mercoledì 6 aprile 2011

Federali-Mattino. 6 aprile 2011. Abbiamo già dimostrato in passato di essere un Paese in grado di gestire situazioni complesse con il giusto equilibrio tra solidarietà e fermezza. Sono certo che anche questa volta ci dimostreremo all’altezza.

Bunga bunga ti dico addio:
Costa d'Avorio nel caos. «Ad Abidjan si rischia la catastrofe umanitaria»
Libia: parla l'infermiera di gheddafi, come era bello con "papa'".
Libia. La Nato blocca le armi per i ribelli. Che ora vendono petrolio.
Libia: Frattini, Gheddafi sta facendo strage nelle citta'.
Libia: regime contro Italia, "cosi' va contro suoi interessi".

Economia padana:
Parmalat, Lactalis fa ricorso contro lo slittamento dell'assemblea.
Le tante domande sul caso Generali
Venezia. Tangenti a Venezia, ci sono 600 pratiche sospette.
Venezia. «Mi manda Zaia» E lui si infuria: «Bugie, ora basta»
Venezia. Statuto: sì al governo di aree metropolitane
Verona. «L'export è il motore della ripresa»
Pavia. Galeppi: «Quei soldi li ho tenuti per me».
Pavia. Intercettazioni, Chiriaco dice no.

Sono arrivati:
Immigrazione. Boni: "Lega via dal governo se il premier non ottiene risultati in Tunisia".
Modena. In città clandestini in fuga da Lampedusa.
Venezia. Gli industriali di Vicenza e Treviso «Aiutiamo chi fugge da Lampedusa»
Modena. Scoperto bivacco di immigrati in un recinto per cani.
Firenze. I migranti e l'accoglienza toscana
Roma. Immigrati, "Clodia" verso Civitavecchia: pronta la caserma De Carolis

Forza Oltrepadani:
Bozen. Tangenti Ipes a Bolzano: chiesto il processo per 18 indagati.
Bozen. Camera di Commercio: nasce il laboratorio sul futuro dell'Alto Adige.
Autonomia a Belluno, passa il primo sì.
Bozen. Toponimi, Durnwalder stoppa la commissione: "Non sono d'accordo su tutto".

Galan, il tappabuchi:
Firenze. Galan,"Legge speciale sì, ma tutti insieme".


Costa d'Avorio nel caos. «Ad Abidjan si rischia la catastrofe umanitaria»
Nella strade si combatte da giorni. Gbagbo tratta la resa. Obama appoggia l'azione di Onu e Francia
MILANO - Dopo mesi di guerra civile, la Costa d'Avorio è arrivata alla resa dei conti e per la popolazione civile i costi sono altissimi. Nella capitale economica Abidjan si combatte da giorni attorno al palazzo presidenziale: Laurent Gbagbo, il presidente uscente che da novembre resiste agli appelli della comunità internazionale a farsi da parte, si sarebbe rifugiato insieme alla famiglia negli scantinati della sua residenza, ma l'edificio è circondato dalle forze di Alassane Ouattara, che da lunedì hanno dato il via a un'offensiva in forze per dare la spallata finale al regime vacillante di Gbagbo.

L'ESERCITO SI FERMA - Gli avvenimenti si stanno succedendo in maniera rocambolesca. Il capo di stato maggiore dell'esercito di Gbagbo, generale Philippe Mangou, ha annunciato che le sue truppe hanno cessato di combattere contro quelle del rivale, Alassane Ouattara; il generale ha anche chiesto un cessate il fuoco garantito dai peacekeeper Onu. Ci sono anche diserzioni nelle file di Gbagbo: il ministro degli Esteri, Alcide Djedje, si è rifugiato nell'ambasciata francese. Per fermare il massacro di vittime civili, nella serata di lunedì elicotteri Onu, affiancati dalle truppe di pace della missione francese, hanno bombardato cinque obiettivi legati a Gbagbo ad Abidjan.

OBAMA: APPOGGIO A ONU E FRANCIA - Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama appoggia con forza l'azione dell'Onu e della Francia in Costa d'Avorio e ribadisce che l'ex presidente Laurent Gbagbo deve lasciare il potere il più presto possibile. In una nota diffusa martedì a Washington, Obama scrive: «Appoggio con forza il ruolo che i peacekeeper delle Nazioni Unite stanno svolgendo per ottenere il rispetto del loro mandato di proteggere i civili, ed accolgo con favore gli sforzi delle forze francesi che stanno appoggiando questa missione».

TRATTATIVE SULLA RESA - Gli uomini di Ouattara in mattinata hanno diffuso la voce che Gbagbo stia trattando la resa. Lo ha riferito il portavoce del suo governo (ormai senza alcun riconoscimento internazionale), Ahoua Don Mello. «Sono in corso trattative dirette che si basano sulle raccomandazioni dell'Unione Africana secondo la quale il presidente è Alassane Ouattara - ha detto Don Mello - Si stanno anche negoziando condizioni che garantiscano la sicurezza fisica e giuridica dei sostenitori di Gbagbo e dei suoi parenti».

«CATASTROFE UMANITARIA» - Nella capitale economica ivoriana si vivono momenti di altissima tensione: da quattro giorni nella città sono letteralmente intrappolati 4 milioni di abitanti. Le agenzie umanitarie dicono che la situazione si è deteriorata al punto da essere ormai «assolutamente drammatica». «Ci sono esplosioni continue in tutta la città», ha denunciato la portavoce per gli Affari Umanitari dell'Onu, Elisabeth Byr. «La maggioranza degli ospedali non sta più lavorando, mancano di ossigeno. I servizi pubblici non funzionano più per cui ci sono decine di cadaveri nelle strade che nessuno raccoglie. Non si possono trasportare i feriti perchè le ambulanze non funzionano più e quando escono gli sparano contro». Insomma siamo in piena «catastrofe umanitaria». La Byrs ha aggiunto che «l'accesso alle popolazioni è impossibile per motivi di sicurezza». E altrove la situazione non è migliore. L'Onu ha trovato a Duekuè una fossa con circa 200 cadaveri: la città era stata attacca la scorsa settimana da Ouattara, l'uomo che l'Occidente vuole alla guida del primo esportatore mondiale di cacao.

Libia: parla l'infermiera di gheddafi, come era bello con "papa'". 18:57 05 APR 2011
(AGI) - Mosca, 5 apr. - "Con papa' si viveva da pascia'": in un'intervista pubblicata sul giornale scandalistico russo, Komsomolskaja Pravda, Oksana Balinskaya, una delle infermiere ucraine di Muammar Gheddafi, racconta gli anni trascorsi con l'uomo forte di Tripoli. Oksana racconta che i suoi piu' stretti collaboratori chiamano il Colonnello "papa'", lo descrive "in piena forma" e nega che abbia "problemi di pressione alta", smentendo cosi' le indiscrezioni circolate nei cablogrammi di Wikileaks. Cablogrammi in cui un'altra infermiera ucraina, Galina Koloywytska, veniva indicata come la "procace bionda" che accompagna Gheddafi. "Gheddafi adora il couscous di cammello e il cibo italiano", afferma Oksana dal suo villaggio ucraino nella regione di Kirovogradsk. Secondo la donna, tornata in patria dopo lo scoppio delle ostilita' nel Paese nordafricano, Gheddafi era "generoso con le sue donne": shopping, appartamenti e orologi d'oro, questi i regali piu' frequenti sul libro paga del dittatore libico caduto in disgrazia nei giorni scorsi. (AGI) .

Libia. La Nato blocca le armi per i ribelli. Che ora vendono petrolio. Tripoli, 05-04-2011
La Nato bombarda Gheddafi ma blocca le armi per i gli oppositori del colonnello. Unità navali Nato hanno fermato oggi quattro imbarcazioni dei ribelli cariche di
armi e aiuti umanitari partite da Bengasi e dirette a Misurata. E' stata data loro la scelta se consegnare le armi o tornare indietro. Un'imbarcazione è stata
fermata a 65 miglia da Bengasi, un'altra a 30 miglia da Misurata.

Indietro tutta
La Jelyana, il cui comandante è Mustafa Ibrahim, sta tornando a Bengasi, da cui era partita ieri sera. Misurata è da giorni cannoneggiata da forze fedeli a Muammar
Gheddafi che secondo fonti dei ribelli fanno anche strage di civili.

Petrolio ribelle
I ribelli libici tuttavia contano di dare il via in giornata alla loro prima spedizione
di petrolio, la prima in tre settimane, un segnale importante anche per rimpinguare le loro dissanguate casse. La petroliera Equator, che può tasportare fino a un milione di barili di greggio, arriverà in giornata nel porto orientale libico di Marsa el Hariga. La leadership dei rivoltosi ha annunciato che il Qatar, che ha riconosciuto il Consiglio rivoluzionario di Bengasi come governo legittimo della Libia, ha acconsentito a
commercializzare il petrolio che arriva dai campi petroliferi orientali, non più sotto il controllo di Gheddafi. E guarda caso lo stesso Qatar si è detto disponibile a rifornire di armi i ribelli.

Sanzioni solo per Tripoli
L'Italia, importante acquirente del petrolio libico, si è schierata con i ribelli lunedì, non escludendo l'invio di armi e chiedendo che Gheddafi e la sua famiglia lascino il Paese.
Fonti Ue hanno chiarito lunedi' i contorni legali delle sanzioni, spiegando che le esportazioni petrolifere sono possibili purché gli introiti non finiscano nelle casse del regime o della compagnia di Stato libica. Una prima vendita di petrolio aiuterà a pagare gli stipendi e rafforzerà anche l'immagine del Consiglio come un governo affidabile.

Gheddafi ora apre a riforme
Moussa Ibrahim, portavoce del governo libico, ha detto che Muammar Gheddafi non lascera, ma il regime è pronto a discutere dei cambiamenti nel modo di governare il Paese, ovvero di "cambiamenti di Costituzione, elezioni e tanti altri settori". Secondo Ibrahim, inoltre, Gheddafi non ha alcuna carica ufficiale da lasciare, ma ha "un significato simbolico per il popolo libico".

I commenti del Governo arrivano dopo che ieri i ribelli hanno rifiutato la proposta che uno dei figli del dittatore possa prendere il posto del padre e portare il Paese verso la democrazia. Ibrahim ha aggiunto anche che il futuro della Libia non può essere deciso all'estero, criticando in questo modo le potenze occidentali per il loro sostegno ai ribelli.

In tv
Lo stesso Muammar Gheddafi, ieri sera, è apparso di nuovo in tv facendosi
riprendere dalle telecamere dell'emittente di regime mentre salutava i suoi sostenitori a Bab al-Azizia, a Tripoli, dove si trova la caserma nella quale dovrebbe risiedere. Le immagini sono state mostrate diverse volte nel corso della notte dalla tv di Stato libica.

Libia: Frattini, Gheddafi sta facendo strage nelle citta'. 12:37 05 APR 2011
(AGI) - Roma, 5 apr. - "Gheddafi sta facendo strage nelle citta'", in particolare a Misurata, da settimane al centro di intensi combattimenti fra le forze lealiste e i ribelli libici.
  Lo ha denunciato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a margine di un incontro alla Comunita' di Sant'Egidio con Paul Bhatti, fratello del ministro pakistano per le Minoranze religiose ucciso il primo marzo. Riferendosi al riconoscimento del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi da parte dell'Italia, il responsabile della Farnesina ha sottolineato come sia necessario "per favorire il grande anelito di liberta' in Libia".
  "L'opposizione - ha concluso Frattini - vuole il cambiamento democratico, respinge il fondamentalismo e va incoraggiata".

Libia: regime contro Italia, "cosi' va contro suoi interessi". 12:13 05 APR 2011
(AGI)- Tripoli, 5 apr. - "I politici italiani hanno fatto scelte sbagliate per loro stessi e per gli interessi della loro nazione": cosi' Ibrahim Mussa, portavoce del governo libico, ha espresso il "rammarico" del regime di Muammar Gheddafi per la decisione dell'Italia di riconoscere il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi come "l'unico interlocutore politico legittimato a rappresentare la Libia". "L'Italia non sta comunicando con il governo libico", ha dichiarato all'Agi, "noi siamo sempre stati cooperativi ed e' il nostro governo che ha stretto gli accordi economici tra i due Paesi". "E' lo stesso governo libico che ha combattuto il terrorismo per molto tempo insieme a quello italiano e ha bloccato l'immigrazione illegale", ha affermato ancora Mussa, "e che ha aperto una nuova pagina con l'Italia dopo le scuse per l'invasione coloniale, e' lo stesso governo libico che ha ricevuto il vostro primo ministro tante volte". Il portavoce libico ha anche respinto ogni ingerenza negli affari interni del Paese: "E' una decisione che riguarda il nostro popolo, non e' affare del ministro degli Esteri, Franco Frattini, ne' di alcun altro politico o Paese europeo dire cosa deve o non deve fare il popolo libico", ha sottolineato Mussa, "la maggioranza della nazione libica e' con il Leader". "Abbiamo gia' detto", ha concluso, "che siamo favorevoli a un referendum per la leadership del Paese e che la gente possa votare per decidere.
Ma sappiamo gia' chi votera'".

Parmalat, Lactalis fa ricorso contro lo slittamento dell'assemblea. Giovedì la decisione dei giudici. La richiesta presentata da Lactalis al Tribunale di Parma per sospendere la delibera del consiglio d'amministrazione di Parmalat di venerdì scorso sul rinvio dell’assemblea a fine giugno è un atto dovuto, dopo la lettera con la quale i francesi hanno diffidato il board dallo spostare l’appuntamento che era in calendario a metà aprile.

Il gruppo francese oppone un no comment ufficiale all’anticipazione del Messaggero sull'iniziativa giudiziaria ma fonti finanziarie sottolineano che la mossa, avviata lo stesso giorno del consiglio di amministrazione, è un tentativo estremo per bloccare la delibera con poche chance di successo. Per giovedì è comunque fissata la convocazione delle parti.

Quanto agli scenari d’Opa (offerta pubblica di acquisto delle azioni Parmalat) da parte di Lactalis o da parte della ancora non nata cordata italiana che dovrebbe far perno sulla Cdp, la Borsa non mostra di crederci: a Piazza Affari il titolo cede il 3,46% a 2,28 euro. Sul mercato l’idea prevalente è questa: se mai i francesi decideranno di abbandonare la partita, lo faranno solo dietro una proposta d’acquisto da parte degli italiani, a un prezzo irrinunciabile, per la quota del 28,97%.

Le tante domande sul caso Generali
Ma che cosa succede in Generali? È quanto si chiede il mercato dopo le dimissioni a sorpresa di Ana Botin, figlia di Emilio Botin e rappresentante nel board del Leone della famiglia spagnola che guida il prestigioso Banco Santander.
Le sue dimissioni dal consiglio della compagnia italiana - un tavolo a cui è sempre stato un onore e un privilegio partecipare - per quanto motivate con «impegni professionali», sono infatti destinate a lasciare il segno: la rappresentante di una delle famiglie di banchieri più rispettati d'Europa decide di lasciare il board della più importante compagnia assicurativa italiana (e tra le prime tre nel continente) proprio alla vigilia di uno dei più delicati consigli di amministrazione nella storia delle Generali. Non solo. L'uscita della Botin segue quella di Leonardo Del Vecchio, il fondatore della Luxottica che solo un mese fa ha rassegnato le dimissioni dal board in polemica sulla governance. Senza parlare dell'astensione di Bollorè, vicepresidente del Leone e rappresentante del suo azionista di riferimento Mediobanca, nel voto sul bilancio d'esercizio: un gesto che ha spinto 8 consiglieri a chiedere la convocazione d'urgenza del board delle Generali. Mai prima d'ora si era verificata una situazione del genere. Ebbene, proprio a poche ore di distanza dalla riunione di chiarimento tra i grandi soci, la Botin ha deciso di uscire di scena: ora, sono due i consiglieri da rimpiazzare e molte di più le domande a cui rispondere. (A.Pl.)
5 aprile 2011

Venezia. Tangenti a Venezia, ci sono 600 pratiche sospette. VENEZIA. Sono oltre seicento le pratiche edilizie rilasciate _ o in corso di rilascio dal Comune _ firmate dal geometra Antonio Bertoncello. Un malloppo dove potrebbero celarsi anche irregolarità, visto il gran numero _ e la rapidità _ dei permessi rilasciati. Primi riflessi pratici dell'inchiesta "Progressione geometrica" dentro gli uffici di Ca' Farsetti.

Il sindaco Giorgio Orsoni ha presieduto una lunga riunione con i responsabili dell'Edilizia privata. Alla fine è stato deciso di costituire una commissione di inchiesta interna che dovrà passare al setaccio lasciate negli ultimi quattro-cinque anni.

Ne fanno parte il Segretario generale del Comune Rita Carcò, l'avvocato civico Giulio Gidoni, il Capo di Gabinetto del sindaco _ anch'egli avvocato _ Romano Morra e l'ex Capo dell'Edilizia privata Marco Ferrati. Non ci sono _ «per ragioni di opportunità non certo di sfiducia», precisa il direttore generale Marco Agostini _ i dirigenti dell'assessorato Edilizia privata.

Già ieri mattina comunque il direttore Oscar Girotto e il dirigente dell'Edilizia privata Luca Celant hanno messo a disposizione della commissione la prima documentazione. "Bisogna passare al setaccio questi permessi», dice il sindaco Giorgio Orsoni, «e verificare che non ci siano state irregolarità. Se così fosse saranno presi provvedimenti, a cominciare dal ritiro dei permessi".

Nel mirino soprattutto le tante autorizzazioni di affittacamere e Bed and Breakfast rilasciate negli ultimi anni. Si partirà da quelle ancora in istruttoria per poi risalire nel tempo. Particolare attenzione ai casi "contestati", a cominciare dall'attività ricettiva di affittacamere al civico 5845 di Castello, in fondamenta dei Preti a Santa Maria Formosa. Acquistati nel 2007 da Bertoncello, gli appartamenti erano stati trasformati in affittacamere, ottenendo in tempo di record l'autorizzazione per i nuovi bagni. Ne era scaturita un'indagine interna, un durissimo rapporto degli ispettori dell'Ufficio controllo del territorio. "Illegittimo, la trasformazione d'uso non è consentita", avevano scritto gli ispettori. Invece nell'edificio erano stati realizzati i bagni necessari alla struttura
ricettiva, che oggi è regolarmente aperta.
Secondo gli inquirenti, uno dei tanti affari portati a termine dal geometra del Lido. In quel caso per se stesso.

Ma sono oltre seicento le pratiche su cui appare la firma del professionista arrestato con l'accusa di aver preso mazzette. Una vera industria, quella messa su da Bertoncello che garantiva pratiche "veloci e sicure". Adesso la lente della commissione, ha scandito Orsoni dovrà puntare sulla regolarità delle procedure adottate». Chiaro che non si potranno ridiscutere tutti i progetti presentati. Ma molti casi sospetti, alcuni anche usciti sui giornali nei mesi scorsi, saranno passati ai raggi X. E la quasi totalità di questi riguardano bed and breakfast, alberghi e affittacamere. Denuncia lanciata nel 2008 proprio dalla Nuova con la scoperta di centinaia di sanzioni anche penali contestate ai titolari dei nuovi alberghi.

Che fine hanno fatto quelle segnalazioni? E poi, possibile che nessuno ai piani alti se ne fosse accorto? Stamattina il sindaco incontrerà anche le organizzazioni sindacali dei lavoratori comunali. Si parlerà della possibilità di trasferire e far ruotare il personale per garantire maggiore trasparenza. Intanto il Pdl ha chiesto 5 aprile 2011
sull'argomento tangenti un Consiglio comunale straordinario.

Venezia. «Mi manda Zaia» E lui si infuria: «Bugie, ora basta»
REGIONE. Una lettera del governatore mette sul "chi va là" tutti i dirigenti. 05/04/2011. Chissà, forse qualcuno si è presentato a qualche dirigente del Genio civile - che come noto in queste settimane ha dovuto velocizzare le pratiche di assegnazione di un centinaio di cantieri post-alluvione per circa 50 milioni di euro - chiedendo un trattamento di favore perché... "mi manda Luca Zaia". O qualcuno dei tanti fornitori di materiale alla Regione che devono attendere mesi per essere pagati (causa Patto di stabilità) ha battuto i pugni sul tavolo pretendendo di "saltare la lista d'attesa" perché... «sono amico personale del governatore». Oppure si tratta solo di voci, di gossip, di "si racconta che...».
Cosa sia successo esattamente, non si sa. Ma di certo il fatto è grave al punto che Luca Zaia, a metà marzo, ha preso carta e penna e scritto a tutti i dirigenti regionali, ai direttori generali delle Ulss, ai presidenti ed amministratori di società partecipate e controllate, ai presidenti degli enti parco e dei consorzi di bonifica. E ieri, dopo aver dato tempo a ciascuno di leggerla, ha deciso di divulgare la lettera. Perché, dopo aver avvisato le possibili vittime delle pressioni del "bullo" di turno, l'altro obiettivo è dare uno schiaffo morale - tramite giornali e tv - a chi davvero ha tentato il colpo. «Accade, purtroppo - denuncia Zaia - che a me personalmente o ai miei più stretti collaboratori venga riferito di interventi compiuti da persone della più varia estrazione che, dicendosi mie "emissarie", avvicinerebbero personale interno o esterno alla Regione allo scopo di condizionare il corretto esercizio dell'attività amministrativa. Di questi fatti vengo a conoscenza a distanza di tempo e, di regola, senza che mi siano riferiti anche quegli elementi che mi darebbero modo di dar corso alle iniziative del caso. Sono soltanto voci, si dirà, ma sono venticelli che dipingono un quadro che rappresenta esattamente l'opposto di ciò che ogni giorno mi impegno a realizzare e, soprattutto, di quanto ho promesso ai veneti».
«Mio malgrado quindi sono costretto a prendere carta e penna - denuncia il presidente veneto - allo scopo di esprimere un disagio profondo e per non avallare un comportamento che potrebbe sfociare in veri e propri illeciti. Non è mio costume comportarmi così, né mai, in questi lunghi anni vissuti come amministratore pubblico, mi è accaduto di farlo».
«Nessuno - afferma deciso Zaia nella lettera inviata ai suoi dirigenti - può affermare di poter parlare per mio conto, né mai è accaduto. L'obiettivo di questo vero e proprio millantato credito può consistere in ciò che ognuno di noi rubrica, nel migliore dei casi, nella categoria delle miserie umane, ma, nel peggiore, si configura come un vero e proprio reato».
«Auspico dunque - conclude - che vorrete immediatamente segnalarmi l'avverarsi di interventi quali quelli che ho descritto, affinché io possa tutelarmi, sia allo scopo di non vedere reiterato un comportamento che tutti devono sentire grave ed offensivo, sia per evitare ciò che oggettivamente sarebbe da considerarsi come una vera e propria correità. Vi invito cortesemente a dar conoscenza della presente a tutti i collaboratori».
Il messaggio, fa sapere lo staff del presidente, deve essere chiaro a tutti: «Fornitori, appalti e altro.: con Zaia i soldi pubblici vengono tutti gestiti alla luce del sole».
Piero Erle

Venezia. Statuto: sì al governo di aree metropolitane
CONSIGLIO VENETO. Un altro passo verso la nuova "Carta" regionale. VENEZIA
«Ritengo che oggi sia stato fatto un passo in avanti significativo che va sulla strada di quanto il Pd da lungo tempo sostiene. Ovvero la necessità di procedere con una pianificazione ordinata del territorio veneto e di alcune sue grandi aree attraverso un governo sovracomunale e sovraprovinciale».
È il commento della capogruppo del Pd in Consiglio regionale Laura Puppato, dopo la seduta di ieri della commissione "Statuto" che ha licenziato la parte del testo, proposto appunto dal suo partito, che concerne le autonomie territoriali e l'Area metropolitana.
«Viene dunque ad aprirsi uno scenario nel quale si potranno gestire in modo coordinato quei territori contraddistinti da medesimi caratteristiche dal punto di vista della produzione industriale, delle infrastrutture viabilistiche e dei trasporti, dei servizi sanitari o di quelli fieristici. Insomma la strada imboccata, cui il Pd ha dato un contributo decisivo, può davvero portare verso un modo di governare nuovo».
E anche i consiglieri vicentini del Pd sottolineano il risultato raggiunto. «Bene le scelte della commissione Statuto, accolti punti qualificanti della proposta del Pd», rimarcano in una nota Giuseppe Berlato Sella (che è componente per il partito della commissione per il nuovo Statuto della Regione Veneto) e Stefano Fracasso, consiglieri regionali del Pd, commentando appunto la scelta della commissione di dare parere positivo «a due delle proposte qualificanti presentate dal Pd: il riconoscimento della specificità della Provincia di Belluno e del territorio montano, e il riconoscimento dell'area metropolitana come dimensione di governo strategico».
«Con queste premesse - concludono i due - lo Statuto può diventare il primo tassello di quel particolare federalismo veneto che può nascere solo se si riconoscono da un lato l'autonomia dei territori e dall'altro lato l'esigenza di investire politicamente sul governo metropolitano di alcune funzioni strategiche per la Regione».

Verona. «L'export è il motore della ripresa»
IL FUTURO DEL NORDEST. Imprenditori, studiosi ed enti a confronto in un convegno organizzato da Unicredit nella sede di via Garibaldi
Marini «Stiamo tornando ai livelli pre-crisi, ma la liquidità continua a essere scarsa» Bianchi: «Dimensioni aziendali, punto di forza». È l'export il motore di rilancio e di crescita per le imprese del Nordest. Il tema è stato al centro di un convegno organizzato da Unicredit che ha portato ieri pomeriggio in via Garibaldi numerosi imprenditori veronese. Tra i partecipanti, Sandro Boscaini, Masi Agricola e Sandro Veronesi, Calzedonia, oltre al presidente della Camera di commercio Alessandro Bianchi. Al centro degli interventi la necessità di abbattere le «frontiere aziendali» per l'ampliamento dei fatturati.
LO SCENARIO. Dal fronte export arrivano segnali incoraggianti. A delinearli è stato Claudio Rigo, responsabile territorio Nordest di Unicredit. «Nel 2010 le esportazioni venete sono salite del 16%, il 40% delle quali verso Paesi emergenti, recuperando buona parte di quanto perso in precedenza. Il dato è superiore alla media italiana. Notizie positive anche sul pil 2011: il Veneto crescerà dell'1,6% circa, dato superiore all'1% nazionale». Per Rigo sarà determinante il fattore traino della produzione manifatturiera, più che mai strategico, pur di fronte a una domanda interna ancora fredda. Anche Daniele Marini, direttore scientifico della Fondazione Nordest ha parlato di notevole miglioramento dello scenario. «Due anni fa quasi metà delle imprese nordestine aveva un portafoglio ordini che non superva il mese. Le ultime proiezioni dicono che stiamo tornando ai livelli pre-crisi, pur con elementi di criticità tra cui il cronico ritardo negli incassi e la conseguente scarsa liquidità. Un secondo elemento positivo sta nell'occupazione: la maggior parte delle imprese si dice intenzionata a tornare ad assumere nel caso la ripresa faccia tornare i numeri ai livelli precedenti la crisi».
DIVERSIFICARE L'EXPORT. Giuliano Noci, ordinario di marketing al Politecnico di Milano, ha posto l'accento sul basso livello di presenza fisica e manageriale italiana sui mercati esteri. «La vera questione sta nella diversificazione del portafoglio di mercato verso cui indirizzare l'offerta. Un portafoglio che oggi è sbilanciato sui mercati maturi: vanno mantenuti come presidio sicuro, ma va cercata espansione strutturata negli altri mercati. Oggi il primo sbocco dell'export Veneto è quello tedesco: la Germania assorbe il 14% delle esportazioni regionali, seguita dalla Francia con l'11%. I paesi al di fuori dell'Ue contano già più del 50%, ma entro cinque anni conteranno per quasi il 90%. Irrinunciabile, la carta dell'internazionalizzazione se si vuole sopravvivere. Ci aiuta un'italianità ritenuta un grande valore». Per Noci resta fondamentale il supporto delle associazioni di categoria, delle Camere di commercio e delle pubbliche amministrazioni.
I PROTAGONISTI. Bianchi ha richiamato l'attenzione sui fattori necessari all'internazionalizzazione. «Dimensioni e capitalizzazione sono un punto di forza, pur non essendo determinanti. Non è questione di poco conto in una provincia che ha quasi il 90% di aziende con meno di 20 dipendenti». Anche per Boscaini i problemi non si concentrano sul capitale. «Spesso capita che i nostri importatori siano più grandi di noi ed è qui che arrivano i problemi, mancando l'imprenditoria italiana di reti distributive estere organizzate. Quando ci troviamo a distribuire il prodotto da soli abbiamo un potere contrattuale basso. E manca un sistema promozionale con una regia unica». Stessa considerazione da parte di Veronesi. «L'Italia è troppo poco presente all'estero. E mi riferisco sia alle persone sia alle loro competenze».
Alessandro Azzoni
È l'export il motore di rilancio e di crescita per le imprese del Nordest. Il tema è stato al centro di un convegno organizzato da Unicredit che ha portato ieri pomeriggio in via Garibaldi numerosi imprenditori veronese. Tra i partecipanti, Sandro Boscaini, Masi Agricola e Sandro Veronesi, Calzedonia, oltre al presidente della Camera di commercio Alessandro Bianchi. Al centro degli interventi la necessità di abbattere le «frontiere aziendali» per l'ampliamento dei fatturati.
LO SCENARIO. Dal fronte export arrivano segnali incoraggianti. A delinearli è stato Claudio Rigo, responsabile territorio Nordest di Unicredit. «Nel 2010 le esportazioni venete sono salite del 16%, il 40% delle quali verso Paesi emergenti, recuperando buona parte di quanto perso in precedenza. Il dato è superiore alla media italiana. Notizie positive anche sul pil 2011: il Veneto crescerà dell'1,6% circa, dato superiore all'1% nazionale». Per Rigo sarà determinante il fattore traino della produzione manifatturiera, più che mai strategico, pur di fronte a una domanda interna ancora fredda. Anche Daniele Marini, direttore scientifico della Fondazione Nordest ha parlato di notevole miglioramento dello scenario. «Due anni fa quasi metà delle imprese nordestine aveva un portafoglio ordini che non superva il mese. Le ultime proiezioni dicono che stiamo tornando ai livelli pre-crisi, pur con elementi di criticità tra cui il cronico ritardo negli incassi e la conseguente scarsa liquidità. Un secondo elemento positivo sta nell'occupazione: la maggior parte delle imprese si dice intenzionata a tornare ad assumere nel caso la ripresa faccia tornare i numeri ai livelli precedenti la crisi».
DIVERSIFICARE L'EXPORT. Giuliano Noci, ordinario di marketing al Politecnico di Milano, ha posto l'accento sul basso livello di presenza fisica e manageriale italiana sui mercati esteri. «La vera questione sta nella diversificazione del portafoglio di mercato verso cui indirizzare l'offerta. Un portafoglio che oggi è sbilanciato sui mercati maturi: vanno mantenuti come presidio sicuro, ma va cercata espansione strutturata negli altri mercati. Oggi il primo sbocco dell'export Veneto è quello tedesco: la Germania assorbe il 14% delle esportazioni regionali, seguita dalla Francia con l'11%. I paesi al di fuori dell'Ue contano già più del 50%, ma entro cinque anni conteranno per quasi il 90%. Irrinunciabile, la carta dell'internazionalizzazione se si vuole sopravvivere. Ci aiuta un'italianità ritenuta un grande valore». Per Noci resta fondamentale il supporto delle associazioni di categoria, delle Camere di commercio e delle pubbliche amministrazioni.
I PROTAGONISTI. Bianchi ha richiamato l'attenzione sui fattori necessari all'internazionalizzazione. «Dimensioni e capitalizzazione sono un punto di forza, pur non essendo determinanti. Non è questione di poco conto in una provincia che ha quasi il 90% di aziende con meno di 20 dipendenti». Anche per Boscaini i problemi non si concentrano sul capitale. «Spesso capita che i nostri importatori siano più grandi di noi ed è qui che arrivano i problemi, mancando l'imprenditoria italiana di reti distributive estere organizzate. Quando ci troviamo a distribuire il prodotto da soli abbiamo un potere contrattuale basso. E manca un sistema promozionale con una regia unica». Stessa considerazione da parte di Veronesi. «L'Italia è troppo poco presente all'estero. E mi riferisco sia alle persone sia alle loro competenze».
Alessandro Azzoni

Pavia. Galeppi: «Quei soldi li ho tenuti per me». Il sindacalista Uil risponde alle domande del pm Dolci. «Non ho comprato voti». PAVIA. «Come ho usato quei soldi? Per santini, pizze e birre. Il resto l'ho tenuto per me. Ma anche Alpeggiani e Niutta mi hanno chiesto di fare campagna elettorale. Si doveva dare una mano alla sorella di Niutta, Cristina». Mimmo Galeppi risponde alle domande ed esce dall'aula sollevato: «Finalmente ho potuto parlare».

Cosimo Galeppi, conosciuto come "Mimmo" negli ambienti della sanità pavese, dove ha intrecciato per anni la professione di infermiere con l'impegno da sindacalista (attualmente è segretario provinciale della Uil-Fpl), si sottopone al fuoco incrociato delle domande di accusa e difesa. Si presenta presto, in Tribunale, per dare la sua versione sui 2mila euro ricevuti da Chiriaco e da Trivi.

Seduto in corridoio, aspetta guardando più volte l'orologio. E quando il cancelliere lo fa entrare in aula appare teso, ma deciso a dire tutto quello che sa. Il presidente del collegio Cesare Beretta lo avverte che è sottoposto alla stessa accusa dei due imputati che sono in aula e che per questo può anche rifiutarsi di parlare. Galeppi, invece, sostenuto dall'avvocato Giulio Di Matteo, vuole dire la sua. Per lui, che non è stato finora sentito dai magistrati dell'Antimafia e resta in attesa di sapere se sarà o no processato, la deposizione appare come una liberazione. 

Alla domanda del pm Alessandra Dolci, che gli chiede di parlre dei suoi rapporti con Chiriaco, risponde così: «L'ho conosciuto negli anni '80, quando era ispettore sanitario al San Matteo, dove lavoravo. Tra noi c'erano rapporti istituzionali, visto che ero sindacalista. I rapporti sono proseguiti anche dopo, quando lui ha avuto l'incarico all'Asl».

Si entra nel vivo. «Sia io che Chiriaco sostenevamo il candidato Trivi - dice Galeppi -. Quattro anni prima non ce l'aveva fatta, per noi le elezioni del 2009 erano una rivincita. Cosa vuole dire per me sostenere? Fare
campagna elettorale. No, non c'erano accordi economici con Chiriaco, se è questo che vuole sapere».

Il sindacalista racconta che fu proprio Chiriaco a presentarsi a casa sua per chiedergli il sostegno per Trivi: «I 2mila euro mi sono stati consegnati davanti all'edicola del San Matteo. C'erano sia Chiriaco che Trivi. Quei soldi dovevano servire a sostenere le spese per la campagna elettorale: volantini, santini, qualche pizza e birra... Il resto l'ho tenuto per me».

Galeppi è un fiume. Il pm Dolci gli chiede se era già capitato di prendere soldi per altri candidati. Il riferimento è all'intercettazione del 13 giugno, dove Chiriaco dice a Dante Labate di avere «pagato 2mila euro a Galeppi» che aveva preso altri «5mila euro da Alpeggiani». Ma il sindacalista smentisce: «Non ho preso soldi da Alpeggiani. E' vero però che Alpeggiani e Niutta si sono rivolti a me, chiedendomi se potevo dare una mano alla sorella di Niutta, per le elezioni. Ho risposto che mi ero già impegnato per Trivi».

Nega, però, di avere «garantito a Chiriaco e Trivi un certo pacchetto di voti», ammettendo di avere partecipato solo a un pranzo, a San Genesio, dove c'erano i delegati sindacali e lo stesso Trivi: «Lui ha spiegato il suo programma e io ho messo solo i santini sul tavolo».

Rispondendo alle domande degli avvocati di Chiriaco e Trivi, Galeppi dice di non «essersi mai considerato un grande elettore», uno, cioè, capace di convogliare voti attorno a un candidato. Nonostante questo confessa di avere «già ricevuto dei soldi, più o meno la stessa cifra, 2mila euro, nella campagna elettorale di quattro anni prima». E prima di lasciare il banco dei testimoni si lascia andare: «Finalmente sono riuscito a dire la mia». (m. fio.)

Pavia. Intercettazioni, Chiriaco dice no. L'ex direttore Asl in aula, scontro tra i suoi legali e quelli di Trivi. PAVIA. Le sue condizioni di salute non lo hanno frenato. Con il sostegno di un bastone per camminare e trascinandosi dietro le accuse in una borsa di plastica blu, Carlo Chiriaco si è presentato ieri alle 9,50 in aula, per la seconda udienza del processo che lo vede imputato per corruzione elettorale insieme all'ex assessore comunale Pietro Trivi.

L'ex direttore sanitario dell'Asl di Pavia, arrestato lo scorso 13 luglio, ha lasciato la cella del carcere di Torino per la prima volta dopo otto mesi. E «per difendersi», come ha spiegato in questi giorni ai suoi legali, ha voluto portarsi, chiusi in una sacca, gli atti dell'Antimafia che lo accusano. In mezzo ai suoi legali, l'avvocato Oliviero Mazza e Nico D'Ascola, li ha letti ancora una volta attraverso un paio di occhiali rossi, unica nota di colore sul nero dei vestiti. Chiriaco, provato e dimagrito, è rimasto per tutta l'udienza seduto a un metro e mezzo da Trivi. Nessuna stretta di mano tra i due imputati. Solo un cenno di saluto e uno scambio di battute sulle scelte difensive. Non coincidenti.

La battaglia legale tra l'avvocato di Trivi, Massimo Pellicciotta, e i legali di Chiriaco si è data in particolare sulle intercettazioni telefoniche. La difesa dell'ex assessore vuole sentirle in aula. Gli avvocati dell'ex dirigente dell'Asl hanno invece chiesto di aspettare la trascrizione del perito, che era stata disposta dal gip a settembre. «Le intercettazioni non sono comprensibili all'ascolto», ha spiegato l'avvocato Mazza, suscitando il disappunto di Trivi e del suo legale, che vorrebbero chiudere «in fretta questa storia».

Ma lo scontro c'è stato anche in relazione all'elenco delle telefonate scelte dall'accusa. Il pm Alessandra Dolci, che ha lavorato in questa inchiesta a stretto contatto con il magistrato Ilda Boccassini, ha chiesto di utilizzare in questo processo tutte le telefonate in cui parla Chiriaco, che è accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa, contestazione per la quale sarà giudicato dal tribunale di Milano l'11 maggio. Una richiesta che secondo Trivi, che vorrebbe essere giudicato solo in relazione all'accusa che lo riguarda, cioè quella di una presunta compravendita di voti per le elezioni comunali del 2009, rischia di rallentare la
definizione del suo processo.

Alla fine il presidente del collegio Cesare Beretta ha acconsentito all'ascolto solo di due conversazioni: una scelta dal pm Dolci, in cui parlano Chiriaco e Dante Labate, e una inedita selezionata dalla difesa su una conversazione tra Chiriaco e il sindacalista Mimmo Galeppi, che avrebbe ricevuto i 2mila euro al centro del contenzioso. Per l'accusa quei soldi sarebbero serviti a comprare voti per Trivi. Per la difesa, invece, sarebbero stati usati da Galeppi per rimborsare le spese per la campagna elettorale. Per le altre telefonate si aspetterà la trascrizione del perito e saranno sentite insieme alla deposizione, alla prossima udienza, degli uomini della Direzione distrettuale antimafia e del capitano dei Ros. Il processo è stato aggiornato al 1º giugno.



Immigrazione. Boni: "Lega via dal governo se il premier non ottiene risultati in Tunisia". "Non possiamo rimanere pazienti in eterno, il nostro elettorato e' furioso. Se il premier non porta a casa il risultato con la Tunisia, noi dobbiamo aprire la crisi". E' quanto dichiara il presidente del consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni, in una intervista resa a 'L'Espresso', in cui minaccia che in caso di fallimento della trattativa a Tunisi "usciamo dal governo". 
"Siamo molto tesi perche' in ballo c'e' Maroni e la sua credibilita' e ci stiamo giocando uno dei nostri uomini migliori: non si puo' lasciare il ministro da solo afferma Boni, ribadendo che "la Lega e' pronta anche ad abbandonare il Governo, qualora gli accordi con la Tunisia non soddisfino il titolare del Viminale e le istanze per prevenire la nuova ondata migratoria che scuotono la base del Carroccio". "Non si tratta di una minaccia, di un bluff. Dipende dall'urto che potrebbe derivare dalla situazione attuale, anche noi sentiamo i nostri che si lamentano: non possiamo rimanere pazienti in eterno. La nostra base e' scossa, e quando Bossi dice 'Fora di bal'" si riferisce - chiosa - a una tensione vera che sente la gente".

Modena. In città clandestini in fuga da Lampedusa. Per loro qualcuno aveva preparato un rifugio sulla Vignolese. Si tratta di cinque giovani tunisini, sconosciuti ad ogni archivio di forze dell'ordine, tutti clandestini e tutti, come subito hanno affermato non appena sono stati scoperti, provenienti in questi giorni da Lampedusa. MODENA. In attesa del contingente ufficiale, in città "sbarcano" i clandestini fai da te. Sono quelli sono approdati a Lampedusa in questi giorni, oppure che sono scappati da Manduria: con mezzi di fortuna, seguendo itinerari della disperazione, giungono anche a Modena con "mezzi propri". La loro meta era la Francia, ma la loro tappa nella nostra città ha portato sfortuna. Il loro viaggio è stato bloccato dalla polizia. Si tratta di cinque giovani tunisini, sconosciuti ad ogni archivio di forze dell'ordine, tutti clandestini e tutti, come subito hanno affermato non appena sono stati scoperti, provenienti in questi giorni da Lampedusa. Uno ha detto di essere minorenne e verrà sottoposto all'esame delle ossa per capire quale età abbia effettivamente.

L'altra notte, verso le 2.30, alcuni residenti delle palazzine dove viale Muratori sfocia nella via Vignolese, hanno notato dei movimenti sospetti. Avevano visto dei giovani con dei borsoni e delle giacche che si aggiravano per strada e tra le case. A pochi metri dalla rotondina c'è la filiale della Cassa di risparmio di Vignola: la polizia, pensando ad un colpo in preparazione, ad un assalto al bancomat, accorre di gran carriera.

E scopre i cinque di Lampedusa che hanno indicato agli agenti quale fosse il loro giaciglio per la notte. Gli uomini della Volante trovano cinque materassi e il solito contorno di degrado in rifiuti, stracci e resti di cibarie e di bevute. Viene alla luce un nuovo ma consolidato covo-rifugio notturno per sbandati, tossicodipendenti e clandestini. Quello che resta del distributore di benzina, quel rettangolo di muri era per loro il motel per la notte.
Un "motel" attrezzato con materassi e aree già delimitate per gli ospiti.

Pertanto, o i cinque clandestini si erano sistemati loro, con materiali e mezzi propri dentro lo stabile da qualche giorno, oppure, essendo appena arrivati da mille chilometri di distanza, qualcuno ha indicato o meglio portato e fatto accomodare i nuovi arrivati nel posto, tutto sommato, sicuro.

Quest'ultima è una ipotesi più che probabile. Esiste ed è pertanto attiva una nuova figura "lavorativa", uno o più personaggi che piazzano clandestini e bisognosi nei luoghi deputati a rifugi notturni. Esattamente come era accaduto qualche mese fa per "l'hotel Saragozza". Un palazzo signorile dismesso, in pieno centro, insospettabile dall'esterno ma trasformato in un dormitorio notturno: ogni sera uno straniero arrivava in perlustrazione per poi, da bravo "maitre" dopo aver controllato le stanze, faceva entrare gli ospiti.
Un servizio che ovviamente non era per nulla gratuito.

Ma l'utilizzo dell'ex distributore all'inizio della Vignolese non è riservato alle sole ore notturne: ieri verso le 14, ad esempio, alcuni stranieri con borse sono stati notati entrare e sistemarsi all'esterno. È improbabile siano quelli delle pulizie, che sistemano le stanze per i clienti della notte.

Venezia. Gli industriali di Vicenza e Treviso «Aiutiamo chi fugge da Lampedusa»
Dopo il vescovo Gardin, anche gli imprenditori si richiamano alla solidarietà umana. Ma Brugnaro (Venezia) prende le distanze: i clandestini no
VENEZIA — Mercoledì il Veneto tornerà a confrontarsi con le altre Regioni e con il Governo nella cabina di regìa istituita per fronteggiare l’emergenza migranti. Ma se la politica arriverà a Roma con l’idea di rispedirli tutti in Africa, o quanto meno di distinguere bene tra profughi e clandestini, chiesa e industria si ritrovano inaspettatamente unite sull’asse dell’accoglienza. «Il problema immigrazione va risolto alla radice, ma intanto dobbiamo farci carico delle esigenze umanitarie», dicono i presidenti delle associazioni confindustriali di Treviso e Vicenza, raccogliendo di fatto l’appello del vescovo trevigiano Gianfranco Agostino Gardin. Inequivocabili le parole del presule.

«Noi cristiani - ha detto monsignor Gardin - non possiamo mettere a tacere le nostre coscienze, pensando con pochi gesti di risolvere tutto. Siamo di fronte a persone e la persona umana è un valore supremo da rispettare. Non conosco i meccanismi di intervento della politica, però guardando a questa situazione sono portato a dire che bisogna fare di più. Infatti non amo le risposte sbrigative che dicono: "Mandiamoli via ed è tutto risolto". Sono persone e di fronte ad una persona si deve sempre dire: provo a mettermi nei suoi panni, al di là di tutte le contingenze politiche. Non è che perché tu sei geograficamente vicino a chi fugge, allora solo tu ti devi prendere a carico queste persone». Tradotto: non sono affaracci di Lampedusa o Manduria, anche quassù al Nord occorre rimboccarsi le maniche. E Alessandro Vardanega, numero uno di Unindustria Treviso, non si tira indietro davanti al richiamo del prelato: «Ognuno deve fare la propria parte. Quindi, in modo coerente, anche Treviso deve fare la propria parte, in uno sforzo che dev’essere collettivo».

Concorda Roberto Zuccato, leader di Confindustria Vicenza: «È doveroso che in una situazione d’emergenza come quella che stiamo vivendo ciascuno faccia il proprio dovere. Questo principio vale per il Governo nazionale che deve approntare un piano che consenta di gestire la situazione nel rispetto dei diritti umani, vale per le Regioni che hanno il dovere di accogliere gli immigrati che il governo destinerà al loro territorio e vale per l’Ue che non può pensare che gli sbarchi siano un problema solamente italiano». Certo che, al di là dell’urgenza del momento, la questione andrà poi affrontata radicalmente. «Evidentemente - ragiona Vardanega - il problema dell’immigrazione dev’essere risolto a livello europeo. Ognuno deve fare la propria parte, non si può semplicemente rilevare l’esistenza del problema e poi dire: "Ma tanto si arrangeranno alcune aree del Paese, piuttosto che alcuni Paesi". Serve davvero uno sforzo europeo perché l’emergenza è davvero significativa. Occorre dare un aiuto e una soluzione a questa necessità. Per cui vedo bene lo sforzo nella direzione di condividere il fenomeno con altri Paesi e soprattutto di frenare il flusso migratorio attraverso accordi internazionali».

Fiducioso Zuccato: «Abbiamo già dimostrato in passato di essere un Paese in grado di gestire situazioni complesse con il giusto equilibrio tra solidarietà e fermezza. Sono certo che anche questa volta ci dimostreremo all’altezza». Affermazioni tanto più eloquenti perché provengono dalle due province contrassegnate dalla pressione migratoria più alta del Veneto. Forse si spiega così, quindi, la voce dissonante di Luigi Brugnaro, presidente di Confindustria Venezia: «Se li teniamo adesso, ne arriveranno altri. Ed a quelli allora cosa diremo, che siamo diventati improvvisamente cattivi? No, la verità è che non possiamo offrire una solidarietà falsa, che scarica le conseguenze sulla testa dei cittadini. Dobbiamo invece mandare all’Africa il messaggio che l’Italia e l’Europa vogliono portare là sviluppo e diritti. Venezia è sempre stata, e sempre sarà, luogo di accoglienza. Ma, a costo di sembrare duro rispetto ai miei colleghi, dico che è troppo semplice pensare di ospitare dei clandestini perché tanto sono già qua». Una posizione in linea con quella della Lega, rappresentata mercoledì a Roma dal governatore Luca Zaia e dall’assessore Roberto Ciambetti, che rimarca la necessità di distinguere profughi e clandestini: «Bisogna fare un bel po’ di filtro e mostrare un bel po’ di fermezza. Altrimenti diventiamo il ventre molle d’Europa, con le porte aperte per tutti. Il sistema di welfare che ci siamo costruiti negli anni non potrebbe sopportarlo».
Angela Pederiva

Modena. Scoperto bivacco di immigrati in un recinto per cani. Un ghanese era nel mini alloggio con più posti letto a Modena in via Santa Caterina nell'area delle ex Fonderie. MODENA. Un mini alloggio con più posti letto ricavato in un recinto per cani è stato scoperto ieri dai vigili di quartiere a Modena, nell'area delle ex Fonderie in via Santa Caterina. Al suo interno è stato trovato un clandestino ghanese con precedenti che è stato denunciato. Il bivacco era nascosto tra alberi, edera e muro di cinta ed era delimitato da una rete metallica con cancelletto e chiavistello. Alcuni fogli di materiale plastico proteggevano il giaciglio dall'acqua. Il bivacco disponeva poi di una piccola discarica di rifiuti e di un angolo appartato che fungeva da bagno. Gli agenti della polizia municipale, che hanno identificato l'immigrato che occupava abusivamente l'area, hanno trovato nel suo portafoglio un badge utilizzato per registrare il servizio dei dipendenti comunali di Modena. Apparteneva a un dipendente comunale al quale era stato rubato nel luglio.

Firenze. I migranti e l'accoglienza toscana
Sono stati tutti alloggiati nelle strutture previste in Toscana, tra la notte scorsa e stamani, i circa 300 migranti sbarcati a Livorno

Sono stati tutti alloggiati nelle strutture previste in Toscana, tra la notte scorsa e stamani, i circa 300 migranti sbarcati lunedì sera a Livorno, provenienti da Lampedusa. Dalla protezione civile regionale si spiega che tutto si è svolto in modo regolare.

Problemi invece persistono a Calambrone, nel Pisano: prosegue il presidio davanti all’ex ospedale ortopedico che dovrebbe ospitare un centinaio di persone, con blocco dei lavori per allestire la struttura. L’accesso dei mezzi al cantiere è impedito dai manifestanti. Scoperti anche alcuni danneggiamenti all’impianto idraulico dell’ex ospedale, come tubi tagliati, e scritte del tipo «Tirrenia agli italiani». Traffico inoltre rallentato inoltre lungo la litoranea.

I 300 migranti sono stati alloggiati in strutture distribuite in sette province: Firenze, Livorno, Pistoia, Arezzo, Grosseto, Pisa e Siena. All’arrivo a Montopoli, sempre nel Pisano, c’era anche un gruppo di Forza Nuova: qualche scambio verbale con opposti manifestanti, solidali con i migranti. A San Marcello Pistoiese e a Monte San Savino, nell’Aretino, i migranti sono arrivati stamani perchè, si spiega dalla protezione civile regionale, le rispettive questure hanno proceduto nella notte all’identificazione. Tra le persone arrivate a San Marcello, anche quattro minori per i quali si provvederà a una diversa sistemazione come prevede la legge.

Roma. Immigrati, "Clodia" verso Civitavecchia: pronta la caserma De Carolis
Roma, 5 apr (Il Velino) - Saranno ospitati nella caserma dell’esercito “De Carolis” di Civitavecchia i migranti presenti a bordo della nave della Tirrenia “Clodia”, che è partita da Lampedusa ieri. Le operazioni di sbarco saranno avviate nella nottata di oggi e saranno gestite da forze dell’ordine coadiuvate da uomini della Croce rossa e della Protezione civile della cittadina laziale. Secondo alcune indiscrezioni una parte di questi migranti saranno ospitati nella caserma. Gli altri, invece, sarebbero diretti in altre strutture del Centro Italia. Previsto in mattinata un incontro tra i responsabili locali dell’ordine pubblico allo scopo di organizzare i trasferimenti degli stranieri. “A detta del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, che me lo ha confermato più volte, si tratta di una soluzione transitoria, ma non siamo in grado al momento di quantificare la durata della permanenza a Civitavecchia del campo”, ha detto il sindaco Gianni Moscherini. Intanto, nella sede della giunta della Regione Lazio di via Cristoforo Colombo a Roma, è in corso un vertice a cui stanno partecipando il presidente Renata Polverini, l’assessore ai Servizi sociali Aldo Forte, e quello alla Sicurezza Giuseppe Cangemi. Forte ha detto che per i migranti che saranno sbarcati a Civitavecchia si parla di un soggiorno temporaneo: “Credo che lo screening che avevamo fatto prevedeva la possibilità di ospitare questi numeri”. L’assessore laziale ha poi spiegato che la Regione ha pianificato l’accoglienza “per i minori non accompagnati. Aspettavamo la cabina di regia con il governo, ma a questo punto vediamo con la nostra unità che abbiamo messo in campo con la Protezione civile e l’assessorato cosa possiamo fare come regione. Ora vedremo cosa ci dirà la prefettura”. Intanto ieri sera il ministero dell’Interno ha deciso di inviare a Civitavecchia 160 unità di pubblica sicurezza presenti nella tendopoli pugliese di Manduria.
(red/ped) 5 apr 2011 12:12

Bozen. Tangenti Ipes a Bolzano: chiesto il processo per 18 indagati. Chiusa l'inchiesta per corruzione: la Procura procede contro 8 impiegati e 10 artigiani.
di Mario Bertoldi. BOLZANO. Per lo scandalo della gestione degli appalti di manutenzione degli alloggi Ipes la Procura chiederà 18 rinvii a giudizio, 8 dei quali riguardando impiegati e funzionari dell'istituto. Spesi 150 mila euro per intercettazioni telefoniche. Pronti gli avvisi di conclusione indagine.
Si tratta di un passaggio procedurale che il nostro codice prevede solo per chi la Procura intende chiedere il rinvio a giudizio. Gli avvisi di conclusione indagine, dunque, sono 18 perchè per 18 la Procura intende chiedere il processo con accuse legate ad ipotesi di corruzione nella gestione degli appalti per i lavori di manutenzione degli immobili. Per due degli indagati Ipes (in tutto dieci) sarà chiesto il non luogo a procedere e dunque l'archiviazione. Istanza che dovrà essere valutata direttamente dal giudice delle indagini preliminari. Dieci richieste di rinvio a giudizio riguarderanno invece gli imprenditori e gli artigiani coinvolti dello scandalo. Anche tra costoro, comunque, sono pronte due richieste di proscioglimento. Una riguarderà quasi sicuramente Daniele Zerbini, fratello di Alessandro, titolari di un'impresa di tinteggiature. Daniele Zerbini finì in carcere su disposizione del giudice Silvia Monaco e venne rimesso in libertà dopo pochi giorni in quanto emerse che era solo sulla carta socio in affari del fratello Alessandro e che non aveva mai saputo nulla di quanto il fratello facesse a livello lavorativo.
In effetti fu solo Alessandro Zerbini (e non il fratello) ad ammettere di aver pagato una tangente di 5 mila euro a Peter Kritzinger, funzionario Ipes che attende proprio la notifica dell'avviso conclusione indagine per poter chiedere di essere interrogato. Di fronte alla complessità dell'inchiesta, Peter Kritzinger (difeso dall'avvocato Giancarlo Massari) è uno degli indagati che, anche dopo il ritorno in libertà a conclusione di due mesi di carcerazione preventiva, ha preferito attendere la conclusione dell'indagine per capire con certezza gli assi in mano al sostituto procuratore Axel Bisignano. Una strategia che mira a rischiare il meno possibile a fronte del
potenziale materiale probatorio in mano ai magistrati inquirenti.
Con la notifica dell'avviso conclusione indagine (che prelude come detto alla richiesta di rinvio a giudizio) tutti gli indagati avranno diritto di prendere visione degli atti dell'inchiesta (12 mila pagine) e, dunque, di decidere la migliore strategia processuale.
Ricordiamo che gli inquisiti sul fronte Ipes sono l'ingegner Gianfranco Minotti, direttore dell'ufficio tecnico centro sud dell'istituto, i funzionari Stefano Grando e Peter Kritzinger e Diego Delmonego, gli impiegati Tiziana Andreotti, Brigitte Bagozzi, Valter Boldrin, Paolo Nascimbeni, Roberto Rebecchi. C'è poi un decimo funzionario di medio livello il cui nome per il momento non è trapelato ma che sarà reso noto non appena gli atti saranno depositati nei prossimi giorni. Come detto per due dei 10 inquisiti sul fronte Ipes la Procura chiederà il prosciolgimento. Gli artigiani e imprenditori coinvolti sono: Mirco Moser, Vincenzo Romeo, Alessandro e Daniele Zerbini, Arcadio Stimpfl, Alberto Nicola, Giuseppe Corea, Giovanna Pasolli, Paola Giacosa. Anche tra gli artigiani vi sono due richieste di archiviazione. Stralciate infine le posizioni di coloro che sono coinvolti nel giro di presunta usura che segnò l'avvio dell'inchiesta.

Bozen. Camera di Commercio: nasce il laboratorio sul futuro dell'Alto Adige. BOLZANO.  ''Il Laboratorio sul futuro dell'Alto Adige ha come obiettivo di analizzare scientificamente le sfide del futuro e sviluppare visioni e misure concrete con tutti i partner interessati del settore economico e delle organizzazioni sindacali e sociali nonché con le istituzioni scientifiche, dello sport, dell'ambiente e della cultura'', spiega il presidente della Camera di commercio, Michl Ebner.

Nel primo modulo sono state elaborate le basi e definiti i provvedimenti necessari per garantire all'Alto Adige anche in futuro benessere, alta qualità di vita e piena occupazione.

La Camera di commercio di Bolzano si è assunta il compito di discutere insieme ai rappresentanti delle associazioni economiche e delle organizzazioni sindacali e sociali, nonche' alle istituzioni scientifiche, dello sport, dell'ambiente e della cultura temi rilevanti per un futuro positivo per tutti.

A tale scopo è stato istituito il ''Laboratorio sul futuro dell'Alto Adige'', per analizzare su basi scientifiche le sfide del futuro ed elaborare insieme visioni e misure concrete.

Autonomia a Belluno, passa il primo sì. Intesa bipartisan. Bond: «Svolta». Reolon: «Passato quanto chiesto». Ma Bottacin conferma il suo no
BELLUNO — Per la commissione Statuto del consiglio regionale il Bellunese è «autonomo ». Dopo dieci anni di battaglie, solitarie o trasversali, con frequenti fughe in avanti di singoli partiti e altrettante ritirate, il primo «sì» di Venezia. Per una specificità ampia: amministrativa, regolamentare e finanziaria, «in considerazione del territorio transfrontaliero e interamente montano nonché abitato da significative minoranze linguistiche». E non solo «in materia di minoranze linguistiche, governo del territorio, risorse idriche ed energetiche, politiche transfrontaliere, viabilità e trasporti, sostegno e promozione delle attività economiche, agricoltura e turismo »; nel testo una locuzione («in particolare») lascia intendere che il numerus non sia clausus, e cioè che a queste competenze se ne possano aggiungere altre. Il primo passo è fatto: ora si attende la conferma dell’aula del consiglio regionale.

E come sempre accade in questi casi, il trionfo ha molti «padri», ognuno dei quali si sente un po’ più "certo" degli altri: il capogruppo del Pdl Dario Bond parla di «svolta», di «giornata importante per noi montanari»; per il consigliere del Pd Sergio Reolon «è passato tutto ciò che abbiamo chiesto»; per quello Idv Gennaro Marotta c’è «un elenco impegnativo, con punti vitali per la sopravvivenza del territorio »; e anche la federazione della Sinistra di Belluno esprime «soddisfazione»; e ciò in un contesto di larghe intese, perché, per dirla con Bond, si è trattato di «un bel lavoro di squadra soprattutto grazie all’impegno dei consiglieri bellunesi, anche quelli di passate legislature ». L’unico che non brinda, può sembrare strano, è il diretto beneficiario: il presidente leghista della Provincia, Gianpaolo Bottacin, che ha confermato la sua linea del no. «Rimango della mia opinione - afferma -: elencare materie ha poco senso». Perché per Bottacin l’idea giusta è una lista di competenze regionali: tutte le altre spetterebbero al Bellunese. «Leggo - continua - che è stata inserita l’"autonomia finanziaria" e mi chiedo cosa significhi: dovremo forse arrangiarci con le nostre tasse? I Bellunesi sono pochi e non riuscirebbero a tenere in vita tutti i servizi. Abbiamo bisogno di un fondo perequativo e non vorrei che quanto inserito ieri lo ignorasse. Attendo leggi ordinarie di attuazione».

E qui Reolon va giù duro. «Si legga l’articolo 23 dello Statuto - replica - si parla appunto di "perequazione a favore di territori con minore gettito fiscale". Ma poi è patetico che proprio il presidente faccia queste dichiarazioni ». Al di questo, Bottacin appare su una posizione isolata. Forse anche per questo la Lega non esulta, anche se ieri ha detto di sì. «La commissione non è l’aula - puntualizza il vicepresidente del consiglio veneto, Matteo Toscani (Carroccio) -: qua si "condivide", là si "vota". Ma poi, diciamola tutta: l’autonomia bellunese è un tormentone; è passato perché non se ne poteva più. Un argomento di cui tutti, in un certo senso, vogliono liberarsi. E si creano altre disparità: tra montagna di serie A e B: il consiglio dovrà occuparsi anche di questo. D’altra parte lo Statuto va fatto: siamo gli ultimi in Italia, e questo qui a Venezia lo viviamo come un’onta». Marco de’ Francesco

Bozen. Toponimi, Durnwalder stoppa la commissione: "Non sono d'accordo su tutto". BOLZANO. Il lavoro della commissione paritetica sulla toponomastica è finito, ma Durnwalder non è convinto delle conclusioni.
Presentando un'interrogazione su temi di attualità, il verde Riccardo Dello Sbarba ha chiesto alla giunta provinciale qual è la sua posizione in merito alle conclusioni della commissione paritetica Stato-Provincia sui toponimi, secondo la quale una lunga lista di toponimi, tranne uno, erano condivisi.

Dello Sbarba ha quindi chiesto di non far cadere i lavori della commissione, ma di prenderne atto agendo di conseguenza. Il presidente Luis Durnwalder ha riferito che con il ministro Fitto ci si era accordati per l'istituzione di una commissione, la quale ha ora prodotto una relazione con una serie di proposte: ''Essa verrà discussa tra la Giunta e il Ministero, poi si adotteranno le decisioni. Io non sono d'accordo su tutto'', ha aggiunto Durnwalder.

Firenze. Galan,"Legge speciale sì, ma tutti insieme". Il ministro Galan bacchetta i personalismi e punta il dito su turismo di massa e traffico caos. Firenze, 5 aprile 2011 - Invasa dai turisti e avvelenata dal traffico. Eccoli i due motivi che possono valere una legge speciale per Firenze. Parola di ministro. Giancarlo Galan, appena insediato alla guida del dicastero dei Beni Culturali, anche se ha Venezia nel cuore, conosce bene Firenze e la fragilità del suo straordinario patrimonio artistico.

Ministro, Firenze chiede da anni una legge speciale come quelle di cui godono Venezia e Roma e a lei l’idea piace. Cosa pensa di fare?
«Bisogna sedersi tutti attorno a un tavolo, a cominciare dal sindaco, con i soggetti che rappresentano gli interessi e i bisogni della città. Firenze ha perso la sua occasione per la legge speciale nel 1966, dopo l’alluvione. Venezia, invece, pur in secondo piano in quei giorni, ha saputo elaborare una linea politica e istituzionale che ha portato alla definizione delle leggi speciali».

Lei da dove comincerebbe?
«Abbiamo due pressioni sulla città: l’invasione, direi quasi l’alluvione, del turismo di massa e l’evidente permanere del problema del traffico che di sicuro causa danni anche al patrimonio monumentale. Credo sia necessario lavorare su questo».

Il Pdl prima e il sindaco Renzi poi, insistono da tempo sulla legge speciale.
«Sì, ma bisogna procedere tutti assieme. Chi va da solo non arriva da nessuna parte. In Parlamento ci sono molte altre città e regioni italiane che avanzano richieste. Bisogna individuare un percorso credibile, sostenibile, che anche il resto del Paese possa condividere».

Chi farebbe sedere a quel famoso tavolo?
«I soggetti economici, sindacali, commerciali, il comune di Firenze e gli esponenti del mondo della cultura. Cito Venezia perché è l’unico precedente. Bene, in quel ‘comitatone’ ci sono esponenti dei privati, associazioni, fondazioni, enti internazionali».

Sta dicendo che non basta una gita ad Arcore.
«Quello veneziano è un percorso elaborato da tutte le forze politiche, fra i primi anni ’70 e la metà degli anni ’80. Non può decidere un sindaco o un ministro. Così non si va da nessuna parte».

Il sindaco qualche idea ce l’ha.
«Ecco. Si parte da idee e non da pretese. E da idee credibili in un contesto nazionale».

Patrimonio artistico-monumentale da tutelare dal traffico. Lei vorrebbe pedonalizzare Firenze?
«Di questo deve parlare il tavolo. Io non faccio l’assessore al traffico».

Viene spesso a Firenze?
«A Firenze e in Toscana. Quattro o cinque volte all’anno».

Parliamo del nuovo auditorium del Maggio, del cantiere dei Grandi Uffizi, loggia Isozaki compresa...
«Per l’auditorium della Musica c’è bisogno di molti soldi ancora, così come per i Grandi Uffizi. La questione della pensilina di Isozaki, poi, è annosa. Quindi abbiate pazienza. Voglio riflettere. Prima di decidere bisogna ascoltare e capire. Firenze sarà una priorità nella mia attività di governo. La legislatura ha poco tempo davanti. Non credo vedrò ultimati gli Uffizi, ma già dare certezza nei finanziamenti sarà tanto. E questo vale anche per l’auditorium del Maggio».

A proposito di Maggio Musicale, le casse della Fondazione e del Festival piangono.
«Mettiamo subito in chiaro una cosa. Sono convinto che nel sistema culturale della lirica ci sia bisogno di un pesante intervento perché sprechi, parassitismi, corporativismi sono quelli che conosciamo dalle cronache dei giornali da anni. E a volte si perde anche la pazienza».

Si riferisce a Firenze?
«No. Vale per la Fenice, come per il Maggio o per la Scala. E’ un sistema cui va messo mano. Non farò in tempo a fare una vera opera risanatrice ma qualcosa bisognerà fare perché le spese sono pazzesche. I finanziamenti pubblici sono indispensabili. Ma c’è bisogno anche dei privati. E per questi ultimi bisogna avere le carte in regola».

Ha detto di voler coinvolgere di più i privati nei musei. Come?
«Servono procedure più chiare e trasparenti nelle gare. Se da una parte c’è il manager privato, dall’altra devono esserci le sovrintendenze, gli storici dell’arte. E la priorità va assegnata a chi ha scelto di stare dalla parte dello Stato».
Che ne pensa dei project financing per la cultura?
«Ci sto pensando. Ma voglio prima valutare bene».

Il Polo Museale, ma anche la Biblioteca nazionale e l’Opificio delle Pietre dure faticano a tenere aperte tutte le loro sale ogni giorno. Manca il personale e i fondi per pagarlo.
«Per l’Opificio delle pietre dure bisogna davvero fare presto e bene, perchè ci sono capacità professionali di alto artigianato che non possono andare perdute. E’ una emergenza. Mi auguro di poter fare bene e presto».

E per la biblioteca nazionale?
«Gli interim non possono andare all’infinito, questa è una delle malattie dei beni culturali in Italia. O si dirige la Marciana a Venezia o la Nazionale a Firenze. E ci sono le professionalità interne per farlo».

Sulla carenza di personale non si sbilancia.
«Non faccio promesse a vuoto. Devo studiare la situazione. Sono stato spesso polemico con Tremonti, ho già detto che non voglio fare il suo sottosegretario, nel senso che non intendo soccombere ai suoi tagli. Però Tremonti ha le sue ragioni. Sta tenendo a galla la barca della nostra economia in una mare assai tempestoso».

Il sindaco Matteo Renzi è stato più volte protagonista di bracci di ferro con il suo dicastero e con i sovrintendenti, che ne pensa di questo giovane ‘rottamatore’?
«Incontrerò il sindaco al più presto e sono certo che, avendo entrambi a cuore il bene di Firenze, andremo d’accordo. Ho fatto il presidente della Regione per 15 anni e sono portato a stare dalla parte dei sindaci e dei governatori. E’ la mia storia».

Fra meno di un mese c’è l’inaugurazione del Maggio Musicale Fiorentino con l’Aida di Ozpetek, ci sarà?
«Assolutamente sì. Voglio esserci per la prima del Maggio Musicale, il 28 aprile. Spero che le attività del governo me lo permettano. Ci tengo molto».
Pa.Fi.

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