domenica 17 aprile 2011

Ecco la morfina per l’agonia cancerogena padana; dose pagata dai figli del Mezzogiorno

«Ecco il nostro piano per la crescita»
di Fabrizio Forquet – il Sole 24 Ore


Ministro Sacconi, sul piano della crescita economica il governo fa poco.
Non è vero. Abbiamo posto l'accento, dall'inizio della legislatura, sulla stabilità, sulla solidità finanziaria del paese, coniugata peraltro con la coesione sociale attraverso l'ingente mole di ammortizzatori sociali. E abbiamo ottenuto risultati strutturali importanti. Il punto ora è come conciliare la prosecuzione di questo percorso con una maggiore attitudine alla crescita e all'occupazione. Che comunque non può essere affidata alla spesa in disavanzo.
Ci sono riforme che si possono fare a costo quasi zero: liberalizzazioni, efficienza amministrativa, efficacia regolatoria, semplificazione fiscale. Il Programma nazionale di riforma chiesto dall'Europa e presentato dal ministro Tremonti, frutto della collaborazione di tutto il governo, contiene interventi organici in funzione della crescita. Con due direttive principali: la grande riforma fiscale, da una parte, e una pervasiva revisione dell'impianto regolatorio dall'altra.

Se ne parla da tempo, quando saranno concretizzate?
Tutto il pacchetto sulle semplificazioni, la regolazione, il Mezzogiorno, le reti di impresa e le grandi opere sarà approvato entro l'inizio dell'estate. E una buona parte sarà anticipato già tra una quindicina di giorni. La riforma fiscale va intesa nell'arco della legislatura. Ed è già questo un buon motivo per la continuità dell'azione di governo oltre a quello della stabilità di finanza pubblica.

Vasto programma...
L'Italia ha sedimentato negli anni una politica fiscale e sociale disordinata, fatta non solo di erogazioni ma anche di diffuse e talora non razionali forme di detrazioni o di erosione della base imponibile che nel complesso sono state calcolate a 120 miliardi di euro. Serve un riordino complessivo per ridurre le aliquote. I tavoli presso il ministero dell'Economia hanno lavorato intensamente in questi mesi e posso dire che ormai i materiali per una decisione politica ci sono tutti. L'obiettivo è realizzare una società più attiva riconoscendo il valore della natalità - e quindi del nucleo familiare numeroso - del lavoro e della ricerca combinata con l'educazione.

Non servirà a dare una spinta immediata. Cosa intende fare il governo da subito?
Come dicevo entro l'estate sarà approvato un pacchetto relativo a una solida e diffusa revisione dell'impianto regolatorio in funzione della crescita. L'Italia ha tradizionalmente avuto una regolazione rigida, una ipertrofia regolatoria. E questa non è più sopportabile. La competizione mondiale impone quanto meno di adottare una adeguata deregolazione, che non faccia rinunciare ai valori impliciti nella nostra cultura, ma li declini in termini compatibili con la crescita.

Parliamo di interventi concreti.
Innanzitutto lo sbottigliamento nei processi di attuazione delle opere pubbliche, tanto i processi diretti quanto quelli indiretti. Enrico Letta oggi (ieri, ndr) fa riferimento anche ai licenziatari e ai concessionari di servizi di pubblico interesse, e sono anche quelli investimenti che vanno accelerati. Per non parlare della finanza di progetto. Tutta l'area degli investimenti in opere di pubblico interesse sarà oggetto di interventi per accelerarne l'attuazione dopo la pur importante legge obiettivo.

Cos'altro è previsto?
In questa stessa ottica deregolatoria si colloca la deflazione del contenzioso civile, del lavoro e amministrativo. Nel paese delle liti temerarie questo è un obiettivo primario. E ancora: lo sviluppo dell'edilizia privata, attraverso una forte semplificazione delle procedure; le zone a burocrazia zero lungo i litorali e nel mezzogiorno; quello statuto dei lavori che ha un contenuto fondamentale, spostare dalla legge ai contratti tutto ciò che non attiene ai diritti universali del lavoro. Sono in attesa, su quest'ultimo punto, di una risposta dalle parti sociali che dovrebbero innanzitutto sciogliere i nodi che dipendono da loro, come le intese per la maggiore competitività, o quelli che il governo, per fiducia nel dialogo sociale, ha rimesso a loro.

Nel Pnr si cita anche la riforma dell'apprendistato. A che punto siamo?
Vogliamo diventi il tipico contratto di ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, più vantaggioso tanto per i giovani quanto per le imprese perché più semplice e caratterizzato da una formazione davvero utile in quanto realizzata nell'ambiente lavorativo. Con un controllo solo finale sull'effettività della competenza acquisita. Siamo pronti con il decreto delegato. Lo dobbiamo sottoporre a Regioni e parti sociali.

Il Mezzogiorno è stato indicato come una grande chance per la crescita.
La nostra idea è che sia la nuova frontiera dello sviluppo italiano, un mercato emergente dentro di noi. Perché sia realmente tale però occorre che la straordinarietà sia sostenuta da una robusta cultura della buona amministrazione ordinaria. La sfida è inesorabilmente rappresentata dal riordino dei servizi socio-sanitari secondo i costi standard. E la stessa enfasi sul turismo e le zone franche a "burocrazia zero" sollecita ulteriormente questo obiettivo. Allo stesso tempo la spesa dei fondi strutturali dovrà rispondere a una visione complessiva di sviluppo del Sud, non più una sommatoria di microprogetti subregionali.

Si è parlato anche di un credito d'imposta finanziato con i fondi strutturali.
Su questo stiamo lavorando con la commissione europea. In ogni caso il ministro Fitto ed io con la collega Gelmini, per la parte del Fondo sociale, vogliamo garantire quantità e qualità nella spesa delle risorse europee entro l'anno.

Intanto, però, il Def dice che la spesa in conto capitale, quella per gli investimenti, dello Stato e degli Enti locali continua ad arretrare vistosamente.
È un modo vecchio di leggere la qualità della spesa. In quella corrente ci sono investimenti importanti come quelli in ricerca e istruzione, tanto quanto nella spesa in conto capitale possono esserci investimenti improduttivi.

Il Sole 24 Ore ha più volte riconosciuto i successi del governo sul piano del rigore e della stabilità finanziaria. Ma sono successi strutturali?
Ho letto l'editoriale firmato dal professor Perotti in cui si sostiene che non c'è niente di strutturale nel nostro rigore. Questo è ridicolo. Sono state fatte importanti riforme che riguardano sia la finanza pubblica sia quella privata. Nella convinzione che il grande debito pubblico e la tradizionale sottocapitalizzazione delle imprese potessero determinare una forte esposizione del paese ai fattori di instabilità dell'economia mondiale. Ogni prospettiva di crescita non avrebbe potuto basarsi che su un pavimento stabile. E anche il Fondo monetario internazionale ha riconosciuto che gli interventi realizzati hanno posto l'Italia in una situazione di sicurezza dal punto di vista del debito sovrano e dei titoli che lo rappresentano. Nel breve ma anche nel lungo termine.

Cosa avete fatto di realmente strutturale per rendere stabile quel pavimento?
Siamo intervenuti su tutti i quattro principali aggregati della spesa pubblica: previdenza, sanità, finanza locale, pubblico impiego. Abbiamo messo in sicurezza i conti previdenziali rispetto alle variabili demografiche, applicando i coefficienti che adeguano periodicamente le prestazioni e introducendo l'innalzamento automatico dell'età alle aspettativa di vita. Abbiamo anche prodotto un anno secco di aumento dell'età con la finestra mobile strutturale. Tutto questo senza un'ora di sciopero.

La sanità resta un buco nero.
I costi standard e i prezzi di riferimento sono ingredienti che garantiscono, in un mondo caratterizzato dalla logica del pie' di lista, un rigoroso criterio di responabilità. Proprio sui conti sanitari si può oggi determinare il fallimento politico delle amministrazioni regionali, con il commissariamento, il ritorno alle urne e l'ineleggibilità degli amministratori falliti. La sfida ovviamente si gioca soprattutto nel Centro-sud. E vorrei sentire un po' più partecipe su questo il sistema delle imprese, perché la cattiva gestione sanitaria finisce per pesare direttamente sulla fiscalità regionale. Altro che fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno.

Magari è solo un simbolo e la loro abolizione non comporta vantaggi così elevati: ma perché nonostante gli annunci non si riesce a superare il sistema delle province?
Come lei stesso dice i risparmi sarebbero inferiori a quanto si crede. Mentre noi abbiamo messo in atto una innovazione che garantisce davvero risparmi consistenti e quindi possibili riduzioni di pressione fiscale: mi riferisco al federalismo municipale e in esso al passaggio dalla garanzia della spesa storica ai fabbisogni standard fondati sui costi migliori praticati. Un complesso di incentivi e disincentivi sono poi destinati a produrre la gestione associata delle funzioni fondamentali dei comuni, che in un paese di piccole municipalità può davvero avere un grande impatto, aprendo la strada anche alla trasformazione della provincia in ente di secondo grado. Altrettanto strutturali sono poi le riforme di Brunetta sul pubblico impiego, per il quale, ricordo, abbiamo deciso il blocco dei salari per tre anni.

Lei rivendica i risultati del governo sul piano della stabilità e annuncia un piano per la crescita, ma le dirette televisive del Parlamento impegnato in risse per l'approvazione di provvedimenti come la prescrizione breve danno un'immagine diversa della maggioranza e dell'intera classe politica. L'impressione è che la scala delle priorità non sia così chiara.
Mai credere alla propaganda! Le priorità sono ben chiare. Come ho provato a spiegare noi abbiamo realizzato fior di riforme strutturali utili insieme alla stabilità e alla crescita. Cosa sono se non questo il federalismo fiscale e la riforma dell'università. E le abbiamo approvate proprio in questi mesi e settimane.

Ancora oggi però, a leggere le parole del presidente del Consiglio, le urgenze del paese sembrano essere i processi e la magistratura politicizzata.
Il tema della giustizia, se non si vuole esser farisaici, è un tema che interessa tutti. Perché la madre di tutte le certezze consiste in una giustizia giusta e celere. Lontana da ogni impulso ideologico e oculata perché chiamata a rispondere nel caso di dolo o colpa grave. Se c'è un valore che può aiutarci a competere e ad attrarre investimenti dall'estero è la certezza delle regole. Perciò la riforma della giustizia non è estranea alla competitività. Questo gli imprenditori, magari non lo dicono per paura, ma lo sanno. E ci votano anche per questo.

A proposito di giustizia, ha condiviso la sentenza per la morte dei sette operai alla Thyssen?
È stato accolto il solido impianto accusatorio. Anche la sentenza più rigorosa, però, non può restituire le vite perdute. La risposta primaria è nella prevenzione. E la prevenzione migliore è quella che si realizza laddove imprese e lavoratori collaborano per ambienti sicuri secondo un approccio sostanziale e non formalistico di soli adempimenti.

Nulla da cambiare sul piano delle norme?
Io ipotizzo di riportare dalle Regioni allo Stato la competenza su queste materie, come era nella nostra riforma costituzionale che poi il referendum non approvò. Abbiamo bisogno di regole omogenee e modi omogenei di controllare. Sto verificando se su questo puo' esserci un consenso largo in Parlamento. Credo che ci sia e spero perciò che si possa intervenire in modo bipartisan e quindi molto celere.

La giustizia, la stabilità finanziaria, una regolazione più efficiente: ma, come dimostra il caso Fiat, le relazioni industriali restano un fattore cruciale di competitività in un paese come l'Italia.
Abbiamo bisogno di poterci avvalere della loro ulteriore evoluzione. Il merito fondamentale di questa presidenza di Confindustria è stato nell'aver favorito questo processo. Nel corso di questi tre anni sono stati centrati due risultati fondamentali: contrattazione sempre più vicina alle persone che lavorano e alle imprese, finalmente adeguando il salario alla produttività e uscendo così dall'egualitarismo figlio del centralismo contrattuale; eppoi la liberazione dell'imprenditore nel suo potere di organizzazione, con gli accordi di Pomigliano e Mirafiori, in cambio di più occupazione e più salario.

Proprio oggi (ieri, ndr) la Fiom ha annunciato ricorso contro quegli accordi.
Entro un quadro di regole generali, l'imprenditore deve poter disporre del potere di organizzazione e riorganizzazione dei tempi della produzione e del lavoro. Questo per accompagnare rapidamente le opportunità del mercato. Lo scambio con i lavoratori sta nella garanzia che il loro salario partecipi di una parte dei risultati che così si realizzano. Guai se si dovesse regredire da queste linee. Perderemmo quegli investimenti e ne allontaneremmo altri. La via causidica al conflitto sindacale è il parallelo della via giudiziaria alla lotta politica. Per fortuna la maggioranza del sindacato si comporta in termini coraggiosamente responsabili che vanno riconosciuti e premiati nell'interesse di tutti
 17 aprile 2011

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-04-17/ecco-nostro-piano-crescita-081232.shtml?uuid=AaaY4gPD

 

Nessun commento: