sabato 21 maggio 2011

Federali Sera-21 maggio 2011. Giuliano Bignasca, presidente della Lega dei Ticinesi e membro del municipio di Lugano, ha persino dichiarato: Siamo in guerra con l'Italia. Tremonti: È un tema serio, che va trattato in modo serio, non in modo svizzero.----Zaia: Noi non abbiamo dichiarato guerra alla Libia.

Guerre padane:
Svizzera. Relazioni ad alta tensione
Padova. Il questore Savina: "150 profughi non cambieranno il tessuto della città"
Padova. «Zaia sa solo creare il caos»
Venezia. «Sui profughi Zaia è stato lasciato solo. Ora i prefetti li imporranno ai sindaci»
Zaia: «Noi non abbiamo dichiarato guerra alla Libia»


Svizzera. Relazioni ad alta tensione
Di Gerhard Lob, swissinfo.ch
Per l'ennesima volta il ministro italiano Giulio Tremonti ha aspramente criticato la Svizzera e la piazza finanziaria ticinese. Immediata e altrettanto virulenta la replica della Lega dei Ticinesi. I rapporti transfrontalieri si trovano in una spirale negativa, che il governo elvetico vuol frenare.
 Quella appena trascorsa è stata decisamente una settimana di fuoco per i rapporti fra Italia e Svizzera e per i rapporti fra il Canton Ticino e la vicina Regione Lombardia. È stato un susseguirsi di rimproveri a vicenda. Giuliano Bignasca, presidente della Lega dei Ticinesi e membro del municipio di Lugano, ha persino ha dichiarato: "Siamo in guerra con l'Italia".
La miccia è stata accesa da Giulio Tremonti, martedì a Bruxelles. Nel corso del dibattito pubblico al Consiglio dei ministri europei dell'economia (Ecofin) sulla tassazione degli interessi sul risparmio, ha dichiarato: "È un tema serio, che va trattato in modo serio, non in modo svizzero".
Per il ministro italiano, è "scandaloso" che nella direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio non siano previste sanzioni. "È inaccettabile – è sbottato Tremonti – che gli operatori di paesi che hanno firmato la direttiva accettino la sistematica violazione delle norme". Una direttiva, d'altronde, che – sempre secondo le parole di Tremonti – avrebbe scritto la Svizzera.
Nel suo sfogo pubblico,  Giulio Tremonti ha poi puntato l'indice accusatore contro Lugano, terza piazza finanziaria della Confederazione: "Ci sono più società di Cayman a Lugano, che non a Cayman. E comunque ci sono più società di Cayman a Lugano, di residenti a Lugano", ha dichiarato.

Berna getta acqua sul fuoco
Le affermazioni di Tremonti non sono piaciute a Lugano e neppure  a Berna. "Simili dichiarazioni da parte di un ministro di un paese vicino, con il quale abbiamo relazioni intense, sono inaccettabili. La soluzione del problema non deve dipendere dalla forza degli attacchi reciproci, bensì da un atteggiamento costruttivo", ha dichiarato la ministra degli affari esteri e presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey.
Anche il Consiglio federale (il governo svizzero), in una risposta a una mozione concernente i rapporti Italia-Svizzera, ha sottolineato: "Le recenti dichiarazioni esternate a livello internazionale da parte italiana non sono state per nulla apprezzate in Svizzera".
Uno dei nodi, come noto, è il fatto che l'Italia non vuole avviare trattative per un nuovo accordo sulla doppia imposizione. "L'intensità delle relazioni bilaterali, in particolare di quelle economiche, fa in modo che la situazione che si è venuta a creare in materia fiscale sia particolarmente complicata", scrive l'esecutivo federale.
Berna, comunque, sottolinea di voler evitare una degenerare della situazione. Il governo non vuole la guerra, ma ripristinare rapporti bilaterali costruttivi. Ed in merito, il Consiglio federale è disposto ad avviare colloqui.

Lega dei Ticinesi sul piede di guerra
Diverso invece l'atteggiamento della Lega dei Ticinesi, movimento regionale ma presente anche nel parlamento federale, che ha raggiunto la maggioranza relativa durante le recenti elezioni cantonali del 10 aprile scorso. "È tempo di azioni forti contro l'Italia", ha scritto la Lega in un comunicato stampa, dando al ministro italiano il nome Giulio "Fascetto" Tremonti.
Nella nota, la Lega rinnova in particolare la richiesta di bloccare i ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri. E poi chiede "altre azioni più incisive, a partire dall'organizzazione di blocchi in dogana".
L'idea di bloccare il ristorno della quota-parte delle imposte prelevate alla fonte sui frontalieri italiani, per il Consiglio federale è però inammissibile, visto che si tratterebbe di una violazione del diritto internazionale.

L'imbarazzo in Lombardia
Intanto i continui attacchi della Lega dei Ticinesi e della sezione ticinese dell'Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) contro i frontalieri italiani hanno provocato l'energica reazione della Regione Lombardia. Proprio in questa settimana è stata approvata una  mozione proposta dal PdL, che partiva da interviste di Giuliano Bignasca "dai toni sconvenienti e ingiuriosi,  nei confronti dei frontalieri italiani e del governo italiano, giungendo a paragonare i nostri lavoratori agli immigrati nordafricani".
La giunta regionale viene invitata "ad attivarsi nei confronti del ministro degli affari esteri e del sindaco di Milano, affinché esprimano alle Autorità svizzere il rammarico per una posizione politica che mina i buoni rapporti, sempre intercorsi, tra la Federazione elvetica e lo Stato italiano e l'imbarazzo che proverrebbe dal promuovere, nell'ambito di EXPO 2015, le attività di aziende svizzere che abbiano discriminato i lavoratori italiani, ponendosi in evidente contrasto con i più elementari principi ed accordi internazionali".

La lotta per l'Expo 2015
Il capogruppo del Pdl in Consiglio regionale della Lombardia, Paolo Valentini, in  un comunicato stampa ha poi precisato che la mozione non invita a riconsiderare la partecipazione elvetica all'Esposizione universale del 2015 a Milano. Ma proprio così è stata letta da diversi media, anche italiani.
La Lega dei Ticinesi, ad ogni modo, non si è fatta impressionare da questa posizione. Anzi, ha ribadito di essere "pronta a lanciare il referendum contro ogni credito, cantonale o comunale, che dovesse venire votato in relazione della partecipazione della Svizzera alla fallimentare esposizione."
Comunque la partita Expo 2015 si gioca a livello federale. Ad inizio febbraio,  la Svizzera a Milano su invito dell'Italia ha firmato un contratto per la partecipazione. Il credito relativo – circa 25 milioni di franchi – deve ancora essere stanziato dal parlamento federale.
 Gerhard Lob, swissinfo.ch – Lugano

Padova. Il questore Savina: "150 profughi non cambieranno il tessuto della città"
Luigi Savina alla vigilia della festa per il 159esimo anniversario della Polizia di Stato ha affrontato la questione dell'emergenza profughi in arrivo dalla Libia. Il centro di prima accoglienza a Brusegana.
PADOVA. "150 persone non cambieranno il tessuto sociale di questa città. Devo dire che tra questi, una percentuale minima sceglie di delinquere. In questi mesi si sono attivate tutte le strutture della città". Così il questore Luigi Savina alla vigilia della festa per il 159esimo anniversario della Polizia di Stato ha affrontato la questione dell'emergenza profughi in arrivo dalla Libia.

In città infatti è prevista l'individuazione di un centro di accoglienza, identificazione e smistamento verso i diversi comuni della Provincia. Sono attesi circa 300 immigrati, la metà dei quali sarà dirottata altrove dopo l'identificazione.

Esaminando la situazione dei reati in città, il questore ha dunque analizzato anche la situazione legata a queste nuove ondate di immigrazione. Sabato, nel corso della festa della polizia alle 11 nel salone di Palazzo della Ragione, saranno snocciolati tutti i dati. 20 maggio 2011

Padova. «Zaia sa solo creare il caos»
Padova fa la sua parte. «La Regione dov'è? Che fa?»
  Sono 378 i profughi tunisini e libici in "quota" al Padovano, secondo la prefettura. Compresi i 78 già accolti: 74 nelle strutture cittadine e 4 al Villaggio Sant'Antonio. E con 11 minori, di cui due integrati dai Servizi Sociali del Comune in famiglie tunisine regolarmente residenti in città. Più la ventina di migranti che occupa l'ex Gabelli. Resta lo scontro politico-propagandistico. Il sindaco Flavio Zanonato ieri, sul punto, si è scatenato contro il governatore leghista Luca Zaia.  «Il governatore forte si perde in un bicchier d'acqua. Assume impegni con il governo e non li rispetta. Vittima della stessa demagogia leghista. Zaia ha paura di Gobbo e Tosi. E con numeri che fanno un po' ridere rispetto ai 200 mila annunciati da Maroni, invece di governare il fenomeno prevedibile e previsto dei profughi Zaia lascia che vaghino nel territorio» sbotta Zanonato che aggiunge il disprezzo mirato ad un quotidiano e ad alcune tv.  Il sindaco è affiancato dal vice Ivo Rossi e dall'assessore Fabio Verlato reduce dal summit in prefettura. E' lui che dà la dimensione numerica dell'«emergenza»: 378, compresi i 78 che già sono arrivati. Verlato contabilizza la spesa per i minori tunisini non accompagnati a carico dei Servizi Sociali da gennaio: sono 25, di cui 4 fuggiti e 10 auto-dichiarati maggiorenni in vista del permesso di soggiorno; per 593 giornate di accoglienza il Comune ha speso circa 37 mila euro (retta giornaliera 62 euro e 50 cent; contributo all'affido familiare 650 euro al mese). Sull'ex Gabelli, Verlato è chiaro: «Abbiamo chiesto che la ventina di persone, sostenute dalla coop sociale come dalla parrocchia di San Lazzaro, sia inserita nel normale circuito della Protezione civile».  Di Rossi, invece, la sfida concreta: «Noi non ci sottraiamo alle responsabilità, perché governare significa anche assumere decisioni non facili. Zaia fugge in ritirata e scarica i problemi agli altri, producendo disagio per i cittadini. E il suo assessore Conte attizza il fuoco: la causa che protesta per l'effetto».  Ma è il sindaco con l'immancabile tablet ad occupare la scena: «E' il caos e noi suppliamo il non fare degli altri. Un governo che prima vuol rispedire a casa i tunisini, poi li fa andare in Francia e alla fine lascia che si sparpaglino nel territorio. Padova fa la sua parte. In sintonia con il vescovo e con l'opinione pubblica: accoglienza e solidarietà proporzionata. Ma la Regione dov'è? che fa? perché non coordina?».  Zanonato tiene Zaia sulla graticola per l'intera conferenza stampa. Dopo i vertici con il ministro Maroni, l'Anci e l'Upi e il tavolo delle regioni - lo scenario era chiaro. Eppure in Veneto non è andata come altrove. E anche se l'«invasione» si è ristretta nelle cifre, nessuno si preoccupa di far combaciare la «linea» di governo, prefetture, Protezione civile ed enti locali. Al massimo, saltano teste come nel caso di Roberto Tomellato (commissario straordinario ai profughi). Senza che si veda il successore.  Dunque, Zanonato versus Zaia. A tutto campo. «Sarebbe l'ora che si decida a convocare i Comuni capoluogo e quelli sopra i 20-30 mila abitanti. Zaia spieghi i criteri di ripartizione dei 300 profughi che sono in arrivo e che il governatore del Veneto si è impegnato ad accogliere».  Conclusione caustica del sindaco: «Capisco che l'immigrazione incontrollata è la gallina dalle uova d'oro della Lega. E che in campagna elettorale contano le urne da riempire. Ma Zaia deve dire cosa succede, non quel che vorrebbe che accadesse».

Venezia. «Sui profughi Zaia è stato lasciato solo. Ora i prefetti li imporranno ai sindaci»
Il sottosegretario veneto Giorgetti critica l’atteggiamento dei militanti padani: Lega schizofrenica, brutta prova di federalismo
VENEZIA — L’appoggio a Zaia, lasciato solo da un Carroccio «schizofrenico». L’amarezza per «l’esito sconfortante » del primo esame federalista. Ed un avvertimento: «I prefetti faranno fino in fondo il loro dovere, che ai sindaci piaccia oppure no». Alberto Giorgetti è uomo di governo, perché sottosegretario all’Economia, e uomo di partito, perché leader veneto del Pdl. Attraverso queste due lenti guarda al putiferio che si è scatenato in Veneto di fronte all’arrivo dei profughi africani: i presidenti delle Province contro il governatore, il governatore contro i sindaci, i sindaci contro i prefetti. Siamo al cortocircuito istituzionale. «Stiamo assistendo ad una tempesta in un bicchier d’acqua. Lo dico con una certa tristezza».
Pare più sconsolato che stupito. «Il Veneto è una grande regione italiana, con grandi mezzi e grandi potenzialità, lo abbiamo dimostrato in tante occasioni da perderne il conto. E allora è mai possibile che si vada nel panico e non si riesca a dare una risposta adeguata ed equilibrata all’arrivo di qualche centinaio di profughi?».
Il governatore Zaia ha gettato la spugna. «Zaia è stato il bersaglio di una serie di attacchi eccessivi ed immotivati. I profughi non li ha voluti la Regione e non li ha voluti Zaia: sono arrivati, esattamente come sono arrivati nel resto del Paese».
La revoca della nomina di Tonellato (che è pure un consigliere comunale del Pdl a Treviso) da commissario per l’emergenza è stata un errore? «Dal punto di vista umano posso capire il gesto di Zaia, esasperato e stizzito, ma sotto il profilo tecnico non ci sono giustificazioni. Spero in un ripensamento al più presto».
Altrimenti come si muoverà il governo? «Si farà carico di colmare il vuoto lasciato dalla Regione, con l’indicazione di un nuovo commissario oppure con l’attribuzione dei poteri di quest’ultimo al coordinamento dei prefetti veneti».
A proposito: in questi ultimi giorni, di fronte alle resistenze di molti sindaci e di alcuni presidenti di Provincia, i prefetti sembrano determinati ad usare il pugno di ferro. E’ la strada giusta? «E’ l’unica percorribile, una volta che con il dialogo si è finiti in un vicolo cieco. Dev’essere chiaro a tutti che se non si troveranno delle soluzioni condivise, i prefetti andranno comunque fino in fondo con tutti i poteri di cui possono disporre».
Questo non rischia di rendere ancora più incandescente un clima istituzionale già arroventato? «Non si può chiedere al governo di assumersi ogni responsabilità, di risolvere i problemi e poi stupirsi se questo passa all’azione».
E se all’azione dovesse corrispondere la reazione? Il sentimento anti statalista veneto sembra già piuttosto vivace… «Reazione o strumentalizzazione? Io avrei potuto sfruttare questa occasione per il tornaconto del mio partito, ma non l’ho fatto. Altri, invece, stanno negando una risposta di civiltà per qualche spicciolo di consenso o per frustare l’avversario con un paio di titoli sul giornale».
A chi si riferisce? «Il sindaco di Padova Zanonato, ad esempio, sta sfruttando ogni scampolo di visibilità per attaccare ora Zaia, ora il governo. Con un paradosso, che coinvolge un po’ tutto l’universo Pd: proprio loro, che da sempre si fanno vanto d’essere i campioni delle politiche d’integrazione, adesso alzano le barricate. E’ il progressismo a corrente alternata, il tempo lo detta la propaganda».
I problemi maggiori al governatore, però, li stanno creando i sindaci ed i presidenti di Provincia leghisti… «E’ il solito atteggiamento schizofrenico del Carroccio. I suoi vertici, da Maroni a Zaia, stanno gestendo l’emergenza profughi con grande senso di responsabilità, poi, man mano che si scende di livello istituzionale, l’atteggiamento cambia. Il partito di lotta e di governo è un’arma a doppio taglio, difficile da maneggiare».
«Padroni a casa nostra». Ma se decide Roma forse è meglio. «Meglio non pensare a questa vicenda come ad un assaggio del federalismo che verrà. Se questa è infatti la capacità del Veneto di decidere i suoi destini, siamo al fallimento».
Marco Bonet

Zaia: «Noi non abbiamo dichiarato guerra alla Libia»
Il governatore: «i sindaci hanno ragione. Non siamo responsabili di quello che sta succedendo»
TREVISO - Sulla questione immigrati «i sindaci hanno assolutamente ragione». Lo ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia a margine della Festa della Polizia. «La loro preoccupazione - ha spiegato Zaia, riferendosi alle polemiche sui piani di ospitalità - è anche la mia e di tutti i veneti. Noi non abbiamo dichiarato guerra alla Libia e non siamo responsabili di tutto quello che sta accadendo e tutte le Regioni italiane sono state chiamate all’ospitalità, ma l’accoglienza non dipende dal Veneto». Per quanto riguarda le critiche che vengono dalla Lega, Zaia ha detto di non «sentirsi solo. Dopo più di 20 anni nella Lega - ha osservato - so benissimo quali sono i nostri dettami.

Noi siamo per aiutare gli extracomunitari a casa loro, qui posto per loro non ce n’è considerato che abbiamo 172 mila disoccupati, di cui 30 mila sono immigrati. Il Veneto è la regione che ne ha ospitato di piu «circa 600 mila». Per Zaia «questa ondata di profughi la possiamo subire o gestire. Comunque oggi la partita non è piu» della Regione, ma del prefetto Lamorgese, per cui staremo a capire quali soluzioni verranno proposte . Siamo in attesa - ha rilevato ancora Zaia - della nomina del soggetto attuatore dell’ordinanza ministeriale dei profughi, che molto probabilmente sarà il prefetto di Venezia e tutti quindi discuteranno con lui». Zaia ha ricordato che sono stati gestiti nella prima fase 600 immigrati «e i cittadini non se ne sono neppure accorti. Da qui in poi non so cosa accadrà perché non è piu "cosa nostra"». «Il progetto dell’accoglienza diffusa - ha concluso - è una proposta, ma se il territorio non lo vuole si può dire di no come abbiamo fatto noi. Se ci sono sindaci che non li vogliono fanno bene a dirlo, io per primo sono al loro fianco. Però sappiano che se i profughi arrivano, in qualche parte dovranno andare». (Ansa).

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