mercoledì 6 aprile 2011

Mezzogiorno-Sera. 6 aprile 2011.

Lombardo: «Miss Italia a Lampedusa per rilanciarne l'immagine dell'isola»

Immigrati, assessore Comune Napoli: Tribunale verifichi presenza minori

Molise. Mammografia? Mission impossible

Rifiuti, lo Stir si guasta: si aggrava l’emergenza

Ginosa Marina. Alluvione, arrivano i volontari e i residenti vanno dal prefetto

L'Aquila: 309 rintocchi di campana ricordano le vittime del terremoto di due anni fa.

«In Tunisia non puzzavo così tanto»

Bari. Troppi tagli, tasse alte e studenti in fuga


Lombardo: «Miss Italia a Lampedusa per rilanciarne l'immagine dell'isola»
Il governatore: venite qui per le vacanze pasquali
I proprietari di Villa Due Palme: trattative in corso
PALERMO - «Rispetto all’ipotesi di cui ho letto sui giornali di portare in Sicilia la finale di Miss Italia, credo che al momento non ci sia nulla di concreto ma gli assessori competenti valuteranno, spero positivamente, se investiti dalla problematica e soprattutto se l’ipotesi è quella di realizzare l’evento a Lampedusa».

RILANCIARE IMMAGINE ISOLA - Lo scrive sul suo blog il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo parlando della necessità di un rilancio d'immagine per l'isola. «Lo dico a tutti, a partire dai siciliani», continua il governatore, «ci si potrebbe organizzare per andare a trascorrere le nostre vacanze pasquali a Lampedusa o nelle altre nostre isole dove scopriremo cose che non conosciamo della Sicilia». «Sono pezzi di Sicilia poco conosciuti con un mare pulito che non ha niente da invidiare rispetto alle solite mete turistiche», conclude, «una terra bellissima con gente ospitale e generosa, dove si mangia benissimo e dove si può trascorre una vacanza senza dover affrontare costi enormi. Anche questa estate programmiamo una vacanza accanto ai nostri fratelli e amici lampedusani».

LA VILLA DEL PREMIER - Intanto continua la trattativa per l’acquisto, annunciato dal premier Silvio Berlusconi durante la sua visita a Lampedusa, di Villa Due Palme. Lo conferma direttamente una delle proprietarie, Caterina De Stefani, nipote della scrittrice palermitana Livia De Stefani e figlia di Giuseppe De Stefani, l’aristocratico siciliano che comprò negli anni settanta quel terreno a dieci metri dal mare e vi costruì una villa bianca e mediterranea che appunto il Presidente ha annunciato di volere acquistare. Sarebbe la sua 29/a residenza, dicono gli esperti.

LA PROPRIETARIA: «SIAMO IN TRATTATIVA» - Il premier, nel corso della sua visita a Lampedusa mercoledì scorso, aveva detto di averla già comprata dopo averla vista la notte prima su internet. Nei giorni seguenti sia il presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo, sia alcuni giornali e molti blog hanno definito la notizia una bufala. Lombardo ha raccontato che il presidente aveva cambiato idea perchè la casa era troppo vicina all’aeroporto. La proprietaria chiarisce la vicenda: «Come tutte le compravendite del mondo anche questa ha i suoi tempi. Che mi auguro rapidi. Gli avvocati stanno facendo la loro parte e noi aspettiamo il buon esito della trattativa».

LE VOCI SUL PREZZO D'ACQUISTO - La proprietaria della villa smentisce anche le voci circolate circa il prezzo d’acquisto, che oscillerebbe tra i due e i quattro milioni: «Questa sì è una bufala», assicura, «la cifra è molto, molto inferiore. Ma saremo noi a darvi notizia quando l’affare si chiuderà». Il titolare dell’agenzia Immobiliare Vulcano Consult, Alfredo Gennaro D’Agata, che ha il mandato per la vendita, conferma che «la trattativa è in corso di definizione» e aggiunge di avere ricevuto «almeno 30-40 manifestazioni di interesse non solo da parte di italiani ma da potenziali acquirenti di tutto il mondo, dalla Russia agli Stati Uniti».
Valeria Catalano

Immigrati, assessore Comune Napoli: Tribunale verifichi presenza minori
Napoli, 5 apr (Il Velino/Il Velino Campania) - Profughi tunisini, interviene l'assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli Giulio Riccio. “È inaccettabile proseguire con il modello delle tendopoli- dichiara Riccio -. E' un sistema vergognoso di accoglienza. Il ministro Maroni, che da mesi sapeva quanto stesse diventando esplosiva la situazione dei paesi del Maghreb, trovi una soluzione alternativa, degna di un Paese civile. Con le tendopoli si acuisce la tensione sociale, rafforzando la sbagliata equazione immigrato uguale pericolo pubblico. Così si sposta il centro dell'attenzione soltanto sul piano dell'ordine pubblico ed è un errore molto grave, che svela una volta di più il volto xenofobo del centrodestra di governo che è sin troppo condizionato dalle politiche razziste della Lega”. Per lesponente di Sel “desta particolare preoccupazione - sottolinea Riccio - la notizia che qui in Campania siano arrivati anche tunisini minorenni. Invitiamo il Tribunale dei Minori e la competente Procura a verificare la loro presenza a Santa Maria Capua Vetere e le loro condizioni di salute fisica e psicologica, in modo da poter avviare tutte le procedure del caso per assicurare a chi è più debole tra i deboli l'assistenza che gli spetta di diritto”.
(rep/com) 5 apr 2011 19:44

Molise. Mammografia? Mission impossible
San Timoteo Per effettuare l'esame clinico si dovrà attendere addirittura il 2012. Antonella Salvatore Una mammografia al San Timoteo di Termoli? «Ritenta nel 2012, forse sarai più fortunato». Questa la risposta del Centro prenotazioni dell'ospedale termolese a coloro che si sono presentati allo sportello per prenotare l'importante esame diagnostico che è tra i primi accertamenti per lo «screening» tumorale. Purtroppo per i pazienti della costa molisana e dell'area del cratere l'attesa per essere sottoposti al controllo clinico nel presidio locale, sarà piuttosto lunga. Le prenotazioni per l'accertamento sono bloccate in quanto già tutto pieno per l'interno anno, quindi, il Servizio Pass-Cup non accetta nuovi utenti. Per il 2011, dunque, la mammografia resta una «mission impossibile». Si potrà sperare in meglio nel 2012 sempre, se nel frattempo, non è troppo tardi. Coloro che dovranno effettuarla con una certa urgenza, devono rassegnarsi a rivolgersi altrove magari pagando parcelle private. Al Vietri di Larino, se non si ha troppa fretta, è possibile prenotarlo attendendo 6 mesi. Gli utenti che si sono recati in questi ultimi giorni al San Timoteo, hanno una sola possibilità per effettuarla: aspettare la fine di settembre, se tutto va bene naturalmente, oppure sperare che qualcuno dei prenotati rinunci e magari riuscire ad essere sottoposti all'esame al San Timoteo prima della fine dell'anno. Insomma dopo l'Isteroscopia, anche per la mammografia bisogna ricorrere alla «dea bendata» ovvero la fortuna. «Sono rimasta senza parole quando l'ho scoperto – ha dichiarato una delle utenti che si è recata allo sportello prenotazioni del presidio di Termoli per la prenotazione dell'accertamento –. Ho fatto una fila di due ore circa e poi mi è stato detto di ritentare tra qualche mese per controllare se c'era qualche rinuncia, altrimenti prima del 28 settembre al Vietri di Larino non si potrà fare. E' incredibile per non dire vergognoso. La mammografia rientra tra gli "screening" per la prevenzione del tumore al seno ed è un esame di estrema importanza per le donne soprattutto dai 40 anni in poi. Attendere un periodo così lungo è inaudito soprattutto se si ha bisogno urgentemente della diagnostica. L'unica strada che resta se la si vuole fare entro l'estate è rivolgersi in strutture private ma questo non è assolutamente giusto». In molti in questi giorni hanno iniziato un «tour» presso alcune strutture convenzionate per verificare la possibilità di efettuarlo in tempi meno lunghi ma fino a questo momento senza molta fortuna.

Rifiuti, lo Stir si guasta: si aggrava l’emergenza
La situazione già era grave, ora ci si mettono anche i problemi tecnici. L’impanto Stir di Giugliano si è bloccato per un guasto, forse dovuto anche al sovraccarico di lavoro. Il problema ha rallentato ancora di più la raccolta dei rifiuti a Napoli, che già procedeva a singhiozzo. Tanto che l’assessore comunale all’Igiene urbana, Paolo Giacomelli, non nasconde le preoccupazioni: «Mai vista la periferia tanto sommersa dai rifiuti, e nemmeno il centro si salva. Una situazione che mette in pericolo la salute pubblica». E intanto il Comune e la Regione continuano a litigare. Nuovo scambio di accuse tra il sindaco Iervolino ed il governatore Caldoro, con il suo assessore all’Ambiente Giovanni Romano.

Ginosa Marina. Alluvione, arrivano i volontari e i residenti vanno dal prefetto
Martedì 05 Aprile 2011 13:37
GINOSA MARINA - Il comitato Terre Joniche si mobilita nuovamente, mentro da Roma il Governo manda i volontari della Protezione civile per iniziare a fare la conta dei danni causati dall’alluvione del primo marzo scorso.
Dovevano arrivare in mattinata, ma il soprallogo è slittato al primo pomeriggio. I volontari della Protezione civile saranno guidati da una delegazione locale che mostrerà loro cosa resta di case e campagna dopo quella terribile notte. Partiranno dalle abitazioni di contrada Marinella finite sott’acqua per passare poi in via delle Libellule e ancora alla foce del fiume Galaso i cui argini, straripando, hanno innondato strade e campagne. Infine raggiungeranno il villaggio Torre Serena e l’adiacente pineta. Comune, Provincia e Regione hanno già indicato in oltre 100 milioni di euro il danno complessivo. Ora toccherà agli uomini della Protezione civile confermare la cifra prima di poter sperare in un aiuto dello Stato. Gli aspettano con ansia i residenti che, intanto, si mobilitano. Dopo la manifestazione di protesta inscenata a fine marzo torneranno in piazza e sono pronti ad occupare la statale 106. Questa volta sembrano intenzionati a farlo davvero. Domani, in contemporanea, due delegazioni del comitato spontanto “difendiamo le Terre Joniche” incontreranno i prefetti di Taranto e di Matera, per sollecitare interventi. In piazza V. Veneto a Matera sarà installato lo “sfangatoio” ovvero una struttura fatta di beni distrutti dall’alluvione. Giovedì, invece, a Ginosa è previsto un sit-in sui binari della stazione e venerdì e sabato alle tavole Palatine a ridosso della SS 106 Jonica. m.d.b.

L'Aquila: 309 rintocchi di campana ricordano le vittime del terremoto di due anni fa. Oltre ventimila aquilani hanno atteso in Piazza Duomo le 3,32, l'ora fatale in cui il 6 aprile del 2009 una violenta scossa di terremoto di magnitudo 6.3 distrusse il capoluogo e altri 56 paesi, provocando 309 vittime e oltre 1.600 feriti. Nella piazza - che quella notte raccolse migliaia di cittadini feriti, spaventati e sgomenti - il mesto silenzio viene interrotto da 309 rintocchi della campana della chiesa delle Anime Sante, accompagnati dalla lettura dei nomi delle altrettante vittime del sisma.

Quello che era lo storico ritrovo degli aquilani si è riempito gradualmente nelle ore, fino ad accogliere tutto il corteo che, senza alcun incidente, dalle 21:30 era partito dalla Fontana Luminosa e aveva percorso alcune delle poche strade del centro storico messe in sicurezza.
Al corteo hanno partecipato anche i rappresentanti di comitati ed associazioni per le vittime di altre sciagure, come quelle di Viareggio e della Moby Prince.
6 aprile 2011

«In Tunisia non puzzavo così tanto»
Tanti i migranti che chiedono il rimpatrio
A Manduria, sono 827 invece le richieste di asilo politico
Aumenta il numero delle persone che vuole andarsene MANDURIA - «Io sono venuto qui perché credevo che l’Italia fosse bella come quella che vedevo nei film: donne, eleganza, discoteche, democrazia. Mi sembrava il paradiso. Invece ho trovato l’inferno. Non sono mai stato così sporco in Tunisia, non ho mai puzzato così». Mohamed, 28 anni, di Sfax, «la capitale del Sud», è fra i maghrebini che ha chiesto volontariamente il rimpatrio. Tanti, fra i migranti arrivati da Lampedusa, chiedono di restare nel nostro Paese. Ma è bastato qualche giorno a Manduria per invertire la tendenza.

E’ questa la vera sorpresa emersa da un paio di giorni nel campo di accoglienza di Manduria. Sono 827 gli immigrati ospitati nella tendopoli, sorvegliati da 500 uomini delle forze dell’ordine, che ad oggi, hanno presentato istanza per avviare l’iter per ottenere asilo politico o un permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari. Da due giorni, però, una parte dei migranti comincia lentamente a chiedere il rimpatrio. Non importa loro del denaro buttato al vento, dei mille e passa euro pagati agli scafisti, del pericolo affrontato in mare con la speranza di una nuova vita. Pur sapendo di essere consegnati ad un’esistenza durissima in un Paese dove la rivoluzione è da troppo poco tempo alle spalle. Sette sono state l’altro giorno le richieste di rimpatrio e 12 ieri. Ogni giorno, però, si registra un numero crescente di persone che vuole andarsene. Le operazioni non sono immediate quanto gli immigrati potrebbero augurarsi. Anche qui la burocrazia italiana obbliga tutti a passare da una serie di step: prima da Bari in un centro di accoglienza per qualche giorno, poi a Roma dove i maghrebini ottengono il visto dell’ambasciata e, quindi, l’imbarco. Mohamed è fra quelli che non vede l’ora di levare le tende. Basti pensare che da 20 giorni è ancora in ciabatte: per il suo piedone che calza un 46, nessuno si è preoccupato di reperirgli un paio di scarpe, spiega.

Il padre di Mohamed è direttore di un albergo e la madre è una giornalista. Il tenore di vita della sua famiglia è alto e Mohamed ha scelto di partire solo perché voleva raggiungere la sua ragazza, Monica di 23 anni, in Belgio. Per amore, si è trovato ad affrontare l’inferno. «Sono arrivato 20 giorni fa a Lampedusa, poi sono stato portato qui. Ho raggiunto a piedi, in ciabatte, la stazione di Oria e lì ho preso il treno per Bari, dove poi sono andato a Modena». A Modena, Mohamed è stato beccato e riportato indietro in modo non indolore: sono volate manganellate di cui porta ancora i segni dietro al collo. «I miei genitori me lo avevano detto. Ma non mi aspettavo questo: sono sotto choc. E’ una dittatura, altro che democrazia. La gente è ok, ma il resto... E’ questa l’Europa? Se la mia ragazza mi ama verrà in Tunisia». Perchè non partire per vie legali? «Nel mio Paese è difficilissimo». Scegliendo gli scafisti ha visto la morte negli occhi. Ora continuerà a studiare alla facoltà di ingegneria aereonavale. Intanto, nella tendopoli la situazione è tornata tranquilla. Ieri mattina, alla stazione di Oria, maghrebini e oritani giocavano a pallone. Dietro questa apparente serenità ritrovata, si aspetta di conoscere il contenuto dell’intesa che è stata raggiunta, ieri, dopo quasi nove ore di colloqui, tra il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e il suo omologo tunisino. Solo oggi si saprà nel dettaglio il contenuto dell’accordo. Il vero spettro che aleggia sul campo di Manduria sono i rimpatri. Tutti sperano che, alla fine, il governo italiano concederà il tanto atteso permesso di soggiorno temporaneo. Nonostante l’espressivo dito medio di Bossi sulla necessità di «chiudere il rubinetto e svuotare la vasca».
Lorena Saracino

Bari. Troppi tagli, tasse alte e studenti in fuga
Secondo i docenti «ci aspettano anni bui»
Corsi ridotti e numero chiuso distruggono l'Università
«Se non c'è ricerca, la qualità didattica è penalizzata»
BARI - «Ci aspettano anni bui, con il rischio anche di un allontanamento degli studenti da Bari. Tutte le scelte fatte fino ad ora non sono altro che il risultato degli sperperi del passato e delle poche risorse economiche a disposizione». Professori e studenti tracciano un quadro sul futuro dell’Università Aldo Moro. Negli ultimi due anni l’ateneo ha dovuto affrontare scelte difficili per colmare soprattutto il buco nel bilancio: aumento delle tasse, riduzione dei corsi di laurea, e da ultimo un ridimensionamento del numero chiuso.

LE OPINIONI DEI DOCENTI - «Personalmente - spiega Antonio Iannarelli, docente di Giurisprudenza e primo garante del codice etico - sono molto scettico sull’attuale situazione. In passato è stata avviata una politica demagogica: i corsi sono stati gonfiati in maniera indiscriminata. Adesso si è costretti a fare un passo indietro. Obiettivamente credo che non ci sia possibilità di miglioramento: l’attuale realtà economica non è in grado di sostenere l’università. Senza dimenticare che questo ateneo non ha dato in passato un’immagine positiva di sé tale da attrarre risorse». Iannarelli fa riferimento alla decisione di ridurre gli accessi per il numero chiuso. «Alla base non ci sono ragioni legate al mondo del lavoro, ma alla mancanza di risorse». E conclude: «In passato si sono accumulate delle leggerezze: demagogia, faciloneria ed ora si scontano le conseguenze. La mia preoccupazione è che finito il periodo di magra ci si lasci andare di nuovo». Gino Vonghia, docente di Agraria e componente del consiglio di amministrazione, parla di «scelte difficili derivanti da una situazione pregressa». «Ci troviamo senza fondi per la ricerca - spiega Vonghia - e se non si va avanti con la ricerca, è la qualità didattica che ne subisce le conseguenze. Anche la disattivazione di alcuni corsi è una scelta dovuta, eppure quegli stessi corsi permettono agli studenti di trovare lavoro. Bisogna quindi darsi da fare: senza risorse come si fa a formare i giovani, come si fa a mantenere uno standard elevato? Il futuro dell’Ateneo - conclude - risente poi di tutto un discorso di familismo, di nepotismo che si è determinato all’interno non solo dell’università di Bari, ma a livello nazionale». Scettici anche gli studenti.

LA PAROLA AGLI STUDENTI - «La situazione è pessima - commenta Leonardo Madio di Link - in questi anni si è portato avanti un taglio indiscriminato delle borse di studio, dei servizi per gli universitari. Lo studente è quindi costretto a parità di servizi (medio -bassi) a trasferirsi al Nord, dove riesce, paradossalmente, a trovare una borsa di studio con maggiore facilità». Giuseppe Belvedere di Studenti Indipendenti, parla di «un sistema universitario nazionale come un cantiere a cielo aperto». «L'ateneo barese - aggiunge - ha dovuto mettere in piedi un piano di rientro "lacrime e sangue" per risanare un deficit di circa 50 milioni. Creando anche un paradosso tutto nostro: più tasse per meno servizi. E' estremamente difficile cercare anche di concepire un'università di massa che sia allo stesso tempo di qualità. Se gli spazi per fare lezione, per i servizi comuni sono ridotti, se il corpo docenti è limitato, e gli studenti sono l'unica variabile in aumento, il sistema è condannato al cedimento. In questo momento diventa determinante il lavoro sullo statuto». Più positivista Laura De Marzo, di Azione Universitaria. «Abbiamo dovuto fare i conti con il disavanzo di bilancio, il blocco delle assunzioni, l'aumento delle tasse e i tagli ai servizi agli studenti, ma piangersi addosso non serve:: il sistema nel suo complesso - spiega - prima di oggi non si era mai messo in discussione perché prima si navigava nell'oro o così sembrava. Oggi abbiamo preso coscienza dell'effettivo stato delle cose: le difficoltà hanno condotto il sistema all’autocritica».
Samantha Dell'Edera

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