martedì 5 luglio 2011

Federali.Mattino_5.7.11. La norma inserita in finanziaria per sospendere il pagamento del risarcimento di Mediaset a Cir in relazione al caso Mondadori è un grave atto del governo, sia perché contiene un esplicito favore al premier sia perché non ci sono i requisiti di necessità e urgenza previsti dalla costituzione, afferma infine il vicepresidente di Futuro e libertà, Italo Bocchino, che così prosegue: Intervenire a gamba tesa in un processo civile in corso è sempre molto grave, ma lo è ancor più se si fa nell'ambito di una manovra economica che serve a tranquillizzare i mercati internazionali.

Bersani: un insulto al Parlamento la norma che sospende i riarcimenti. Idv: Napolitano non firmerà
Manovra, spunta la norma “salva Fininvest”, l’Amn: incostituzionale
La Fiorita, Fitto prosciolto dall'accusa
Sicilia. Finanziare le strutture non stipendi e spese
Svizzera. La Lega prova con la diplomazia


Bersani: un insulto al Parlamento la norma che sospende i riarcimenti. Idv: Napolitano non firmerà
«Un insulto al Parlamento». Questo, secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, sarebbe la norma inserita nella manovra che prevede la sospensione del pagamento dei risarcimenti nelle cause civili se superiori ai 10 milioni di euro in appello e ai 20 milioni in Cassazione, quindi bloccando anche il pagamento dei 750 milioni a carico della Fininvest verso la Cir di Carlo De Benedetti se fosse confermato dai giudici d'appello di Milano la sentenza di primo grado sul lodo Mondadori.

Sarebbe una vergogna la norma salva-Mediaset nella manovra. Lo dice anche Rocco Buttiglione, presidente dell'Udc, a proposito della norma che potrebbe interessare il lodo Mondadori. «Se fosse vero che nella manovra economica viene inserita una norma salva-Mediaset per la sospensione dei pagamenti superiori ai dieci milioni di euro, ci troveremmo di fronte a una vera vergogna. Mentre non si ha il coraggio di affrontare con serietà i problemi economici degli italiani, ci si dedica ancora una volta a leggi ad personam».

«La norma inserita in finanziaria per sospendere il pagamento del risarcimento di Mediaset a Cir in relazione al caso Mondadori è un grave atto del governo, sia perché contiene un esplicito favore al premier sia perché non ci sono i requisiti di necessità e urgenza previsti dalla costituzione», afferma infine il vicepresidente di Futuro e libertà, Italo Bocchino, che così prosegue: «Intervenire a gamba tesa in un processo civile in corso è sempre molto grave, ma lo è ancor più se si fa nell'ambito di una manovra economica che serve a tranquillizzare i mercati internazionali. E' auspicabile che il ministro Tremonti in quanto autore e firmatario del provvedimento si sottragga a questo atto a favore di Mediaset che avrebbe come conseguenza anche quella di scalfire la sua immagine internazionale».

L'Idv ha subito attaccato: «Se nel testo definitivo della manovra ci fosse una norma criminogena, volta ad assicurare a Berlusconi - ha detto Antonio Di Pietro - l'annullamento del pagamento dovuto al gruppo De Benedetti, sarebbe la dimostrazione che il governo ha perso il senso del limite e il senno. Come si può approfittare così delle istituzioni?». E il portavoce del partito Leoluca Orlando ha aggiunto: «Siamo certi che Napolitano vorrà evitare questa ennesima vergogna».

Sulla questione si pronuncia anche il presidente dell'Anm, Luca Palamara, secondo cui, «se dovesse essere confermata, si tratterebbe di una norma che nulla ha a che vedere con il tema dell'efficienza del processo civile, che determinerebbe un'iniqua disparità di trattamento, e che sarebbe, quindi, incostituzionale».
 4 luglio 2011

Manovra, spunta la norma “salva Fininvest”, l’Amn: incostituzionale
 04 luglio 2011
Silvia Berlusconi Roma - Nella manovra messa a punto dal governo `spunta´ una norma che di fatto consentirebbe a Silvio Berlusconi di non pagare i 750 milioni di euro che deve alla Cir di De Benedetti, secondo quanto prevede la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano sul lodo Mondadori. E, immediata, scoppia la polemica politica.
Secondo il segretario del Pd Pier Luigi Bersani se la misura non venisse cancellata dal testo sarebbe «un insulto al Parlamento». Mentre per il leader dell’Idv Antonio Di Pietro si tratta di una norma «incostituzionale e criminogena». Tranchant anche il giudizio dell’Anm :«Se dovesse essere confermata - dice il presidente Luca Palamara - si tratterebbe di una norma che nulla ha a che vedere con il tema dell’efficienza del processo civile, che determinerebbe un’iniqua disparità di trattamento, e che sarebbe, quindi, incostituzionale».

Pochi giorni prima che la Corte d’Appello di Milano si pronunci sulla vicenda (la sentenza di secondo grado è prevista per il fine settimana), il governo introduce all’ultimo momento una norma che modifica due articoli del codice di procedura civile (il 283 e il 373) con un unico obiettivo: obbligare il giudice d’appello a sospendere l’esecuzione di una sentenza se la condanna supera i 20 milioni di euro (10 se è in primo grado) e se la parte che deve pagare presta «idonea» cauzione. Il magistrato dovrà prendere tale decisione se la parte interessata ne farà richiesta.

Le opposizioni attaccano a testa bassa e si rivolgono ad Angelino Alfano, stavolta non solo in veste di Guardasigilli, ma anche di neo-segretario del Pdl. A lui chiedono di cancellare quella che i più tornano a battezzare «l’ennesima legge ad personam». E se non lo farà, avverte il vicesegretario del Pd Enrico Letta, il `nuovo corso´ ipotizzato per il Pdl di «partito degli onesti» di cui ha parlato Alfano nel suo discorso di insediamento, non sarebbe credibile.

Ma c’è anche chi ironizza, come Vincenzo Vita (Pd): «Come mai oggi Alfano ha disdetto all’ultimo momento la sua partecipazione al workshop organizzato alla Bocconi dalla fondazione Rodolfo De Benedetti?».

Alfano, è invece la domanda che rivolge il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione, avrà «il coraggio e la forza di rompere questa protezione sfacciata di interessi privati tramite il potere dello Stato?».

Il finiano Italo Bocchino e il Democratico Andrea Orlando si rivolgono direttamente a Giulio Tremonti. Il ministro dell’ Economia, è l’appello del primo, dovrebbe cancellare la misura salva-Fininvest anche per non «scalfire la sua immagine internazionale». Tremonti cancelli questa «vergognosa e inaccettabile norma», interviene il responsabile Giustizia del Pd Andrea Orlando. Il fatto, interviene il capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, è che la maggioranza continua, come se nulla fosse, con le sue «leggi ad personam». A prescindere da ciò che si dice e da ciò che si promette. E questo, nello stesso provvedimento in cui si chiedono «lacrime e sangue agli italiani» e si «salvano ancora una volta i produttori che non hanno pagato le quote latte».

Più che di `leggi ad personam´, afferma il Verde Angelo Bonelli, forse sarebbe meglio parlare in questo caso di `manovra ad personam...´. E´ un «provvedimento da furbetti», taglia corto il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro. Un «inaccettabile abuso di potere», osserva il presidente del Pd Rosy Bindi.

Rispedisce le critiche al mittente e tenta di fornire una giustificazione `tecnica´ il capogruppo del Pdl in commissione Giustizia della Camera Enrico Costa. La maggioranza, spiega, «in un momento di congiuntura economica particolarmente sfavorevole» ha deciso semplicemente di «contemperare il diritto del creditore con le ragioni del debitore» quando le somme di denaro da corrispondere «hanno dimensioni di rilevante entita». La polemica però non si spegne: questa manovra, insiste il leader di Sel Nichi Vendola è tutto «fumo, arrosto e dessert («da 750 milioni di euro»)»

La Fiorita, Fitto prosciolto dall'accusa
Ma l'associazione per delinquere resta
Il ministro furioso: «La Cassazione mi ha prosciolto
Chiedo che quel reato ora venga cancellato»
BARI - Il giudice dell’udienza preliminare prima e la Corte di Cassazione dopo l’hanno prosciolto definitivamente dall’accusa di associazione per delinquere. Ma il capo d’imputazione compare ancora e per questo, il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, è tornato in Tribunale per pretendere dai giudici la «cancellazione di quel reato» dalle accuse che gli vengono mosse dalla Procura. Ancora una volta tra l’ex governatore pugliese e la magistratura va in onda uno scontro frontale: teatro dell’ennesima frizione il processo «La Fiorita».

LE DICHIARAZIONI - «Una sentenza passata in giudicato della Cassazione mi ha prosciolto dall’accusa di associazione per delinquere, confermando quanto aveva già deciso il giudice dell’udienza preliminare. Per questo motivo chiedo che il capo d’imputazione venga cancellato e che su questo reato non si continui più a sostenere tesi che possano riguardare la mia persona».

LA VICENDA - Il processo vede coinvolto, oltre a Fitto, altre 57 persone. Il ministro è accusato di aver compiuto sei reati: due episodi di corruzione, tra cui la presunta tangente da 500mila euro che avrebbe ricevuto dall’editore romano Giampaolo Angelucci, ritenuto dall’accusa illecito finanziamento al suo partito «La Puglia prima di tutto»; un peculato e due episodi di abuso d’ufficio.
Vincenzo Damiani

Sicilia. Finanziare le strutture non stipendi e spese
Il Blog del Direttore di Carlo Alberto Tregua
Con un’esemplare delibera (27/11) la Corte dei Conti a sezioni riunite ha chiarito la portata dell’art. 14 della legge 122/10 (terza Manovra estiva di Tremonti) con il quale è stato definitivamente stabilito che gli Enti locali non possano spendere più del 40 per cento per il personale in rapporto alle uscite. La Corte ha chiarito che nel 40 per cento va calcolato tutto il costo del lavoro, includendo Irap, spese per collaborazioni e lavoratori flessibili, incrementi contrattuali e ogni altra voce.
 La Corte ha poi fissato un secondo criterio e cioè che, nel computo del 40 per cento, va inserito il costo di tutto il personale delle società partecipate dell’Ente stesso. Ciò al fine, dice la delibera, di evitare manovre e operazioni elusive che, davanti al blocco delle assunzioni, aggirano i vincoli gonfiando l’organico delle società partecipate. Questo scandaloso comportamento è stato messo in atto anche per eludere l’art. 97 della Costituzione, il quale obbliga l’Amministrazione pubblica ad assumere dopo apposita selezione concorsuale.

 L’elusione delle norme, da parte degli Enti locali meridionali, e siciliani in particolare, è stata sistematica perché ha risolto un problema per un ceto politico di infimo ordine: quello di dar sfogo a uno sfrenato clientelismo in quanto le società partecipate hanno assunto per chiamata diretta solo le persone raccomandate e perciò privilegiate.
 Agrigento (51,1), Enna (44,9), Palermo (44,7), Caltanissetta (42,1), sono le città fuori dal vincolo legale mentre Catania (38,2), Ragusa (35), Trapani (34), Messina (32,9) e Siracusa (31,8) rientrano nel limite del 40 per cento. Tuttavia, le loro entrate sono insufficienti, quasi per tutte tali città, a coprire le uscite, nonostante alcune di esse siano fittizie.
 La questione è molto più grave per la Regione, ove le uscite per personale e pensionati superano i due miliardi. Il Decreto sviluppo ultimamente approvato in via definitiva ha anche stabilito un rafforzamento del principio che vuole puntare al dimagrimento degli organici. Si tratta del divieto di anticipare i Fondi per le aree sottoutilizzate per le assunzioni. La Regione siciliana ha un organico enorme (21 mila dipendenti e dirigenti contro 3 mila della Lombardia) ma nonostante ciò continua a pensare a nuove assunzioni senza sapere come pagarle.

Il Governo nazionale ha risolto la questione tagliando tutti i contratti a tempo determinato, anche in osservanza di un’altra Manovra estiva (133/2008) che ha vietato di rinnovare i contratti a coloro che ne avevano già usufruito per tre anni nell’ultimo quinquennio.
 Si deve capire una volta per tutte che le risorse finanziarie sono finite e che occorre recuperarle dai risparmi della spesa corrente, per utilizzarle verso la spesa per investimenti e per la costruzione di opere pubbliche.
 Ecco la vera svolta che dovrebbe fare la Regione, anche con un atto di indirizzo nei confronti dei 390 Comuni siciliani. Indicare la via del risparmio, tagliando sprechi, sperperi, privilegi, bramosie delle corporazioni e altre spese pazze che hanno depauperato un patrimonio di possibilità, almeno fino a oggi.
 Bisogna aprire i cantieri, lo ripetiamo in modo noioso, altro che chiuderli. Bisogna utilizzare tutte le risorse europee, congelate da un ceto politico regionale e locale che, a braccetto con un ceto burocratico inutile alla sua funzione, ha impedito di metterle in campo con la massima tempestività.

 La cancrena della Regione sono le partecipate e tutti i diversi Enti che dovevano essere cancellati e che rimangono ancora in piedi perché non sanno cosa farsene del personale. Qualche mese fa avevamo lanciato l’idea di istituire una Cassa integrazione per i dipendenti pubblici, che in sostanza c’è ed è la Resais Spa, ove trasferire il personale inutile continuando a corrispondergli uno stipendio pari al 60 per cento di quello ricevuto in attesa che possa essere assorbito negli organici normali. Questa proposta è stata ripresa dall’assessore Mario Centorrino, ma sembra che abbia trovato sordi i suoi colleghi di Giunta e il presidente Lombardo.
 In Sicilia, c’è carenza di attività produttive, i cantieri sono chiusi, c’è mancanza di liquidità. Col che le imprese sono alle corde. Le soluzioni drastiche ci sono, le abbiamo più volte elencate, e continuiamo a testimoniare che il Governo regionale fa il contrario di ciò che dovrebbe.
 Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Svizzera. La Lega prova con la diplomazia
di Cecilia Brenni e Fiorenzo Dell’Era
Dopo la decisione presa giovedì a maggioranza sul blocco parziale dei ristorni dei frontalieri, il Consiglio di Stato deciderà oggi come muovere i successivi passi. Intanto ieri è stata una giornata fitta di incontri per i due ministri leghisti che, con il popolare democratico Paolo Beltraminelli, hanno scelto di versare all’Italia solo metà dei ristorni per il 2010, depositando gli altri 28,4 milioni su un conto vincolato di BancaStato. Prima che il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi incontrasse in serata a Varese il ministro italiano dell’interno Roberto Maroni, il vicepresidente del Governo Marco Borradori nel pomeriggio ha accolto a Bellinzona il presidente della Provincia di Varese Dario Galli. È stata l’occasione per chiarirsi le idee, ma soprattutto per correggere imprecisioni circolate negli ultimi giorni.
«Volevamo suscitare discussione e c’è stata» ha rilevato con soddisfazione Borradori, dicendosi nel contempo sorpreso dalla compostezza tutto sommato tenuta dagli amministratori italiani di confine. La conferma è venuta proprio da Galli che si espresso anche a nome della altre Provincie interessate: «Per noi il blocco è certo un problema, ma comprendiamo le ragioni del Ticino e ci muoveremo per risolvere la situazione». Un problema sì, ma – lui stesso lo ammette – solo in prospettiva. Tanto per cominciare va rilevato che i 28,4 milioni versati dal Ticino alla fine dello scorso giugno corrispondono al 70% del totale pagato dal Cantone nello scorso anno (e ciò per effetto dell’aumento del gettito d’imposta dei frontalieri). Ma soprattutto, come ha sottolineato Galli, «a noi i vostri soldi arrivano con 3 anni di ritardo da Roma. Ciò significa che i nostri Comuni, pur con questo blocco, per altri 2 anni possono stare tranquilli quanto a entrate». Né va trascurato il fatto che il Governo centrale italiano versa alle amministrazioni locali di confine appena il 60-70% di quanto ricevuto da Berna. E questo fatto, stranamente, non ha mai suscitato reazioni preoccupate, contrariamente a quanto avviene adesso per il blocco parziale dei ristorni.
«Al vostro posto avrei fatto lo stesso» ha riconosciuto il presidente della Provincia di Varese esprimendosi anche come esponente della Lega Nord. Black List, scudo fiscale, autovelox, controlli sui conti bancari persino dei frontalieri sono provvedimenti che comprensibilmente danno fastidio alla Svizzera, soprattutto per il modo unilaterale con cui sono stati adottati, aggiunge Galli. Ragion per cui: «Siamo totalmente allineati con le richieste del Ticino e ci faremo parte diligente presso il Governo italiano sulla necessità di aprire trattative».

La sola via per risolvere i problemi è quella del dialogo. Se da una parte il ministro dell’interno italiano Roberto Maroni ha affermato di comprendere il risentimento ticinese, dall’altra ha dichiarato con fermezza di non condividere la recente decisione del Consiglio di Stato di congelare metà dei ristorni. Su un punto il ministro e il direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi, durante l’incontro di ieri a Varese, hanno però concordato: «Occorrerà trovare delle soluzioni pragmatiche a livello locale prima di risolvere i problemi a un livello superiore». Ma il vero colpo di scena è stata la partecipazione, del tutto inattesa, del leader della Lega Umberto Bossi. Sulla scia di quanto affermato da Maroni, Bossi si è detto contrario al blocco dei 28,4 milioni di franchi, metà della cifra che il Ticino ristorna all’Italia come rimborso delle imposte dirette pagati dai frontalieri in Svizzera nel 2010. Una decisione che penalizza troppo i Comuni italiani della fascia di frontiera. «Abbiamo già perso troppi voti tra i Comuni di confine per questa questione», ha dichiarato. Infine Bossi ha annunciato che si impegnerà per organizzare un incontro tra lo stesso ministro dell’economia Tremonti e il Consigliere di Stato del Canton Ticino. «Servono una birra o una cena assieme – ha affermato tra il serio e il faceto – perché anche le buone maniere sono importanti». All’incontro ha partecipato anche il presidente della provincia di Varese Dario Galli, che qualche ora prima ha discusso della stessa questione con il consigliere di Stato ticinese Marco Borradori. «La speranza è che si possano liberare al più presto questi soldi – ha concluso Gobbi –, ma la soluzione dovrà essere condivisa».
05.07.2011

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