sabato 28 maggio 2011

Federali Sera-28 maggio 2011. Genova. Esterovestizione: evasione fiscale internazionale da 67 milioni di euro, connessa all’attività di una società con sede in Irlanda e succursale operativa in Svizzera, entrambe fittizie.----Bozen. Stefan Perini, direttore dell'ufficio informazioni economiche dell'Ire, evidenzia come in Alto Adige i giovani imprenditori siano molto meno rispetto alla media nazionale. In Italia - afferma - la quota di imprenditori con meno di 30 anni è pari al 7%, mentre da noi arriva appena al 5,4%. Da una parte questo si spiega col fatto che in Alto Adige si trova lavoro più facilmente che altrove, dove magari quella di mettersi in proprio è l'unica possibilità per trovare un'occupazione.

Addio sogno d’agiatezza Costituzionale:
Belluno, referendum bocciato: "Non presenteremo ricorso"
Bozen. Alto Adige: under 30 solo il 5,4% degli imprenditori

Scuola di handicaps:
Crisi, Berlusconi Italia più povera? No, c'è il lavoro nero
Gli italiani? Felici, nonostante tutto
Genova. Maxi-evasione da 67 milioni, nei guai imprenditore genovese

Scuola dell’illogico irreale, nella realta’:
Reggio Emilia. «Le mafie vanno dove c'è ricchezza e vengono a Reggio per investire»


Belluno, referendum bocciato: "Non presenteremo ricorso"
I capigruppo scelgono di non impugnare la sentenza
di Irene Aliprandi
 BELLUNO. La sentenza della Cassazione non verrà impugnata. La conferenza dei capigruppo del consiglio provinciale ha deciso all'unanimità di non tentare nuove strade. Viene dunque abbandonata la speranza di ottenere l'indizione del referendum per il distacco della provincia dal Veneto e l'annessione al Trentino Alto Adige. La decisione della conferenza dei capigruppo, come spiegano gli stessi consiglieri provinciali, si basa su vari fattori: le scarsissime prospettive di riuscire a ribaltare una sentenza della Suprema Corte e la nota redatta da Sandro De Nardi, il costituzionalista che ha supportato l'iter in tutti questi mesi. De Nardi ha spiegato ai capigruppo di Palazzo Piloni che non sono perseguibili nè il ricorso alla Corte Costituzionale per un eventuale conflitto di attribuzioni, nè avrebbe senso il ricorso al giudice amministrativo e tanto meno la revocazione per errore di fatto (cioè l'errore da parte del giudice nel valutare la realtà processuale). L'avventura del referendum provinciale per il distacco dal Veneto e l'aggregazione al Trentino Alto Adige era iniziata un paio d'anni fa dall'iniziativa di un gruppo di giovani che, nel tempo, ha raccolto sempre più adesioni e circa 18 mila firme a sostegno di un'iniziativa che si basava sulle opportunità offerte dall'art. 132 della Costituzione, quelle sfruttate anche dai Comuni referendari. La procedura sembrava ineccepibile, perché l'art. 132 contempla non solo i referendum comunali, ma anche quelli provinciali. L'ente di Palazzo Piloni infatti ha raccolto la sfida, deliberando (era l'11 gennaio di quest'anno) l'avvio dell'iter per l'indizione del referendum e l'oggetto del quesito, depositato pochi giorni dopo. I sogni di autonomia però si sono raffreddati all'inizio di marzo, quando l'ufficio centrale per il referendum ha inviato un'ordinanza interlocutoria con la quale metteva le mani avanti e a fine marzo è arrivata la sentenza definitiva, con la quale è stato dichiarato illegittimo il referendum. Le motivazioni hanno scatenato proteste perché, in sostanza, la Cassazione ha detto che la Regione Trentino Alto Adige non si può modificare nel suo assetto istituzionale (la presenza di due, e solo due, Province autonome a statuto speciale) e quindi ai bellunesi viene negato un diritto che invece tutti gli altri hanno. Per quanto possa apparire ingiusto, tuttavia, sembra che non si possa far nulla contro i grandi privilegi, blindati a livello internazionale, di cui godono i nostri vicini. Resta dispiaciuto anche il presidente del consiglio provinciale Stefano Ghezze, che aveva l'incarico di seguire l'iter: «Rispettiamo le sentenze e quindi anche questo pronunciamento della Cassazione. Abbiamo valutato se opporci ma pare che non ci siano gli elementi. Dispiace che sia finita in questo modo, soprattutto perché i bellunesi vengono privati di un diritto fondamentale, quello all'autodeterminazione».

Bozen. Alto Adige: under 30 solo il 5,4% degli imprenditori
Provincia sotto la media. Guidate da giovani 2.614 aziende: nel 2005 erano più di tremila
di Mirco Marchiodi
BOLZANO. Non diminuiscono solo i lavoratori under 30, ma anche i giovani imprenditori. Lo certifica l'Ire, che segnala come le aziende con titolari (o soci) con meno di 30 anni è sceso dalle oltre tremila del 2005 alle 2.614 attuali. Cresce invece il numero degli imprenditori «anziani».
 Il dibattito sul rapporto tra giovani e mondo del lavoro si allarga dal lavoro dipendente a quello autonomo. Mentre la Provincia annuncia uno studio per analizzare in dettaglio i dati occupazionali che evidenziano come rispetto al 2007 i lavoratori con età inferiore ai 30 anni siano diminuiti di quasi 4000 unità, l'istituto di ricerca economica della Camera di commercio segnala che il problema generazionale non riguarda solo gli occupati, ma anche gli imprenditori.
 Stefan Perini, direttore dell'ufficio informazioni economiche dell'Ire, evidenzia come in Alto Adige i giovani imprenditori siano molto meno rispetto alla media nazionale. «In Italia - afferma - la quota di imprenditori con meno di 30 anni è pari al 7%, mentre da noi arriva appena al 5,4%. Da una parte questo si spiega col fatto che in Alto Adige si trova lavoro più facilmente che altrove, dove magari quella di mettersi in proprio è l'unica possibilità per trovare un'occupazione. Dall'altra il fenomeno va affrontato subito, perché da una parte diminuiscono i giovani e dall'altra aumentano gli imprenditori con più di 70 anni che sono il 9,9%, contro il 9,3% della media nazionale. Questo significa che il passaggio generazionale diventerà uno dei temi più delicati per il prossimo futuro».
 Passando dalle percentuali ai numeri assoluti, il calo di imprenditori giovani diventa più evidente: «Nel 2005 avevamo 3.004 titolari o soci d'impresa con meno di 30 anni - sottolinea Perini - mentre oggi sono scesi a 2.614. Bisogna però anche considerare che in questi cinque anni è diminuito pure il numero complessivo di imprese, scese da 49.629 a 48.528. Quello che invece si può dire è che in questi cinque anni abbiamo avuto uno spostamento di circa in punto percentuale dagli imprenditori giovani, scesi dal 6,1% al 5,4%, agli imprenditori anziani, che invece sono aumentati dall'8,9% al 9,9%».
 In Alto Adige, i settori in cui i giovani imprenditori sono maggiormente presenti sono quelli legati alle nuove tecnologie: informatica (16% di titolari o soci under 30), stampa e grafica (14%) e attività editoriali (10%). Al contrario, si riscontra invece una presenza di imprenditori con oltre 70 anni superiore alla media nell'agricoltura, settore in cui il 15% dei titolari ha più di 70 anni, e nel settore alberghiero (12%). «Da questi dati - chiude Perini - emerge come il problema della successione aziendale in Alto Adige sia più pressante rispetto al resto d'Italia. In particolare, diventerà una delle sfide principali il ricambio generazionale nel settore alberghiero».

Crisi, Berlusconi Italia più povera? No, c'è il lavoro nero
"Ancora non è finita, ma il picco più alto è alle spalle"ROMA - L'Italia non si è impoverita, perchè non registrata dalle statistiche ufficiali c'è comunque una "enorme quota di lavoro sommerso". E' quanto sostiene il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervistato dal Gr1."La crisi non è finita - riconosce il premier - ma l'Italia si è lasciata alle spalle il picco più alto meglio di altri Paesi. Chi dice che l'Italia si è impoverita finge di non vedere che c'è una quota enorme di lavoro sommerso che sfugge a tutte le statistiche".Berlusconi ribadisce poi la necessità di procedere con le riforme: "La più avvertita dai cittadini è senz'altro quella del fisco,ma noi vogliamo liberare l'Italia dall'oppressione fiscale, da quella burocratica e se mi consente anche dall'oppressione giudiziaria".

Gli italiani? Felici, nonostante tutto
 27 maggio 2011
 Urbino - Gli italiani sono molto preoccupati per la crisi economica, che credono durerà ancora altri cinque anni. Ma si dichiarano felici, nonostante tutto, grazie alla capacità di adattarsi alla situazione. È la fotografia che emerge dal sondaggio «Gli italiani e la felicità», presentato a Urbino dal presidente dell’Ipsos Nando Pagnoncelli, nel convegno “Province 2020. Progettare e Misurare il benessere in tempo di crisi”, che ha aperto il Festival della Felicità.

Per quanto riguarda la politica, l’atteggiamento è profondamente diverso a seconda che si considerino il contesto nazionale o quello locale. Il 64% degli italiani considera peggiorata la situazione politica, ma per ciò che attiene la dimensione territoriale della comunità di residenza, il dato scende al 25%. Il 40% degli interpellati la definisce anzi migliorata o ugualmente positiva.

Preoccupa molto, invece, la crisi economica (78% degli intervistati). «In questo contesto - ha commentato Pagnoncelli - la famiglia diventa quasi un rifugio. Gli italiani la pongono al primo posto tra gli aspetti immateriali determinanti per migliorare la qualità della vita, seguito dall’amore e dalle amicizie. Tra gli aspetti materiali, invece, sono determinanti prima di tutto la salute, poi il reddito e a seguire la casa».

«Se possiamo considerare rassicurante la tendenza a trovare soddisfazioni nella sfera affettiva - ha aggiunto - preoccupa la distanza crescente tra la situazione personale e quella del Paese. Come se l’Italia avesse smarrito il senso di appartenenza, e la politica, troppo concentrata nella ricerca di consensi nell’immediato, stia perdendo il senso della programmazione del futuro del Paese».

Genova. Maxi-evasione da 67 milioni, nei guai imprenditore genovese
 27 maggio 2011
Genova - Evasione fiscale internazionale da 67 milioni di euro, connessa all’attività di una società con sede in Irlanda e succursale operativa in Svizzera, entrambe fittizie. È quanto ha scoperto il Nucleo di Polizia Tributaria di Genova della Guardia di Finanza, al termine di un’indagine durata quattro anni. Nel mirino dei militari è finita una società che operava a livello internazionale nel commercio e noleggio di container, movimentando enormi quantità di denaro. Nel caso analizzato la società vendeva e/o noleggiava container dalla Svizzera in tutto il mondo: ma i finanzieri hanno scoperto che era in realtà controllata e gestita da un italiano.
Il sistema di frode è definito «esterovestizione»: forma di evasione internazionale per cui si espleta ogni attività di direzione commerciale e finanziaria in Italia, documentandola con fatture emesse da una società all’estero ove risulta avere sede il soggetto economico.

Nei guai è finito un imprenditore genovese cinquantenne, incensurato e noto nel settore - dal 2003 ha nascosto al fisco italiano i guadagni. L’imprenditore ha versato le imposte e le sanzioni dovute per 5,8 milioni di euro. Gli sono stati anche bloccati beni immobili, conti correnti e titoli per ulteriori 2 milioni di euro circa.

Reggio Emilia. «Le mafie vanno dove c'è ricchezza e vengono a Reggio per investire»
REGGIO. «Le istituzioni hanno ragione di preoccuparsi, il problema non deve essere sottovalutato. Le mafie vanno sempre dove c'è ricchezza e potere, non hanno mai investito nelle regioni d'origine, quindi bisogna tenere alta la guardia. A Reggio non vengono soltanto gli onesti lavoratori che vogliono affrancarsi dal bisogno, ma anche gli opportunisti e i mafiosi che hanno liquidità da investire e quindi investono». Lo dice Antonio Nicaso, direttore scientifico del primo festival della legalità dal titolo «Noicontrolemafie» di Reggio - promosso dalla Provincia - che si è aperto ieri mattina all'università, che è proseguito nel pomeriggio all'hotel Astoria e che poi continuerà stamani in piazza Casotti.
 «Spesso - prosegue Nicaso - noi abbiamo considerato le mafie come un problema di ordine pubblico mentre sono un problema di ordine culturale e morale di questo Paese, e su questi piani vanno combattute. Ci deve essere l'impegno ordinario di tutti e non quello straordinario di pochi. Le mafie non si combattono solo con le manette o con le sentenze, ma c'è bisogno del coinvolgimento della società civile e della parte sana e produttiva». Qui a Reggio, prosegue Nicaso, «c'è un prefetto (Antonella De Miro, ndr) che sta facendo cose straordinarie per combattere le infiltrazioni e molti politici attenti. E' un bene perché se le mafie ci sono, ci siamo anche noi e se facciamo rete siamo più forti». Conclude dunque Nicaso: «Questa manifestazione è rivolta soprattutto ai giovani a cui bisogna far capire che le mafie uccidono speranza e diritti, e che quindi devono scegliere subito da che parte stare».
 Concorda l'assessore provinciale all'Istruzione, Ilenia Malavasi: «I ragazzi devono essere consapevoli che fenomeni come quelli mafiosi esistono anche qui da noi e vanno combattuti». L'assessore spiega poi i due fronti su cui la Provincia di Reggio si è mossa per promuovere una cultura della legalità, in particolare nelle scuole e nei luoghi di aggregazione giovanile che insieme al Consorzio Oscar Romero con la produzione di una cinquantina di eventi organizzati in tutti i Comuni e, in seconda battuta, sul fronte istituzionale tramite gli accordi con la Regione e i protocolli con la prefettura. Il primo degli appuntamenti di cui si compone il festival della legalità si è aperto con un incontro con le scuole dal titolo «Dalle parole ai fatti: legalità e buone prassi», con il contributo dei rappresentanti degli istituti reggiani sul praticare l'antimafia a scuola. Momento di rilievo quello del collegamento telefonico con il movimento Addiopizzo, che proprio ieri ha celebrato la propria festa a Palermo. Accanto a Sonia Masini, anche Maino Marchi, deputato del Pd e membro della commissione parlamentare antimafia che ha portato un contributo inatteso alla manifestazione.

 Ieri pomeriggio all'Astoria, invece, si è parlato di «Impresa, etica e sviluppo contro le mafie», con l'intervento di Gaetano Saffioti, imprenditore e testimone di giustizia. Oggi, poi, altra giornata dedicata a convegni e dibattiti mentre la conclusione del festival è prevista domenica al Campo Tocci con un programma più ludico e gastronomico.

 «Noicontrolemafie 2011», promosso dalla Provincia, nasce grazie anche alla collaborazione del territorio. E' infatti sostenuto da Credem, Banca Reggiana, Consorzio Romero (che ne cura anche la direzione amministrativa), Cna, Coldiretti Reggio Emilia, da Coopselios e dal Consorzio di bonifica dell'Emilia Centrale. La parte di educational è stata curata da Rosa Frammartino. La collaborazione artistica è di Epochearteventi.

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