sabato 19 marzo 2011

Mezzogiorno-Sera. 19 marzo 2011.

Palermo - Amia e rifiuti, “saltano” 15 mln €, il Consiglio blocca la convenzione.

Corte dei Conti, il dito sulle piaghe

Napoli, libro 'Malaunità' svela le “bugie” su Sud e Risorgimento

Riordino partecipate: luci e ombre. Italkali Spa è in buona salute

L’Agenzia delle Entrate: “Sta crescendo l’utilizzo dei servizi telematici in Sicilia”

Ferrovia Pa-Ct, servono 900 mln

Quote latte ancora a rischio multa

Scontro Italia-Polonia sulla ripartizione degli aiuti europei

«Il Comune dica no alla Regione»

Lampedusa, proseguono gli approdi

Sequestrato il campo rom a Lamezia La Procura: è una miscela esplosiva

Bova: il Sud sia protagonista del riscatto del nostro Paese

«No a centrali a biomasse nell’area ex Sir di Lamezia»

L’Mpa apre la sua fase ‘costituente’

Le materie prime? Non fanno inflazione

Il Codacons: dato sottostimato, la realtà è anche peggiore


Palermo - Amia e rifiuti, “saltano” 15 mln €, il Consiglio blocca la convenzione. di Agostino Laudani
Cammarata: “Inaccettabile ignoranza o malafede”. I sindacati: “Prossime azioni di protesta”. Stop all’uso dei fondi Cipe. Congelato l’acquisto dei 30 nuovi autocompattatori. PALERMO – “Flop” per la convenzione tra il Comune e l’Amia, che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, per l’utilizzo dei fondi Cipe: il Consiglio comunale infatti non ha approvato la relativa delibera che avrebbe consentito l’utilizzo di parte delle somme stanziate dal Governo nazionale attraverso il Cipe e già elargite in gennaio al Comune di Palermo per un ammontare – è la prima tranche del finanziamento - di 35 mln €. Di questi, 15 mln € sarebbero dovuti andare all’Amia per potenziare i servizi di raccolta e acquistare nuovi mezzi. Ma nel corso dell’ultima seduta sono state sollevate delle questioni di irregolarità negli atti trasmessi dalla Giunta.

“La mancata approvazione è frutto di ignoranza o di malafede dei consiglieri comunali dell’opposizione”, commenta il sindaco Diego Cammarata. “Non c’è mai stato infatti – prosegue nel provvedimento inviato alcun errore da parte della Ragioneria generale che ha soltanto richiamato un parere precedentemente prodotto limitando gli effetti ai profili pertinenti l’atto in questione.

Questo significa - prosegue - per quelli che capiscono e per quelli che vogliono capire, che il richiamo riguardava la parte del parere relativa ad Amia, visto che la delibera riguardava Amia e null’altro. Quella che è andata in scena è stata l’ennesima dimostrazione da parte del Consiglio di non volere o sapere affrontare questioni delicate ed importanti e la volontà di far prevalere un becero interesse politico di parte rispetto a quello della città. L’atteggiamento di questo Consiglio comunale - sottolinea il sindaco – è sempre più irresponsabile e strumentale, evidentemente finalizzato a creare continui ostacoli all’amministrazione attività mettendo in second’ordine il danno che si procura alla citta’ e ai cittadini”.

“La mancata approvazione della delibera - conclude Cammarata - riguardante la convenzione con Amia è gravissima perchè blocca, di fatto, il processo di risanamento dell’azienda che stiamo portando avanti con impegno ormai da mesi. Un atto che rischia di vanificare gli sforzi dell’amministrazione attiva e che considero assolutamente inaccettabile”.

“Invece di passare il suo tempo a insultare il Consiglio comunale, il sindaco Cammarata farebbe bene a riflettere sul fatto che le emergenze si affrontano solo con una leale e rispettosa collaborazione istituzionale”, afferma il vice presidente vicario del Consiglio comunale, Salvo Alotta, del Pd. “Cammarata lancia invettive contro le opposizioni - continua Alotta - forse nel tentativo di distogliere l’attenzione dalle emergenze che attanagliano la città e che presto si manifesteranno in tutta la loro gravità. Il sindaco si renda conto che i problemi si affrontano insieme, anziché accusare le opposizioni e tutto il Consiglio di ignoranza o malafede”.

Dal canto loro, infuriano anche i sindacati, che già tenevano alta l’attenzione sulla vicenda: “Il fornitore dei nuovi autocompattatori attesi all’Amia è già pronto alla consegna, ma continuano a mancare i fondi per il pagamento. Il Comune, al di là della delibera Cipe per cui si registrano continui rinvii, trasferisca i soldi. Aspetteremo fino a giovedì - ha annunciato Dionisio Giordano, segretario regionale Fit Cisl Ambiente - quando tornerà a riunirsi il Consiglio comunale e, in caso di ennesima fumata nera, partiranno le azioni di protesta delle maestranze”.

I nuovi mezzi, 30 circa, sono necessari per potenziare la raccolta dei rifiuti e la differenziata. La consegna era prevista entro questo mese ma adesso tutto rischia di saltare, per via dello stop della convenzione in Consiglio. I sindacati quindi chiedono che il Comune anticipi comunque le somme: “Basta con i rinvii – esorta Giordano - il Comune proceda subito al pagamento delle somme necessarie per saldare le fatture per i nuovi mezzi“.

Corte dei Conti, il dito sulle piaghe - Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
Ho letto, come dovrebbe fare ogni giornalista documentato, le 65 pagine della relazione del procuratore regionale della Corte dei Conti, Guido Carlino. Egli ha messo il dito sulle molteplici piaghe purulente che vi sono in Sicilia, rilevando in maniera incontestabile disfunzioni e deresponsabilizzazioni generali. Ve ne facciamo un breve campionario, perché vi possiate rendere conto di come la classe politica e quella burocratica abbiano rovinato (e stanno continuando a rovinare) la Sicilia.
Premette Carlino che l’andamento delle nuove leggi va verso la deresponsabilizzazione del funzionario, in quanto egli può essere punito solo nell’ipotesi di dolo e non in quelle di colpa o di colpa grave. Il che è come dire che se un dirigente di primo, secondo o terzo livello commette delle stupidaggini perché è ignorante, non preparato o incompetente, purché non sia corrotto, non può essere punito. è esattamente il contrario del principio del merito secondo il quale chi ha colpa dev’essere punito.

Il primo rilievo riguarda le delibere di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, la cui trasmissione alla Procura regionale è imposta dalla legge 289/02. Tali debiti costituiscono una vera e propria cancrena, perché sono conseguenti all’incuria e alla disamministrazione di coloro che hanno la responsabilità degli enti regionale e locali. In una buona amministrazione, infatti, non dovrebbero esserci debiti fuori bilancio, i quali lo appesantiscono in quanto occorre sottrarre risorse da altri capitoli per saldarli, come imprevisti.
Vi è poi la questione dell’assenteismo nella pubblica amministrazione, punito dalla legge 15/2009. Esso configura il reato di truffa aggravata. Nonostante ciò, gli assenti nelle pubbliche amministrazioni regionale e locali sono mediamente misurati nel dieci per cento.
Carlino punta il dito contro l’assunzione di dirigenti esterni quando all’interno vi sono risorse professionali adeguate. Ciò significa che i contratti relativi hanno altre finalità e non quella di mantenere efficiente l’organizzazione. In particolare, rileva Carlino, l’ingiustificata nomina di personale dell’ufficio stampa dei Comuni. Sono stati citati a giudizio 33 amministratori e dirigenti del Comune di Catania per un danno di 330 mila euro.

La sanità, nonostante l’immane sforzo che ha compiuto l’assessore Russo, costituisce un complesso di sprechi senza fine. In particolare la gestione del servizio 118, con l’acquisto di mezzi e l’assunzione di personale. Il danno erariale contestato a presidente della Regione, assessori regionali e componenti della commissione Sanità dell’Ars è stato di 37 milioni di euro. Altro buco nero è il mancato impiego di attrezzature sanitarie dovuto a scarsa programmazione, nonché condotte gestionali relative a illeciti nelle procedure di acquisto e forniture di beni e servizi.
La formazione professionale è uno dei fronti più clientelari di questi decenni della Regione. Ha assorbito da 200 a 300 milioni di euro l’anno per pagare inutilmente 10 mila cosiddetti formatori che avrebbero bisogno di essere formati. Uno spreco enorme che non ha prodotto competenze e professionalità, tanto che quasi nessuno dei partecipanti ai corsi ha trovato lavoro.

Le società partecipate e i percettori di finanziamenti pubblici sono altri canali di disastrosa amministrazione. Ventisette società regionali pagano indennità ai consiglieri di amministrazione e assumono personale senza alcuna necessità, solo per soddisfare la famelica raccomandazione di questo o di quello.
Il contrasto alla corruzione ed al condizionamento criminale della pubblica amministrazione è perseguito da un’azione sinergica fra magistratura penale e contabile. Tanto che quando vi sono sentenze passate in giudicato, vengono aperti i fascicoli a carico di chi ha frodato nella Cosa pubblica.
Un altro punto delicato è il risarcimento del danno a carico della Regione per i ritardi nel rilasciare autorizzazioni, che ha comportato perdita di finanziamenti europei, a causa di difetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni, con danni anche all’economia locale.
Le incompiute, oggetto di un’ultima nostra inchiesta del 3 marzo, sono un altro vulnus: viadotti lasciati a metà, impianti sportivi non completati, dighe non utilizzate, centri polifunzionali per anziani accantonati.
Sembra una farsa, ma è una realtà da tragicommedia.

Napoli, libro 'Malaunità' svela le “bugie” su Sud e Risorgimento
Napoli, 18 mar (Il Velino/Velino Campania) - Una storia lunga 150 anni fatta di sofferenze e soprusi, di questione meridionale non risolta, di corruzione, camorra e mafia: tanti tasselli che compongono il mosaico dell’Unità d’Italia. Questi sono gli argomenti trattati nel libro-dossier intitolato “Malaunità 1861-2011, Centocinquant’anni portati male”, una raccolta di saggi inserita nella collana Visto da Sud che porta la firma dei giornalisti Pino Aprile, Lorenzo Del Boca, Gigi Di Fiore, Ruggiero Guarini e Lino Patruno, Jean-Noel Schifano (autore della prefazione) e con loro il poeta e scrittore, Eddy Napoli, che ha inciso due brani inediti: Malaunità e Suonno ‘e libertà, entrambi allegati al testo in un cd. Il libro edito dalla casa editrice napoletana Spazio Creativo Edizioni, è stato presentato a Napoli presso la sala della Loggia del Maschio Angioino, dagli autori e da Enzo Colimoro, presidente di Assostampa che ha moderato l’incontro. Per Di Fiore, giornalista del Mattino, “Malaunità dà un contributo di verità sul processo unitario del paese attraverso documenti storici, e non attraverso le chiacchiere, una conoscenza della storia scevra da prevenzioni e pregiudizi, favorisce l’unione della nazione, non la sua divisione. In quegli anni la mafia, la camorra, c’erano già: alla vigilia dell’Unità d’Italia, veniva sancito l’abbraccio tra il potere costituito e delinquenza organizzata, vennero abolite responsabilità penali e ci si poteva rivolgere ai capi della camorra”. C’è un racconto singolare che emerge nelle pagine del saggio: quando il direttore della polizia convocò a casa sua il Guappo Salvatore De Crescenzo alias Tore e Crescienzo, omicida ed estorsore a cui gli fu chiesto di assicurare l’ordine cittadino, in cambio dell’applicazione incondizionata dell’amnistia, rispetto e stipendio governativo. Insomma uno scambio di favori che suggela il primo patto tra un tutore delle forze dell’ordine e la camorra. “Il primo caso Cirillo della storia”, ha ricordato Di Fiore, riferendosi al caso Cutolo negli anni ottanta. In nome di un revisionismo storico puro, Lorenzo Del Boca ha espresso il suo pensiero sul concetto di verità storica, evidenziando che “a scuola ci raccontano le bugie sul Risorgimento sia in buona fede che in cattiva fede, ma queste bugie hanno tenuto banco per duecento anni, perché chi le contestava era una minoranza, ma ora la minoranza sta diventando maggioranza e si inizia a scoprire che tra gli eroi del risorgimento c’erano tanti ladri, truffatori e rubagalline”. Un richiamo al presente e un monito per il futuro, arriva da Patruno, secondo il quale “non si può parlare di Italia unita se al Sud c’è un reddito inferiore del 70% rispetto al Nord; al Sud c’è il 30% in meno delle strade, treni e aerei, il numero dei disoccupati è il triplo. Quindi la questione meridionale si è incancrenita, ma ci vogliono far credere in un secondo Risorgimento quale il federalismo fiscale, ma se tanti milioni di euro scendono al Sud, al Nord ne salgono il doppio in costi di migranti in cerca di lavoro, poi non capisco le banche sono tutte al settentrione. Ma quale unità? Solo Mala unità”. Anche per Aprile questo divario nel paese “è un esempio di quello che si deve fare, cioè risolvere i problemi che esistono da centocinquant’anni”. Un messaggio chiaro quello degli autori: “Ristabilire la verità storica” e “riscoprire le proprie radici”, ha aggiunto Gennaro De Crescenzo. Presenti al dibattito, tra gli altri, i curatori del libro, Felice Abbondante, Antonio Boccia, Pompeo De Chiara, Gennaro De Crescenzo, Angelo Forgione, Vincenzo Giuli, Salvatore Lanza, Giuseppe Picciano, Alessandro Romano, Lorenzo Terzi.
(rep/Maria Pedata) 18 mar 2011 17:45

Riordino partecipate: luci e ombre. Italkali Spa è in buona salute
Il Governo ha deciso di procedere tramite advisor alla valutazione delle quote azionarie. Savona, pres. commissione bilancio: “Un errore la dismissione”
Palermo – C’è la storia di Info/ Rac-Map, società di progetti ambientali europei, che “non grava sul bilancio regionale”, sostiene l’amministratore delegato Illuminato, ed è messa in liquidazione dalla Regione con il piano di riordino delle “partecipate”. E ci sono storie di accorpamenti, fra tutte quella di Beni Culturali, che dovrebbe incamerare Biosphera e Multiservizi. Quest’ultima, “con una specifica mission”, votata ai siti artistici della Sicilia, secondo l’assessore regionale Sebastiano Missineo.

La Multiservizi, che con i suoi 961 addetti e un trattamento di quiescenza in media ogni anno di circa 20 unità, negli anni 2008-2010 ha avuto un deficit sotto il profilo gestionale “di 4,1 milioni nel 2008, ridotto a 3,6 mln nel 2009 e a circa 2,8 mln nel 2010, dato quest’ultimo non ancora definito con l’approvazione del documento finanziario”, ha dichiarato in audizione in commissione Bilancio all’Ars, il direttore Zagarella.

Una situazione che ha creato “riserve” al presidente Riccardo Savona sul possibile matrimonio con Beni Culturali perché “senza un adeguato piano industriale”, ci sarebbe il rischio di “trasferire  le passività nel nuovo  soggetto  unico derivante dall’accorpamento”.

Ci sono storie più o meno complesse nella riorganizzazione delle partecipazioni regionali in società di capitali ed in imprese pubbliche previste dalla Regione da qualche anno e maturata nel 2010. Luci ed ombre che stanno emergendo all’Ars, dove c’è il piano predisposto dall’assessore all’Economia Gaetano Armao e presentato a febbraio. È all’esame della commissione Bilancio, che continua ad ascoltare membri del governo regionale e i vertici delle società, in vista del parere vincolante che esprimerà a breve. 

Il progetto di riordino, dopo l’individuazione di aree strategiche di settore (credito, riscossione, ricerca, patrimonio immobiliare, ed altro previste dalla l.r. 11/10) porta alla riduzione delle attuali 33 società a 12 (tabella a parte).
Alla fine della riorganizzazione - prima dell’estate, è l’intento dell’assessore Armao - dovranno rimanere tre società a totale partecipazione regionale, sei a partecipazione maggioritaria e tre a partecipazione minoritaria. A queste si aggiunge provvisoriamente Mediterranea Holding, dove la Regione ha una partecipazione di minoranza, che si propone di acquistare Siremar. La Regione dismetterebbe la propria partecipazione ad operazione conclusa. All’Ars il lavoro continua. La scorsa settimana, ad essere passata al vaglio della commissione Bilancio è stata l’Italkali, la cui attività è stata illustrata dal vicepresidente Scimemi. Per Savona è una società “in salute”, una delle “poche partecipate della Regione che produce degli utili, e che nel 2010 ha registrato un’impennata nelle vendite senza precedenti”.

È inserita nel piano di riordino anche se non è strategica.  “Credo sia stato un errore – ha detto Savona – Ciò avrebbe potuto provocare un rallentamento del processo di dismissione delle quote. Questa osservazione, sollevata dalla commissione, è stata accolta dal Governo, che ha confermato l’intenzione di procedere tramite advisor alla valutazione delle quote azionarie, che saranno di seguito vendute con bando pubblico”.
Articolo pubblicato il 19 marzo 2011
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L’Agenzia delle Entrate: “Sta crescendo l’utilizzo dei servizi telematici in Sicilia”
In un convegno ad Acicastello, il direttore regionale Castrenze Giamportone ha presentato i dati del 2010. Sempre più professionisti e contribuenti usano Internet ed Entratel per i versamenti
CATANIA - Cresce in Sicilia l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate da parte di professionisti e contribuenti. A confermarlo, i dati del 2010, presentati ieri ad Acicastello (Ct) dal direttore regionale, Castrenze Giamportone, e dai responsabili della Direzione per la macroarea Servizi ai contribuenti, Giorgio Verduci e Santo Giunta, in occasione del convegno, organizzato dall’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Catania, “I servizi telematici nei rapporti con il Fisco”.
L’iniziativa si inquadra nell’ambito delle attività che la Direzione Regionale sta realizzando per incrementare in Sicilia l’utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia.

Palermo è in testa tra le province siciliane per la registrazione telematica dei contratti di locazione con oltre 5 mila contatti on line tramite i canali Entratel e Fisconline. E’ la provincia di Catania, invece, a detenere il primo posto per i versamenti effettuati per via telematica (428.865 via Entratel e 34.216 via internet), seguita da Palermo con 328.758 versamenti eseguiti dai professionisti abilitati al canale Entratel e 25.783 dai contribuenti palermitani via internet.

Al terzo posto Messina con 316.475 operazioni tramite Entratel e 17.994 con internet. Primato del capoluogo siciliano anche per la presentazione delle dichiarazioni da parte degli intermediari tramite Entratel con 605.482 dichiarazioni trasmesse. La provincia etnea recupera, invece, piazzandosi al primo posto con 13.548 dichiarazioni inviate via internet.
Articolo pubblicato il 19 marzo 2011
www.qds.it

Ferrovia Pa-Ct, servono 900 mln
di Rosario Battiato
Eurostat: in Sicilia 169 chilometri di doppi binari. In Lombardia sono 748, 762 in Toscana. L’Alta velocità tra le città siciliane più grandi richiesta da pendolari e turisti
PALERMO – Il divario infrastrutturale tra le due Italie è più che evidente.
Un secolo e mezzo di storia comune e un territorio ancora profondamente differenziato per qualità dei servizi del trasporto: l’Italia centro-settentrionale che corre sulle sue ‘frecce’ e quella meridionale che annaspa assistendo allo smantellamento delle sue già misere tratte.

La Regione chiede maggiore responsabilità a Roma, parole che si traducono in investimenti e impegno sul territorio. Sul tavolo delle trattative anche le modalità della perequazione infrastrutturale motivo di recente tensione tra Roma e Palermo. Per avere idea dello stato delle ferrovie dell’Isola basta leggere gli ultimi dati Eurostat, riferiti al 2008: 169 chilometri di strade ferrate con più di un binario in Sicilia a fronte di 748 chilometri in Lombardia, 683 chilometri in Emilia-Romagna, 762 chilometri in Toscana, 605 chilometri in Campania. Un esempio per illustrare una realtà che anziché trovare risoluzioni continua a colare a picco.
Nei giorni scorsi è arrivato l’ennesimo appello del comitato dei pendolari guidato da Giosuè Malaponti che in una lettera inviata al governatore Lombardo ha espresso tutto il disappunto dei viaggiatori isolani.

“Dal danno arrecato per la totale assenza di investimenti infrastrutturali – ha scritto Malaponti il 15 marzo - alla beffa per il continuo taglio di treni a lunga percorrenza tra nord-sud e del totale quasi abbandono delle merci. Le nostre linee sono sempre più disastrate e fatiscenti, mentre si ha il coraggio di dire che grazie all’Alta Velocità il Paese è più moderno ed avanzato”.
Proprio il governatore siciliano dal suo blog lo scorso febbraio aveva inserito tra le necessità improcrastinabili per futuro dell’Isola il potenziamento delle rete ferroviaria.

“A proposito di infrastrutture – si legge - l’alta capacità ferroviaria tra Palermo e Catania è a portata di mano. Per mettere in collegamento queste due grandi città con un treno che percorra il tragitto di 180 chilometri in un’ora e quarantacinque minuti, basterebbe intervenire con una cifra di 800/900 milioni di euro, non un investimento impossibile”. Coinvolgimento di tutti gli attori interessati alle vicenda, incluse le ferrovie che non possono agire incuranti delle necessità territoriali pur essendo soggetti di diritto privato.

“Le scelte fino ad ora attuate dalle Ferrovie dello Stato – ha porseguito il comitato - rendono l’intero gruppo complice del ritardo dello sviluppo delle aree del Sud Italia. Un’azienda pubblica, di pubblico servizio, che dovrebbe fornire servizi di trasporto pubblico ai cittadini e che invece si considera sempre di più un’azienda privata e di mercato e che non ritiene un dovere prioritario quello di fornire il servizio universale”. A rinfocolare gli animi sullo stato isolano dei trasporti e delle infrastrutture ci aveva pensato nei giorni scorsi Marco Venturi, assessore regionale alle attività produttive, che in una dichiarazione shock spiegava come il ponte sullo stretto potesse quasi risultare secondario visti gli ingenti investimenti che necessari per l’Isola in altri settori come le ferrovie. Tuttavia, dato l’enorme deficit che la Sicilia patisce rispetto altre aree del paese, privilegiare un settore rispetto un altro potrebbe risultare oltremodo controproducente, anche perché il ponte non toglierebbe risorse ad altro e soprattutto costituirebbe il coronamento di una crescita complessiva del settore infrastrutturale.
Articolo pubblicato il 19 marzo 2011

Quote latte ancora a rischio multa
Italia nel mirino per la recente proroga relativa al pagamento delle sanzioni
Leonardo Ventura L'Italia è nuovamente «a rischio infrazione al Trattato della Ue» per la recente proroga di altri sei mesi, stabilita dal decreto Milleproroghe, relativa al pagamento delle multe sulle quote latte. L'allarme è stato lanciato dal ministro dell'Agricoltura, Giancarlo Galan. Sul dossier multe Galan ha precisato la situazione: «2,1 miliardi sono già stati pagati dai cittadini italiani, che rischiano di pagare altri 2,4 miliardi». Questi dati tuttavia, ha precisato Galan, «non suscitano molte reazioni. Si è persa la capacità di indignarsi da parte dei cittadini italiani». Il ministro ha spiegato che è al lavoro per «ottenere sanzioni più leggere possibili o il loro annullamento». «Quando uno ha la coscienza sporca, l'unica speranza è che la sanzione sia la più leggera possibile», ha aggiunto Galan, che ha riferito di non avere affrontato la questione con il commissario europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos nel corso del Consiglio Ue. Intanto la Regione Lazio ha convocato per lunedì un tavolo tra le associazioni di categoria e i responsabili delle industrie di trasformazione. L'europarlamentare Francesco De Angelis, intervenendo sulla questione del costo del latte e costi di produzioni, ha sottolineato che «le istanze dei produttori del latte devono essere ascoltate e recepite dalle istituzioni e dai soggetti preposti, ma per giungere ad una soluzione occorre una sinergia tra tutte le organizzazioni ed un dialogo con gli operatori del settore». De Angelis ha spiegato che «i costi di produzione, in special modo i mangimi, hanno subito un'inflazione del 17% ed è chiaro che, a fronte di questo aumento, non si può continuare a pagare il latte agli allevatori allo stesso prezzo degli anni passati». Coldiretti Roma ha in cantiere un'azione forte, se non si chiuderà almeno a 42,00 centesimi il costo del prezzo di vendita del latte per gli allevatori della provincia di Roma. La Coldiretti sottolinea che «il prezzo di vendita del latte non copre nemmeno lontanamente le spese di produzione, peraltro su di esso sta incidendo negativamente anche l'aumento del costo del carburante e dei mangimi».

Scontro Italia-Polonia sulla ripartizione degli aiuti europei
L'Italia «non sottoscriverà mai un documento sul futuro orientamento della Politica agricola comune (Pac) che preveda la superficie come criterio dominante nel calcolo della ripartizione degli aiuti europei all'agricoltura, neppure con grandissimi termini di dilazione. Per noi è un punto irrinunciabile». Lo ha sostenuto a Bruxelles il ministro dell'agricoltura Giancarlo Galan scontrandosi con la posizione del collega polacco, che ha invece posto la scelta del criterio della superfice come punto essenziale nel criterio di ripartizione dei finanziamenti europei agli Stati membri. I ministri infatti erano chiamati a pronunciarsi su un documento di conclusioni del Consiglio Ue che indicasse gli orientamenti per la futura Pac. Gli Stati membri non sono però riusciti a raggiungere una posizione comune. L'Italia, ha precisato Galan nel suo intervento ai partner europei, è pronta ad accettare un compromesso che tenga conto, nel calcolo degli aiuti Ue, del valore della produzione agricola, del numero degli occupati, del potere di acquisto e anche della superfice agricola. Ci pronunciamo senza riserve - ha aggiunto - sull'obiettivo di un'agricoltura sostenibile ma a condizione che non venga appesantita da tanti vincoli. Il ministro ha poi ribadito l'importanza di ridurre la burocrazia puntando sulla semplificazione, e ha chiesto anche l'introduzione di nuovi strumenti per poter coordinare i piani di sviluppo rurale, oggi uno per regione in Italia. Rispondendo poi senza mezzi termini al collega polacco che ha parlato di grandi sacrifici da parte del suo paese, e della rinuncia a numerosi punti negoziali, Galan ha risposto: Io non rinuncio ad una barca di soldi, perchè, al contrario del collega polacco, l'Italia è un contribuente netto al bilancio Ue e io devo andare dai miei agricoltori a spiegare che i loro soldi vanno a finanziare la riforma agricola polacca, estone o di altri paesi».

«Il Comune dica no alla Regione»
I residenti chiedono a Di Primio di bloccare l'ampliamento
Chieti. di Jari Orsini. CHIETI. «Adesso basta. Siamo stanchi di essere considerati la "latrina" di Chieti e dell'Abruzzo. Il Comune prenda posizione in merito all'ipotesi di ampliamento della discarica paventata dalla Regione». Il comitato «Il Bivio» rompe il silenzio e torna a parlare attraverso un comunicato dai toni duri. Viene posto un veto all'eventualità di un allargamento della discarica di Casoni. Dove proseguono i disagi. L'incontro chiarificatore con la Deco non ha portato gli effetti sperati. Anzi i miasmi emessi dall'impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) dei rifiuti, secondo «Il Bivio», continuano a essere avvertiti a Casoni e a ridosso del bivio di Brecciarola. Di pari passo è aumentato il traffico dei mezzi pesanti sulla malridotta via Liri. Il sindaco Umberto Di Primio ha ribadito ai residenti del posto che sta facendo il massimo per salvaguardare la loro salute. In tal senso, sono state inviate lettere e segnalazioni all'Arta e alla Regione. Ma il comitato «Il Bivio» non è soddisfatto. Chiede atti amministrativi precisi sulla discarica di Casoni. Che l'amministrazione comunale ha sempre detto di voler chiudere e bonificare una volta giunti alla saturazione prevista tra un paio d'anni. La Regione, però, la pensa diversamente. Le discariche dislocate sul territorio abruzzese sono in esaurimento e la percentuale di raccolta differenziata della spazzatura è ancora molto lontana dai parametri previsti dalla legge. Così è stata data ai Comuni, con apposita determina, la possibilità di ampliare di un 10% le discariche o comunque gli impianti di trattamento dei rifiuti che insistono sul proprio territorio. Il comitato «Il Bivio» teme che qualcosa possa cambiare in peggio anche a Casoni. Sito in cui, oltre alla discarica, c'è il discusso impianto di Tmb a marchio Deco che emana a cadenza quotidiana odori considerati non di certo salutari da chi abita nel rione. «Diversamente», precisano i rappresentanti del comitato, «da quanto dichiarato dall'assessore all'ambiente Emilia De Matteo». Il comitato invita il Comune a fare chiarezza sul ruolo futuro della discarica che accoglie camion pieni di spazzatura provenienti da ogni parte d'Abruzzo. «La discarica inizialmente doveva servire solo il capoluogo teatino ma, a conti fatti, sta servendo l'Ato Chieti-Pescara e adesso si parla addirittura», sostengono i promotori de "Il Bivio", «di altri Comuni. Eppure il sindaco Di Primio ha spesso affermato pubblicamente l'intenzione di chiudere la discarica di Casoni prossima alla saturazione. Ora cosa accadrà»?. Il comitato civico vuole certezze dal Comune e lancia un appello accorato al sindaco. «Vorremmo che il sindaco ci comunicasse al più presto quali interventi intende mettere in campo», dice il comitato «Il Bivio», «per evitare che Casoni diventi la latrina della regione e per salvaguardare il diritto alla salute dei propri cittadini».

Lampedusa, proseguono gli approdi
di BlogSicilia 19 marzo 2011 -
Dopo l’accesa protesta di ieri, inscenata dai residenti, contro quella che ritengono una politica di abbandono dell’isola da parte delle istituzioni riguardo all’emergenza migranti, si sono registrati tre nuovi sbarchi a Lampedusa dopo la mezzanotte.
In 378, a bordo dei natanti, sono approdati direttamente sull’isola, senza alcun intervento di recupero in mare. La notizia è stata diramata dalla dalla Guardia costiera. Nel primo barcone, giunto a Cala Creta, c’erano 116 persone. Nel secondo, a Capo Grecale, 118 stranieri. Infine,  nel terzo, 144 tunisini, tra cui 5 minori, sono approdati al porto.
Solo ieri il sindaco Bernardino De Rubeis aveva denunciato lo stato di assoluta precarietà dell’isola, “incapace di ospitare 3 mila persone”, di fronte all’emergenza.
Ieri, intanto, a Mineo, in provincia di Catania, trasferiti i primi richiedenti asilo.

Sequestrato il campo rom a Lamezia La Procura: è una miscela esplosiva
Sabato 19 Marzo 2011 07:54 Redazione desk
LAMEZIA TERME - Il campo rom di Lamezia Terme è stato sottoposto a sequestro preventivo d’urgenza su disposizione della Procura e dovrà essere sgomberato entro 30 giorni dalla convalida del provvedimento. Il provvedimento è stato eseguito ieri da parte dei carabinieri della Compagnia di Lamezia Terme, del Nucleo operativo ecologico e del Nucleo antisofisticazioni e sanità e dalla polizia municipale. Nel campo vivono circa 800 persone che sono state denunciate per concorso in invasione di terreni e di edifici pubblici e abusivismo edilizio. All’interno del sito è stata trovata anche una discarica a cielo aperto, realizzata in un terreno adiacente all’ospedale. Nella discarica sono state trovate carcasse di automobili e pneumatici usati. Dagli accertamenti compiuti dagli investigatori, secondo quanto si è appreso, è emerso che il campo, situato in contrada Scordovillo, manca dei requisiti minimi igienico - sanitari. Il campo rom di Lamezia Terme è un «fortino nel quale convivono una criminogena miscela esplosiva». E’ quanto scritto nel provvedimento emesso dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme che ha portato al sequestro del campo di Scordovillo. «Il campo - sostiene la Procura - è un fortino degradato a discarica e ghetto nel quale emarginazione sociale, degrado ambientale, urbanistico ed edilizio, degrado igienico-sanitario e rischio di incendi e di epidemie. Nel campo rom si delinque indisturbati, si ricovera e si impiega quanto provento delle attività delittuose commesse all’esterno e si smaltisce ciò che non serve con l’abbandono incontrollato sul posto». «In altre parole - conclude - la situazione emersa dalle indagini rappresenta oramai un’autentica emergenza umanitaria ed ambientale, da affrontare unicamente con lo sgombero immediato e la bonifica dell’area interessata. Il campo rappresenta in sintesi la fonte principale del fenomeno criminale legato al mondo rom perché alimenta e perpetua abitudini e costumi criminali». «Il provvedimento - spiega più nel dettaglio una lunga nota degli investigatori - è stato emesso a seguito delle indagini delegate dal Procuratore Capo di Lamezia Terme ai militari della Compagnia carabinieri finalizzate a ricostruire la vicenda storico-giuridica dell’insediamento. Nel corso delle investigazioni i carabinieri hanno accertato che i cittadini dimoranti nell’accampamento, nonostante molti di loro non siano peraltro gli originari assegnatari dei moduli abitativi realizzati in via provvisoria dalla Pubblica Amministrazione a beneficio della popolazione rom nel 2003 e non siano legati da rapporti di parentela con gli originari assegnatari si sono comportati quali proprietari esclusivi dell’area conosciuta come campo nomadi di contrada "Scordovillo", con diritto di escludere gli altri (terzi non appartenenti alla popolazione rom) dal godimento ed anche dal semplice accesso, perfino gli appartenenti alle Forze di Polizia nell’esercizio delle loro funzioni».

Bova: il Sud sia protagonista del riscatto del nostro Paese
Sabato 19 Marzo 2011 07:49 Redazione desk
REGGIO CALABRIA - «È doveroso oltre che possibile, pensare e lavorare ad un percorso e ad un processo che non solo non sia passivo in attesa di un fantomatico “terzo vento del nord” ma che abbia l’audacia di ritenere, non solo, che questo vento sia urgente e necessario, ma che, questa volta, esso possa scaturire dal sud». Questo è l’auspicio di Giuseppe Bova, che a margine della festa celebrativa dei 150 anni dell’Unità d’Italia, fa le sue considerazioni su quello che dovrebbe essere il ruolo delle regioni meridionali nella prossima fase storica del nostro Paese. Il suo ragionamento prende spunto da un articolo pubblicato su un quotidiano nazionale nei giorni scorsi in cui alcune cifre gli hanno suggerito delle riflessioni: il sud di oggi (esso rappresenta il 40% della popolazione italiana), da quanto emerso, contribuisce al Pil nazionale per il 26,8%, cioè lo 0,1% in meno rispetto al 1951. Quello pro capite è il 69% di quello europeo, quando quello del nord è pari al 127%. «Non si può, se tutto questo è vero, far finta di nulla - sottolinea Bova - tantomeno limitarsi a sottolineare che 150 anni sono passati, stiamo ancora tutti assieme e tutto va bene». L’Unità di oggi, spiega Bova, è figlia di grandi processi storici che hanno trovato nel nord del paese e nelle sue elites ragione, nerbo e spinta propulsiva. Fa riferimento, l’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria, ai Mille che sbarcarono da Quarto, ai partigiani che animarono la Resistenza e a coloro che si impegnarono per portare il nostro Paese ad essere parte, prima, di un Mercato comune e, successivamente, dell’Unione europea. «Oggi, con ogni evidenza - osserva Bova - emerge non solo che questa spinta non c’è più, ma che proprio al nord è insediato un fenomeno politico e sociale  che pratica un programma, fin dentro il Governo dell’Italia, che è antitetico all’idea di Paese quale propugnato dai primi e dai secondi Padri fondatori». Questi signori, secondo Bova, ragionano come chi pensa ancora che l’economia nel XXI secolo sia solo ricchezza di materie prime e di infrastrutture materiali, negando la funzione decisiva che nella nuova economia hanno la conoscenza e la capacità di innovazione. Ma il ragionamento, a detta di Bova, va trasposto sul terreno della democrazia, delle libertà e dell’autogoverno, ripensando a una riscossa del Sud in questo processo: «Così vedo io l’apertura della fase che dai 150 anni in avanti guardi con fiducia feconda  al futuro di tutte e di tutti».

«No a centrali a biomasse nell’area ex Sir di Lamezia»
Sabato 19 Marzo 2011 07:59 Redazione desk
LAMEZIA TERME - «Registriamo con enorme stupore l’ennesimo tentativo maldestro di portare "sviluppo" in Calabria, ed a Lamezia in particolare, con la realizzazione di opere ed impianti faraonici che nulla hanno a che fare con il tessuto produttivo e sociale del comprensorio lametino». Lo si legge in un documento a firma di partiti ed
associazioni lametine (Amolamezia - Area dei Beni Comuni Decollatura - Casa della Legalità e della Cultura - Collettivo Altra Lamezia - Comitato Contro la Centrale a Biomasse di Panettieri - Comitato Lametino Acqua Pubblica - Comitato Lamezia Rifiuti Zero - Italia Nostra - Partito della Rifondazione Comunista - Circolo Rua Sao Joao - Sinistra Critica - Usb). «E’ proprio di questi giorni l’annuncio di un nuovo programma di sviluppo che sarà concordato tra la Lameziaeuropa, la Regione ed il Governo per la realizzazione di tre nuove centrali energetiche: due a biomasse (gas e liquide) ed una fotovoltaica proposte dalla Tozzi spa, una holding con sede a Ravenna. Nonostante la Calabria - continuano - abbia una eccedenza produttiva in termini energetici pari al 25% (energia che poi viene esportata), si persevera con la realizzazioni di impianti come quello a biomasse a forte impatto ambientale soprattutto in un’area a forte prevalenza agricola e turistica e comunque già devastata dagli scarichi abusivi di molte realtà aziendali locali e da un depuratore che oramai da anni sversa fogna direttamente a mare. Sicuramente questi tre progetti verranno spacciati come la panacea di tutti i mali del mezzogiorno. Molte delle aziende aderenti al Patto Territoriale sono state coinvolte in scandali per truffe ai danni della Ue con gli oramai inevitabili intrecci con la ‘ndrangheta che ha da tempo spinto i propri interessi proprio sui terreni e sulle attività ricadenti nell’area industriale lametina.A questo insediamento energetico  si aggiunge la proposta della Prim Srl di Torino di realizzare un porto turistico sempre nell’area adiacente l’ex pontile Sir oramai ridotto ad un accumulo di ferraglia arrugginita. Non è bastata dunque la disastrosa avventura dei Rovelli negli anni settanta con il progetto Sir, oggi si intraprende la stessa strada fatta di affarismi, mala politica e avventurismo economico. Chiediamo inoltre, all’Amministrazione Speranza ed al Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Catanzaro, una presa di posizione forte di netta contrarietà ai tre devastanti mega progetti, convinti che esista un diverso modo di gestire la cosa pubblica ed il proprio territorio basato sulle energie alternative da fonti rinnovabili, sul riciclaggio dei rifiuti, sulla politica dei rifiuti zero, sulla gestione dei beni comuni dal basso, dove la popolazione diventi artefice delle proprie scelte. Per questo - conclude la nota delle associazioni lametine -  chiediamo al Sindaco Speranza che venga indetta un’assemblea popolare per poter discutere dal basso del destino del nostro territorio e di un modello alternativo di sviluppo del nostro comprensorio».

L’Mpa apre la sua fase ‘costituente’
di BlogSicilia 19 marzo 2011 -
Incontro dell’Mpa che apre la sua “fase costituente” all’Albergo delle Povere, in corso Calatafimi. L’appuntamento è per le ore 10.30.
Il leader del movimento, il governatore siciliano, Raffaele Lombardo, nei giorni scorsi ha rilasciato dichiarazioni su eventuale nome (“a me piacerebbe I Meridionali”) e programma (dare vita a un consiglio federale in ogni regionedove troveranno spazio non solo politici ma rappresentanti di varie categorie: dai lavoratori autonomi agli agricoltori, dagli intellettuali agli uomini dello spettacolo; tutti uniti nello scopo di ‘difendere il meridione o siamo fregati’).
Un tema fondamentale, quello delle alleanze: nessuna alleanza scontata, né col Nuovo polo, né col Pd. Un riposizionamento al centro, dunque, di quello che non sarà più un movimento ma un partito, con una linea di dialogo aperta verso l’Udc e Fli.
Sarà comunque una fase lunga, secondo quanto ha lasciato intendere Lombardo, il quale ha dichiarato: “ Ritengo non si concluderà prima della fine di aprile”.
Fol

Le materie prime? Non fanno inflazione
Paul Krugman
Ogni volta che scrivo sull'inflazione (o sull'assenza d'inflazione) ricevo mail arrabbiate di lettori ossessionati dai prezzi delle materie prime. Non riescono a capire perché economisti e civil servant come me e il presidente della Fed Bernanke, non condividano i timori di una corsa dell'inflazione, nonostante i forti aumenti del prezzo di frumento, petrolio e altre materie prime.
Molti di quelli che mi scrivono sembrano non rendersi conto che i prezzi delle materie prime giocano un ruolo limitato nell'andamento dei prezzi al consumo. Un ruolo lo giocano - ad esempio, il prezzo del petrolio incide sulla benzina, che a sua volta impatta sui prezzi al consumo - ma i prezzi di altri prodotti, anche quando c'è una componente di materie prime forte, in realtà si basano prevalentemente sul costo della manodopera e su altre fonti di valore aggiunto.
A dicembre 2010, il costo di una pagnotta di pane bianco da mezzo chilo era di circa 1,386 dollari. Quanto incideva il costo del frumento? Da un bushel (45 chili) di frumento si ricavano 28,5 chili di pane: ultimamente il frumento si vende a circa 10 dollari al bushel, quindi il costo del frumento pesa su quella pagnotta per 16 centesimi di dollaro, cioè meno del 12 per cento.
I prezzi all'ingrosso delle materie prime hanno un effetto sorprendentemente limitato sui prezzi degli alimenti, e ancora meno sull'indice generale dei prezzi al consumo. Ripeto: un effetto c'è. Ma non è raro vedere forti incrementi dei prezzi delle materie prime accompagnati da un'inflazione complessiva che rimane bassa, com'è il caso ultimamente degli Usa.
Un'osservazione sul petrolio. È una materia prima con una domanda a breve termine fortemente anelastica, e ciò significa che ogni rallentamento dell'offerta porta a un incremento del prezzo. Anche l'offerta, di solito, è anelastica: l'eccezione in questo senso è costituita dal l'Arabia Saudita.
James Hamilton, professore di economia all'Università della California, ha evidenziato questo aspetto sul sito Econbrowser: se la produzione di petrolio in Libia si bloccherà, i mercati avranno bisogno di 1,8 milioni di barile al giorno per rimpiazzarla. «Se i sauditi non furono in grado, o non vollero, superare i livelli di produzione nel 2008, quando il petrolio si vendeva a 140 dollari al barile - scrive Hamilton - perché aspettarsi che lo facciano ora che il West Texas è a 106 dollari?».
C'è la possibilità che il petrolio libico - fetta importante della produzione mondiale - venga meno, e nessuno sa se l'Arabia Saudita potrà, o vorrà, incrementare la produzione. Per come la vedo io, la cosa strana è che il prezzo non sia più alto di com'è.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

Il Codacons: dato sottostimato, la realtà è anche peggiore
«La colpa è anche dei commercianti. Serve calo dei prezzi e liberalizzazione dei saldi»
Fonte: © CODACONS.it - Pubblicata il 18/03/2011
ROMA - Il dato diffuso oggi da Confcommercio secondo cui, rispetto al primo trimestre del 2007, ogni cittadino dispone oggi di 570 euro all'anno in meno per i consumi, è per il Codacons sottostimato.
«La realtà è anche peggiore, e la dimostrazione arriva dal calo dei consumi anche in settori di primaria importanza come gli alimentari – spiega il Presidente Carlo Rienzi – La responsabilità della riduzione degli acquisti è da attribuirsi anche agli stessi commercianti, che negli anni hanno applicato una politica dei prezzi suicida. Ciò che più di tutto frena i consumi sono proprio i prezzi troppo alti in tutti i settori, dalla ristorazione all’abbigliamento, con la conseguenza che le famiglie, per far quadrare i bilanci, sono costrette a tagliare gli acquisti».
«Per far riprendere i consumi Confcommercio deve seriamente riflettere sulla necessità di una riduzione generalizzata dei listini – prosegue Rienzi – da ottenere anche attraverso la liberalizzazione dei saldi, che l’organizzazione dei commercianti da sempre osteggia».

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