domenica 10 aprile 2011

Federali-Sera. 10 aprile 2011. Padova. Troppo frequentemente siamo costretti ad assistere a episodi di intolleranza e violenza nei confronti di avversari politici - avverte Zaia - il punto è proprio questo; qualcuno confonde il confronto con lo scontro e considera gli avversari come nemici.----Bozen. Si parte dal corso di Retorica per arrivare agli Elementi di psicopatologia, passando per i Valori etici nella gestione del personale. Poi ancora: Stress-no grazie, Comunicazione professionale al telefono, Autostima al femminile, Dire di sì ai propri no, Il bon ton di oggi.

Luis rifugiato alpino:
Bozen. Personale: corsi per 1,5 milioni di euro
Bozen. E il telegrafo annunciò la guerra
Bozen. Il Cai Alto Adige: «Gestione in comune con l'Alpenverein per i 25 rifugi alpini»
Merano. Il centro Jungle riparte azzerando il personale
Bressanone. Via Tridentina, dietrofront della Svp
Trento. Boom di evasori .

Ma come si pronuncia Zaia?
Padova. Zaia: "Sono preoccupato per il clima politico"
Ferrara. Profughi, si muove il volontariato
Liguria. «Haven, i fondali persi per sempre»

Galoppini, cacciatori di voti, pizze, santini:
Pavia. Caccia ai voti, è più difficile


Bozen. Personale: corsi per 1,5 milioni di euro
Per i dipendenti seminari sul «bon ton», l'autostima e su come si risponde al telefono.
BOLZANO. Nel 2011 la Provincia spenderà un milione e mezzo di euro per la formazione e l'aggiornamento del personale provinciale. Il piano di attività è stato messo a punto dall'Ufficio sviluppo personale. Si calcola che un giorno di corso costi in media mille euro. Il programma si suddivide in corsi generici (105 mila euro), formazione specifica (204 mila), corsi di lingua (80 mila), altre iniziative (un milione).  Tra i tanti corsi sicuramente importanti, perché riguardano la formazione specifica di dirigenti e personale di uffici e ripartizione, oltre all'aggiornamento continuo rispetto a nuove normative e tecnologie, ce ne sono alcuni, nella categoria dei corsi generici, singolari almeno a vedere il titolo: si parte dal corso di «Retorica» per arrivare agli «Elementi di psicopatologia», passando per i «Valori etici nella gestione del personale». Poi ancora: «Stress-no grazie», «Comunicazione professionale al telefono», «Autostima al femminile», «Dire di sì ai propri no», «Il bon ton di oggi». «Apprendimento continuo: l'apprendimento nella mia biografia».  «Contrariamente a quanto potrebbe pensare qualcuno - dice Engelbert Schaller, capo della ripartizione personale della Provincia - questi sono soldi ben spesi. Anzi, a mio avviso si dovrebbe investire di più nel settore della formazione del personale. È indispensabile per garantire un buon servizio e in futuro lo sarà sempre di più. Le grandi aziende private - quelle che vengono sempre additate alla pubblica amministrazione come esempio da seguire - spendono molto per la formazione e l'aggiornamento del personale, nella consapevolezza dell'importanza del capitale umano».  Ma un corso di retorica per dirigenti che senso ha?  «Comunicare è un'arte e per un dirigente è fondamentale la capacità di comunicare con i collaboratori. L'ottenimento o meno di un determinato risultato dipende spesso dal modo in cui si trasmette un messaggio». Passi il corso di retorica ma gli «Elementi di psicopatologia» a cosa servono? «Tantissimo, visto che il dirigente si trova, nel corso della carriera, a gestire persone con problemi di tipo psicologico».  Anche i sindacati che in genere si trovano su posizioni opposte rispetto a quelle del capo del personale, in questo caso concordano: «I titoli - ammette Gianluca Moggio, segretario del Gs, il sindacato dei provinciali - alle volte possono apparire singolari, ma in linea di massima sono corsi molto importanti per la formazione del personale. In particolare quelli che riguardano la comunicazione. Guardando dall'esterno sembra scontato che un dirigente debba saper comunicare con i propri collaboratori. In realtà, le cose sono più complesse e proprio per questo richiedono una formazione ad hoc. Ci sono ripartizioni con 3-400 persone. Un numero elevato nel quale troviamo dall'operaio all'ingegnere. Un dirigente deve usare un linguaggio che tutti capiscano e li faccia sentire parte di un gruppo capace di raggiungere determinati risultati».  I costi dei singoli corsi non sono un po'elevati?  «So che la Provincia in questo caso è molto attenta alla spesa e c'è un tetto massimo di compenso per i relatori. Non sono ammesse eccezioni». (an.ma)

Bozen. E il telegrafo annunciò la guerra
L'unità d'Italia e l'Austria: anche le comunicazioni stavano cambiando
di Barbara Gambino
Garibaldi si sarebbe diretto ad Arona e avrebbe l'intenzione di far insorgere la zona di Como». Nel testo originale: «Garibaldi soll sich gegen Arona gewendet und die Absicht haben, die Gegend von Como zu allarmieren». Innsbruck, 25 maggio 1859, ore 10 e 5 minuti. Questo dispaccio di guerra austriaco che riporta i movimenti delle truppe garibaldine durante la seconda guerra di indipendenza è un telegramma, ricevuto a Bolzano mezz'ora dopo la sua trasmissione. Inventato nel 1850, il telegrafo era lo strumento più innovativo dell'epoca nell'ambito della comunicazione e veniva usato dall'Impero asburgico per aggiornare rapidamente i distretti sugli sviluppi del conflitto contro gli indipendentisti italiani. Da Vienna la linea telegrafica univa Trieste, Innsbruck, Verona, e Milano. Trascritto a mano, questo avanguardistico bollettino di guerra, assieme ad altre testimonianze salienti custodite nell'Archivio di Stato di Bolzano, è stato oggetto di una ricerca sulle «Guerre di indipendenza italiane viste da un territorio asburgico», condotta dalla direttrice Armida Zaccaria e da Harald Toniatti. I risultati dello studio verranno presentati lunedì in un convegno a Bolzano, proprio all'Archivio di Stato. «Abbiamo condotto questa ricerca in occasione del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia - spiega la dottoressa Zaccaria, attualmente alle prese con le ultime fasi di preparazione dell'incontro -. Il materiale esaminato si colloca tra il 1848 e il 1866, periodo che comprende le tre guerre d'indipendenza. L'elemento interessante è la prospettiva dalla quale abbiamo potuto analizzare quei decenni cruciali, visto che l'Archivio possiede la documentazione austriaca dell'epoca. Introdurrà in convegno Harald Tognatti presentando l'inventario dell'Archivio della Fortezza Spielberg, che raccoglie i documenti del carcere in cui erano stati
rinchiusi i Carbonari dopo i moti del 1821, vera e propria anticipazione delle guerre di Indipendenza».   Che
tipo di materiale avete preso in considerazione?  Abbiamo analizzato i fondi degli organi amministrativi e territoriali dell'epoca, i Kreisämter e i Bezirksämter, concentrandoci sui documenti militari e quelli denominati «presidial» ovvero le relazioni sulla sicurezza del territorio. È interessante notare come dagli inizi dell'Ottocento tutti gli atti amministrativi rivolti al Tirolo fossero bilingui, redatti in tedesco e in italiano, proprio come quelli di oggi. Sono proclami, ordinanze e, ovviamente, bollettini militari.  Una documentazione imponente...  Sì, ma abbiamo deciso di concentrarci su una trentina di quelle che riteniamo le testimonianze salienti per inquadrare il periodo storico.  Un esempio della documentazione che verrà presentata?  I proclami del feldmaresciallo Radetzky e dell'imperatore Francesco Giuseppe che incitavano gli Schützen a difendere i confini meridionali del Tirolo, seriamente minacciati; o quelli che sollecitavano le donazioni a sostegno delle truppe austriache. Ci sono ordinanze con le quali si organizzava il ricovero e la cura dei soldati feriti sia in case private, sia attraverso l'istituzione di strutture di emergenza predisposte dai comuni. Ne abbiamo trovata una esplicitamente dedicata al soccorso dei soldati dopo le battaglie di Solferino e San Martino del 1859. Sono fonti preziose per capire la ricaduta sul territorio dei conflitti in corso.  Qual era il clima che si respirava in quel periodo? I tirolesi dell'epoca si sentivano minacciati?  Non direi, almeno non l'area che abbiamo potuto studiare, che corrisponde all'odierno Alto Adige. E questo nonostante la vicinanza dei conflitti. La partecipazione bellica del Tirolo consisteva nella difesa autonoma del territorio da parte degli Schützen e nell'invio del reparto di fanteria dei Kaiserjäger all'esercito asburgico, ma la situazione a Bolzano non risentiva eccessivamente della guerra.  A cosa era dovuto questo clima di sicurezza?  Il nostro, intendo l'odierno Alto Adige, è sempre stato territorio a dominazione austriaca e difficilmente poteva sentirsi minacciato dai moti indipendentisti italiani. A Trento, poco più a sud, l'atmosfera era completamente differente. A questo proposito abbiamo rinvenuto un'ordinanza in cui si metteva in guardia la popolazione dagli infiltrati italiani che potevano tramare contro l'esercito austriaco. 

Bozen. Il Cai Alto Adige: «Gestione in comune con l'Alpenverein per i 25 rifugi alpini»
di Maurizio Dallago
BOLZANO. Segnaletica di montagna e rifugi alpini: questi i 2 temi più politici di cui si è discusso ieri all'assemblea del Cai Alto Adige. «Siamo per la toponomastica bilingue o trilingue nelle vallate ladine, come da Statuto», così il riconfermato presidente Broggi. «Siamo sempre disponibili alla gestione unitaria Cai-Alpenverein dei 25 rifugi passati dallo Stato alla Provincia, ma sottolineo che qui non siamo forestieri, essendo nati in questa provincia: l'Alto Adige è casa nostra e queste sono le nostre montagne», afferma Giuseppe Broggi davanti alla platea dei delegati. Il messaggio è chiaro, sia sui toponimi che sui rifugi.

Il Club alpino italiano non vuole essere solo spettatore e chiede il rispetto delle norme statutarie, anche per quanto riguarda la segnaletica di montagna. «Ci aspettiamo di conoscere la relazione della commissione che ha operato nell'ambito dell'accordo Fitto-Durnwalder, perché su questo argomento non devono esserci soprusi. Allo stesso tempo abbiamo cercato e trovato l'accordo sui 25 rifugi da gestire insieme all'Avs, ma poi è stato bloccato tutto da Durnwalder, adesso vediamo cosa succederà», sottolinea il presidente del Cai Alto Adige. Su questi rifugi, la giunta provinciale ha appena prorogato di un anno - il 2011 - la concessione al Cai, in attesa di definire chi dovrà prenderli in consegna dal 2012. Durnwalder punta ad una società mista composta da Cai, Avs, ma anche dalla Provincia, anche se ancora non c'è stato un incontro tra la parti che metta nero su bianco l'accordo.

Diversa la questione del rifugio «Bolzano al Monte Pez» di proprietà della sezione Cai di Bolzano e su cui non ci sono ancora decisioni definitive in merito, ovvero se tenerlo, oppure darlo alla Provincia in cambio di altri rifugi, magari più interessanti da un punto di vista alpinistico. «Ci piacerebbe essere riconosciuti finalmente come vera associazione alpinistica del territorio e le sezioni che hanno avuto in gestione queste strutture non sono state trattate in modo corretto dalla Provincia», ancora Broggi, secondo il quale «Palazzo Widmann non ha riconosciuto l'ottimo lavoro di manutenzione e di conduzione, fatto in oltre 80 anni di gestione di questi rifugi da parte del Cai». Dalla Provincia solo una lettera raccomandata per avvisare che le concessioni scadevano a fine 2010 e che nulla era dovuto dall'ente pubblico al sodalizio alpinistico. Per questo motivo il Club alpino ha
dato incarico ad un legale per tutelarsi sui beni, arredamenti ed attrezzature, presenti nei rifugi.

«Solo una forma di autotutela perché il Cai Alto Adige resta in ogni caso sempre disponibile a trovare un accordo di collaborazione per la gestione unitaria dei 25 rifugi, sul modello di quanto fatto per il servizio di elisoccorso provinciale con l'Alpenverein», evidenzia Broggi, chiudendo sulla segnaletica di montagna: «Voglio ribadire che il Cai Alto Adige ha sempre sostenuto e sostiene tuttora che le indicazioni debbano essere bilingui e trilingui nelle valli ladine: questo per una questione di rispetto delle popolazioni che vivono in Alto Adige e soprattutto dello Statuto d'autonomia che è legge costituzionale».

Merano. Il centro Jungle riparte azzerando il personale
Luca Ghiotti nuovo presidente, intanto il buco finanziario è salito a 230 mila euro.
MERANO. Jungle, il centro giovanile di via San Giuseppe, riparte da Luca Ghiotti. L'altro giorno il neoeletto direttivo dell'associazione Jugend Aktiv ha nominato il nuovo presidente. Azzerato anche il personale, mentre il buco finanziario sale a 230 mila euro.  Luca Ghiotti prende il posto del pediatra Gerhard Hölzl, diventato in tutta fretta responsabile del centro dopo l'arresto a Praga di Thomas Sigmund, che aveva guidato Jugend Aktiv fino alla fine di gennaio e la cui posizione si sarebbe aggravata negli ultimi giorni a seguito di accertamenti da parte della magistratura.  Hölzl aveva promesso un interregno breve, giusto il tempo per sbloccare la situazione e pagare gli stipendi dei dipendenti, visto che Sigmund era l'unico ad avere la firma in banca per conto di Jungle.  Il nuovo responsabile ora avrà il delicato compito di traghettare il centro giovanile fuori dalla turbolenza e riportare in linea le finanze dell'associazione con sacrifici per tutti. A partire dal personale. Nella sua prima riunione il direttivo, dopo aver sentito il parere dei vari collaboratori, ha decido di chiudere il rapporti di lavoro con i quattro dipendenti, compreso il direttore educativo Franco Clemens e l'impiegato che è addetto alla contabilità. Un rapporto di lavoro che è andato ad esaurirsi anche in seguito alle tensioni e al peso delle vicende degli ultimi mesi. Si ripartirà, e questo è sicuro, da un dipendente in meno. Per ora non si sa a chi verrà affidato l'incarico di direttore pedagogico del centro di via San Giuseppe.  Obiettivo dell'associazione ora è quello di predisporre un piano di rientro dei debiti, confidando sui contributi ordinari pubblici, sugli arretrati e su nuovi e vecchi sponsor in modo da riuscire a riportare l'equilibrio finanziario entro tre o al massimo quattro anni.  Proprio nei giorni scorsi il commercialista Luca Bordato ha consegnato in Comune la relazione stilata in seguito al monitoraggio della condizione finanziaria di Jungle. A lui si era rivolto il Comune, spaventato dalle voci e dai primi riscontri di Gerhard Hölzl. Il commercialista, dopo un paio di settimane di lavoro intensivo, ha presentato un bilancio che al 31 dicembre chiude con un deficit finanziario di 230 mila euro. La cifra però è destinata a ridursi nelle prossime settimane con l'incasso da parte dell'associazione dei contributi relativi al 2010 promessi e non ancora versati. Si parla di 55 mila euro, in qualche caso anche frutto di domande tardive su contributi giacenti in Provincia dal 2007. Se i quattrini individuati arriveranno tutti nelle casse di Jungle, il deficit si ridurrà a 175 mila euro complessivi.  Il nuovo presidente avrà il difficile compito di traghettare il centro giovanile verso acque finalmente tranquille e riprendere il lavoro di relazione con i giovani che si sono avvicinati alla struttura di via San Giuseppe. Un compito non facile, per il quale anche gli altri membri dell' esecutivo - dall'assessore Stefan Frötscher, ai consiglieri David Augscheller e Maurizio Emer - si sono messi a disposizione.

Bressanone. Via Tridentina, dietrofront della Svp
Dariz: «Mai promessa una strada per la Brigata. Col Pd non c'è accordo».
di Tiziana Campagnoli
BRESSANONE. La Svp non ha mai promesso l'intitolazione di una strada alla Tridentina. Semmai agli alpini, forma più idonea a rappresentare e a conservare un pezzo di storia italiana. A scendere in campo sono i vertici del partito, Leo Dariz e Sepp Kirchler, affiancati dal sindaco Pürgstaller.  Dopo la presa di posizione dei consiglieri d'opposizione, Stablum di Insieme e Blaas dei Freiheitlichen, firmatari di una mozione poi ritirata per la promessa del sindaco di stilare una lista con i nomi, facendo intendere di comprendere la Brigata Tridentina, la Stella Alpina ha deciso di uscire allo scoperto.  «Intendiamo chiarire una volta per tutte la posizione della Svp in merito al dibattito sull'intitolazione di una strada alla Brigata Tridentina - si legge nel comunicato congiunto dei tre rappresentanti della Svp - I colleghi dell'opposizione Stablum e Blaas, infatti, nel prendere posizione in merito alla vicenda affermano due cose non veritiere. In primo luogo, non è vero che il sindaco Puergstaller non mantiene le promesse. In occasione della seduta del consiglio comunale di fine novembre, infatti, ha promesso che entro la fine di aprile avrebbe presentato a tutti i capigruppo una proposta della coalizione in merito all'intitolazione di alcune strade, aprile non è ancora finito, e quindi prima di accusare i due consiglieri farebbero bene ad attendere la fine del mese. In secondo luogo, ed è la cosa più importante, né il sindaco né la Svp hanno mai promesso di intitolare una strada alla Brigata Tridentina, almeno non prendendo in considerazione questa nomenclatura. È vero che da anni c'è un dibattito aperto su questo tema, ma la volontà della Svp è quella di individuare un nome più generico, una forma adattata, tipo "alpini", per onorare i militari a lungo presenti in città e ricordare così un pezzo di storia italiana. La verità, dunque, è che non si è mai parlato di una strada alla "Brigata Tridentina". Il gruppo di lavoro Svp-Pd sta lavorando e presto sarà pronta una lista di proposte».  Più chiaro il capogruppo della Svp Leo Dariz che ammette che con il Pd, che spinge per il nome "Brigata Tridentina", l'accordo non è stato raggiunto. «Mai parlato di Brigata Tridentina, semmai di alpini, e la cosa viene discussa in questi giorni nel gruppo di lavoro. Con il Pd non c'è ancora un accordo, ma ritengo che presto la lista di nomi sarà pronta e presentata anche ai capigruppo dell'opposizione».  I vertici della Svp, dunque, negano di aver mai parlato di una strada da intitolare alla Brigata Tridentina, ma tre interventi, ben documentabili, dimostrano il contrario.  Nell'ottobre 2009 il sindaco Purgstaller, intervenendo alla cerimonia in occasione dell'adunata degli alpini, ha parlato apertamente e in pubblico di «una strada per la Brigata Tridentina»; nel dicembre 2009 su un documento del gruppo di lavoro della Svp si legge di «una strada per la Brigata Tridentina», e in un'intervista rilasciata nell'ottobre 2010 la cosa viene confermata sempre da Pürgstaller. Quindi, quella della Volkspartei è una decisa marcia indietro, che potrebbe anche compromettere o quantomeno guastare i rapporti con il Partito Democratico. 

Trento. Boom di evasori . Il Fisco: +71% nel 2010.
10/04/2011 08:47
TRENTO - Il Trentino si colloca al top della poco prestigiosa classifica nazionale in materia di evasione fiscale. Lo scrive l'agenzia Ansa citando dati «della lotta all'evasione nel 2010 dell'amministrazione fiscale, divisi regione per regione». I numeri sono sorprendenti per una provincia che, anche in materia fiscale, si è sempre considerata più virtuosa della media: nel 2010 in Trentino la maggior imposta accertata sarebbe stata pari a 121.880.301 euro, in aumento del 71,6% rispetto al'anno precedente.
Insomma siamo tra i contribuenti che pagano più tasse del paese eppure anche quelli che evadono di più. Il dato relativo al Trentino supera di gran lunga il livello medio nazionale (posto al 5,7%) e svetta persino rispetto alla Lombardia dove è stato raggiunto un risultato considerato record, con una presunta evasione accertata in crescita del +48,6%. I dati però mostrano un andamento molto altalenante, come dimostra per esempio il risultato dell'Emilia Romagna dove invece emergerebbe un calo della presunta evasione del 54,9%. Persino in Sicilia gli evasori sarebbero in diminuzione. Numeri che sollevano qualche legittima perplessità sulla reale attendibilità di queste cifre. Possibile che i trentini siano i più disonesti d'Italia o è la nostra Agenzia delle entrate la più efficiente nello scovare redditi non dichiarati al fisco?

Padova. Zaia: "Sono preoccupato per il clima politico"
Il governatore del Veneto esprime solidarietà alle vittime dell'aggressione e ringrazia le forze dell'ordine
PADOVA. ''Sono preoccupato per il clima complessivo che sta caratterizzando questa fase politica e istituzionale''. Lo afferma il governatore del Veneto, Luca Zaia, in relazione ai disordini di Padova di cui sono rimasti vittime esponenti della Lega Nord.

''Troppo frequentemente siamo costretti ad assistere a episodi di intolleranza e violenza nei confronti di avversari politici - avverte Zaia - il punto è proprio questo; qualcuno confonde il confronto con lo scontro e considera gli avversari come nemici''.

''Un attacco vile - commenta Zaia - nei confronti di persone che stavano pacificamente e democraticamente svolgendo la propria attività politica e partecipativa della vita amministrativa padovana. A loro giunga la mia solidarietà e il ringraziamento alle forze dell'ordine per aver impedito che l'aggressione potesse avere conseguenze peggiori''.

Ferrara. Profughi, si muove il volontariato
Offerti decine di posti in città e provincia, dubbi sulla soluzione-Casaglia
Sono una quarantina i posti letto già messi a disposizione da enti religiosi, associazioni di volontariato e imprese del settore ricettivo per l'accoglienza ai profughi. I privati hanno risposto rapidamente, con l'offerta di spazi attrezzati, all'appello lanciato l'altro ieri in Castello da Provincia, Comune e Prefettura. Intanto si cerca un sito alternativo a Casaglia per la prima accoglienza.  Ma la ricerca non è semplice. In provincia sette Comuni (Codigoro, Goro, Formignana, Tresigallo, Portomaggiore, Vigarano e Cento) sono già entrati in campagna elettorale per le amministrative di maggio ed è plausibile che saranno esclusi, per ora, dall'elenco dei siti disponibili. A Ferrara si sta ancora ragionando sul sito di Casaglia, le ex scuole elementari di via Ranuzzi, sede dell'associazione Vab (Protezione civile), ma non è l'unica postazione testata. Conti e valutazioni, ancora sommarie, li stanno facendo gli uffici della Protezione civile assieme ai rappresentanti degli enti locali.  Il piano dell'accoglienza sta prendendo corpo in queste ore ma è ancora al centro di trattative e consultazioni che - è presumibile - potrebbero protrarsi fino all'ultimo momento (e oltre). La prima verifica ad ampio raggio sarà compiuta lunedì mattina in Prefettura e nel pomeriggio in Provincia. Martedì tutte le informazioni saranno comunicate al tavolo della Cabina di regia regionale.  Ieri si è saputo che sul sito di Casaglia non è stata ancora presa una decisione definitiva. Le ex scuole non sembrano abbastanza spaziose per ospitare la prima ipotetica tranche di immigrati in arrivo dal sud. L'edificio però resta in auge come soluzione di prima accoglienza: qui potrebbero essere concentrati i flussi iniziali in ingresso.  Il nucleo previsto in arrivo a Ferrara la prossima settimana non dovrebbe superare le 60-65 unità; la prima accoglienza dovrà fornire ospitalità e garantire i controlli, poi ogni ospite potrà essere munito, se ne farà richiesta, di permesso di soggiorno temporaneo valido sei mesi. Il Comune però avrebbe espresso più di una perplessità sulla capienza della struttura. Ieri circolavano i numeri più disparati: 10-20 unità nello scenario più leggero, una quarantina di ospiti in quello che appare più legato ad una situazione di emergenza logistica (garantire più posti possibile nel tempo più breve).  L'assessore comunale Chiara Sapigni saluta con soddisfazione «la risposta positiva giunta dai privati» ma concorda con l'assessore Aldo Modonesi: 60-65 persone o più a Casaglia sono troppe. Si starebbe cercando quindi un sito alternativo, se non sarà reperito a breve l'ipotesi-Casaglia (dove si trova fra l'altro la sede con attrezzi e scenografie del Teatro Urga) potrebbe essere associata ad un altro luogo della città.  Finora a Ferrara ha dato la sua disponibilità l'associazione Viale K di don Bedin: una decina di posti letto, già liberi e attrezzati, reperibili fra la sede del sodalizio 'La Ginestra' di Cocomaro di Focomorto (2-3), l'area di Sabbioni (2-3), il dormitorio di via Modena (3-4) e un paio di appartamenti in città (solo per donne). Non ci sono posti, assicura don Bedin, in via Mambro, dove entro poche settimane, col trasferimento della mensa alla Rivana, resteranno solo 8 immigrati più gli uffici. «In alcuni dei nostri siti c'è spazio per ulteriori strutture di accoglienza, che però necessiterebbero di lavori», precisa Don Bedin. La società 'La Casona' ha offerto «una quindicina di posti a Ca' Frassinelle (tra Ferrara e Casaglia, ndr) preferibilmente ma non necessariamente destinati a minori», come riferisce il responsabile Francesco Foddis. Altre due o tre opzioni potrebbero spuntare in provincia (tra queste l'ex polo scolastico superiore di Copparo, già indicato e accantonato, ricorda il sindaco Nicola Rossi). Offerte sono giunte da associazioni di volontariato e da una struttura ricettiva. «Tutte le proposte saranno esaminate e vagliate lunedì in una riunione tecnica», conferma la presidente della Provincia Marcella Zappaterra. Per martedì sarebbero attesi i primi arrivi via mare a Ravenna. (gi.ca.)

Liguria. «Haven, i fondali persi per sempre»
10 aprile 2011   | Roberto Sculli
L’ULTIMA relazione dell’Arpal, l’agenzia per la protezione dell’ambiente ligure, viene scritta proprio in questi giorni. Vent’anni dopo, le carte, destinate all’assessorato regionale all’Ambiente, racconteranno i risultati delle sei ricognizioni sul relitto della Haven, ma sarà come incastrare una pietra tombale su una fossa vuota. Perché i soldi del risarcimento sono finiti da un pezzo e altri non ne arriveranno, mentre la vittima, il mare, è ancora lì. Vive eppure lo hanno ammazzato, soffocato con una colata di catrame dai confini indistinti. «Non esiste una mappatura dei fondali contaminati – ammette Rosella Bertolotto, dirigente della stessa Arpal – né si può sperare che le sostanze inquinanti vengano in qualche modo assorbite dall’ambiente. Ci sono alcuni batteri, in natura, che hanno la capacità di digerire il petrolio. Ma esistono in quantità molto limitate e non è detto si trovino proprio in quella porzione di mare». Così il catrame resterà, a perenne memoria. E questa, all’alba del 2011, è una delle poche certezze che emerge limpida dalle profondità. «L’acqua e i pesci sono monitorati – spiega Rossella D’Acqui, direttore scientifico dell’agenzia – non ci sono evidenze di una contaminazione. Tuttavia, non si può escludere che ciò che sta sui fondali circostanti abbia un impatto»

Pavia. Caccia ai voti, è più difficile
Le nuove strategie a un mese dalle elezioni
di Fabrizio Guerrini
PAVIA. I soldi se li sarà pure tenuti, come ha raccontato ai giudici. Ma i voti c'era chi glieli chiedeva. La deposizione di Mimmo Galeppi, segretario provinciale della Federazione poteri locali della Uil, al processo Trivi-Chiriaco sulla corruzione elettorale, alla vigilia delle provinciali ha acceso i riflettori sulla macchina del consenso politico in provincia di Pavia.

Galoppini, cacciatori di voti, pizze, santini: un armamentario che si sta mettendo in movimento in vista delle prossime provinciali. Gli operatori del consenso non hanno dubbi: sarà più dura e forse più divertente. Perchè il grande centro ex Dc e ex Psi confluito nel Pdl è frantumato tra Poma e Invernizzi, il Pd ha un candidato, Bosone che piace agli ex democristiani e la Lega, non proprio compatta, prova a piazzare delle teste di ponte a sorpresa.

Ma dove si pescano i voti? Quali sono i serbatoi del consenso che entrano in gioco? Dove operano in provincia i procacciatori di preferenze? Scudo e garofano. Le fabbriche al Pci. Gli ospedali e le Asl alla Dc. L'Asm con annessi e connessi al Psi. Ogni mondo con un suo riferimento politico. Si parte da qui quando finisce in provincia di Pavia la Prima Repubblica. Dalla fine degli anni Ottanta, l'accordo politico tra i partiti di massa, il Pci e la Dc, aveva riposizionato le quote del consenso sanitario, un po' più rosse l'Asl (o Ussl come si chiamavano allora), bianchissimi gli ospedali. Forza sanità. La Dc raccoglieva voti nel mondo sanitario. E anche nel mondo agricolo. Mondi che molto spesso si sono incrociati. Negli anni i partiti hanno esercitato un controllo serrato del consenso socio-sanitario.

Con la Seconda Repubblica il tesoretto sanità accumulato nel corso degli anni dalla Dc è passato in quota consenso di Forza Italia prima, del Pdl dopo. Un passaggio facilitato dal fatto che Giancarlo Abelli, big della Democrazia cristiana che aveva il suo quartier generale con affaccio sul San Matteo, era passato alle file
berlusconiane.

Il San Matteo con i suoi 4mila dipendenti, l'Asl con i suoi 700, significa un potenziale di 18mila voti se si tengono in considerazione quelli di familiari e amici. Chiesa e sociale Il mondo delle associazioni cattoliche e quello dei patronati (sono aumentati nel corso degli ultimi anni) si divide sul fronte del consenso. Maggioritario quello che si rivolge al Pdl. Ma il Pd, soprattutto quello di sponda ex democristiana che arriva dall'esperienza della Margherita, trova i suoi spazi. Soprattutto adesso che il candidato è Daniele Bosone, cattolico e gradito all'associazionismo.

Un gioco sottile che dovrebbe frenare, negli intenti, la Lega. «Ho fatto votare Albergati, poi mi sono mosso per Abelli, adesso non ho dubbi, faccio votare Bosone»: è la promessa di uno dei cacciatori del consenso. Promesse, appunto. L'uva del Carroccio. La Lega non sta a guardare. Ha messo più di uno zampino politico nel mondo della sanità pavese. Anzi, pochi mesi fa i vertici milanesi del Carroccio avevano detto chiaramente di puntare ai piani alti della sanità. I sindacalisti più navigati, poi, non hanno dubbi poi sul fatto che ciò che resta del voto operaio sia ormai terreno di conquista della Lega.

Ma c'è un altro campo dover il Carroccio mette radici, il mondo agricolo. Il senatore Roberto Mura è sempre presente a fiere agricole, rassegne vinicole, eventi nelle cantine sociali. Un tempo questo era il mondo di un altro senatore, uno dei miti della Dc pavese: Mario Campagnoli. La storia è cambiata. Tra le vigne spunta il Sole delle Alpi.

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