giovedì 7 aprile 2011

Federali-Sera. 7 aprile 2011. Azione a tenaglia. Emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e meno forte è la presenza dello Stato l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore. Cioè, appunto, nel mezzogiorno, visto che nel resto del paese, almeno secondo i dati dell'Agenzia delle entrate, il fenomeno dell'evasione è, se non altro, non così eclatante almeno in termini percentuali. Più controlli al Sud. ------Milano. La Moratti ha lavorato con Tremonti sul test che partirà dalla Lombardia e prevede un regime fiscale agevolato come a Londra: Con sgravi sulla finanza attireremo capitali e creeremo più occupazione.

Forza Oltrepadania:
Bressanone. Via Tridentina spacca la giunta

Immigrati, profughi o migranti:
Profughi. Ammessi Oltralpe solo se identificati
Bozen. Migranti: in arrivo 30 profughi, niente Cie in Alto Adige.
Padova.Il governo esclude trasferimenti da Lampedusa a Padova
Venezia. Ipotesi profughi, Scorzè si divide
Modena. Profughi: ecco le strutture per ospitarli
Firenze. Profughi, l’accoglienza a quota 89
Roma. Tragedia migranti, Berlusconi: messaggio di cordoglio
Roma. Immigrati, Maroni in Aula: Tutti i tunisini saranno rimpatriati

Avanti padania alla riscossa:
Padova. Chi è straniero nella propria nazione
Belluno. «Il turismo ha bisogno della sanità»
Belluno. La Lega Nord espelle Gianluigi Furlin
Milano. Meno tasse per chi vuole investire a Milano
Il Nord stringe la morsa sul fisco
Pavia. 'Sistema criminale, 8 anni a Capone'
Il progressivo gelo di Tremonti
Un’affittopoli anche a Savona
Pavia. Invalidi, record di permessi


Bressanone. Via Tridentina spacca la giunta
Pürgstaller: «Nulla di scontato. Il Pd faceva meglio a tacere». BRESSANONE. È polemica in giunta sull'intitolazione di una strada alla Tridentina. Il sindaco Pürgstaller non ha affatto gradito le anticipazioni del capogruppo del Pd Ghedina, che sulla Brigata intende puntare i piedi. «Sebbene ci fosse la consegna del silenzio - commenta Pürgstaller - c'è chi preferisce parlare. La Tridentina? Riconosco il ruolo che ha avuto in città, ma sulla nuova via non c'è nulla di scontato».  Ad uscire allo scoperto è stato il capogruppo del Pd Alberto Ghedina, che ha anticipato come nel gruppo di lavoro della maggioranza sulle nuove strade sia emersa la proposta di intitolare una strada agli alpini ma non alla Tridentina, come promesso a suo tempo dallo stesso sindaco Pürgstaller. La frenata c'è stata e i timori del Partito Democratico sembrano pertanto fondati. Certo, il sindaco non si aspettava che i suoi alleati decidessero di rendere pubblica la questione ancor prima che vi fosse una proposta concreta. Tra l'altro in discussione ci sono oltre venti nuove vie e Pürgstaller assicura che entro il mese di aprile sarà presentato anche ai capigruppo dell'opposizione un elenco completo, da discutere prima di approdare in consiglio.  «All'interno della maggioranza - sottolinea Pürgstaller - su questo tema c'era la consegna del silenzio, almeno fino a quando il gruppo di lavoro avrebbe avuto in mano una proposta concreta da girare ai capigruppo e da discutere assieme prima di approdare in consiglio comunale. Purtroppo devo constatare che qualcuno ha preferito affrontare prima la questione sui giornali, ritenendo questo metodo più utile».  Pürgstaller non nomina mai Ghedina, ma è chiaro che non ha gradito. Le esternazioni del Partito Democratico rischiano, a suo modo di vedere, di rallentare i lavori sul nuovo stradario. Il sindaco non cambia linea nemmeno quando gli si ricorda che qualche mese fa aveva dato ampie rassicurazioni ai suoi alleati sulla possibilità di intitolare una strada alla Tridentina.  «Per me non è certo un problema ricordare il ruolo importante avuto dalla Tridentina in città, ma di più non posso e non voglio dire. Sui nomi delle strade terrò la bocca cucita, come da accordi, ancora per qualche settimana». Pürgstaller promette quantomeno di voler stringere i tempi e assicura di essere intenzionato a coinvolgere le opposizioni. «Entro aprile tutti i capigruppo, anche quelli di opposizione, avranno in mano un documento con una ventina di nomi. Non sono ancora in grado di dire se, oltre alla questione Tridentina-Alpini, ci saranno altri nodi da sciogliere. Il gruppo di lavoro deve avere il tempo materiale per formalizzare la proposta». 

Profughi. Ammessi Oltralpe solo se identificati
di Marco Moussanet
Non sarà un incontro facile, quello di domani a Roma tra il ministro dell'Interno italiano Roberto Maroni e il suo collega francese Claude Guéant. Parigi sta infatti cercando proprio in queste ore di capire quali sono gli eventuali appigli giuridici all'interno del Trattato di Schengen e dell'accordo bilaterale siglato nel 1997 a Chambéry sulla libera circolazione per evitare di far entrare in Francia le migliaia di immigrati tunisini che nei prossimi giorni dovrebbero ricevere dalle autorità italiane un permesso di soggiorno temporaneo.

Il quale dovrebbe teoricamente consentire di spostarsi senza problemi nei 25 Paesi che fanno parte appunto dello spazio Schengen.
E intanto il Governo francese ha fatto trapelare tutta la sua irritazione, e la sua preoccupazione. Com'è evidente dai titoli di apertura del quotidiano Le Figaro, il più vicino alla maggioranza, di ieri: «L'Italia apre le porte dell'Europa ai rifugiati tunisini», «Roma offre la Francia agli immigrati tunisini».
Un problema in più nel già ricco e spinoso dossier dei difficili rapporti tra i due Paesi. Che saranno certo affrontati nel vertice del 26 aprile a Roma tra il presidente Nicolas Sarkozy e il premier Silvio Berlusconi, uno dei più attesi e importanti degli ultimi anni.
La domanda alla quale si tratta di dare una risposta è apparentemente semplice: con il permesso di soggiorno che verrà loro rilasciato dall'Italia gli immigrati entrati illegalmente da una delle frontiere dello spazio Schengen, quella di Lampedusa, potranno entrare in Francia oppure no?

Teoricamente sì, visto che per rilasciare i permessi le autorità italiane dovranno procedere all'identificazione e quindi i titolari di permesso dovrebbero essere dotati anche di un documento d'identità. Ma nelle pieghe giuridiche di accordi e trattati la Francia sta cercando il modo per rispondere «no».
Una Francia che, pur sostenendo di muoversi nel pieno rispetto delle norme internazionali, in questi giorni ha di fatto ricreato una frontiera a Ventimiglia. I controlli non vengono infatti effettuati sporadicamente in un'area di 20 chilometri dalla vecchia frontiera, come previsto dai trattati, bensì sistematicamente a ridosso della linea di confine.
D'altronde il ministero degli Esteri francese ha già espresso chiaramente la sua posizione. E cioè che quello dell'immigrazione non è un tema bilaterale. Il Paese che riceve gli immigrati clandestini se li deve tenere. L'Europa interviene sui due fronti dei costi e dei controlli, con aiuti finanziari e un rafforzamento di Frontex. La Francia sarà quindi al fianco dell'Italia nel pretendere da Bruxelles uno sforzo supplementare, ma non sarà disponibile a ospitare sul suo territorio immigrati illegali in provenienza dall'Italia.

E Guéant, l'ex segretario dell'Eliseo collocato da Sarkozy al ministero dell'Interno in questa delicata fase pre-elettorale in cui il partito di maggioranza Ump deve difendersi dall'estrema destra del Front National, ha una missione molto chiara: far capire ai francesi che sull'immigrazione il Governo ha una linea non dura, durissima.
Il primo segnale è arrivato un paio di settimane fa quando Guéant ha detto di capire «che a volte i francesi non si sentono più a casa loro». Il secondo tre giorni fa, quando il titolare dell'Interno ha annunciato che l'obiettivo delle 28mila espulsioni di immigrati illegali fissato per il 2010 «deve essere raggiunto e possibilmente superato». Il terzo è di queste ore, con un'intervista al settimanale del Figaro in cui sostiene che «anche l'immigrazione legale deve essere drasticamente ridotta»". Sia quella per lavoro (attualmente 20mila persone all'anno), sia quella per ricongiungimento familiare (15mila).
Un vero osso duro in questo momento difficile per l'Italia.
Come se non bastasse proprio ieri è arrivato il rapporto annuale sulle domande di asilo, 53mila nel 2010, in aumento dell'11 per cento. Numeri che collocano la Francia al primo posto in Europa e al secondo nel mondo alle spalle degli Stati Uniti
7 aprile 2011

Bozen. Migranti: in arrivo 30 profughi, niente Cie in Alto Adige. BOLZANO. Cambia lo scenario nell'operazione accoglienza dei migranti nordafricani sbarcati sulle coste italiane: "Il Governo italiano ha scelto la strada dei permessi temporanei di soggiorno", conferma da Roma il vicepresidente della Provincia Hans Berger. Per le Regioni la pianificazione sarà difficile, ma per contro è escluso il tema dei Centri di identificazione e espulsione.

È durata oltre due ore la riunione della cabina di regia tra Governo, Regioni e Comuni convocata nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi: con i ministri Roberto Maroni e Raffaele Fitto i rappresentanti delle Regioni – per la Provincia di Bolzano il vicepresidente Hans Berger – hanno discusso come gestire gli immigrati che sono già sbarcati in Italia. "Fino ad oggi sono circa 25mila i nordafricani che hanno raggiunto le coste italiane", riferisce Berger.

Nel vertice Maroni ha illustrato i termini dell’accordo tecnico raggiunto a Tunisi, secondo cui d’ora in poi i migranti tunisini che sbarcheranno sulle coste italiane potranno essere rimpatriati in maniera diretta e con procedure semplificate. Parallelamente il Governo italiano firmerà  un decreto che concede il permesso di soggiorno temporaneo previsto dall'articolo 20 del Testo unico sull'immigrazione. Il ricorso a questo permesso temporaneo consentirà a parte dei migranti già approdati in Italia di raggiungere anche altri Paesi.

"Il permesso è valido per tutta l'area di Schengen", spiega Berger. Governo e Regioni hanno pertanto aggiornato l'accordo di fondo dello scorso 30 marzo: i punti centrali sono una distribuzione dei migranti su tutto il territorio nazionale, l'attivazione dell'articolo 20 sui permessi temporanei e maggiori funzioni esercitate dal sistema della protezione civile. Si stima che la gran parte degli immigrati nordafricani intenda transitare in Italia per raggiungere i Paesi francofoni e si prevede che quindi solo tra 3mila-4mila di loro resteranno in Italia. "Questi ultimi potranno muoversi liberamente ma se non esprimono preferenze sulla destinazione verranno ripartiti tra le Regioni in misura equa e proporzionale alla consistenza della popolazione", sottolinea Berger.

L'Alto Adige vedrebbe quindi confermata la proiezione di una trentina di rifugiati politici da accogliere, "a cui si aggiugono i migranti assegnati sulla base dell'articolo 20, al massimo l'1% dei citati 3-4mila che restano in Italia", chiarisce Berger. "Dopo la seduta di oggi un eventuale centro a Vipiteno è quindi fuori discussione, anche se non si può ancora capire come la situazione si evolverà in futuro." L'incognita resta infatti l'evoluzione dei flussi di rifugiati politici, ad esempio dalla Libia o in fuga da altri Paesi africani in guerra transitando dalla Tunisia. "Dobbiamo essere pronti a mettere a disposizione ulteriori opportunità di soggiorno in tempi relativamente brevi, con l'attivazione della protezione civile", conclude il vicepresidente Berger.

Padova. Immigrati dalla Tunisia, il governo esclude trasferimenti da Lampedusa a Padova
La "cabina di regia" a palazzo Chigi esclude che al momento servano tendopoli o altre strutture: in 22-25 mila avranno un permesso temporaneo per raggiungere Francia e Germania. Poi si vedrà se regge l'intesa con Tunisi. Zanonato: "Siamo passati dal tutti fuori al tutti dentro". PADOVA. Niente immigrati in arrivo da Lampedusa né a Padova, né in altre località del Veneto, né in strutture che non siano già state individuate e attrezzate nei giorni scorsi. E' in estrema sintesi quanto emerso nel corso della lunga riunione della "cabina di regia" che si è tenuta questa sera a palazzo Chigi a Roma. Oltre al premier Silvio Berlusconi e al ministro dell'Interno Roberto Maroni erano presenti per il governo Ignazio La Russa (Difesa), Raffaele Fitto (Regioni) e Altero Matteoli (Infrastrutture). Per gli enti locali c'erano tra gli altri Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, il governatore veneto Luca Zaia, il presidente dell'Associazione Comuni d'Italia, Sergio Chiamparino, il suo vice con delega alla sicurezza e all'immigrazione Flavio Zanonato e il sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Secondo il governo, se gli accordi sottoscritti con la Tunisia reggeranno, non sarà necessario distribuire gli immigrati arrivati dalla Tunisia in strutture che non siano già operative: dalla Sicilia alla Puglia, alla Campania, alla Toscana. Insomma, basta tendopoli, come d'altra parte chiedevano Regioni, Comuni e Province.

Un decreto del governo attiverà al più presto le procedure previste dall'articolo 20 del Testo unico sull'immigrazione. Significa - dicono Berlusconi e Maroni - che 22-25 mila immigrati già arrivati dalla Tunisia, una volta identificati otterranno un permesso a scopo umanitario di sei mesi con il quale saranno liberi di circolare in Italia e dovrebbero poter raggiungere la loro destinazione preferita in altri Paesi dell'Unione europea, soprattutto Francia e Germania.

Per quanto riguarda i prossimi arrivi, l'Italia dovrebbe essere "protetta" dagli accordi con Tunisi. Il problema non è di poco conto, perché si calcola che in Tunisia dopo la caduta di Ben Ali abbiano disertato 50 mila poliziotti e militari e che circa 100 mila persone - non solo tunisini - siano pronte a lasciare le coste del Nord Africa.

Sulla base degli accordi, dopo una procedura semplificata di identificazione e quindi un soggiorno nei Centri di identificazione ed espulsione o in strutture analoghe, gli immigrati che eventualmente arriveranno dovrebbero essere riaccompagnati in Tunisia.
Sui particolari dell'intesa firmata martedì da Maroni non c'è ancora chiarezza e si attende che venga illustrata in Parlamento.

Diversa sarà la gestione dei profughi in arrivo dalla Libia, ovvero dei rifugiati che chiedono asilo politico. Come governo ed enti locali hanno sempre concordato, la gestione di quest'emergenza è affidata alle Regioni.

A tarda sera la riunione della "cabina di regia" prosegue per mettere a punto alcuni aspetti che non sono solo tecnici. E' in corso, infatti, la riscrittura e l'aggiornamento dell'accordo già siglato il 30 marzo scorso tra governo ed enti locali. Tra l'altro si stanno definendo maggiori compiti per la Protezione civile.

Sergio Chiamparino. "Tutte le Regioni saranno attive nell'accoglienza dei migranti - ha riassunto le decisioni prese nella riunione il sindaco di Torino, che è anche presidente dell'Anci - sarà finanziato adeguatamente il Fondo per la Protezione civile e non ci saranno tendopoli. Inoltre, saranno attivate le procedure europee affinché i migranti possano defluire anche nei Paesi della Ue".

Flavio Zanonato. Il sindaco di Padova, vicepresidente Anci, a tarda sera era ancora impegnato nella "coda" della riunione e sottolineava che vi erano molti aspetti fondamentali da chiarire. "Siamo passati dal tutti fuori al tutti dentro", diceva per marcare il cambiamento di linea del governo e soprattutto della Lega Nord.

Luca Zaia. "E' stata confermata la posizione di solidarietà ai profughi e a tutti coloro che chiedono protezione umanitaria in base all'art. 20", ha dichiarato il governatore veneto Luca Zaia. E ancora: "Vorrei che si sapesse che il mio pensiero in queste ore va alle migliaia di donne, bambini e persone anziane così duramente colpite dalle vicende che si stanno svolgendo in tanti Paesi". Per il resto l'esponente della Lega si è detto convinto che "tutti coloro che si trovano nella clandestinità o che, peggio, hanno già espresso azioni illecite illegali, debbano riprendere rapidamente la via del ritorno a casa loro. Per essere più chiari l'espulsione immediata di 6 aprile 2011
queste persone mi sembra un atto dovuto".

Venezia. Ipotesi profughi, Scorzè si divide
La Lega: «Qui non li vogliamo». Il Pd: «Accoglienza sì, ghetti no». SCORZE'. E' bastato lo spiffero arrivato da Roma, secondo cui il Viminale ha individuato l'ex base missilistica di Peseggia come possibile sito per ospitare un Centro d'identificazione ed espulsione (Cie), per dividere gli scorzetani tra favorevoli e contrari. Dalla capitale non è ancora stata presa alcuna decisione ma la notizia fa discutere. Il vice sindaco e leghista Claudio Codato non prende nemmeno in considerazione l'ipotesi di ospitare i profughi di Lampedusa, mentre più possibilista è l'opposizione. Ma andiamo con ordine. Appena spuntata l'ipotesi Peseggia, in città s'è creato gran fermento. Ciascuno ha chiamato i propri referenti in Regione o in Parlamento per capire cosa succederà. La minoranza si è riunita lunedì sera per studiare una linea comune da tenere anche in vista del Consiglio di venerdì che, a questo punto, si preannuncia caldo. Codato ha parlato con i referenti del Carroccio a Roma. «E' una gran bufala - precisa il vice sindaco - perché è stato fatto solo un elenco di siti possibili ma nessuno arriverà a Peseggia. Il sindaco Giovanni Battista Mestriner ha già detto che quella zona non è idonea a ospitare gli immigrati. Andranno a Padova, che ha dato la propria disponibilità, o da qualche altro sindaco comunista». Di diverso avviso il capogruppo del Pd Giuliano Zugno. «Diciamo no alla creazione di ghetti - osserva - ma proponiamo di dividere i profughi in tanti piccoli gruppi e poi che tutti i Comuni se ne facciano carico, potrebbe essere un'idea». Per Giannina Manente, pure lei del Pd e residente a Peseggia, servono garanzie. «La nostra comunità è accogliente - osserva - e se l'idea fosse temporanea, si può ragionare». Il comune di Scorzè ha ospitato ai primi anni Novanta una cinquantina di albanesi kosovari. Sindaco allora era Igino Michieletto, che ricorda così quell'esperienza. «Si era scoperta un'energia positiva nel paese - racconta - dove tanta gente si era data da fare per accoglierli. E' stata un'esperienza positiva e se Scorzè ora dicesse no all'arrivo degli immigrati, mi spiacerebbe che si cancellasse quello spirito di servizio che fa parte della comunità. No all'ipotesi Cie, che significa creare dei ghetti. Meglio organizzare dei piccoli gruppi, dove ciascun Comune faccia la propria parte». Mentre il deputato dell'Udc Antonio De Poli chiede al ministro dell'Interno Roberto Maroni di coinvolgere gli enti locali, Mestriner ribadisce il no all'ipotesi Peseggia. «Ricordiamoci - ribatte - in che pessime condizioni sono stati fatti vivere gli albanesi quando sono stati qui. Se dovessero arrivare i Nord africani, chi li manterrebbe? Quali servizi sociali garantiremmo se soldi non ce ne sono? Chi garantirà la sicurezza?».

Modena. Profughi: ecco le strutture per ospitarli
Potrebbe essere il giorno della verità per conoscere il piano di emergenza profughi che il Governo sta varando e che i territori, attendono di conoscere per capire che risposta verrà chiesta ai singoli comuni.  La Protezione Civile ha scelto ostelli di Modena, Vignola e Montefiorino. In lista anche Carpi. MODENA. Sarà oggi il giorno buono per conoscere quanti profughi e clandestini arriveranno sul nostro territorio e in quali strutture saranno ospitati? Tutto dipenderà dal Governo e da quanto uscirà dal tavolo regionale convocato per questa mattina a Bologna dove saranno messe sul piatto tutte le necessità - di Roma - e le richieste - delle province - per contribuire al piano di accoglienza dei profughi. Dopo l'incontro di ieri tra i comuni della provincia sono state sondate nuove strutture, in particolare tre ostelli: Montefiorino, Vignola e il San Filippo Neri a Modena. Potrebbe essere il giorno della verità per conoscere il piano di emergenza profughi che il Governo sta varando e che i territori, nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni, attendono di conoscere per capire che risposta verrà chiesta ai singoli comuni. Per oggi in Regione sono convocati tutti i capoluoghi dell'Emilia Romagna e i loro rappresentanti, assieme a quelli delle Province che proprio ieri hanno terminato il loro sondaggio tra i comuni del territorio modenese. All'ordine del giorno c'era l'elenco delle possibili strutture che potranno ospitare i profughi. Si tratta di edifici e non di aree di accoglienza libere, dal momento che l'ipotesi delle tendopoli è stata categoricamente scartata sia dalle amministrazioni locali che dal governo regionale. Quali sono allora i siti presi in esame? La lista comprende certamente l'ostello di Montefiorino, recentemente rimesso a nuovo, nel quale ci sarebbero a disposizione 48 posti letto. Un altro ostello è finito nella lista della Provincia e riguarda Vignola: la struttura che si affaccia lungo il Panaro ha diverse decine di posti disponibili. Per Modena è stata chiesto un sondaggio ad un'altra struttura ricettiva della stessa tipologia delle precedenti, ovvero il San Filippo Neri. C'è grande riserbo da parte delle amministrazioni, anche perchè si tratta solo di ipotesi e sondaggi che dovranno essere confermate coi fatti, cioè quando si conoscerà il numero reale di profughi destinati alla nostra provincia e soprattutto chi arriverà: malati, famiglie, giovani, anziani? Tutte variabili che condizioneranno le scelte future. Maurizio Paladini, sindaco di Montefiorino, conferma: "Per via informale ho saputo che effettivamente la Protezione Civile ha segnalato l'ostello e l'area di ammassamento come possibile sito per ospitare i profughi. Resto in attesa di una comunicazione ufficiale per assumere una posizione". Una dichiarazione diplomatica che sembra nascondere, però, una certa irritazione. Stando a quanto era stato ipotizzato già nei giorni scorsi potrebbero arrivare anche 600 profughi (uno ogni mille abitanti) ospitati in provincia e potrebbero restarci per almeno un anno. Nessun comune modenese è formalmente escluso dalla lista di paesi e città in cui sono si allestiranno le strutture di accoglienza: al primo monitoraggio che aveva portato all'individuazione di due edifici, in questi giorni si sono aggiunte nuove strutture idonee, messe a disposizione da enti locali e da associani sociali. E, infatti, proprio nei giorni scorsi era arrivata la disponibilità da parte della Caritas di Carpi a fare la sua parte nell'accoglienza.

Firenze. Profughi, l’accoglienza a quota 89
Arrivati altri trentuno tunisini. Nuovi centri al Galluzzo, Scandicci e Peretola. Firenze, 7 aprile 2011 -  IL PUZZLE dell’accoglienza è completo e, forse, momentaneo. Dopo i 60 profughi di martedì notte, altri 31 tunisini sono arrivati ieri in territorio fiorentino. Complessivamente la città, insieme a Sesto Fiorentino e Scandicci, ha offerto ospitalità a 89 immigrati. Cinque l’hanno però «rifiutata», preferendo la via della fuga, e hanno lasciato i loro posti a Villa Pieragnoli ad altrettanti connazionali.


La giornata di ieri è stata, se possibile, logisticamente più complessa rispetto alla precedente. Gli arrivi sono stati scaglionati nel primo pomeriggio e in tarda mattinata non erano ancora chiare le destinazioni. Anche il valzer del numero dei nordafricani in arrivo — e della loro relativa dislocazione — si è fermato solo a pomeriggio inoltrato. Alla fine, il sito di accoglienza individuato a Barberino del Mugello è stato scartato (vedi altro articolo in pagina, ndr) e i migranti sono stati dirottati a Capannori.

Gli altri rifugiati sono stati distribuiti fra i centri di accoglienza già coinvolti martedì: altri sette si sono quindi sistemati all’Albergo Popolare in San Frediano (dove all’alba di ieri militanti di Forza Nuova hanno appeso tre striscioni di protesta); cinque sono stati assegnati all’Opera Madonnina del Grappa che li ha aggregati ai dieci già presenti nella dependance della villa di via di Caciolle; tre sono stati destinati all’Oasi Padri Mercedari al Galluzzo e sei alla Casa Mamma Margherita di Scandicci.

Diverso il caso della canonica di Santa Maria a Morello, nel comune di Sesto Fiorentino: tre dei trenta profughi arrivati martedì notte sono risultati minorenni e quindi sono stati trasferiti in un centro gestito dal consorzio Zenit di Peretola, ma sono stati reintregati da altrettanti adulti. «La situazione è tranquilla — sottolinea l’assessore ai servizi sociali del Comune di Firenze Stefania Saccardi — Dopo i cinque fuggiti da villa Pieragnoli non ci sono state altre defezioni e non vengono segnalati problemi dalle varie strutture coinvolte. Anche sul fronte sanitario, non sono emersi casi preoccupanti, sono tutti giovani forti che sembrano aver ben assorbito quanto hanno passato e intanto i permessi temporanei previsto dall’articolo 20 del testo sull’immigrazione sembrano un’ipotesi più che concreta».


Anche i trentuno tunisini scesi ieri dalla motonave Clodia e poi trasferiti nel Fiorentino sono stati sottoposti alle procedure di fotosegnalazione dall’ufficio immigrazione e dalla polizia scientifica della questura. «Sono arrivati stanchi ma tranquilli — conferma Lucia Palazzo dell’Opera Madonnina del Grappa — Fra di loro, ci sono due uomini più grandi, uno ha 39 anni. Sono stati tutti visitati dal medico e giudicati perfettamente in grado di unirsi agli altri arrivati il giorno prima. Questi ultimi a loro volta stanno mantenendo l’atteggiamento del primo giorno: non creano problemi, aspettano...». Un’attesa che, al momento, non sembra più un miraggio.
di LAURA GIANNI

Roma. Tragedia migranti, Berlusconi: messaggio di cordoglio
6 Aprile 2011
Messaggio di cordoglio del Presidente Berlusconi
Il Governo e io personalmente seguiamo con dolore e commozione gli sviluppi della tragedia avvenuta questa notte nel Canale di Sicilia, dove un barcone di migranti si è ribaltato provocando un numero imprecisato ma comunque alto di morti e dispersi fra uomini, donne e bambini. Si tratta di persone disperate, che avevano affrontato il pericolo della traversata pur di raggiungere le nostre coste e migliorare le loro condizioni di vita. Le forze navali italiane hanno fatto anche in questo caso, come in tanti altri, tutto il possibile per salvare il maggior numero di naufraghi. Siamo sgomenti di fronte a questa ennesima tragedia ed esprimiamo vicinanza e cordoglio alle famiglie delle vittime e a tutto il popolo tunisino.

Roma. Immigrati, Maroni in Aula: Tutti i tunisini saranno rimpatriati
Barcone rovesciato era in acque maltesi. Dall'inizio dell'anno sbarcate in Italia 25.867 persone
Roma, 7 apr (Il Velino) - “Nelle ultime settimane sono sbarcate sulle nostre coste 25 867 persone. Nello stesso periodo dello scorso anno erano state 25, a dimostrazione che il sistema di controllo e prevenzione delle partenze è scomparso". Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni, riferendo in aula alla Camera. “Si è verificato un fenomeno di intensità così forte in pochi giorni, che ha determinato la necessità di creare questi centri. Non c’era altra scelta, non c’era alternativa e credo che questi centri di prima accoglienza – ha aggiunto Maroni - siano stati utili, perché hanno consentito l’identificazione di questi cittadini, che consentirà di gestire il flusso per riportarli in Tunisia, per mettere nei Cie quelli che hanno precedenti penali, o per concedere il permesso temporaneo a quelli che hanno mostrato la volontà di recarsi in un paese europeo". Maroni ha sottolineato che "Dall'inizio dell'anno gli sbarchi sulle coste italiani sono stati 390". “Ci sono segnali di ripresa che ci fanno pensare che possa intensificarsi il flusso di persone provenienti da paesi subsahariani, che fuggono da guerre e terribili condizioni umane e possono esser ricomprese nella categoria dei profughi''. Sul barcone con a bordo circa 300 migranti che si è ribaltato ha poi aggiunto che “Le autorita' maltesi sostenevano di non avere assetti navali disponibili, per questo hanno contattato le autorita' di Roma: in queste condizioni l'area SAR (Search and Rescue Council) impone l'intervento. Quello con le autorita' maltesi - ha proseguito - e' un problema che rimane aperto”. Sull'accordo con la Tunisia il titolare del Viminale ha spiegato che "Tutti i cittadini tunisini che sbarcheranno sulle coste italiane saranno rimpatriati". Questo passaggio dell'intervento e' stato sottolineato con applausi dai banchi del centrodestra.
(baz) 7 apr 2011 09:51

Padova. Chi è straniero nella propria nazione
Igiaba Scego, italo-somala: «Unità d'Italia vuol dire liberare gli armadi dagli scheletri». di Vera Mantengoli
«Non solo celebrazioni, ma anche riflessioni» afferma Igiaba Scego (nella foto). La scrittrice e giornalista italiana di origini somale inaugura il 14 aprile, insieme allo scrittore senegalese Pap Khouma, "Incroci di Civiltà", con l'incontro intitolato Italia 150: verso una letteratura multiculturale: «Il 16 marzo io e un gruppo di figli di migranti abbiamo partecipato a una lettura pubblica sui Promessi Sposi per un motivo molto semplice: l'Unità d'Italia deve essere anche l'Unità dei Diritti e siccome in Italia c'è una legge sulla cittadinanza che crea stranieri nella propria nazione abbiamo sentito questo giorno come momento per promuovere valori che portino all'unità. Siamo ancora all'interno dell'anniversario: la seconda parte dell'anno dovrebbe essere dedicata anche a recuperare la memoria di certi avvenimenti "scomodi" per non ripetere gli stessi errori». Insomma, è tempo di liberare gli scheletri intrappolati nelle sacche della storia e avere uno sguardo critico sull'attualità, dato che gli eventi in corso sono conseguenze di una certa politica e non fatalità inspiegabili: «In questi giorni ho letto un libro, Non desiderare la terra degli altri. La colonizzazione italiana in Libia, di Federico Cresti. C'è un velo di omissione rispetto al periodo coloniale e a volte la storia viene rimossa. Nel passato si sono vendute armi per sostenere dittatori come Gheddafi, Mubarak o Ben Ali e, nel caso della Somalia, si sono pure versati rifiuti tossici (per questo Ilaria Alpi è morta) ed ecco le conseguenze. La gente cerca un futuro migliore e scappa perché la vita è una sola, mica te ne danno una di scorta. Molti dei tunisini che arrivano sono giovanissimi, come lo erano gli afgani o molti degli italiani che immigrarono alla ricerca di un futuro migliore, ad esempio a Ellis Island. Ora chi sbarca a Lampedusa viene chiamato clandestino, una parola che penalizza il soggetto e crea panico nella collettività. E' chiaro che ogni persona ha uno stato giuridico, per esempio quello di rifugiato o sfollato e che si debba agire di conseguenza, ma io vedo anche una volontà di creare appunto panico».  E' un'etichetta, quella di clandestino, che riduce la biografia di una persona a un momento specifico, quello dello sbarco, determinandone il destino, senza approfondire i motivi che l'hanno spinta a lasciare la propria patria e il futuro che l'aspetta. In questi giorni i riflettori sono puntati sui numeri e sull'emergenza immediata da risolvere, contribuendo a trasformare l'individuo in una parte di massa e aumentando la convinzione che l'Europa abbia abbandonato l'Italia: «Semmai è il contrario - afferma la Scego - è l'Italia che non si è allineata alle pratiche sull'immigrazione. L'Europa non è una cosa che chiami quando ti pare, deve essere un'abitudine». Il panico mette anche a tacere la necessità di riflettere sulla relazione tra Europa ed ex colonie, spazzando via dalla memoria pezzi di storia: a volte nomi e cognomi, come Rodolfo Graziani, altre territori, come l'Africa Orientale Italiana. In La mia casa è dove sono la Scego racconta la sua storia, un intreccio indissolubile tra Mogadiscio e Roma, attraverso le memorie della sua famiglia e la vita attuale nella capitale. E' come appoggiare due mappe una sull'altra e rimanere incantati dalla vista di un nuovo paesaggio geografico straripante di riferimenti, di incroci e di parole arabe, le sole in grado di esprimere le emozioni legate a certe vicende, come la tragedia dell'assassinio dello zio Osman, presagio dell'imminente dittatura di Siad Barre. Sono storie che soltanto la Seconda Generazione ci può raccontare: «I figli dei migranti non sono un problema, ma una grande ricchezza perché sono persone con un doppio sguardo e possono connettere l'Italia con il mondo fuori». Igiaba Scego, classe 1974, esprime preoccupazione nei confronti del futuro, ma non si perde d'animo: «Io non sono una politica, ma sono per la politica. L'Italia è il mio Paese, ma molte cose mi spaventano, come per esempio i tagli alla cultura o mettere la cultura contro la popolazione dicendo "abbiamo integrato il Fus, ma aumentiamo la benzina". Nel prossimo futuro, per reggere la competizione con India o Cina, l'unica cosa che potrà "mangiare" l'Italia è proprio la cultura dato che abbiamo un patrimonio a cielo aperto. I 150 anni devono essere anche una riflessione sulle pratiche politiche dei beni culturali.

Belluno. «Il turismo ha bisogno della sanità»
Menara: «Farò presente in Regione la situazione a rischio dei servizi». AGORDO. Non c'è turismo senza servizi. È la convinzione e allo stesso tempo la preoccupazione uscita dalla 25ª conferenza stampa di presentazione del progetto di promozione turistica di Anci Veneto "Piccole Città storiche del Veneto" approdato ieri nella sala consigliare di Agordo. Il capoluogo di vallata, assieme a Canale d'Agordo e a Pieve di Cadore, è infatti uno dei tre Comuni bellunesi che hanno a suo tempo aderito all'iniziativa.  Il problema è stato sollevato dall'assessore Corrado Cattadori che, dopo aver manifestato la soddisfazione per i numeri relativi al progetto, presentati dal direttore di Anci Veneto, Dario Menara, ha evidenziato come per fare turismo di qualità non si possa prescindere dalla presenza di servizi sanitari adeguati sul territorio. Il riferimento alla precarietà della situazione ospedaliera locale, oggetto proprio in questi giorni di ulteriori nuovi tagli, è stato evidente.  A fronte di questa realtà, la giunta Gavaz ha chiesto a Menara di farsi interprete di tali preoccupazioni al tavolo del turismo veneto. «Sarà mia cura far presente la questione in sede di elaborazione della prossima legge regionale sul turismo - ha raccolto l'invito il direttore di Anci Veneto - unitamente alla richiesta di tenere nella dovuta considerazione anche le piccole città storiche ai fini di poter disporre di un contributo finora sostenuto esclusivamente dai singoli Comuni che, nonostante il Patto di Stabilità, hanno creduto con determinazione nel progetto».  Agordo, in questo senso, è stato un apripista. D'altronde, come ha ricordato lo stesso Menara, «questa città è la porta ideale per le Dolomiti, un piccolo paradiso ricco di bellezze, di tradizioni, di cultura che costituiscono un sicuro richiamo per il turista».  Ma come promuovere le "piccole città storiche"? La risposta di Menara è articolata: «Con la divulgazione di materiale fotografico tramite il sito in cinque lingue collegato ai siti istituzionali dei Comuni - ha spiegato - con la partecipazione a importanti fiere come già avvenuto tre volte per quella di Berlino, con la stampa di adeguato materiale pubblicitario».  Il direttore ha però messo in rilievo anche la necessità della presenza di guide che operino pure al di fuori delle città d'arte e il ruolo degli emigranti desiderosi di scoprire le peculiarità inesplorate del loro territorio natale.  «Agordo - ha concluso l'assessore Pietro Urpi - è uno scrigno che nessuno ci può portare via, neanche la Cina». Un tesoro e una ricchezza storico-artistica che, secondo il sindaco Renzo Gavaz, danno ad Agordo, "cuore delle Dolomiti", un ruolo di protagonista impegnato a superare il limite degli inutili campanilismi.

Belluno. La Lega Nord espelle Gianluigi Furlin
Diego Vello: «Ha fatto dichiarazioni in pubblico contro il movimento». BELLUNO. Gianluigi Furlin rischia l'espulsione dalla Lega Nord. Il sindaco di Fonzaso e membro del consiglio di amministrazione di Bim Gsp è stato oggetto della discussione di lunedì sera del direttivo provinciale del Carroccio, informato delle dichiarazioni fatte da Furlin durante l'assemblea dei soci di Gsp di lunedì scorso.  Davanti a tutti i colleghi, il sindaco di Fonzaso avrebbe dichiarato pubblicamente di essere iscritto alla Lega Nord, ma di considerarsi uomo libero, presente in qualità di sindaco preoccupato esclusivamente per le sorti del suo paese e quindi non allineato con le decisioni del movimento. «Se la Lega lo considera un problema che venga a prendersi la mia tessera, anzi, la strappo io così non ci sono più problemi», avrebbe dichiarato Furlin.  A scatenare la reazione del consigliere leghista di Bim Gsp era stata la riunione, organizzata poche ore prima dal Carroccio per scegliere la linea da tenere in assemblea. Ogni sindaco aveva espresso la propria idea, dichiarando cosa avrebbe votato, ma non risulta che ci fossero ordini di partito, se non un indirizzo prevalente per la richiesta di rinvio del bilancio di Bim Gsp.  Le parole di Furlin non sono passate inosservate. «Il sindaco di Fonzaso ha fatto dichiarazioni in pubblico contro il movimento», dice il segretario provinciale Diego Vello, «e le sue parole non sono piaciute. Il direttivo provinciale ha preso una decisione, sulla base del regolamento interno che si occupa dei provvedimenti disciplinari. L'altra sera abbiamo discusso del comportamento di Furlin, ma non gli abbiamo ancora comunicato nulla, perché servono ulteriori passaggi nelle segreterie».  Furlin è tesserato Lega da meno di due anni.  Nel frattempo prosegue il lavoro di Ato e Gsp per risolvere il problema finanziario della società. Venerdì e lunedì ci saranno altre riunioni tecniche e politiche.

Milano. Meno tasse per chi vuole investire a Milano
La Moratti ha lavorato con Tremonti sul test che partirà dalla Lombardia e prevede un regime fiscale agevolato come a Londra: «Con sgravi sulla finanza attireremo capitali e creeremo più occupazione». Obiettivo? Diventare la capitale del risparmio gestito
Anche in tempi di crisi - per dire - due colossi bancari giapponesi e uno cinese «hanno scelto di mettere base a Milano». Che già attira «il 45% delle localizzazioni straniere». Non sorprende il sindaco che il ministro dell’Economia abbia scelto di sperimentare proprio nel capoluogo il regime fiscale agevolato sul modello di Londra e dell’Irlanda. Tremonti ha anticipato ieri che il decreto è pronto e presto verrà pubblicato sul sito del ministero per raccogliere le osservazioni. Una proposta che strizza l’occhio alla Lega ma che era stata lanciata già un anno fa proprio da Letizia Moratti, che ora l’ha inserita nel programma elettorale. Anche perchè, nonostante lo stop nel giugno 2010 arrivato subito dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia all’idea di una free tax zone a Milano («sarebbe bello ma non si può»), negli ultimi mesi il sindaco ci ha lavorato al fianco di Tremonti e del presidente di Assogestioni. Ieri ha svelato l’asse, ammettendo che gli sgravi per le attività della finanza si tradurranno in «capacità di attrarre più investimenti stranieri, creare ricchezza e lavoro. Possiamo diventare la capitale del risparmio gestito». Tasse più basse servono, ma non bastano. Le aziende internazionali, è convinta la Moratti, scelgono di investire anche dove la qualità di vita è più alta. Ma all’ambientalismo di sinistra che alza barricate contro nuove opere e metrò risponde con progetti (e una lista civica) a favore dello sviluppo sostenibile.

Il Nord stringe la morsa sul fisco
Tremonti vuole detassare Milano. La Lega: più controlli al Sud
di Giampiero Di Santo  
Il vento del Nord comincia a soffiare sempre più forte anche sul fisco. Ed è quella che ha tutta l'aria di una azione a tenaglia di Lega e ministero dell'economia a prefigurare la nuova strategia messa in campo dal numero uno di via XX Settembre, Giulio Tremonti, con la benedizione dei vertici del Carroccio, per catturare ulteriori consensi nel settentrione in vista delle elezioni amministrative.

Azione a tenaglia, si diceva, ma anche manovra di aggiramento, perché ieri, mentre Tremonti buttava lì sul tavolo, subito lodato e ringraziato dal sindaco di Milano Letizia Moratti, la sua proposta di introdurre una tassazione di vantaggio per la piazza finanziaria di Milano, una numerosa pattuglia di parlamentari leghisti a Montecitorio, presentava una interrogazione rivolta, guarda caso, proprio al ministro delle finanze, che è sempre Tremonti. In quell'interrogazione, i parlamentari padani chiedono se non sia il caso di rendere più severi gli accertamenti antievasione nel Sud. E che non si tratti di una boutade, ma di un'iniziativa seria, è dimostrato dal calibro dei firmatari: gente come il capogruppo della Lega alla camera, Marco Reguzzoni, la sua vice Carolina Lussana, e a seguire più di cinquanta nomi. I deputati del Carroccio ricordano che l'Agenzia delle entrate nel 2010 ha recuperato 10,6 miliardi di euro contro i 9,1 miliardi dell'anno precedente , e aggiungono che a questa somma «si devono sommare le maggiori entrate per interessi di mora e maggiori rateazioni, e i 6,6 miliardi di euro di minori compensazioni operate». Un risultato, che potrà migliorare quando sarà a punto la nuova banca dati, Dbgeo, che potenzierà «l'efficacia e l'efficienza dell'attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di elusione ed evasione fiscale sul territorio nazionale». Già da ora, però, notano i deputati del Carroccio, le notizie di cui si è a conoscenza permetterebbero di riorientare l'azione di contrasto all'evasione fiscale con l'obiettivo di rafforzare i controlli nel sud. Dbgeo, infatti, ha stabilito che in media, «il contribuente italiano evade 17 euro e 87 centesimi per ogni 100 euro di imposte versate al fisco» cifra che sale a 38,41 centesimi se si escludono tutti quei redditi sui quali è impossibile evadere. Ma è un altro dato che secondo i leghisti suggerisce l'opportunità di una revisione della strategia: mentre in un gruppo di province del centro-nord che comprende anche Milano e Roma i contribuenti versano quasi il 90% delle imposte dovute in base al loro reddito presunto, a Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria, Messina e quasi tutte le province del Sud (con l'eccezione di Napoli, Bari, Catania e Palermo) si scende al 34-35%. «Emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e meno forte è la presenza dello Stato l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore». conclude l'interrogazione. Che chiede di «rafforzare la presenza nelle zone dove la compliance fiscale è inferiore e quali siano le linee guida degli interventi che l'Agenzia delle entrate intende porre in essere per rafforzare ulteriormente l'azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni di elusione ed evasione fiscale su tutto il territorio nazionale e se l'Agenzia delle entrate intenda rafforzare la propria presenza nelle zone dove, in base ai dati diffusi, l'attitudine a pagare le tasse è inferiore». Cioè, appunto, nel mezzogiorno, visto che nel resto del paese, almeno secondo i dati dell'Agenzia delle entrate, il fenomeno dell'evasione è, se non altro, non così eclatante almeno in termini percentuali. Insomma, a poche settimane dalle amministrative la sortiuta della Lega avrà di certo l'effetto di infiammare la sua base elettorale nel settentrione del paese. Quanto a Tremonti, il ministro dell'economia, con la sua idea di faree di Milano una sorta di zona franca, darà di certo una forte spinta alla Moratti impegnata nel tentativo di riconquistare palazzo Marino. «Cerchiamo di fare qualcosa di più per Milano», ha detto il numero uno di via XX Settembre nel presentare la sua idea. Subito contestata dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha detto di aspettare ancora la tassazione di vantaggio per il Sud.

Pavia. 'Sistema criminale, 8 anni a Capone'
Ufficio traffico, l'ex dirigente accusato di truffa, falso e peculato. PAVIA. Attorno ai lavori della segnaletica stradale a Pavia sarebbe stato creato «un sistema criminale tale da non consentire neppure la concessione di attenuanti». Con questa premessa il pubblico ministero Roberto Valli, nella sua requisitoria, ha chiesto 8 anni di carcere per l'ex dirigente dell'Ufficio traffico Antonio Capone. Con le richieste del pm, il processo sull'Ufficio traffico, che vede imputate cinque persone per accuse che vanno dal falso, al peculato, alla truffa aggravata, si avvia verso la conclusione dopo tre anni di udienze e due di indagini.

La sentenza dovrebbe arrivare domani mattina, dopo le arringhe delle difese. Gli avvocati dovranno prepararsi a replicare alle richieste di pena che il pubblico ministero Valli ha formulato ieri pomeriggio al termine di una requisitoria durata oltre un'ora. La procura di Pavia, guidata dal procuratore Gustavo Cioppa, ha chiesto la condanna per tre dei cinque imputati. Solo per i due imprenditori Giuseppe Bollati (amministratore della ditta Imess, difeso dagli avvocati Gilda Bollati e Claudio Caparvi), e Lorenzo Quaggiato (della ditta Riviera Sas, difeso da Ferdinando Bonon di Padova), che dovevano rispondere di avere violato la legge sugli appalti, è stata chiesta l'assoluzione per avvenuta prescrizione.

Per gli altri, invece, la pena complessiva che vorrebbe l'accusa è di 17 anni. Il magistrato ha chiesto 8 anni di carcere per Capone, che deve rispondere in questo processo di falso, peculato, truffa aggravata e frode nelle pubbliche fornuture (è difeso dall'avvocato Fabrizio Gnocchi). Tre anni, invece, la richiesta, relativa all'accusa di falso, per Cesare Colli, funzionario dell'Ufficio traffico negli anni a cui il procedimento fa riferimento, dal 2003 al 2005 (è difeso dall'avvocato Orietta Stella), e 6 anni di carcere per l'imprenditore Giorgio Scagnelli (della ditta Biesse, difeso da Contardo Cristiani). L'udienza è cominciata ieri mattina alle 9 ed è finita alle 20: un tempo ritmato dalle eccezioni presentate dai legali difensori, che hanno costretto i giudici del collegio Maria Grazia Bernini, Mariateresa Gandini e Pietro Balduzzi a ritirarsi più volte in camera di consiglio. Gli imputati, poi, hanno rilasciato anche dichiarazioni spontanee. Venerdì lo stesso collegio dovrà decidere per la loro innocenza o colpevolezza. Con la sentenza sarà chiuso il primo capitolo del caso che aveva avvelenato il clima politico dell'amministrazione guidata dall'ex sindaco Piera Capitelli.

Le indagini partirono nel 2006 dalle denunce del funzionario dell'Ufficio traffico Vito Sabato (parte civile con l'avvocato Franco Maurici, insieme al Comune di Pavia, rappresentato dal legale Saverio Bertone), che aveva segnalato irregolarità sugli appalti e i lavori della segnaletica sul territorio comunale. Lavori secondo l'accusa mai fatti. Oppure eseguiti, ma pagati due volte dal Comune di Pavia. Che in cinque anni, secondo la stima del magistrato, avrebbe appaltato due milioni e 600mila euro solo per la segnaletica.

Il danno, quindi, secondo l'accusa, andrebbe calcolato proprio su questa cifra. Almeno un milione di euro sarebbe stato intascato dal "cartello" di ditte che avrebbero stretto accordi per regolare la partecipazione alle gare. Alla fine - attraverso un sistema di subappalti - gli interventi sarebbero stati fatti sempre dalle stesse imprese, in primis, secondo l'accusa, dalla Biesse di Scagnelli. Capone, oltre che di truffa e di falsificazione degli attestati di presa visione da parte delle ditte, deve anche rispondere di peculato: avrebbe utilizzato alcuni operai e mezzi dell'Ufficio traffico per eseguire lavori privati, nella sua abitazione. Inoltre, l'accusa di falso riguarda anche l'ipotesi che Capone si sia fregiato del titolo di architetto senza essere iscritto all'albo.

Il progressivo gelo di Tremonti
Isabella Bufacchi – ROMA. In molti ricordano che quando Cesare Geronzi arrivò al vertice di Generali, dal ministero dell'Economia ci fu almeno un via libera. Ma un dato appare ormai chiaro alla luce dei fatti: negli ultimi mesi il gelo è calato tra il ministro e il banchiere diventato assicuratore. Quella di Tremonti è stata una presa di distanza sempre più evidente. Tanto che ieri, l'uscita di scena clamorosa di Geronzi è stata quasi sminuita dal ministro che in conferenza stampa, alle insistenti domande dei giornalisti sulla tempesta al vertice delle Generali, ha prima scherzato «Perché? Che cosa sta accadendo in generale?» e poi ha negato ogni commento trincerandosi dietro il fatto che i mercati erano ancora aperti.
All'inizio era guerra, dichiarata dal ministro sul crack Cirio, fallimento che vedeva coinvolta in prima battuta Capitalia, e di cui ancora oggi Geronzi sconta gli effetti. Poi il clima era migliorato con una sostanziale tregua quando - era il 2005 - Geronzi dopo un lungo e stretto rapporto con il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, aveva marcato la distanza dal numero uno di Via Nazionale sulla partita Antonveneta. Quindi sulla stessa linea di Tremonti che, rientrato al ministero dell'Economia dopo la breve parentesi di Domenico Siniscalco, determinerà le dimissioni di Fazio.
Quando, due governi dopo, superata la parentesi Prodi, e tornato Tremonti a Via XX Settembre, si prospetta la candidatura di Geronzi alla presidenza delle Generali, Tremonti dà così il suo via libera all'operazione. In quel periodo Geronzi partecipa anche ad almeno uno dei famosi appuntamenti del lunedì di Tremonti a Milano con i banchieri, un'occasione molto ambita.
Ma il quadro era destinato a cambiare di nuovo, e rapidamente. L'attivismo di Geronzi dalla sua posizione non operativa all'interno della compagnia di Trieste e soprattutto alcune sue prese di posizione contro le fondazioni hanno avviato un progressivo distacco. Che si è allargato prima con il rinsaldamento del rapporto dell'ex banchiere con Fazio - riabilitato e poi chiamato alla guida del comitato scientifico della Fondazione Generali, di cui era e resta presidente - e poi per ultimo per l'asse con gli azionisti francesi di Mediobanca-Generali. Un fatto decisivo in un momento in cui Tremonti è impegnato a bloccare le incursioni dei transalpini in Italia.

LA PAROLA CHIAVE
Crack Cirio
Il crack Cirio coinvolse 35mila risparmiatori che acquistarono obbligazioni vendute anche dalla banca guidata da Geronzi. Dall'epoca, un barattolo di pelati Cirio è utilizzato come portapenne sulla scrivania del ministro dell'Economia Giulio Tremonti.

AMICIZIE STORICHE
Vicino alla politica
Una vita al riparo dalle luci della ribalta ma vissuta in stretto contatto con i protagonisti della vicenda politica nazionale. Una volta Geronzi affermò che il suo politico preferito era Francesco Cossiga. Storica la sua amicizia con Andreotti, con Banca di Roma ristrutturò il debito dei Ds e aiutò Mediaset a quotarsi in Borsa
1989-1992
L'amicizia con Andreotti
Autore della prima concentrazione bancaria, Cesare Geronzi nel 1992 avvia la fusione di Banco di Roma, Cassa di Risparmio di Roma e Banco di Santo Spirito, banca di fiducia del Vaticano. Il suo riferimento politico costante è Giulio Andreotti
1995
Banchiere vicino a Berlusconi
È la Banca di Roma di Cesare Geronzi la protagonista finanziaria dell'operazione che nel 1995 porterà alla quotazione in Borsa di Mediaset. Il banchiere agisce in stretto contatto con Gianni Letta, plenipotenziario di Silvio Berlusconi
2007
Placet di Draghi per la fusione
Nel maggio del 2007 si conclude l'aggregazione di Capitalia con Unicredit. La nascita del colosso del credito incassa l'apprezzamento del governatore Mario Draghi e del ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa

Un’affittopoli anche a Savona
07 aprile 2011 Dario Freccero. Savona - Magari non sarà “l’affittopoli” milanese, ma l’elenco di tutti i contratti siglati dal Comune di Savona per l’affitto del suo patrimonio immobiliare qualche choc lo provoca: il Partito Socialista, per esempio, paga a Palazzo Sisto per la sezione intitolata a “Pertini” di Palazzo Pozzobonello, appena 40 euro al mese, meno di 500 euro l’anno; il Partito Democratico, meno di 300 euro al mese per i locali ai piedi della fortezza del Priamar, utilizzati come magazzini per l’attrezzatura del Festival dell’Unità e di tutto ciò che non sta più nella sede di piazza Sisto.

Non mancano sorprese neppure nei contratti con attività commerciali, privati e associazioni. Esempi? La banda di Sant’Ambrogio paga, per l’ospitalità nel locale comunale di via Copello, 17 euro al mese; e l’associazione Marinai d’Italia, che ha ufficio proprio dentro la Torretta, 58 euro.

Pavia. Invalidi, record di permessi
Il sindaco: il posteggio torna gratuito, ma 3mila pass sono troppi.
di Stefano Romano. PAVIA. Chi ha un pass disabili potrà posteggiare gratuitamente in tutta la città, ma prima deve finire il censimento dei permessi e dei posti riservati. Dopo le polemiche per le multe alle auto con contrassegno disabili posteggiate fra le strisce blu, ieri mattina l'amministrazione e le associazioni dei disabili hanno trovato un accordo. Accordo che parte dalla collaborazione per i controlli sui 3mila permessi in circolazione a Pavia e si concluderà con la firma della delibera che permette a chi ha un pass disabili di posteggiare gratuitamente in tutta la città. Il problema sono i numeri: a Pavia c'è un permesso per disabili ogni 20 abitanti. Non uno ogni 20 automobilisti: uno ogni 20 residenti.

Un confronto con città simili a Pavia rende ancora meglio l'idea: ad Alessandria, 95mila abitanti, i permessi invalidi sono solo 2.400; a Piacenza, 100mila abitanti, sono anche meno: 2mila. «A Pavia il numero di pass in circolazione è enorme, del tutto sproporzionato per una città che ha 70mila abitanti - commenta il sindaco Alessandro Cattaneo -. L'amministrazione non intende fare cassa con le auto dei disabili e quindi firmerò l'ordinanza che permette a chi ha un pass valido di posteggiare gratuitamente, alle associazioni, però, ho chiesto aiuto per estendere il più possibile i controlli».

I controlli sono aumentati ma le sanzioni sono basse: 70 euro di multa a chi viene pizzato ad usare abusivamente il permesso e ritiro del pass solo temporaneo. Quando il disabile vero titolare del permesso si presenta a ritirarlo deve essere riconsegnato. Nel 2010 gli agenti di polizia municipale in borghese hanno effettuato 30 controlli pizzicando 18 automobilisti non in regola, al 28 febbraio 2011 i controlli sono stati ben 61, il doppio, e le sanzioni già 12. Le denunce penali in due mesi sono state 5, quota raggiunta in ntutto il
2010.

Ma che ne dicono le associazioni dei disabili? «Sanzionare chi usa il pass senza averne diritto è sacrosanto - taglia corto il presidente dlla federazione delle associazioni Nicola Stilla -. I contrassegni sono molti perchè i disabili sono molti: in provincia si parla di circa 40mila persone. I pass, inoltre, sono concessi dal Comune a chi è riconosciuto disabile dalla commissione Asl, ma anche a chi, non disabile, ha difficolotà certificate a camminare. Insieme al Comune incontreremo l'Asl per verificare il numero di certificazioni, poi collaboreremo nel controllo dei pass. E chiederemo ai nostri associati di non lasciare il pass ai parenti quando i titolari non sono a bordo dell'auto».

Ulteriore passaggio sarà al verifica degli stalli riservati ai disabili. «Abbiamo concordato con il Comune di redistribuire i posti - spiega il presidente dell'associazione invalidi e mutilati ivili Antonio Valdi -. All'ex Mondino, ad esempio, oggi ci sono posti riservati poco utilizzati che potrebbero essere spostati accanto all'Inps».

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