mercoledì 30 marzo 2011

Mezzogiorno-Sera. 30 marzo 2011.

Potenza. Sul petrolio lucano azione bipartisan

Basilicata. Profughi libici, una tendopoli a Palazzo San Gervasio

A Teramo i piccoli profughi

Berlusconi: «Rilanciamo Lampedusa»

Sicilia. Federalismo: Armao, senza attuazione statuto, pericolo per siciliani.

Sicilia orientale, comitato per le opere

 A Ragusa la pazienza è finita “Autostrada o proteste in serie”

Il retail dà lavoro anche al Sud

Taranto. A Chiapparo sbarcano 827 immigrati. A Manduria protestano: “Bloccateli”

Lampedusa, sbarchi non stop, rischio di rivolte

Lampedusa. Prima di Berlusconi arrivano le navi.

Benzina: mini-rialzi, a Sud sopra 1,6 euro

L'UNIONE SARDA - Politica: L'Isola della dispersione scolastica

Manduria, tensione nella tendopoli

La «Mani pulite» di Confindustria al Sud

Profughi, in Campania pronta tendopoli a S. Maria Capua Vetere


Potenza. Sul petrolio lucano azione bipartisan
30/03/2011 POTENZA - In ballo non ci sono solo le royalties, perché del resto spettano «ope legis». Quello su cui il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, relaziona al consiglio regionale è la strada appena intrapresa con il Governo nazionale per riconoscere alla Basilicata il «giusto ruolo» (vista la produzione energetica che sorregge buona parte del consumo del Paese) e prospettive di sviluppo su alcuni grandi settori come ricerca e innovazione, infrastrutture, occupazione. Con stanziamenti «aggiuntivi».
In poco più di un¹ora il governatore racconta ai consiglieri lo stato dell'arte della trattativa politico-istituzionale - «accolta con inaspettato entusiasmo proprio a Roma» - al 'tavolo Basilicata, tra Regione e Governo. Si parte dalle estrazioni di petrolio e si arriva alla regione che sarà (o che dovrà essere). Ed è chiaro - dice - che in questo percorso dovrà avere un ruolo il consiglio regionale. Lui si impegna a relazione con frequenza, chiedendo, però, uno «sforzo unitario».
Del metodo concertativo De Filippo ha fatto regola «fin dall'inizio di questo mandato». E¹ la congiuntura a renderlo necessario. In un momento di forte riduzione della spesa pubblica, di sottovalutazione delle politiche di coesione (e, va detto, di complessi scenari internazionali proprio nei paesi produttori di petrolio), tocca poi alla Basilicata dimostrare di essere quel 'Mezzogiorno nel Mezzogiorno' di cui De Filippo ha fatto spesso vanto. La stessa sfida che porterà molto probabilmente la Basilicata ad essere regione tester per i costi della sanità con la Toscana e la Lombardia.
Ecco dove si inserisce il bisogno di una «più forte collaborazione» tra il
livello regionale e quello nazionale, ma senza che questo intacchi «le
differenze politiche». Da un lato la Basilicata ³rossa², dall¹altro un
governo di segno opposto. «Non c¹è ombra di inciucio».
Ma se il quadro complessivo propone un prevalere di logiche geografiche e
un pregiudizio diffuso sul Sud che arranca, «serve un¹iniziativa unica per
portare a casa risultati». Quali? «Il destino della Regione». Ci va cauto,
ammette, senza facili entusiasmi. Ma chiede a tutti di provarci (anche nel
ragionare sulle priorità da chiedere) perché forse non resterebbero che due
alternative: un «posizionamento politico, ma improduttivo della Regione» o
«l¹apologia più o meno fondata del governo nazionale».
Nei 76 minuti di relazione al consiglio (che rinvierà il dibattito
politico di due settimane), De Filippo ripercorre anche le date e gli
appuntamenti che hanno portato, ieri, alla comunicazione istituzionale «a
percorso - ci tiene a precisarlo - appena avviato». Così, dopo la
disponibilità consegnata dal sottosegretario Guido Viceconte (Istruzione) a
da altri rappresentanti del governo, il dibattito si è trasformato in un
incontro preliminare. Lo soccorso 25 gennaio, si sono incontrati buona
parte dell¹esecutivo lucano, con Viceconte e il sottosegretario allo
Sviluppo economico, con delega all¹energia, Stefano Saglia. Qualche giorno
prima, in un incontro tutto lucano con l¹amministratore delegato dell¹Eni,
Paolo Scaroni, «eravamo stati chiari: nessuna discussione sulla materia
petrolifera sarebbe stata aperta senza avere al nostro fianco il governo».
Si sono anche dati una tempistica: l¹idea è di arrivare prima dell¹estate
alla ratifica di un¹intesa, con uno step intermedio, una sorta di
³memorandum². Un documento intermedio da portare all¹approvazione dell¹aula
lucana in cui riassumere la funzione dell Basilicata e gli impegni del
governo. «Dovrà essere chiaro il ruolo energetico della Basilicata, che non
è solo un problema come tutto il Sud, ma un¹opportunità per l¹intero
Paese». Insomma, non è più questione di semplice ristoro.
Alcuni punti fermi ci sono. Sono stati messi negli ultimi anni e dovranno
essere ricompresi nel ragionamento. Alla consapevolezza che le estrazioni
non portano poi così tanta occupazione e che molto si può fare ancora sulla
sostenibilità, si aggiunge la certezza che le previsioni degli accordi
sottoscritti nel 1998 (tanto con il Governo che con le compagnie
petrolifere) non sono stati attuati. Le infrastrutture previste hanno
subito «percorsi tortuosi» e la quantità di greggio da estrarre (104.000
barili al giorno) si è attestata molto al di sotto. C¹è poi un altro
fattore che ha avuto un peso rilevante: spinte locali nate spesso da
legittima «inquietudine delle comunità».
Ora, solo una volta uniformato il linguaggio di Regione e Governo, si
potrà aprire il dialogo alle compagnie petrolifere «che sicuramente
possono fare di più su ambiente, occupazione, territorio». Magari «un
centro studi europeo sulla ricerca energetica».
Fin qui le modalità generali. «E¹ giusto, così come è intenzionato a fare
il Governo, inquadrare il tema petrolifero in una strategia coerente con il
Piano per il Sud», in cui la Basilicata potrebbe stare con «un¹ulteriore
gamba finanziara». Senza dimenticare un elemento che potrebbe portare un
peso non da poco alla riflessione. L¹Eni si appresterebbe a proporre un
nuovo piano industriale. «La compagnia ci dice che la curva produttiva è
destinata a scendere senza un investimento in innovazione». Ma dei 56 pozzi
previsti nella zona della Val d¹Agri (oggi ne mancano all¹appello 14), ne
servirebbero meno, pur arrivando ad estrarre 125 mila barili al giorno, con
un investimento sull¹abbattimento dei fumi. E' chiaro che anche su questo
il consiglio regionale è chiamato a ragionare. Lo farà in maniera pubblica
tra due settimane, in una seduta convocata ad hoc. Su questo, giurano, «la
volontà è della trasparenza».
Sara Lorusso

Basilicata. Profughi libici, una tendopoli a Palazzo San Gervasio. I profughi libici saranno ospitati in una tendopoli che sarà sistemata nel centro di accoglienza per immigrati di Palazzo San Gervasio. Oggi a Roma nuova riunione della conferenza Stato-Regioni
29/03/2011 L'ipotesi di realizzare in Basilicata - in particolare in provincia di Potenza, a Palazzo San Gervasio, dove già esiste una struttura che ogni anno ospita, in condizioni non proprio ideali, extracomunitari impegnati nella raccolta dei pomodori - una tendopoli per accogliere circa 600 profughi dall'Africa, ha colto di sorpresa quasi tutte le istituzioni e le strutture regionali interessate. La Regione, attraverso l'ufficio stampa della giunta, ha reso noto di non aver «individuato nè concordato alcuna tendopoli nè nell'area di Potenza nè in quelle di altri comuni». Si è appreso però che l'ipotesi di realizzare la tendopoli a Palazzo San Gervasio è stata considerata. Ieri l'area normalmente utilizzata all'arrivo degli extracomunitari stagionali è stata controllata: per installarvi le tende, però, occorrerebbero lavori per diversi giorni, anche per rendere accettabili le condizioni igieniche e di sicurezza (in particolare, gli impianti elettrici). Ad ogni modo, nè la Regione, nè la protezione civile regionale nè altre istituzioni hanno ricevuto finora alcuna comunicazione ufficiale sull'ipotesi di una tendopoli, nè a Palazzo San Gervasio nè altrove.
La giunta regionale, comunque, ha ribadito la «disponibilità dei lucani a far fronte a questa emergenza umanitaria, ma resta in attesa - conclude la nota - di valutare le proposte e le richieste che verranno sottoposte dal Governo e dal commissario straordinario nominato per gestire l'emergenza». Intanto domani a Roma l'assessore regionale Martorano incontrerà nuovamente il ministro degli Interno, Maroni, nel corso della nuova conferenza Stato-Regioni per l'emergenza profughi.

A Teramo i piccoli profughi
Accolti in una casa-famiglia due bambini tunisini sbarcati a Lampedusa. Altri in arrivo. Alessia Marconi TERAMO Un'emergenza nell'emergenza. Tra le migliaia di profughi tunisini arrivati in Italia dopo l'ondata rivoluzionaria che ha scosso il Maghreb non ci sono solo i clandestini da rimpatriare o i richiedenti asilo politico, ma anche decine di minori non accompagnati fuggiti da una situazione di povertà ed incertezza ed arrivati in Italia sui barconi della speranza. Minori senza una famiglia, senza documenti, che non conoscono una parola d'italiano, stanchi, affamati, e di cui a farsi carico dovranno essere, almeno in questa prima fase, quelle poche realtà ammesse a far parte del programma nazionale di protezione dei minori non accompagnati. Realtà come quella teramana, dove il Comune ha già preso in carico due bambini tunisini, arrivati tramite il centro di accoglienza di Bari e che attualmente sono ospitati in una delle case famiglia presenti sul suo territorio. Difficile dargli un'età. Come tanti altri bambini una volta arrivati in Italia hanno perso la propria identità. Ad accompagnarli, a Lampedusa, quando sono sbarcati da uno di quei barconi, non c'era nessuno. Non un familiare, non un amico. Dei genitori non si sa nulla. Potrebbero essere morti durante gli scontri, potrebbero trovarsi in un carcere tunisino, potrebbero semplicemente aver deciso che forse, mandandoli fuori dalla Tunisia, gli avrebbero assicurato un futuro migliore. Ipotesi destinate a restare tali. L'unica certezza è quello che si legge nei loro occhi. Paura, solitudine, un grido di aiuto. Il bisogno di essere rassicurati, il bisogno di un abbraccio. «Si tratta di due bambini probabilmente arrivati in Italia con una delle ultime ondate di profughi tunisini - conferma l'assessore alle politiche sociali del Comune di Teramo Giorgio D'Ignazio - e che dopo aver attivato tutte le procedure del caso sono arrivati a Teramo nell'ambito del programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati. Non ne conosciamo con esattezza l'età, non avendo a disposizione alcun documento. Quando sono arrivati sembravano due fagottini e il problema della lingua sicuramente non aiuta a comunicare. Di certo si tratta di bambini sotto i dieci anni e nelle prossime settimane, in base a quello che deciderà il giudice tutelare, attiveremo l'iter per l'eventuale affido temporaneo o per l'affidamento pre-adottivo». Ma i due bimbi non saranno gli unici ad essere inseriti nel programma nazionale di protezione dei minori non accompagnati. Nei prossimi giorni, infatti, a Teramo dovrebbero arrivare altri due bambini tunisini che verranno presi in carico e per i quali verrà attivata tutta l'assistenza necessaria. «Non possiamo che essere contenti, come Comune, di poter mettere a disposizione le nostre strutture e la nostra professionalità per affrontare quella che a tutti gli effetti potremmo definire come un'emergenza nell'emergenza - commenta D'Ignazio - Quello dei minori non accompagnati è un problema che ci coinvolge tutti ed in questo senso il Comune di Teramo, grazie al progetto del Ministero dell'Interno e alla collaborazione con l'Anci, si pone in prima linea nell'assistenza ai minori stranieri che arrivano nel nostro Paese completamente abbandonati a se stessi». Bambini i cui occhi parlano più di mille parole, spesso messi su un barcone da quei genitori che sperano di assicurargli un futuro lontano dalla povertà, ma che una volta arrivati in Italia, se non vengono presi in carico immediatamente, rischiano spesso di finire in mano ad organizzazioni criminali o a uomini senza scrupoli.

Berlusconi: «Rilanciamo Lampedusa»
30 marzo 2011
Roma - “Disinnescare la bomba”: questo l’imperativo categorico che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha posto come tema centrale al vertice tenuto sino a tarda notte a Palazzo Grazioli, sua residenza romana, convocato per fare il punto sull’emergenza immigrazione che sta colpendo Lampedusa.

A poche ore dalla visita che il premier farà oggi sull’isola, Berlusconi si è mostrato preoccupato sia per i numeri della crisi (oltre 6000 rifugiati sbarcati in pochi giorni) sia per la portata delle conseguenze (non da ultime quelle sul settore del turismo). Preoccupazioni che, secondo quanto riferito da alcuni partecipanti, si traducono in un’azione immediata da parte del governo che già oggi dovrebbe provvedere allo sfollamento degli immigrati, per ridare respiro alla piccola isola siciliana.

Oltre alle sei navi passeggeri che saranno impegnate nella spola con vari centri di accoglienza provvisoria in Italia, ha annunciato il sottosegretario Gianfranco Miccichè, a Lampedusa sarà ormeggiata anche una nave fissa a disposizione di nuovi sgomberi che di volta in volta - in vista anche della bella stagione - dovessero rendersi necessari.

Da YouTube, cittadini tunisini puliscono le strade di Lampedusa per ringraziare
Quello raccontato da diversi ministri presenti al vertice è un premier pronto a dare battaglia in prima persona, che avrebbe evocato anche il suo diretto coinvolgimento nell’emergenza del terremoto in Abruzzo: «Sono poveri cristi, la loro è una fuga da un mondo senza libertà, democrazia e benessere», avrebbe detto Berlusconi, usando toni ben diversi da quel «fora de ball» usato del leader della Lega Nord, Umberto Bossi. Ma alle «doverose risposte» all’emergenza umanitaria, Berlusconi ha affiancato anche una “linea dura” - cara proprio a Bossi - in tema di controllo delle frontiere: «C’è un piano - ha spiegato a questo proposito Miccichè - per evitare nuovi sbarchi, soprattutto attraverso accordi con i paesi di origine. Se poi si dovessero fare dei respingimenti, siamo pronti anche per questo».

Un giovane lampedusano racconta la situazione durante l’occupazione del Municipio
Il difficile equilibrio tra il dovere dell’accoglienza e la difesa delle nostre coste sarà spiegato dallo stesso Berlusconi durante la sua visita a Lampedusa, dove illustrerà le misure e gli interventi compensativi ipotizzati ieri sera alla presenza dei ministri più direttamente coinvolti nell’emergenza. Per trasformare un «disagio in una grande opportunità» per la comunità lampedusana, il governo avrebbe già messo a punto «un piano di compensazione e di rilancio: il presidente Berlusconi - ha spiegato ancora Miccichè - è fortemente convinto di volersi spendere per Lampedusa, e il ministro dell’Economia sta valutando i costi delle misure necessarie». Il rilancio dell’isola, dunque, «passerà attraverso iniziative riguardanti sia le infrastrutture sia l’ambiente, sia il turismo sia il piano culturale».

Le condizioni del centro di accoglienza
«Faremo di tutto» per risolvere l’emergenza, ha assicurato anche il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, «perché siamo assolutamente consapevoli che la gente dell’isola non può essere lasciata in quelle condizioni». Ma, ha rassicurato il ministro, «i siciliani possono stare tranquilli e dormire tra due guanciali, perché da parte di tutto il governo e in prima persona dal premier, Silvio Berlusconi, c’è il massimo impegno per risolvere la situazione».

Sicilia. Federalismo: Armao, senza attuazione statuto, pericolo per siciliani. "L'attuazione del federalismo fiscale, se realizzato nella piena attuazione dello Statuto puo' essere un'opportunita' per lo sviluppo della Sicilia, altrimenti provochera' un ulteriore divario con il resto del Paese".
Cosi' l'assessore per l'Economia, Gaetano Armao, nell'audizione di oggi in II° Commissione all'Ars sull'attuazione del federalismo fiscale. "Come ha detto il Presidente Napolitano - ha affermato Armao - il federalismo, e non solo quello fiscale, e' un elemento che deve rafforzare le basi dell'unita' nazionale. E' opportuno, a questo punto, che l'Ars, dopo aver gia' espresso la propria unanime posizione nell'ottobre scorso, torni a pronunciarsi in questa fase decisiva per il futuro dei siciliani di oggi e di domani. Dopo la nascita dello Statuto - ha proseguito Armao - la Sicilia vive oggi il momento piu' significativo della rivendicazione dell'autonomia, che va rinegoziata nel contesto di un nuovo patto con il Paese. Occorre tuttavia recuperare la forte coesione che caratterizzo' la rivendicazione autonomistica siciliana, al di la' delle divisioni politiche, e l'Assemblea ha un'occasione unica per dimostrare che intende anteporre, ad ogni questione, l'interesse dei siciliani che non possono essere italiani dimezzati, coinvolgendo l'intera delegazione parlamentare nazionale".

 L'assessore Armao ha illustrato le posizioni assunte dalla Regione nel negoziato con il Governo nazionale, che hanno condotto, dopo un serrato confronto, ad ottenere il riconoscimento delle prerogative statutarie nel contesto delle quali attuare il federalismo fiscale, nei relativi decreti attuativi, e ad aprire una trattativa sulle questioni finanziarie con i Ministri Tremonti e Calderoli, in esito alla quale potranno finalmente avere applicazione gli art. 36,37 e 38 dello statuto. "Il tema della perequazione infrastrutturale - ha sottolineato - e' certamente tra le piu' importanti e rimane ancora del tutto tralasciata dal Governo nazionale. Ed il cosiddetto 'piano per il sud' che riduce le risorse per la Sicilia e non offre progetti di sviluppo, piu' che una piattaforma di interventi sembra costituire una manifestazione della tempistica che si intende adottare per affrontare il divario che riguarda non solo strade e ferrovie, ma anche energia, sanita', istruzione, ecc. Abbiamo costruito - ha aggiunto - un rapporto collaborativo con la Regione Sardegna per raggiungere una posizione comune sul tema dei costi dell'insularita'. Non potremo accettare alcuna forma di federalismo che non affronti in modo radicale il divario tra nord e sud del Paese, senza le gambe della perequazione fiscale e di quella infrastrutturale il federalismo fiscale diventera' una mannaia per la Sicilia. Il divario diverra' incolmabile, ed il nostro territorio un'area irrimediabilmente depressa nella quale avremo il massimo di pressione fiscale ed il minimo di qualita' dei servizi"

L'assessore Armao si e' infine soffermato sui costi del federalismo fiscale municipale per i comuni siciliani. "Non possiamo accettare - ha detto nel merito - che lo Stato tagli i trasferimenti, che ammontano ad oltre 1,6 miliardi di euro, ai comuni siciliani in termini unilaterali senza riversare risorse fiscali alternative, poiche' questo si tradurrebbe in un grave peggioramento dei servizi ai cittadini siciliani e questo e' un punto imprescindibile della trattativa con il governo nazionale". Per ultimo l'assessore si e' soffermato sulla drammatica vicenda di Lampedusa.  "Il governo regionale - ha sottolineato Armao - si e' attivato per tempo e sta ponendo in essere il massimo degli sforzi con le risorse a sua disposizione, chiedendo, tra l'altro, che si adotti un decreto legge che sospenda il pagamento dei tributi, i cui oneri sarebbero comunque sostenuti dalla Sicilia, e delle rate di mutui e finanziamenti per i cittadini e le imprese di Lampedusa. Ma tutto cio' non basta. Il governo centrale deve offrire un impegno significativo e durevole per evitare che anche in questa drammatica circostanza si affermi la logica perversa che prevede, come l'attuale configurazione del federalismo fiscale dimostra, che il nord si salva da solo, e al sud si salvi chi puo'".

Sicilia orientale, comitato per le opere
di Patrizia Penna
A Catania, la presenza del ministro per i Rapporti con le Regioni pone le basi per l’ennesimo tentativo di far decollare le infrastrutture. Solito ritornello: “I soldi ci sono”. Ma è la stessa classe politica che ora grida a non saperli spendere. CATANIA - L’ennesimo tentativo di far partire la costruzione delle infrastrutture necessarie alla Sicilia, in particolare della zona orientale, è stato compiuto ufficialmente, con la costituzione, avvenuta lunedì pomeriggio a Catania, del Comitato strategico del Sistema territoriale. La presenza, tra gli altri, del ministro per i Rapporti con le Regioni e la coesione territoriale Raffaele Fitto, e del presidente della Provincia di Catania e dell’Unione Province d’Italia, Giuseppe Castiglione, ha posto le basi dell’occasione.

“Il problema delle Regioni del Sud non è la mancanza di risorse per la realizzazione di grandi infrastrutture e della logistica, ma la scarsa capacità di spesa. Non voglio entrare in polemica con i governatori, ai quali ho già dimostrato l’oggettività dei dati incontestabili in mio possesso - ha detto Fitto -, ma normalmente la capacità di progettazione e spesa su fondi Fas ed europei non supera il 50% e spesso scende ad appena il 30%. Entro dicembre l’Italia ha a disposizione 8 miliardi di risorse europee ma se questi non saranno impegnati entro maggio verranno persi. Questi fondi, poi - ha aggiunto Fitto - che dovrebbero essere utilizzati per grandi opere con valenza strategica, su vasto territorio, vengono utilizzati per piccoli interventi che potrebbero rientrare nella normale programmazione di un Ente locale”. Un tema che Fitto di recente ha affrontato direttamente anche con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo.

“La carenza della rete logistica nazionale, alla quale stiamo cercando di dare una svolta, costa, secondo uno studio della Banca d’Italia, 40 milioni di euro l’anno al Sistema Italia sul piano della produttività - ha continuato Fitto -. Ultimo dato significativo: il Pon sugli attrattori culturali destinato alle quattro grandi regioni del Sud è, a distanza di 3 anni e mezzo, interamente inutilizzato”.
Il presidente della Provincia, Giuseppe Castiglione, ha sottolineato come il Comitato strategico abbia il compito “di rilevare le criticità dal punto di vista logistico, dei trasporti e della mobilità. Individuare le soluzioni e passare alla progettazione superando i confini meramente amministrativi ma entrando nella logica del sistema territoriale”.

“Il percorso che avviamo oggi si concluderà non con le solite rivendicazioni economiche, ma con il sottoporre al Governo, tramite il ministro, obiettivi chiari, al termine di un percorso condiviso, e il coordinamento della varie risorse finanziarie che siano europee o nazionali - ha dichiarato Castiglione - affinché gli interventi siano realmente utili al territorio, possa consentire di diminuire il gap infrastrutturale e creino le premesse per lo sviluppo economico”. Ma, facendo l’esempio concreto dell’autostrada Ragusa-Catania, non si capisce dove finiscano i problemi di copertura economica e dove inizino quelli progettual-burocratici.

“Dal 2014 parleremo di Europa dei territori e non più di Europa delle regioni - ha concluso Castiglione -. E i territori non sono limitati da confini geografici, politici o amministrativi, ma si aggregano naturalmente attorno a poli omogenei. La Provincia regionale di Catania si fa, quindi, protagonista di un’azione d’avanguardia che porti, tra l’altro, alla realizzazione di un ‘corridoio mediterraneo’ sulla via del mare, da Suez a Gibilterra, che avrà proprio nella Sicilia il suo punto focale della logistica”.
Al Comitato hanno dato adesione i rappresentanti dei maggiori enti locali (Province e città capoluogo) della parte orientale dell’Isola, i rappresentanti dei quattro maggiori sindacati e di Confindustria.

 A Ragusa la pazienza è finita “Autostrada o proteste in serie”
RAGUSA - “Il tempo dell’attesa è finita. Non ci bastano dichiarazioni d’intenti e buoni propositi ma soltanto atti concreti per sbloccare l’iter procedurale e rimuovere gli ostacoli burocratici all’avvio della comparazione delle offerte da parte dell’Anas per l’individuazione del concessionario della nuova autostrada Ragusa-Catania”.
Lo afferma il presidente della Provincia Franco Antoci che, a nome del comitato ristretto che segue l’iter della Ragusa-Catania, ha annunciato le azioni di protesta che si metteranno in campo nei prossimi giorni per cercare di sbloccare l’iter burocratico. La prima azione eclatante è l’organizzazione di una marcia lenta da Ragusa e dall’aeroporto di Comiso sino all’aeroporto di Catania per il prossimo 14 aprile, successivamente si chiederà un incontro al presidente dell’Ars Francesco Cascio affinché metta in agenda una risoluzione del parlamento siciliano per l’autostrada Ragusa-Catania e una protesta davanti al Ministero dell’Economia a Roma per la mancata firma del ministro Tremonti all’atto di trasmissione della delibera del Cipe per la registrazione della Corte dei Conti. “Vogliamo mantenere alta la protesta - aggiunge Antoci - perché su tutto l’iter vogliamo chiarezza e certezza sia da parte del Governo Regionale che di quello Nazionale. Il presidente Lombardo deve annullare la lettera del 30 agosto scorso in cui revocava il finanziamento di competenza della Regione siciliana”.

Il retail dà lavoro anche al Sud
Emanuele Scarci
Quest'anno le imprese associate a Confimprese assumeranno più di mille dipendenti al Sud grazie anche all'apertura di 215 nuovi esercizi commerciali.
Una scommessa non da poco se si considera che gli effetti della crisi economica nel Mezzogiorno sono più profondi e duraturi rispetto al resto d'Italia: il tasso di disoccupazione, secondo le rilevazioni Istat, supera di slancio il 13% e la caduta dei consumi al Sud è più accentuata rispetto al Nord.
Dai dati raccolti da Confimprese – l'Associazione delle imprese del commercio moderno – emerge invece una situazione in evoluzione, in lieve controtendenza. Nel 2011 le imprese associate a Confimprese, tra cui Autogrill, Cremonini, Giunti, Mondadori franchising, Game Stop, Flunch, Thun, Compar Bata, Inticom-Yamamay, Chef Express, Unieuro, Burger King prevedono di dare lavoro a 1.030 persone. Delle otto regioni meridionali, la Campania da sola si aggiudica 400 assunzioni a fronte di 68 aperture di negozi; seguono la Sicilia con 227 addetti e 35 aperture; la Puglia con 149 dipendenti e 36 nuovi esercizi. In coda Abruzzo, Basilicata e Molise.
Secondo Confimprese, il trend è positivo e mostra una buona tenuta del commercio a catena e una discreta accelerazione della base associativa, che anche a livello nazionale prevede la creazione di 5.370 nuovi posti di lavoro (vedi il Primo rapporto Confimprese).
«Dopo il botto del 2010 – osserva Valentino Fabbian ad di Chef Express del gruppo Cremonini – quest'anno abbiamo in programma l'assunzione di una cinquantina di addetti per la stazione di Napoli, attualmente in ristrutturazione». Mentre è più vivace il programma per Roadhouse Grill, catena di 25 ristoranti sempre del gruppo modenese. «Abbiamo in programma – aggiunge Fabbian – 14 aperture entro l'anno in Italia e contiamo di assumere fino a 500 giovani».
Unieuro ha appena inaugurato un punto vendita a Sassari con una ventina di addetti. «Il 2010 – Mario Maiocchi, ad di Unieuro – è stato una anno positivo per l'elettronica grazie agli incentivi e al digitale terrestre. Quest'anno almeno tre grandi regioni del Sud passeranno al digitale terrestre: un sostegno alle vendite. Ma quello che davvero servirebbe al Mezzogiorno e la costruzione della banda larga: l'infrastruttura spingerebbe le vendite di prodotti tecnologici».
Sulle tipologie contrattuali, Confimprese sottolinea che i contratti a termine e quelli a tempo indeterminato sono i più utilizzati. Insieme al part-time e all'apprendistato che rappresenta una buona opportunità di placement per i giovani chiamati a svolgere turni al sabato, alla domenica e negli orari serali.
I NUMERI
1.030
Nuovi occupati
Nel 2011 le imprese associate a Confimprese assumeranno più di mille dipendenti al Sud grazie anche all'apertura di 215 nuovi esercizi commerciali. Un trend positivo per Confimprese che mostra una buona tenuta del commercio a catena.
68
Aperture negozi
La Campania da sola si aggiudica 400 assunzioni a fronte di 68 aperture di esercizi; seguono la Sicilia con 227 addetti e 35 aperture; la Puglia con 149 dipendenti e 36 nuovi esercizi. In coda Abruzzo, Basilicata e Molise.

Taranto. A Chiapparo sbarcano 827 immigrati. A Manduria protestano: “Bloccateli” Martedì 29 Marzo 2011 14:58
TARANTO - Ore 6.30 del mattino. La nave della Grimaldi arriva a Taranto, nella base navale di Chiapparo. A bordo c’é un gruppo di 827 profughi tunisini. Il traghetto della flotta Grimaldi è partito da Lampedusa. La nave attracca, i tunisini sono stati raggruppati nell’hangar, pronti per scendere a terra e terminare il loro viaggio. Dai loro visi traspare stanchezza, sofferenza, ma anche speranza. Sotto alla nave dieci autobus li attendono per portarli nella tendopoli allestita tra Manduria e Oria. Qui ci sono già più di 500 immigrati, arrivati domenica mattina. Sono scortati da poliziotti e carabinieri, preposti alla sicurezza. Una catena in divisa indirizza quel fiume di umanità.

Qualcuno sorride. Mettere piede in Italia è l’inizio di un altro viaggio. Verso parenti e amici che li attendono in Francia e in Germania. Nel gruppone di tunisini spuntano anche sedici donne. In mezzo quattro sono in gravidanza. Durante il viaggio da Lampedusa a Taranto più di qualcuno ha accusato malori. I casi vengono segnalati allo sbarco. Alcuni tunisini vengono trasferiti subito al Ss.Annunziata. Soccorso un diabetico in crisi ipo¬glicemica, e per gli altri casi al momento si esclude il temutissimo pericolo di malattie infettive. Gli immigrati seguono le indicazioni dei poliziotti. Parlano poco. Nelle loro parole i concetti sono quelli già rimbalzati domenica, quando nella base navale arrivarono i primi cinquecento profughi. Cercano libertà e lavoro. E in Puglia non vogliono restare più del necessario. Salgono ordinatamente sui bus allestiti per il trasferimento nella tendopoli di Manduria. Si affacciano dai finestrini, sorseggiando l’acqua minerale. In autobus li attende un viaggio di un’oretta. E infatti, poco dopo le nove e trenta gli immigrati sono arrivati al campo allestito di fronte al vecchio aeroporto militare di Manduria. Qui il clima è più pesante. Da quel campo sono già fuggiti in più di cento. Qualcuno è stato riacciuffato, ma la stragrande maggioranza vaga ancora nelle campagne. Vogliono arrivare alla stazione più vicina per saltare sul primo treno diretto al nord. Un altro passaggio per la fuga verso il cuore dell’Europa. I manduriani se li sono visti arrivare anche dietro la porta di casa. I profughi chiedevano cibo e aiuto. Ma quella fuga di massa ha spaventato la popolazione di Manduria e anche quella della vicina Oria. Intorno alla tendopoli sono spuntate delle ronde di volontari. La gente vuole sorvegliare quella esile palizzata che dovrebbe tamponare la voglia di fuga di oltre mille persone. Le misure di sicurezza sono state rinforzate anche dalle forze dell’ordine. Con l’invasione partita all’alba nella tendopoli si dovrebbe sfondare il tetto delle 1200 presenze. Perlomeno sulla carta, visto che in realtà sono di meno, perchè oltre cento uomini, come si è detto, sono riusciti già a fuggire. Oggi, a Oria era stato organizzato un corteo di protesta, previsto per il pomeriggio. Le forze dell’ordine non l’hanno autorizzato. “Non abbiamo alcuna intenzione di mollare proprio ora, il corteo é solo rinviato, non annullato - spiega Angelo Lippolis, portavoce del comitato organizzatore - abbiamo intenzione di mobilitarci per far valere le nostre intenzioni, sempre e comunque entro i confini della legalità”. Anche la gente di Manduria è insofferente e chiede che vengano bloccati con urgenza ulteriori arrivi. Ma invece nel villaggio nato dal nulla, alle porte della città dei Messapi, le tende blu, con otto posti letto ognuna, continuano a moltiplicarsi a vista d’occhio. Di partenza il campo può ospitare oltre quattromila persone. Sul banco, però, c’è la rassicurazione fatta ieri dal sottosegretario Alfredo Mantovano che ha promesso, nel corso del consiglio comunale di Manduria, convocato in seduta straordinaria dal sindaco Paolo Tommasino, che gli immigrati non diventeranno più di 1500. Rassicurazioni che, però, non bastano a tranquillizzare la gente. A Manduria, come a Oria, ci si sente come una succursale di Lampedusa. Restano saldi i sentimenti di accoglienza e di solidarietà nei confronti degli abitanti della piccola isola siciliana, investiti dall’emergenza. Si chiede, anzi, si pretende, che il territorio pugliese non diventi, anche in questa occasione, la zona in cui trasferire una emergenza nazionale. E c’è rabbia perchè di questa parte d’Italia ci si ricorda solo in queste occasioni, mentre viene trascurata e vilipesa costantemente con una disattenzione sconcertante.

Lampedusa, sbarchi non stop, rischio di rivolte
Mercoledì 30 Marzo 2011 07:08 Redazione desk
LAMPEDUSA (AG) - Il dato è ufficiale: a Lampedusa, secondo l’ufficio della Regione Siciliana sull’isola, sono presenti oltre 6.200 extracomunitari, tra Cie, tendopoli e accampamenti di fortuna. Oggi pomeriggio arriveranno le sei navi promesse dal governo che provvederanno immediatamente a svuotare mano a mano l’isola che ormai scoppia non solo di persone, ma anche di rabbia da parte dei residenti: «Se l’isola non si svuoterà subito perché non arriveranno le navi, avremo una bomba pronta ad esplodere» ha dichiarato con toni apocalittici l’assessore alla Salute della Regione Siciliana Massimo Russo in una conferenza stampa organizzata ieri a Lampedusa con gli ispettori sanitari. Non sono previsioni campate per aria, visto che ieri gruppi di cittadini hanno occupato per protesta anche il consiglio comunale, dopo il presidio messo all’entrata del porto l’altro ieri, il quale è stato poi rimosso nella mattinata di ieri. E nella notte tra lunedì e martedì sono continuati gli sbarchi di carrette del mare: verso mezzanotte è giunto un barcone con a bordo 190 immigrati, risultati essere eritrei, tra cui donne e bambini, mentre, intorno alle 03.25, sono arrivati 149 tunisini a bordo di un secondo barcone e, subito dopo, altri 115 sono stati soccorsi dalle motovedette della Guardia Costiera. Rifocillati, tutti i migranti, tra cui dei minori ed anche alcune donne incinte, sono stati trasferiti all’ex base Nato di Loran. La situazione, con questo andamento, non migliorerà di certo; è notizia di ieri che vengono distribuiti, per gli immigrati, circa 4.200 pasti al giorno a fronte di 6.200 unità di profughi. L’allarme è stato lanciato dal sindaco dell’isola, Bernardino De Rubeis, che ha dichiarato che questo è quanto l’amministrazione comunale può offrire non avendo altri fondi per viveri e mezzi di sostentamento e, quindi, 2mila clandestini restano senza cibo. Intanto, bisogna segnalare almeno una buona notizia: sono arrivati ieri nella tendopoli allestita a Manduria, in provincia di Taranto, i primi dodici pullman con a bordo gli immigrati, tutti tunisini, trasferiti da Lampedusa a Taranto a bordo della nave militare "Catania" della flotta Grimaldi. La tendopoli, in parte, resta un cantiere aperto, con ancora molte tende da montare ed un veloce smaltimento del terreno per evitare che, in caso di pioggia, il campo si allaghi. Per il momento, la tendopoli è sorvegliata dalle forze dell’ordine, coadiuvate dal Corpo Forestale dello Stato e pattuglie stanno controllando anche tutto il territorio di Manduria. Si è avuta comunque notizia di tre clandestini che sarebbero riusciti a fuggire durante la notte. E un’altra buona notizia arriva dal settore salute: Santino Severoni, rappresentante speciale del direttore generale dell’Oms Europa, ha escluso categoricamente il rischio di epidemie a Lampedusa ed ha asserito che non vi sono state segnalazioni di infezioni tra i migranti: «La nostra è stata una missione di ricognizione - ha specificato - e torneremo con consigli di attuazione pratica. Il nostro lavoro come Oms sarà concentrato sulla sorveglianza delle malattie infettive e il controllo della sicurezza sull’acqua».

Lampedusa. Prima di Berlusconi arrivano le navi. Nessun nuovo sbarco di migranti nella notte a Lampedusa e la situazione sull'isola resta quella di ieri sera, con 6.200 immigrati ammassati in condizioni precarie.
Prima del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, atteso intorno alle 13, all'alba è arrivata in porto la nave della marina militare "San Marco". Gli altri quattro sono traghetti civili: 'Catania' (già arrivato in porto) e 'Clodia' prima, poi l' 'Executive' e la 'Suprema'.
Entro stasera tutte e cinque le navi saranno a Lampedusa.

Benzina: mini-rialzi, a Sud sopra 1,6 euro
Q8 rialza di 0,5 centesimi sia la verde che il diesel
30 marzo, 09:34. (ANSA) - ROMA, 30 MAR - Nuovi piccoli passi in avanti sulla rete carburanti. Questa mattina il monitoraggio di Quotidiano Energia registra un ritocco al rialzo di 0,5 centesimi per Q8 sul prezzo raccomandato di benzina e diesel. La media dei prezzi va cosi' da 1,556 euro di TotalErg a 1,565 di Q8 e Shell. Per il diesel si passa invece da 1,464 euro di Esso a 1,470 di Q8 (le no-logo a 1,404).

Nelle punte massime registrate al Sud, inoltre, la verde ha ormai ampiamente superato la soglia di 1,6 euro al litro.

L'UNIONE SARDA - Politica: L'Isola della dispersione scolastica
30.03.2011
La Sardegna si conferma ai primi posti tra le regioni italiane per dispersione e resa scolastica e per scarsa natalità. Questi alcuni dei preoccupanti dati forniti dalla delegazione della Commissione parlamentare per l'Infanzia e l'adolescenza, ieri a Cagliari per fare il punto sulla situazione dei servizi pubblici e privati nell'Isola legati all'adolescenza.
LA COMMISSIONE L'organismo bicamerale, preseduto da Alessandra Mussolini e composto da 40 commissari (20 deputati e 20 senatori), ha il compito di indirizzo e controllo sull'attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi ai diritti e allo sviluppo dei bambini in età evolutiva. La delegazione della Commissione era composta dal deputato Piergiorgio Massidda (Pdl) e dalle deputate Amalia Schirru e Sandra Zampa del Pd e Luisa Santolini dell' Udc. GLI INCONTRI Nella sua visita nell'Isola, la Commissione ha avuto un incontro con le associazioni del terzo settore, con le istituzioni e con l'assessore regionale della Sanità, Antonello Liori, che sottolineato come «il ruolo della Regione sia anche quello di garantire risposte adeguate ai bisogni, per favorire lo sviluppo e il benessere degli adolescenti e delle loro famiglie».
I PARLAMENTARI «La dispersione scolastica in Sardegna», ha detto il senatore Massidda, «colpisce sopratutto le scuole professionali, cosa che non avviene nel resto del Paese. Tuttavia la situazione giovanile non è molto dissimile da quella nazionale, anche se qui esistono difficoltà diverse e problemi di risorse. Fortunatamente in Sardegna il senso di solidarietà sta sostituendo tanti interventi che fanno capo allo Stato. Tutto sommato - ha concluso - anche le istituzioni hanno dimostrato di operare nel senso giusto per affrontare e cercare di risolvere i problemi storici dell'adolescenza locale». La deputata Schirru ha precisato che «l'incontro con le istituzioni ha permesso di mettere in evidenza che la Sardegna è una delle regioni che, grazie a una buona legislazione, ha messo in campo degli interventi importanti per favorire la tutela dei minori già da diversi anni. Quello che influisce in modo negativo è la ripartizione di finanziamenti che avviene in modo frazionato per singoli progetti che non hanno continuità nel tempo». SERGIO ATZENI

Manduria, tensione nella tendopoli
Tre giovani tunisini presi a bastonate
In azione forse le ronde civili che pattugliano la zona
Sistemati nelle tende i nuovi clandestini arrivati via mare
TARANTO - Tre giovani tunisini, che erano fuggiti dalla tendopoli di Manduria, sono stati aggrediti da un gruppo d’italiani rimasti sconosciuti. L’episodio su cui indaga la polizia è avvenuto in serata sulla Manduria-Francavilla Fontana in una stradina laterale distante circa un chilometro dal campo profughi dell’ex aeroporto militare al confine Oria. Uno di loro, il più grave, Maharan Bosalmi, di 25 anni, è stato portato in ospedale dall’ambulanza del 118 i cui medici gli hanno riscontrato dei traumi al torace e in varie parti del corpo. I tre che si esprimevano nella loro lingua, sono riusciti a far capire solo che erano stati presi a bastonati da italiani. S’ignora l’esatta dinamica della brutale aggressione che potrebbe essere riconducibile ad un’azione delle cosiddette ronde di civili che pattuglierebbero la zona in cerca di extracomunitari che lasciano il centro dove la situazione, anche ieri sera, non era per niente serena.

Si è chiusa così la giornata per gli 827 nuovi arrivati ieri a Manduria le cui operazioni di accesso nel campo sono durate quattro ore. In tempo prima che sulla tendopoli, invasa dal fango, si scatenasse un furioso temporale di pioggia e grandine. A portarli in Puglia da Lampedusa è stata la nave passeggeri «Catania» della compagnia «Grimaldi». Otto pullman civili hanno fatto la spola dal porto militare di Taranto, all’ex base dell’aeronautica in disuso dove erano attesi gli ospiti. Man mano che i migranti scendevano dagli automezzi, il personale del Consorzio Connecting People consegnava loro un pacchetto di sigarette a testa mentre due agenti della polizia scientifica li filmava uno ad uno. Alle 14 tutti avevano preso posto nelle rispettive tende, tranne le sedici donne con i rispettivi mariti che sono stati sistemati al Cara di Bari. Con gli arrivi di ieri e quelli che restano del primo ingresso, l’attuale presenza di nordafricani, a Manduria, dovrebbe essere di circa 1.200 unità al saldo delle continue fughe. Ma c’è un’altra emergenza che sta alimentando polemiche nel personale dei vigili del fuoco i cui sindacati di categoria lamentano situazioni di lavoro al limite della sopportazione. «Colleghi intervenuti - si legge in un comunicato del sindacato autonomo di categoria, Conapo - hanno segnalato problemi e disservizi nel campo di Manduria sia per i servizi igienici che per le docce che per la logistica, problemi che si possono capire nei primi giorni di una calamità ma non qui». Nel comunicato firmato dal segretario Antonio Brizzi, inoltre, si apprende una notizia che smentirebbe le dichiarazioni del sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, secondo cui «il centro di Manduria dovrà contenere al massimo 1.500 profughi». Riferendo l’esito di un «incontro avuto con il capo dipartimento del Ministero in merito alla emergenza immigrazione - scrive Brizzi -, si è appreso che i centri di prima accoglienza per immigrati saranno», tra gli altri, «Manduria con 4.000 immigrati». Una conferma, questa, per coloro che ipotizzano che molti profughi oggi saranno portati da Lampedusa a Manduria, dove la capienza delle tende presenti può offrire ricovero a quasi quattromila ospiti.
Nazareno Dinoi

La «Mani pulite» di Confindustria al Sud
Via 80 imprenditori. Coppola: Pisani ha ragione, se c'è estorsione significa che l'impresa è sana
NAPOLI - Ottanta imprenditori sospesi o espulsi. Quattordici in Campania. Quasi quaranta in Sicilia. Quasi trenta in Calabria. Uno in Puglia. È la Mani pulite di Confindustria contro infiltrazioni e imprese che non denunciano il pizzo.
Una svolta legalitaria voluta dal presidente Emma Marcegaglia, perché «è impensabile che mentre magistratura e forze dell’ordine si impegnano in difesa degli imprenditori, la loro associazione non faccia la sua parte» . È anche grazie a questo giro di vite sulla legalità che sono aumentate le denunce di estorsioni e, di conseguenza, gli episodi noti. Un boom di casi che Vittorio Pisani, capo della squadra mobile della Questura di Napoli, in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno ha definito «segnale positivo» , spiegando così il paradosso del pizzo: «Direi che più estorsioni ci sono, più l’imprenditoria è sana. Vuol dire che s’è interrotto il circuito collusivo camorra-imprese, l’aumento del numero di casi di racket testimonia la genuinità delle imprese. Io mi preoccupo di quei territori dove non ci sono denunce. Come la Calabria, ad esempio. Mentre Sicilia si sta risvegliando» .

Un’analisi che parte da un paradosso, certo. Ma che è pienamente condivisibile» per Cristiana Coppola, vicepresidente di Confindustria con delega al Sud. «Più è alto il numero di denunce, e dunque i casi di racket, più è alto il numero delle imprese sane. Chi riceve richieste estorsive è una vittima, non certo un colluso» . E tacere, oggi, significa pagare un prezzo altissimo: La posizione di Confindustria è chiara. Siamo partiti dall’esperienza e dal modello di Confindustria Sicilia, e dal 28 gennaio 2010 la giunta nazionale ha deciso di varare un codice etico obbligatorio per tutte le associazioni territoriali del Sud e recepito anche da molte del Nord. Un codice che, al primo punto, prevede l’obbligo di denuncia di qualsiasi richiesta estorsiva.

Pagare, infatti, significa alimentare un circuito di illegalità e falsare le regole della sana concorrenza. Gli imprenditori che non denunciano e versano la tangente finiscono con il favorire un sistema criminale che altera le regole del libero esercizio economico. Ed è anche per questo che condivido il ragionamento di Vittorio Pisani» . Confindustria, insomma, in certi territori «non può essere una semplice associazione di rappresentanza. Deve essere anche uno strumento di difesa, soprattutto per i piccoli imprenditori. E proprio per rafforzare la rete tra associazioni ha stipulato un protocollo con il Fai di Tano Grasso per trovare la strategie migliori d’intervento. Oggi sono necessarie iniziative che diano agli imprenditori anche la possibilità di non avere più alibi, non a caso la presidente Emma Marcegaglia ha nominato un delegato alla legalità, Antonello Montante. È il segno che gli industriali la loro parte vogliono farla. Fino in fondo» . È il modello Sicilia. Quello voluto da Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia componente del direttivo nazionale degli industriali. Che spiega: «L’analisi fatta da Vittorio Pisani ha un’impostazione intelligente. Ragioniamo in termini di paradosso, ovviamente, ma non posso non ammettere che quest’interpretazione ha una sua fondatezza. La recrudescenza dei fenomeni estorsivi dimostra la resistenza delle imprese. E dove questi episodi sono diffusi e visibili, in termini di minacce attentati, vuol dire che lì c’è un’opposizione del sistema produttivo, non connivenze o, peggio, complicità» . E vuoi vedere che è davvero come dice Pisani, che la Sicilia, questa Sicilia, si sta risvegliando? «Sì, da quattro anni assistiamo a un fenomeno diverso rispetto al passato. Società civile e mondo economico hanno fatto molti passi avanti, oggi c’è una consapevolezza che è la prima volta che vedo nella storia siciliana.

Il problema è che il racket porta tante vittime, ma anche tanta convenienza. Con la teoria dell’inabissamento di Bernardo Provenzano, il motto era diventato pagare tutti e pagare meno. L’estorsione arricchiva le casse dei clan, vero. Ma era diventata anche una sorta di servizio assicurativo, una polizza sull’attività d’impresa. Una strategia pericolosa, che può creare consensi, complicità, cartelli che comprimono la concorrenza. Una scelta che in passato purtroppo è stata ritenuta conveniente da molti imprenditori» . Oggi invece è diverso: «Le denunce sono aumentate in maniera esponenziale, chi paga viene espulso da Confindustria. E poi c’è la riprovazione, una sorta di sanzione sociale che inizia a funzionare» .

PieroMontinari, presidente di Confindustria Puglia, giudica invece «corretto a metà» il ragionamento di Pisani. L’analisi è acuta. Laddove ci sono fenomeni estorsivi denunciati, vuol dire che l’imprenditoria è sotto attacco. È vittima, insomma. E dunque sana. Non ritengo però valga il contrario: non è che dove non c’è il racket significa che le attività imprenditoriali siano tutte sotto il controllo della criminalità organizzata. Possono esistere realtà virtuose dove l’economia è sana e le estorsioni sono assenti» . Vista dal suo osservatorio privilegiato di imprenditore edile, in Puglia «la lotta al racket è efficace. C’è un grande contrasto delle forze dell’ordine, e Confindustria Puglia ha messo in campo una serie di iniziative» . Il modello, neppure a dirlo, «è quello disegnato da Confindustria Sicilia. Chi non denuncia il pizzo è fuori» . E la Calabria? Quella regione dove Vittorio Pisani, poliziotto nato a Catanzaro, dice che le denunce sono pressoché assenti? Florindo Rubbettino, componente del comitato di presidenza di Confindustria, dice che «sì, la Calabria s’è mossa in ritardo. E Pisani pone un problema serissimo. L’estorsione è segnale di un’impresa vittima, ma sana. L’omessa denuncia, invece, è sintomo di collusioni. Quelle che hanno ostacolato un nuovo percorso in queste terre, avviato solo da tre anni. E lungo, lunghissimo. Ché qui, in Calabria, a volte è difficile distinguere le vittime dai collusi»
Gianluca Abate

Profughi, in Campania pronta tendopoli a S. Maria Capua Vetere
Napoli, 30 mar (Il Velino/Il Velino Campania) - Profughi nordafricani in arrivo in Campania. La prima tendopoli ad hoc verrà allestita a Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta: potrà ospitare al massimo 800 persone e tutte le autorità competenti si stanno muovendo in queste ore per preparare l’accoglienza. I Vigili del Fuoco hanno effettuato i primi rilievi tecnici poi si procederà in tempi rapidi all’allestimento del campo. L’area individuata è l’ex caserma Andolfato che al suo interno ha un grande spiazzale pianeggiante adatto per un campo d’emergenza ed estremamente sicuro dal momento che si tratta di una zona recintata. Poi il prefetto di Napoli Andrea De Martino ha precisato che al momento è stato fatto solo ed esclusivamente un censimento delle aree disponibili, le decisioni verranno prese nella capitale. Il piano per affrontare l’emergenza Lampedusa verrà presentato alle regioni oggi nel corso della Conferenza Unificata appositamente convocata dal ministro Fitto. In ogni caso tra i 4 mila e i 6 mila saranno gli immigrati che troveranno ospitalità nelle cinque province della Campania.
(rep/lr) 30 mar 2011 10:47

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