è intaccato.
L'ATTO DEL GOVERNO Non sono stati giudicati legittimi i passaggi sulle stabilizzazioni dei precari negli enti locali della Sardegna e le progressioni interne, senza passare per un concorso, per i laureati dell'amministrazione regionale, norme previste nella Finanziaria 2011. È stata bocciata anche la deroga a febbraio per la caccia, già cancellata dalla Corte di Giustizia della Comunità europea. Il provvedimento sui precari deriva da una norma della legge regionale 3 del 2009 (Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale) già stata bocciata, in parte, dalla Consulta che aveva dichiarato l'illegittimità delle procedure definite. In una nota, il ministero di Fitto fa sapere che «di intesa con la Regione, è stato tuttavia individuato un percorso che potrebbe portare alla modifica delle parti impugnate delle leggi e alla conseguente rinuncia alle impugnative». Le norme su precari e laureati non facevano parte della proposta della Finanziaria 2011 elaborata e licenziata dalla Giunta, ma erano emendamenti approvati dal Consiglio. Non sono state valutate adeguatamente, sarà la Corte Costituzionale a stabilire se sono legittime. L'assessore al Bilancio, Giorgio La Spisa, non si scompone: «Sono impugnazioni parziali, che non inficiano certo l'impianto complessivo della legge finanziaria».
LE REAZIONI «Una sconfitta annunciata: non c'è per nulla da essere soddisfatti ma purtroppo la decisione del Governo di rinviare le norme della Finanziaria regionale in materia di stabilizzazioni del personale e di promozioni automatiche era del tutto prevedibile», dice il consigliere del Pd, Marco Meloni, «come ho sostenuto dichiarando il mio voto contrario alla loro approvazione, si tratta di norme che riproducono, senza sostanziali modifiche, disposizioni approvate dal nostro Consiglio recentemente dichiarate incostituzionali e che, comunque, non rispettano i principi costituzionali del pubblico concorso per accedere agli impieghi nella pubblica amministrazione». Secondo i consiglieri Ignazio Artizzu e Matteo Sanna (Udc-Fli) «il Governo amico sembra ormai sempre più orientato a sparare un fuoco amico sulla Sardegna». Secondo i due consiglieri «è stata impugnata la Finanziaria proprio nella parte con la quale si sperava di poter procedere a un meccanismo agevolativo nella forma di credito di imposta a valere sull'Irap, Ire ed Ires». Sulla caccia «la decisione del Governo è un oltraggio all'autonomia del Consiglio regionale. Si tratta di un affronto alla dignità dei sardi e delle loro istituzioni, e in modo particolare del Consiglio regionale che due mesi fa aveva votato un testo di legge valido, attento prima di tutto alla salvaguardia dell'ambiente, ponendo la caccia tra le attività deputate alla vigilanza e alla tutela del patrimonio ambientale sardo». Nel Governo nazionale «ha vinto la linea oltranzista della Brambilla e i cacciatori sardi vengono oltraggiati dopo essere stati illusi dal partito di maggioranza relativa». ENRICO PILIA
L'UNIONE SARDA - Politica: «I pastori hanno sbagliato». 11.03.2011 DALLA REDAZIONE ROMA «Violazione dei principi di libera circolazione del pensiero e delle persone. E mancato preavviso da parte degli autori della manifestazione, contravvenendo all'articolo 17 della Costituzione». Queste, secondo il Ministero degli Interni, le violazioni dei principi costituzionali che hanno impedito a duecento pastori sardi, lo scorso 28 dicembre, di dare vita a una manifestazione “pacifica” davanti al dicastero delle politiche agricole, a Roma. L'aula del Senato è vuota, ci sono solo tre senatori ad ascoltare, ieri, la risposta del Governo all'interrogazione sulla gestione dell'ordine pubblico presentata dai senatori sardi (Sanna, Delogu, Cabras, Massidda, Scanu, Sanciu). Quasi come se la pastorizia sarda fosse un problema di serie "B". Un assenteismo che aggrava, se è possibile, una sentenza già severa per i rappresentanti della pastorizia dell'Isola. Che si erano imbarcati dalla Sardegna per avere risposte sul prezzo, esiguo, del latte di pecora a 65 centesimi al litro e su quello, invece salatissimo, dei prodotti industriali. E quelle risposte confidavano di averle a Roma, quella che nell'immaginario di molti di loro li avrebbe potuti ascoltare e aiutare. Ma così non è stato. A Roma non ci sono mai arrivati. Gli uomini e le donne della delegazione dei pastori, quasi tutti anziani che lavorano instancabilmente dall'alba al tramonto sono rimasti al porto di Civitavecchia. Lì le forze di Polizia impegnate nell'ordine pubblico hanno impedito loro di lasciare il porto di Civitavecchia, bloccando l'accesso ai cinque autobus che avrebbero dovuti condurli nella capitale. «Una patina burocratica». Il senatore del Pd Francesco Sanna, l'unico presente tra i colleghi sardi ieri in aula a Palazzo Madama, definisce così la motivazione che ha spinto il ministero degli Interni a vietare ai manifestanti di lasciare l'area portuale. «I pastori sono prima italiani, poi sardi. Avevano il diritto di manifestare con volantini e bandiere in mano davanti al loro Governo. Molte aziende sono all'asta per la crisi che ha colpito il settore. Era giusto che chiedessero garanzie alle istituzioni e ci fosse un confronto tra le parti. La delegazione non ha violato i principi costituzionali, che tutti noi abbiamo ben scolpiti in testa, ed è stata trattata da criminale dagli agenti di polizia in assetto antisommossa. Chiedo al ministro di stilare una relazione istituzionale intelligente, perché nessuna restrizione può essere determinata per ragioni politiche». ROBERTA FLORIS
Termoli. Colpo di scena: rispuntano i vecchi cassonetti. Ma in Comune non lo sanno. Gli ingombranti bidoni verdi dell’immondizia indifferenziata sono ricomparsi improvvisamente in diversi punti dalla città. Dalla periferia, come in contrada Demanio e Spugne, dove ce n’è uno traboccante di spazzatura, fino al centro, nella frequentatissima piazza Monumento. «Se l’hanno messo lì, l’hanno fatto in modo arbitrario» commenta l’assessore all’Ambiente Luigi Leone, che prima della telefonata di Primonumero.it ne era all’oscuro. «L’hanno sistemato in quel punto - si giustifica in seguito - per una manifestazione di Carnevale».
Se fosse un film si potrebbe intitolare “A volte ritornano”. Invece non c’è nessuna finzione, è un dato oggettivo e sotto gli occhi di tutti. A Termoli sono riemersi dal nulla i cassonetti verdi della raccolta rifiuti. In centro quanto in periferia. Quello che più dà nell’occhio è in piazza Monumento, pieno centro. Ma se ne trovano anche sul lungomare nord o al confine con Petacciato, dove sono stracolmi di ogni tipo di rifiuti. In barba alla tanto decantata raccolta differenziata e a chi si affanna ogni giorno a separare in casa l’immondizia.
Si sa, fin da quando è stata introdotto il sistema di raccolta porta a porta dei rifiuti, c’è stata una buona fetta di termolesi che hanno deciso che la differenziata era solo una seccatura, troppo impegnativa per poterla fare. E così l’hanno sempre boicottata, con buona pace degli inviti ad assumere un comportamento più civile. Da allora, come sappiamo, è stato un susseguirsi di lanci di rifiuti, abbandoni di immondizia, differenziazioni fai da te.
Ora qualcuno ha fatto di più: rispolverare i “cari vecchi” cassonetti verdi, quelli in cui potevi gettare resti di cibo, bottiglie e di vetro e involucri di cartone tutti insieme, come un ammasso informe pronto a riempire per decenni le nostre discariche. Ad essere precisi, sul lungomare nord, sul percorso della statale 16 direzione Vasto, sembra che uno di quei vecchi bidoni non sia mai sparito. Forse nascosto nei periodi più “caldi” della differenziata, quando le polemiche avevano raggiunto i livelli di guardia, è stato presto risistemato lungo la strada, fra i nuovi contenitori colorati. Manco a dirlo, lì dentro ci finisce di tutto, senza controllo.
Da qualche tempo anche sulla strada che collega Termoli a Petacciato, proprio di fronte alla pizzeria “El Paraiso” di contrada Demanio e Spugne, è stato posizionato uno di quei vecchi cassonetti. Lo si nota da qualche centinaio di chilometri di distanza, visto l’accumulo di spazzatura che ne fuoriesce, con sacchetti, buste, pezzi di frutta e verdura che finiscono in strada. Uno spettacolo indecente, non c’è che dire. Le annunciate multe, che per un breve periodo avevano messo in apprensione i trasgressori, sono incredibilmente sparite. Non è una novità che ci siano ancora oggi, a tre anni dall’inizio della differenziata, migliaia di termolesi che non separano i rifiuti e gettano tutto insieme restando costantemente impuniti.
Ma da qualche giorno uno degli esemplari di bidoni “in estinzione” è ricomparso in pieno centro, in piazza Vittorio Veneto, uno dei luoghi più frequentati dell’intera città. Non si sa chi ce l’abbia messo e perché e soprattutto da dove sia stato preso, visto che difficilmente un cittadino può tenersi in garage un oggetto del genere. Sconcertante è poi sapere che chi dovrebbe avere in mano la situazione rifiuti non abbia la minima idea di come sia potuto succedere. «Un cassonetto dell’indifferenziato? Non ne so nulla – risponde al telefono l’assessore all’Ambiente Luigi Leone – Non c’è stata alcuna disposizione di questo tipo. Se è così, qualcuno l’ha fatto in modo arbitrario». Già ma chi? E soprattutto perché? Dopo qualche minuto l’assessore tenta di rimediare e aggiunge: «Mi dicono che è stato messo lì per una manifestazione legata al Carnevale». Come se per una festa si potesse sospendere un servizio in vigore da tre anni.
Emirates cerca hostess e steward mini stipendio ma alloggio a Dubai. Quattromila posti, selezione il 27 marzo: tutti i requisiti. Da un'altezza (braccia incluse) di 212 centimetri all'autocontrollo. VENEZIA — Ricominciare da Dubai. Per una radicale scelta di vita, iniziando una nuova carriera tra viaggi senza sosta in tutto il mondo. La compagnia aerea Emirates, che recentemente ha fatto dell'aeroporto Marco Polo di Venezia il terzo scalo italiano, porterà nella città lagunare la prossima tappa della propria campagna internazionale per la ricerca di 4mila hostess o steward. I suoi selezionatori incontreranno i candidati della regione all’hotel Laguna Palace di Mestre il prossimo 27 marzo. Chi verrà scelto sarà obbligato trasferirsi a Dubai. Ma in un periodo di disoccupazione record, nel quale sempre più giovani veneti cercano fortuna all'estero, l'offerta rischia comunque di far gola a molti. D'altronde non è neppure necessario avere un'esperienza specifica nella mansione. Né conoscere l'arabo. I requisiti sono un buon inglese e possibilimente il dominio anche di una terza lingua.
Poi un'età minima di 21 anni e un'altezza, braccia incluse, superiore a 212 centimetri: il personale di bordo deve infatti essere in grado di raggiungere agilmente gli oggetti nelle cappelliere e i dispositivi di sicurezza. Strada sbarrata invece a chi ha un tatuaggio in un punto visibile del corpo, quale testa, collo, braccia e gambe. Sarà invece favorito chi ha, nel proprio curriculum, una specifica formazione scolastica o lavorativa nel mondo del turismo. Ma verranno apprezzate le doti comunicative e la capacità di autocontrollo, che saranno sviluppate attraverso i corsi di formazione che si svolgeranno sempre a Dubai. Lo stipendio non è certo da favola: quello base è pari a poco più di 3.900 dirhams degli Emirati Arabi, ovvero a 765 euro all'attuale tasso di cambio. Ma sono previsti premi alla conclusione dei tre anni di contratto. Certo, con questa retribuzione i futuri dipendenti di Emirates non potranno permettersi una casa su una delle isole artificiali. Almeno inizialmente, dovranno accontentarsi dell'alloggio fornito dalla compagnia aerea, in coabitazione con un collega rigorosamente dello stesso sesso. Nel tempo libero potranno però sfruttare le offerte uniche degli Emirati, sciando ad esempio nella pista innevata artificialmente in pieno deserto, visitando i locali notturni dei grattacieli ultramoderni, oppure nuotando nelle spiagge sul Golfo Persico.
Ma soprattutto potranno viaggiare: oltre al vitto, alla copertura sanitaria ed al trasporto gratuito all'aeroporto, i membri dello staff della compagnia hanno diritto ad un piano di agevolazioni sui voli, per sé e per i propri familiari. L'offerta sembra sollecitare la fantasia di molti giovani. A Milano e Roma, in particolare, si sono già presentatati oltre un centinaio di candidati per ciascun appuntamento. Hostess esperte provenienti da altre compagnie, ragazzi e ragazze al primo impiego, lavoratori intenzionati a cambiare vita. L'azienda punta a replicare il successo anche in occasione del «Cabin Crew Open Day» di Venezia: le sale sono state prenotate per tutta la settimana. Nei giorni successivi verranno fissati dei colloqui personali con gli aspiranti hostess e steward, che si possono preventivamente registrare al sito della compagnia. M.Fa.
Taranto. Diossina all'Ilva e i dati ballerini. di Fulvio Colucci. Disguido o strategia? Per ora si può parlare di giallo. Domani non si sa. Comunque la vicenda degli ultimi dati Arpa sull’inquinamento Ilva - raccolti all’interno dello stabilimento siderurgico - ha il sapore del pasticciaccio. Perché l’Ilva ha dichiarato che l’Agenzia regionale per l’ambiente ha reso noti i numeri dei campionamenti a febbraio, ma il direttore generale Giorgio Assennato, ha smentito con veemenza: «Arpa non ha reso noto alcunché. L’Agenzia non ha ancora i rapporti di prova per chiudere il cerchio sulle misurazioni. Il tecnico dell’Ilva che ha partecipato ai controlli si è limitato all’attività di monitoraggio relativa alla diossina, mentre noi siamo poi passati all’esame degli Ipa (idrocarburi come il benzoapirene, ndr)». Assennato ha intenzione di scrivere una lettera a Fabio Riva, vicepresidente del Gruppo.
Interessante, da questo punto di vista, rileggere la nota inviata agli organi di stampa dall’Ilva. L’azienda non pubblica cifre, ma ammette: i valori della diossina risultano superiori al limite di legge regionale (0,4 nanogrammi per metro cubo d’aria). Scrivono dall’Ilva: «Nella mattinata di oggi (ieri, ndr) sono stati resi noti dall'Arpa i dati del monitoraggio sulle emissioni di diossina provenienti dal camino E 312 dell'impianto di agglomerazione, ottenuti dal campionamento effettuato nei giorni 16, 17, 18 febbraio 2011».
«I risultati, sebbene superiori al limite previsto dalla legge regionale, confermano comunque il trend di miglioramento delle emissioni di diossina degli ultimi anni, che ricordiamo aver raggiunto una riduzione del 90 per cento. Come notificato alle autorità competenti è ancora in corso la messa a punto dell'impianto di abbattimento della diossina la cui conclusione è prevista per la fine del corrente mese di marzo».
«Le dimensioni e la complessità ingegneristica dell'impianto di agglomerazione di Taranto richiedono - prosegue la nota - un periodo di regolazione di tre mesi dalla partenza che è avvenuta il 22 dicembre 2010. L'Ilva di Taranto, alla luce dunque dei primi risultati del campionamento di metà febbraio, ritiene comunque di poter rispettare i limiti previsti dalla legge regionale a conclusione del previsto periodo di messa a punto dell'impianto».
«Ha sforato il limite di 0,4 nanogrammi. Il primo controllo ufficiale di Arpa nel 2011 boccia l'Ilva». Il commento è del leader di Peacelink, Alessandro Marescotti, che aggiunge: «E' preoccupante che l'Ilva non riesca a scendere sotto il limite di 0,4 nanogrammi a metro cubo previsto dal limite della legge regionale sulla diossina. Il fatto che l'azienda comunichi in anticipo il fallimento dell'obiettivo per prevenire le critiche degli ambientalisti e dei cittadini la dice lunga. Infatti questa fabbrica - e la sua area a caldo in particolare - sta inquinando troppo. Diossina e benzoapirene sono i campanelli di allarme di una situazione che non migliora. Nonostante le ottimistiche dichiarazioni assistiamo a sforamenti dei valori previsti dalla legge a tutela della salute pubblica. E' necessario attivare subito il campionamento continuo della diossina, un controllo 24 ore su 24 e tutti i giorni dell'anno. Nessuna autorizzazione a produrre può essere data a impianti non monitorati in continuo e incapaci di fornire i rendimenti ambientali previsti dalla legge».
Basso Molise. Acqua, tumori e agricoltura: "In Basso Molise ci si ammala il doppio". Inquietanti verità dal convegno sull’incidenza dei tumori nel Basso Molise, prima iniziativa pubblica dell’associazione "Il grido", che unisce i familiari delle vittime. Sullo schermo le sconcertanti immagini di ortaggi malformati provenienti dai campi irrigati con l’acqua della diga del Liscione, scattate dal dottor Nicola Gabriele, che ha anche documentato la presenza di cianobatteri nell’invaso, nel 2006. «Mai abbassare la guardia, mai rassegnarsi e rimanere intrappolati nella passività», il messaggio lanciato nel convegno. Assenti i politici, gli autori delle scelte ambientali che incidono sulla salute del territorio.
L’incidenza dei tumori in Basso Molise supera del doppio la media nazionale. Linfomi, leucemie, ma anche neoplasie al colon-retto, allo stomaco sono molto diffusi. Le tiroiditi autoimmuni sono al settanta per cento e colpiscono i più giovani.
Una verità amara, che fa venire i brividi, che non può non far “urlare”, pretendere chiarezza e risposte da chi ha il compito di amministrare il territorio. Da quei politici che ieri giovedì 10 marzo non c’erano, nella platea del cinema Sant’Antonio. Nessuno di loro ha preso parte al convegno promosso dall’associazione familiari vittime “Il grido”, nata dopo le ultime inquietanti vicende dell’inchiesta sui reati ambientali “Open gates”, da un appello di un cittadino, Salvatore Minelli, al quale il cancro ha portato via la moglie. Un appello a reagire, lanciato attraverso Primonumero.it.
L’incontro è la prima iniziativa pubblica della nuova realtà che unisce le tante famiglie colpite da atroci lutti, nella nostra piccola regione. L’associazione apolitica e senza fini di lucro si è appena costituita, lo scorso 4 marzo, e ha in cantiere numerosi obiettivi, «tutelare i diritti delle vittime dei tumori e loro familiari, attivare un archivio con tutti i dati riferiti alle patologie, fare opera di divulgazione didattica, sostenere tutti coloro che hanno vissuto il dramma della malattia, agire con eventuali richieste di risarcimento, informare sui diritti del malato», alcuni dei passi futuri, illustrati dal presidente de “Il grido”, il professore Roberto Bove.
«Peccato che non siamo in tanti – ha commentato il dottor Nicola Gabriele, componente dell’Isde (International Society of Doctors fo the Environment) – quando ci sono questi incontri bisogna trovare il tempo, c’è sempre qualcosa da imparare, non cadiamo nella trappola della rassegnazione e passività, bisogna trovare le motivazioni per cambiare in meglio le cose, senza avere paura».
Il medico, primo relatore del convegno ha parlato di biodiversità, di come l’ecosistema è stato alterato dall’inquinamento, «il 24 per cento delle malattie sono attribuibili a fattori ambientali». E senza mezzi termini ha affrontato il problema dell’incidenza delle neoplasie nel Basso Molise, terra di smaltimenti illeciti di rifiuti tossici, come il cromo esavalente, la sostanza altamente nociva che proprio tra Termoli e Campomarino veniva scaricata nei terreni, secondo quanto emerso dall’operazione Mosca, portata a termine nel 2006, e menzionata da Roberto Saviano in “Gomorra”.
«A Natale e Capodanno ci siamo intossicati coi trialometani – ha aggiunto – il cui apporto prolungato causa tumori, del colon retto e della vescica. Tra Termoli e Campomarino si è raggiunto il livello di 79 microgrammi per litro, molto più elevato rispetto ai 30 microgrammi, soglia massima stabilita. Come mai? Che cosa è successo? Perché c’è stato un aumento con il freddo?». Il dottor Gabriele ha poi rivelato aspetti a dir poco sconcertanti, legati proprio alla diga del Liscione. Sullo schermo del cinema Sant’Antonio a un certo punto era impressa un’immagine di ortaggi malformati: «Questa foto è stata scattata da me, sono prodotti dei campi irrigati con l’acqua dell’invaso di Guardialfiera. Ho documentato, nel 2006, la presenza dei cianobatteri nel bacino».
Un esempio nudo e crudo di come «il Basso Molise sia sempre più diventato una megadiscarica a cielo aperto, dobbiamo pretendere dalle istituzioni il monitoraggio continuo della diga, dei corsi d’acqua, degli scarichi, l’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti va assolutamente vietato con delle ordinanze, dobbiamo conoscere in ogni momento la qualità delle acque, vanno svolte indagini epidemiologiche», ha aggiunto il dottor Gabriele.
Il primario del centro trasfusionale del San Timoteo Pasquale Spagnuolo ha spiegato il significato e l’importanza dell’incidenza e della prevalenza, e illustrato i dati del piano oncologico nazionale, riferiti al 2008: «Sono stati registrati in quell’anno 132mila nuovi casi di tumori negli uomini, e 122mila nelle donne. Centoventimila sono stati complessivamente i decessi. Si è passati dai 91mila morti nel 1970 ai 115mila nel 1980 e 132mila nel 1990. In compenso è aumentato il numero dei sopravvissuti». In seguito il medico dell’ospedale di Termoli ha parlato delle misure di prevenzione. Nel Molise, nel 2008, i decessi sono stati 650, 429 gli uomini e 224 le donne uccisi dal cancro. Il dottor Luigi Marini ha affrontato l’aspetto dei risarcimenti: «Per qualsiasi patologia che deve essere valutata ai fini di un indennizzo monetario va stabilito il nesso di causa ed effetto. Nelle neoplasie risulta molto difficile. E’ importante analizzare l’aspetto epidemiologico. Per quanto riguarda i tumori non esiste una sola causa, ma la genesi è multifattoriale. Non ci sono certezze, ma ipotesi di certezza, come nel caso del mesotelioma pleurico. E’ stata riconosciuta un’ipotesi molto elevata connessa all’esposizione delle polveri di fibre di amianto». Il dottor Marini, componente dell’associazione "Il grido", ha spiegato che ci sono studi recenti su alcune patologie, come il tumore del sangue e del cervello (forme leucemiche e neuroblastomi) in cui può esistere un’ipotesi di causalità legata all’esposizione dell’organismo a campi elettrici o magnetici, per esempio cellulari e ripetitori. Marini è tornato a evidenziare il dato più allarmante: «Nel Basso Molise cresce il numero di patologie, e questo ci deve far riflettere». (Pubblicato il 11/03/2011)

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