giovedì 7 aprile 2011

Mezzogiorno-Sera. 7 aprile 2011.

Potenza. L'Eni: «Non si è verificata alcuna anomalia»

Potenza. Immigrati, De Filippo: «Il livello di ospitalità della Basilicata è arrivato al massimo»

Lombardo come Fini, ha bisogno delle correnti

Tunisini a Cagliari, il sindacato di polizia "Siamo stati lasciati soli, senza rinforzi"

Sicilia. Armao: "Gestione immigrati coinvolgerà Protezione civile".

Napoli. Rifiuti, la Regione accelera

Gas, dalla crisi libica nessuna conseguenza per l'Italia

Scaroni: sul gas meno sicurezza

Viggiano. Incidente a Centro oli 21 operai in ospedale

Latte d’asina o motori così giovani idee diventano vere imprese

Manduria. I tunisini tornano al campo

Ginosa Marina. Gli sfollati al prefetto Pagano: «Serve subito il decreto»

Petrolio, le bugie dell'Eni.

A Manduria si smontano 136 tende


Potenza. L'Eni: «Non si è verificata alcuna anomalia»
I dirigenti della compagnia, convocati al tavolo dei controlli, confermano la disponibilità a «collaborare con il territorio».
06/04/2011 POTENZA - All’interno del Centro Olio Val d’Agri di Viggiano «non si è verificato alcun evento incidentale, anomalia o problema impiantistico». Lo ha sottolineato, attraverso l’ufficio stampa, l’Eni riferendosi al fatto che ieri alcuni lavoratori di una ditta della stessa area industriale «lamentavano problematiche sanitarie». Nella nota è specificato che i dirigenti dell’Eni «sono stati coinvolti dalle Autorità competenti nell’ambito di una riunione straordinaria del Ctr (Comitato tecnico regionale) che ha avuto luogo oggi presso gli uffici della sede del Distretto meridionale a Viggiano». Durante l’incontro, l’Eni ha presentato «i dati del monitoraggio ambientale», che “testimoniano il totale rispetto dei limiti autorizzati e l'assenza di variazioni delle condizioni di normale esercizio dello stabilimento». Per l’Eni, «è importante sottolineare che nessun operatore all’interno del Centro Olio ha manifestato alcun tipo fastidio o problema riconducibile al fenomeno richiamato, e che parimenti le maestranze che operano nelle altre ditte ed aziende attorno al Centro Olio non hanno segnalato circostanze analoghe. In attesa delle conclusioni di merito da parte del Ctr ribadiamo la nostra totale disponibilità a fornire eventuali ulteriori chiarimenti nello spirito della più totale collaborazione che da sempre caratterizza i rapporti con il territorio lucano».

Potenza. Immigrati, De Filippo: «Il livello di ospitalità della Basilicata è arrivato al massimo»
Il presidente alla Conferenza delle Regioni insiste sull'applicazione del principio di equità. Con 530 immigrati la Basilicata è al colmo
06/04/2011 «La Basilicata con i 530 ospiti della tendopoli di Palazzo San Gervasio è già al suo livello massimo di ospitalità di migranti anche in base ai parametri fissati nell’accordo del 30 marzo scorso per un’equa distribuzione e, ora, aspettiamo anzi che anche questa situazione sia superata con la concessione dei permessi di soggiorno temporanei previsti dall’art.20 del Testo unico sull'immigrazione». È - secondo quanto riferito dall’ufficio stampa della giunta lucana – la posizione della Regione espressa dal presidente, Vito De Filippo, nel corso dei lavori della Conferenza delle Regioni in preparazione dell’incontro col Governo. De Filippo ha anche «criticato il metodo utilizzato dal Governo che ha calato scelte dall’alto senza coinvolgere le comunità locali. Abbiamo avuto indiscrezioni sulla possibilità di una tendopoli nel nostro territorio – ha detto – dopo aver notato strani movimenti di ruspe sul sito che il Ministero aveva individuato, e questo a fronte di una volontà di collaborazione ed ospitalità espressa già da prima che il Governo si ponesse il problema. La nostra comunità si è comunque messa all’opera per offrire accoglienza e ospitalità, ma deve essere chiaro che si tratta di una situazione transitoria, tanto per i residenti, tanto per gli ospiti di queste strutture. Dico questo anche alla luce di quanto mi hanno detto i migranti che ho incontrato questa mattina a Palazzo, ringraziando chi si occupava di loro, ma esprimendo disagio per la mancanza di libertà. Le tendopoli possono essere accettate solo nell’ottica di un’ottica di emergenza e l’emergenza per essere tale, deve avere un inizio e una fine. Diversamente – ha concluso il governatore lucano - diventa una normalità che nessuno può accettare».

Lombardo come Fini, ha bisogno delle correnti
 di Antonio Calitri  
Raffaele Lombardo come Gianfranco Fini. Per tentare di tenersi il piccolo partito tra mal di pancia interni dovuti ai tanti giri di valzer con alleati troppo diversi per stare insieme alla regione Sicilia e sotto attacco dai reclutatori del Pdl in Parlamento, deve accettare e ufficializzare la nascita dell'opposizione interna.
Piccoli Berlusconi non crescono.
I partiti carismatici fedeli al loro capo qualsiasi cosa faccia, senza se e senza ma, non sembrano riuscire a sfondare e così i nuovi leader devono accettare di fare i conti con il contraltare interno. E se non c'è se lo inventano pur di sembrare più democratici. È già accaduto al presidente della Camera che per non vedersi dimezzare il suo nuovo Futuro e libertà, dopo un inizio autoritario, ha dovuto cedere ad Adolfo Urso e accettare di avere un'opposizione interna che pur restando nella formazione spinge per la direzione contraria a quella del suo capo. E così, quasi che si tratta di un virus contagioso, sempre nel gruppone del terzo polo adesso è stato colpito il Movimento per le autonomie del governatore siciliano.

Lombardo negli ultimi anni ha fatto il bello e il cattivo tempo, sia nelle alleanze che nelle cariche e nei compiti affidati ai suoi, decidendo in Sicilia autonomamente ben quattro compagini di giunta, partendo con il Pdl come principale alleato e finendo oggi con il Pd che regge dall'esterno la sua giunta. Sulla scena nazionale invece, si è schierato con il terzo polo ma allo stesso tempo con e contro Berlusconi a seconda delle situazioni. All'interno del partito però, come e forse più di quello che è avvenuto in Fli, il malcontento è diventato galoppante. L'ultimo pretesto è stato quello di sciogliere l'Mpa per dar vita a un nuovo partito del sud. Non che sia un fatto politicamente rivoluzionario visto che alla fine si tratterà più o meno dello stesso spazio politico riverniciato per nascondere gli acciacchi di cui ormai soffre l'attuale movimento.

È bastato questo per offrire il pretesto ai tanti malpancisti interni e minacciare l'uscita dal partito proprio per la troppa autoritarietà del suo leader e l'impossibilità di discutere. Così Lombardo dal sognare un grande movimento meridionale si è ritrovato di colpo sotto un doppio attacco, rischiando di perdere tutto. In Parlamento i reclutatori del Pdl danno per certi un paio di parlamentari dell'Mpa pronti a saltare il fosso.

In Sicilia invece non si contano quanti minacciato di andarsene. E allora, per mettere un freno alla possibile emorragia, a sorpresa il governatore ha deciso di approvare e ufficializzare sul suo blog la nascita dell'opposizione interna. Così, nel dare indicazioni del percorso della nuova formazione ha scritto che «ben venga un dissenso forte all'interno del Mpa. Sono nato e cresciuto in un partito in cui ci si confrontava e poi si votava, come è giusto che sia in democrazia. Le correnti no, ma il dissenso ha diritto ad essere alimentato e anche inventato se è il caso».

Certo, poi ha continuato dicendo che le correnti sono il male assoluto e che chi le fa è fuori, ma di fatto il segnale del suo cedimento e della fine di un altro partitino carismatico è arrivato. Il dissenso ci sarà e se non si potrà chiamare corrente si chiamerà in altro modo ma di fatto in un'altra formazione che compone il terzo polo è nata l'opposizione alla linea del leader. Anche inventata ma ci sarà. Perché fa più democratico ed evita le fughe di massa.

Tunisini a Cagliari, il sindacato di polizia "Siamo stati lasciati soli, senza rinforzi"
Alle critiche della politica per la decisione del Viminale di trasferire a Cagliari 700 tunisini senza un previo accordo con le istituzioni locali, si aggiunge la voce del Siap: "La Questura è stata lasciata sola"

"Le scelte politiche di scaricare la responsabilità della gestione dei migranti sono state lasciate alle città del Sud Italia e a Cagliari la questura è stata lasciata sola con le forze di polizia locali, senza alcun rinforzo". Lo denuncia il segretario nazionale del Siap, Massimo Zucconi Martelli, commentando l'arrivo nel capoluogo dei 700 tunisini provienti da Lampedusa ed alloggiati nell'ex magazzino dell'Aeronautica alle porte della città. "La sede scelta per ospitare gli immigrati è inadeguata - sottolinea Zucconi - e servono immediatamente, entro domani, non meno di 100 uomini di rinforzo".

Sicilia. Armao: "Gestione immigrati coinvolgerà Protezione civile".
Nel corso della cabina di regia sull'emergenza immigrati e' emersa la necessita' di "un approccio per una gestione non prefettizia dell'immigrazione bensi' attraverso la protezione civile che coinvolga regioni, Stato, region i province e comuni". Ad affermarlo e' stato l'assessore all'economia della Regione siciliana Gaetano Armao, lasciando palazzo Chigi. In questo modo, ha proseguito, "si esce dalla prassi delle tendopoli". Come assessore siciliano Armao ha poi sottolineato che "aspettiamo che gli impegni presi dal premier a Lampedusa si traducano in atti concreti attraverso un decreto legge". Secondo l'assessore serve infatti un provvedimento "per interventi finanziari e di sostegno a Lampedusa e a quelle aree della Sicilia che sono sotto stress per gli arrivi" che ci sono stati nelle scorse settimane.

Napoli. Rifiuti, la Regione accelera
NAPOLI. Mentre Napoli continua ad essere sommersa dai rifiuti (non raccolte circa 2mila tonnellate), la Regione Campania avvia con decisione il Piano per superare l’emergenza. Tre i punti iniziali: unità operativa tecnica, che di fatto “commissaria” Palazzo San Giacomo, per aumentare i livelli di differenziata, gara entro giugno per sei biodigestori (tratteranno la frazione organica proveniente dalla stessa differenziata) e apertura del sito di trasferenza. Su quest’ultimo aspetto Palazzo Santa Lucia impone al Comune di far presto e di scartare l’ipotesi dell’area di Napoli est, già destinata alla realizzazione del termovalorizzatore. Il suolo, peraltro, è di proprietà regionale. Intanto emergono i dati sull’evasione della Tarsu: non paga la tassa il 15% dei cittadini, il 25% lo fa solo all’arrivo delle cartelle esattoriali.

Gas, dalla crisi libica nessuna conseguenza per l'Italia
I problemi nascerebbero in caso di tensioni in Algeria, ha spiegato il numero uno di Edison, Umberto Quadrino. L'Italia non avrà nessuna carenza di approvvigionamento per il gas a causa della situazione in Libia, anche se le forniture venissero a mancare per un anno. Lo scenario sarebbe diverso, invece, se anche l'Algeria fosse travolta da una crisi politica. Questa la situazione illustrata dall'amministratore delegato di Edison, Umberto Quadrino, in un'audizione al Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) sulla sicurezza energetica: “Le forniture di gas dalla Libia - ha detto Quadrino - ammontano solamente a 8 miliardi di metri cubi all'anno: se anche fossero ferme per un anno, il problema potrebbe essere interamente superato. Altra cosa sarebbe se stessimo parlando di oil (la Libia è infatti il principale fornitore dell'Italia, ndr)”.

Diversa la questione se, invece, mancassero i rifornimenti dall'Algeria: “L'import dall'Algeria ammonta a 34 miliardi di metri cubi all'anno; in quel caso sicuramente avremmo dei problemi. Le informazioni che ho dall'Algeria e dai vertici di Sonatrach e' che li' la situazione e' tranquilla”. Quadrino ha ricordato come fino a due anni fa nel nostro paese si temesse una situazione di black out energetico sul fronte del gas. In effetti nel 2008 la domanda era di 84 miliardi di metri cubi, la capacità di import era di 92 miliardi di metri cubi e ci si aspettava un ulteriore aumento del fabbisogno. “Poi col nostro nuovo rigassificatore e con l'Eni che ha potenziato Algeria e Russia dal 2008 ad oggi la capacità di import e' aumentata del 22% a 113 miliardi di metri cubi. Nel frattempo la domanda è anche scesa: -8% nel 2009, -6% nel 2010 e ora sta scendendo ancora”, ha sottolineato il numero uno di Edison, secondo cui la domanda di metano tornerà al livello di picco raggiunto nel 2005 (86 miliardi di metri cubi) non prima del 2014-2015.

Scaroni: sul gas meno sicurezza
F.Re. ROMA
L'Italia del gas, che da noi è fonte energetica praticamente egemone, è per ora al sicuro. Ma solo se la crisi libica non durerà per più di qualche mese. Perché «possiamo vivere senza il gas libico, ma il nostro grado di sicurezza è diminuito. Guai se il prossimo inverno, in aggiunta ad una eventuale carenza di gas libico se ne dovesse aggiungere un'altra. Sarebbe un problema serio per l'Italia e forse anche per l'Europa» avverte Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni, a margine di un'audizione alla Commissione attività produttive della Camera.
Non si teme invece un pressing della Francia per imporre la propria egemonia sulle fonti energetiche libiche: «I nostri contratti - ha spiegato l'ad di Eni - sono assistiti da garanzie internazionali e non possono essere cancellati». L'Italia, ha proseguito, è peraltro «l'unico Paese di esportazione del gas libico», attraverso il gasdotto Greenstream. «Il rapporto è strategico e prescinde da chi è al Governo».
Fino ad un mese fa, prima del disastro nucleare giapponese, l'emergenza libica non preoccupava più di tanto: grande abbondanza mondiale di metano "alternativo", ancora sull'onda della depressione dei consumi causata dalla crisi globale (si veda Il Sole 24 Ore del 24 febbraio).
Ma ora il possibile allarme – rimarca Scaroni – ha origine proprio dal rallentamento della produzione atomica mondiale innescato dai fatti di Fukushima. Il Giappone è costretto (almeno per i prossimi anni) ad incrementare l'import di metano per sostituire quote non indifferenti di generazione da nucleare. E lo stesso, a causa della "riflessione" sull'atomo in tutti i Paesi che ne fanno uso, sta accadendo per esempio in Germania.
Il mercato del gas si rivitalizzerà. Buoni affari per i venditori, come l'Eni. Ma un mercato che da "lungo" diventerà "corto" potrebbe appunto scontrarsi con il delicato equilibrio di chi, come l'Italia, dipende dal gas più di ogni altro. Equilibrio – dice ora Scaroni – risicato.
«Incrementeremo gli stoccaggi e cercheremo di aumentare la quantità di gas naturale liquefatto (Lng, il metano supercompresso in forma liquida, trasportato per nave e ritrasformato dai rigassificatori, ndr) disponibile per il mercato italiano ed europeo». Certo, quel che sta accadendo in Giappone dove la riduzione della produzione elettrica da nucleare massimizza il ricorso alle centrali a metano «richiamerà il gas liquido verso quel Paese, e quindi la disponibilità nel mondo diminuirà».
Lo scenario tracciato ieri da Scaroni mostra nel breve-medio termine (2011-2012) un calo di forniture dalla Libia per 10 miliardi di metri cubi e un aumento della domanda giapponese tra i 5 e i 10 miliardi di metri cubi, a cui si aggiunge una richiesta tedesca aggiuntiva tra 4 e 8 miliardi di metri cubi. La crescita della domanda al netto dell'offerta libica dovrebbe dunque oscillare nel biennio tra i 9 e i 18 miliardi di metri cubi.
Non rimane che dar fondo anche noi alla "massimizzazione", anche «rinegoziando attivamente i nostri contratti con l'Algeria e la Russia» annuncia Scaroni. Con la Russia l'aumento delle nostre necessità di import potrebbe per la verità risolvere addirittura un problema preesistente: quello della rinegoziazione per ridurre le quantità previste dai vecchi contratti take or pay formulati prima della contrazione della richiesta determinata dalla crisi globale.

Viggiano. Incidente a Centro oli 21 operai in ospedale
di ANTONIO MASSARO
Ventuno lavoratori della Elbe Sud ricoverati nel pomeriggio di ieri nell'ospedale di Villa d'Agri, ma qualcuno è stato già dimesso in serata. In mattinata sono stati investiti da una nube probabilmente di idrogeno solforato proveniente dal Centro Oli di Viggiano. La denuncia è della Cgil. L'Elbe Sud è un'azienda tedesca che gravita nell'area del Centro Oli e produce giunti cardanici per macchine di movimento terra. L'incidente è successo in mattinata e gli operai investiti dal materiale di scarico, forse emissioni di zolfo, hanno avvertito subito dei malori: vomito, mal di testa e qualcuno avrebbe perso anche conoscenza. Il ricovero nella struttura sanitaria di Villa d'Agri si è reso necessario per accertare la causa dei malori.

Secondo la Cgil i lavoratori si trovano in uno stato di semi-isolamento. Tanto è vero che i sanitari che li tengono in cura per motivi di sicurezza indosserebbero una mascherina. Sul posto dell'incidente dopo l'allarme sono arrivati per i rilievi e le indagini Polizia, vigili del fuoco, carabinieri. Il segretario provinciale della Cdlt-Cgil Giuseppe Cillis si è subito messo in contatto con i delegati e i lavoratori. «I timori e le preoccupazioni per la salute - sottolinea Cillis - è palpabile negli operai. Tutti scossi per l'accaduto e per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Noi della Cgil chiediamo che sia fatta piena luce sull'increscioso incidente accaduto oggi (ieri n.d.r.)». «Vogliamo - prosegue Cillis - che vengano accertate le eventuali responsabilità dell'azienda, ponendo in essere allo stesso tempo tutte le attività a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Al momento sono in corso le indagini, ma la Cgil valuterà la possibilità di costituirsi parte civile in una eventuale azione legale a carico dell'azienda».

Pronta la precisazione dell’Eni «dalle verifiche effettuate escludiamo nella maniera più assoluta che si sia verificato un qualsivoglia evento (incidente, problema od anomalia) che abbia comportato un rilascio di idrogeno solforato in atmosfera. A riprova di quanto sopra affermato, si evidenzia che i sensori H2S che sono installati all’interno del Centro Olio e sul perimetro delle singole unità d’impianto non hanno segnalato alcun livello di allarme. E’ importante sottolinerare che nessun operatore all’in - terno del Centro Olio ha manifestato alcun tipo fastidio o problema riconducibile alla presunta fuga di gas, e che parimenti le maestranze che operano nelle altre ditte ed aziende attorno al Centro Olio non hanno segnalato alcun tipo di problema».

Latte d’asina o motori così giovani idee diventano vere imprese POTENZA - Sono quattordici, di cui quattro pronti a partire in brevissimo tempo. Sono i giovani che hanno concluso con successo il percorso formativo 2010 del progetto «Inventa giovani» organizzato da Shell Italia. Faranno impresa, metteranno su la loro idea progettuale e cercheranno di trasformarsi in imprenditori autonomi. Per produrre latta d’asina da impiegare nel settore cosmetico, per costruire impianti di co-generazione per energie rinnovabili, per fare turismo. Insomma, tanti progetti che sono partiti da un’idea che lo sportello «Inventagiovani» ha contribuito a realizzare.

Ieri, la cerimonia di consegna degli attestati di partecipazione nel corso di un incontro durante il quale sono stati anche annunciati i progetti futuri. La Shell, infatti, organizzerà in Basilicata, per il secondo anno consecutivo, il programma con corsi di formazione, seminari e consulenza per aspiranti imprenditori lucani tra i 18 e i 35 anni. Una decisione che si lega anche ai numeri positivi che sono stati ottenuti nella prima edizione grazie alla partecipazione di circa un centinaio di persone con una decina di progetti industriali in corso di realizzazione. Per l’amministratore delegato di Shell Italia, Marco Brun, l’iniziativa fa parte di un programma internazionale che «attualmente coinvolge 25 Paesi e in Basilicata la prima edizione è stata un successo che ci ha spinto a replicarla nel 2011, triplicando i posti a disposizione per i seminari e la formazione».

Si tratta «di un progetto – sostiene il presidente della giunta regionale, Vito De Filippo – che rientra nel percorso metodologico che ipotizziamo per la nostra regione, dove ci sono straordinarie opportunità, ma nel contempo c'è anche la necessità di un dinamismo indotto da grandi soggetti industriali». I corsi si svolgeranno nelle aule dell’Ateneo lucano, «perchè – dice il rettore, Mauro Fiorentino – questo è un collegamento fondamentale tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro».
Per l’assessore regionale alla formazione, Rosa Mastrosimone, «l'iniziativa offre buoni spunti per una regione che ha bisogno dell’apporto dei giovani». «Tra l’altro questi giovani sono stati a costo zero perchè non hanno avuto alcun incentivo» conclude Mastrosimone.

«Ora serve l'impegno delle istituzioni e degli enti come 'Basilicata innovazione' – afferma il presidente di Confindustria, Pasquale Carrano – per aiutare questi aspiranti imprenditori». Ma a parlare ed a dimostrare i risultati ottenuti sono stati soprattutto i giovani coinvolti nel progetto, i ragazzi che hanno scommesso sulla loro idea. Due esempi fra gli altri: uno del Potentino, l’altro del Materano. Da un lato, Sergio Brancucci di Potenza che sta lavorando alla realizzazione di un impianto di cogenerazione per energie rinnovabili, dall’altro Salvatore Capalbi di Stigliano che invece sta mettendo a punto un brevetto per l’impiego di latte d’asina nella cosmetica. Entrambi hanno avuto un’idea, entrambi stanno lavorando per realizzarla e hanno scommesso anche economicamente in proprio per riuscire nel loro intento.

Manduria. I tunisini tornano al campo
Mercoledì 06 Aprile 2011 14:21
MANDURIA - Arrivano i permessi di soggiorno ed i tunisini tornano nel centro di accoglienza. Si registra il fenomeno inverso alla grande fuga che negli ultimi giorni ha alimentato le tensioni dentro e fuori dalla tendopoli allestita sulla via per Oria. Nelle tende si attende la firma del decreto che autorizzi il rilascio dei premessi di soggiorno temporanei, ma solo per chi è ospite dei centri di accoglienza. Ecco quindi che, anche i fuggitivi, fanno rientro al campo. Oggi sono stati serviti circa 1.900 pasti.

Questo il dato che fa registrare più presenze dei giorni scorsi quando il numero dei fuggitivi aveva dimezzato le tremila anime trasferite da Lampedusa a Taranto. Ieri erano in 827 ad aver avanzato richiesta di asilo politico e permesso di soggiorno, ma visto il fenomeno odierno il numero potrebbe crescere. Intanto restano poco più di una decina i profughi che da lunedì hanno inscenato la protesta, scavalcando la recinzione, ma rimanendo a poche decine di metri dal campo. Notti trascorse sotto il cielo stellato per chiedere libertà. Quella libertà che potrebbe arrivare ad ore, con il rilascio, appunto dei permessi. Intanto rientra anche l’allarme scabbia. Il responsabile del centro di accoglienza, avvocato Nicola Lonoce fa sapere che si è trattato di soli due casi, di cui uno accertato. Al momento il tunisino infetto è ricoverato presso l’ospedale SS. Annunziata di Taranto. Intanto, dopo le scuse che ieri sera il premier Berlusconi, in una telefonata, ha rivolto al sindaco dimissionario Paolo Tommasino questi dovrebbe incontrare domani il ministro Maroni. Si muove qualcosa, dunque e l’auspicio è che gli immigrati possano quanto prima essere trasferiti e conquistare la libertà che reclamano da giorni. L’appello in tal senso è rivolto anche dall’Idv che, in delegazione regionale, ha nei giorni scorsi eseguito una visita alla tendopoli: “Chiediamo l’immediato smantellamento, il permesso di soggiorno provvisorio per gli immigrati ed il ritiro delle dimissioni del sindaco”.

Ginosa Marina. Gli sfollati al prefetto Pagano: «Serve subito il decreto»
Mercoledì 06 Aprile 2011 14:09
GINOSA - La protesta di quanti il primo marzo scorso hanno subito danni dall’alluvione si è spostata in città. Stamattina una delegazione del comitato “Difendiamo le Terre Joniche” ha incontrato il prefetto Carmela Pagano per sollecitare un intervento che guidi il Governo verso la firma del decreto di riconoscimento dello stato di calamità. “La gente sta per esplodere” commenta l’on. Paolo Rubino che guida gli agricoltori

“è già trascorso un mese dalla calamità ed il Governo aveva assunto l’impegno di emettere il decreto subito dopo quello della Basilicata. Ancora non vediamo nulla e la gente ha paura che ci si dimentichi di questa emergenza”. Al prefetto Pagano, quindi, è stato chiesto di mediare affinchè il famigerato decreto venga firmato quanto prima del Consiglio dei Ministri. “Visti i tempi biblici dell’alluvione del 2003 - hanno detto in molti - chissà quando arriverano i soldi, se solo per il decreto aspettiamo da oltre un mese”. Il prefetto ha garantito che entro oggi, insieme all’assessore regionale Amati scriverà al Governo. Intanto la protesta non si placa. Domani si sposterà nuovamente a Ginosa Marina per un sit-in organizzato nei pressi della stazione. E tra venerdì e sabato l’intenzione è quella di bloccare la statale 106 che unisce le due realtà colpite dell’ultimo evento calamitoso, ovvero Metaponto e Ginosa. “Siamo allarmati e c’è molta preoccupazione - conclude Rubino - perchè la gente vuole tornare nelle case e ricominciare a coltivare i campi.

Petrolio, le bugie dell'Eni.
Ecco i rilevi dell'Arpab
Arpab rileva variazioni di idrogeno solforato La società: «Noi estranei». Tutti i buchi del monitoraggio
07/04/2011 VIGGIANO - Le possibilità sono due: o Eni ha mentito sulla misurazione dei parametri dell’aria o gli strumenti dell’azienda non sono in grado di garantire un corretto monitoraggio della sua qualità. La conclusione, invece, è una sola: i lavoratori dell’Elbe Sud, che martedì sera sono finiti all’ospedale di Villa d’Agri lamentando intossicazione, avevano ragione. Quell’odore acre di uova marce, i mal di testa, l’ansia, i bruciori agli occhi e le affezioni alle prime vie respiratorie - tutti sintomi accertati dai referti medici dei sanitari del Pronto soccorso - sono stati provocati dalle emissione in atmosfera di idrogeno solforato (H2 S). Si tratta di una delle principali sostanze che derivano dalla lavorazione del petrolio del vicino Centro Oli. Un gas irritante e molto tossico, anche infiammabile, che, se presente in dosi massicce, può provocare conseguenze molto, molto gravi. E martedì sera i valori della sostanza hanno subito una sensibile variazione, checchè ne dica l’Eni che invece ha subito escluso questa possibilità . La conferma arriva dall’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente. Uno dei dieci “campionatori passivi” posizionati nella zona - proprio nei pressi dell’azienda Elbe Sud dove si trovavano gli operai finiti in ospedale - ha rilevato nella serata valori di idrogeno solforato più che quintuplicati rispetto a quelli “soliti”. Se nella media di un anno si aggira tra 0,2 e 0,5 microgrammi per metro cubo, martedì si è raggiunto il valore di 2,7. Una quantità di sostanza che - in queste soglie - è perfettamente compatibile con i sintomi lamentati dai lavoratori. «Il dato va letto con cautela - ha chiarito il direttore dell’Arpab, Raffaele Vita - Primo perché ancora è solo parziale. In secondo luogo va precisato che, per quanto superiore alla media, si mantiene comunque al di sotto della soglia massima stimata dall’Organizzazione mondiale della Sanità in 7 microgrammi al metro cubo». Sono questi gli importanti risultati emersi dalla prima riunione della commissione d’inchiesta interna alla Regione voluta dal presidente De Filippo «per appurare la verità sui casi di intossicazione». Ora le indagini della commissione dovranno andare avanti per accertare le cause scatenanti l’episodio. I tecnici dell’Arpab sono al lavoro da ieri e sono già stati acquisiti i dati delle centraline fisse, anche se da quest’ultime non sono emerse variazioni significative dei valori di concentrazioni di inquinanti.
Ma i valori di idrogeno solforato rilevati dal campionatore passivo dimostrano comunque che qualcosa all’interno del Centro Oli deve essere successa, a dispetto di quanto l’Eni si è affrettata a smentire in quelle ore. E, ieri, nonostante gli aggiornamenti dell’Arpab la posizione non è cambiata. In una nota Eni ha dichiarato la propria «totale estraneità al fenomeno segnalato dai lavoratori della ditta», confermando che «non si è verificato alcun evento incidentale, anomalia o problema impiantistico all'interno dello stabilimento».
A supporto di quanto dichiarato la società ha dichiarato di aver mostrato, nel corso del tavolo tecnico che si è svolto in Regione, i dati del sistema di monitoraggio ambientale relativi alle portate ed alle concentrazioni degli inquinanti ai camini delle apparecchiature, e i parametri di esercizio dell'impianto e le registrazioni dei dati di qualità dell'aria effettuati dalla nostra centralina di monitoraggio. «Tutti i dati presentati sono stati messi a disposizione delle Autorità competenti e testimoniano il totale rispetto dei limiti autorizzati e l'assenza di variazioni delle condizioni di normale esercizio dello stabilimento».
Ma se il malore che ha colpito gli operai della Elbe è un singolo episodio, non lo è per niente quell’odore acre di uova marce, a volte quasi nauseante, costante fissa nelle vite della popolazione che abita a ridosso del Centro Oli. Sono loro a correre i maggiori rischi per l’esposizione a questo gas tossico che in dosi eccessive può provocare conseguenze molto gravi. Da tempo chiedono, e ora più che mai, un sistema di monitoraggio migliore, più capillare e soprattutto costante. Gli strumenti dell’Arpab misurano al momento solo periodicamente i valori di questa sostanza. Il controllo permanente è affidato ai sensori dell’Eni installati nel Centro Oli. Gli stessi che martedì scorso, quando gli operai si sono sentiti male, non hanno segnalato «alcun livello di allarme». Tanto che l’Arpab nei mesi scorsi ha deciso di dotarsi di nuove centraline per consentire il monitoraggio permanente delle emissioni di H2 S. Misuratori che però al momento non sono ancora disponibili. Per fortuna il campionatore passivo nei pressi dell’azienda è riuscito a “raccontarci” la verità su martedì sera. Un dato a cui ora Eni dovrà comunque dare una risposta.
Mariateresa Labanca

A Manduria si smontano 136 tende
Arriva via libera ai permessi temporanei
Caritas:"Qui stanno meglio dei terremotati dell'Aquila"
Si va verso la normalità, scafisti chiedono rimpatrio
MANDURIA - L’urlo scoppia a mezzanotte nel campo uno. Quando il radiocronista di Radio Gamma annuncia che il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha firmato un accordo con l’omologo tunisino e che si va verso la concessione del permesso temporaneo di soggiorno, la tendopoli di contrada Paione, a Manduria, si anima come fosse giorno. Tutti si abbracciano. C’è chi si bacia, chi si accarezza, chi batte «il cinque». Qualcuno improvvisa un passo di danza. La voce corre di tenda in tenda. Si svegliano i compagni di traversata per portare la notizia, rassicurare, spiegare. Il tam-tam al campo, però, era già cominciato verso le sei del pomeriggio. Dalla Tunisia, i parenti dei migranti che hanno ricaricato i loro telefonini, mandano sms a raffica: «E’ tutto ok. L’Italia dà i permessi. Non vi muovete. Non scappate». Quella speranza di vita per la quale le famiglie hanno sacrificato tutti i loro risparmi, ora può diventare una realtà concreta. L’Europa è ad un passo. La Francia, l’Olanda, il Belgio, la Svizzera. E male che vada, c’è sempre l’Italia.

Nel nostro Paese solo un 20% degli ospiti del campo è intenzionato a restare. Su quasi 1300 persone, poco più di 250 e quasi tutte sono dirette al Nord per cercare lavoro. Qui sanno che è più difficile trovarne. Al campo, c’è persino chi improvvisa una partita di calcio. Chi un concertino con quello che ha: qualche cucchiaio battuto sugli scatoloni e le mani scandiscono il ritmo di chi canta vecchie canzoni popolari del Sud del Paese. La Guantanamo di Puglia si scioglie come neve al sole. La notizia della vicina libertà calma talmente gli animi che ieri, per tutto il giorno, nel campo e fuori c’è stata aria di festa. La scelta illuminata del questore di Taranto, Enzo Mangini, di lasciare i cancelli socchiusi per far sentire più libero chi è dentro il campo, si è rivelata vincente. Da ieri, poi, si istruiscono davvero le pratiche per ottenere i permessi: ora si fanno le foto di ciascun immigrato che vengono spillate su moduli prestampati azzurri, dove i migranti appongono in calce le proprie firme. Fino a ieri si facevano code per fogli di carta bianca che non avevano nessun valore legale. Un’illusione per evitare un’insurrezione. E anche un modo per chi gestisce il campo di conoscere i propri ospiti e catalogarne il numero. Una pratica che si è rivelata utile: ieri infatti, nel campo, all’ora dei pasti si sono presentati immigrati che non si erano mai visti. Sono somali e di altre nazionalità. Saputo che al campo verranno concessi i permessi di soggiorno temporaneo, hanno cercato di infilarsi fra gli altri, anche se erano qui molto prima dei tunisini Quanti, invece, erano andati via scegliendo la strada del rischio fuga, stanno rientrando. Intanto oggi saranno smontate le prime 136 tende.

Il campo era attrezzato per 5000 posti, ma Berlusconi ha promesso che resteranno solo 1500 migranti. Mentre tutto torna alla normalità, uno spettro aleggia ancora fra i tunisini. E’ quello dei rimpatri. Tutti ripetono un numero: 1400 e si chiedono a chi toccherà. «Sicuro fratello che non siamo noi? Sono quelli di Lampedusa?». La guerra fra disperati è sempre quella più dura alla quale assistere. C’è anche chi si prepara al rimpatrio volontario e qualcuno che affrettatamente lo aveva chiesto, prova a fare marcia indietro. La polizia, intanto, ha fiutato che qualcuno fra loro potrebbe essere uno scafista e ha aperto un’indagine. Su una ventina e passa di richieste di rimpatrio una decina sono al vaglio della questura. La voce circolava già ieri l’altro, ma non aveva trovato conferme. L’aria ormai è così distesa che quando un gruppo di musicisti improvvisa una pizzica, tutti ballano e cantano insieme. La grande paura è alle spalle.
Lorena Saracino

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