lunedì 16 aprile 2012

am_16.4.12/ J’accuse le frittate. – Bozen, oltrepadania. Avverte anche lei una sorta di clima ostile nei confronti delle autonomie? «Il confronto con il governo non sarà facile, anche perchè si è istaurato un clima "esterno" che via via in questi ultimi anni ha diffuso una sorta di diffidenza, se non anche di pregiudizio verso il nostro "status"».---Ticino, George Soros: Se continua così per qualche anno ancora, è possibile che vi sia la disgregazione della zona euro senza un tracollo – la frittata potrebbe non essere strapazzata – ma lascerebbe le banche centrali dei Paesi creditori in possesso di crediti di grandi dimensioni, difficili da esigere, verso le banche centrali dei Paesi debitori.

India: maro',altri 14 giorni carcere
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Foggia. Il «j’accuse» alle istituzioni
Ticino. Inversione della rinazionalizzazione europea
Marchionne a Kragujevac per apertura ufficiale fabbrica fiat in Serbia
Forte incremento investimenti esteri in Croazia
Bozen, oltrepadania. «Autonomie generose con Roma»

India: maro',altri 14 giorni carcere
La decisione del magistrato di Kollam
16 aprile, 08:51
(ANSA) - NEW DELHI, 16 APR - Il magistrato di Kollam, nello stato meridionale indiano del Kerala, ha esteso di altri 14 giorni la carcerazione preventiva dei maro' Massimiliano Latorre e Salvatore Girone detenuti nella prigione di Trivandrum con l'accusa di aver ucciso due pescatori scambiati per pirati somali.
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Foggia. Il «j’accuse» alle istituzioni
FOGGIA - «Senza di noi la città muore » è lo slogan che campeggia sulle locandine rosse dei Movimento dei commercianti, partito in quarta con l’apertura ritardata di un’ora venerdì pomeriggio. L’obiettivo è anzitutto quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul momento di grave difficoltà, ma c’è soprattutto il desiderio, da parte di commercianti «diffidenti e delusi», di dare vita «per la prima volta a Foggia a un movimento di liberi commercianti». Una voce nuova che rappresenti le attività commerciali che «subiscono l’umi - liazione di essere considerate delle mere vacche da mungere per ripianare la situazione economica di un Comune oramai al collasso». Un soffrire in silenzio, un tirare avanti che ogni esercente assicura facendosi carico autonomamente della pulizia del marciapiede antistante l’attività e della rispettiva illuminazione urbana «offrendo ai cittadini un motivo per vivere le vie cittadine e movimentare interi quartieri».
Il movimento, dice il manifesto, nasce contro le istituzioni locali che hanno disposto: 1) l’aumento della Tarsu del 30%; 2) parcheggi a pagamento, senza offrire agli esercenti forme di abbonamento agevolato o aree di carico/scarico per l’approvvigionamento; 3) barriere spartitraffico che impediscono la sosta temporanea ed il passaggio dei mezzi di soccorso; 4) indifferenza per la precaria illuminazione pubblica; 5) scarsa sorveglianza delle principali strade della città permettendo in questo modo il degrado di arterie fondamentali per l’im - magine della città come quella, ad esempio, rappresentata dal Viale della Stazione.
La prima iniziativa è decollata dopo neanche una settimana di tam-tam su Facebook: posticipare l’apertura dei negozi del centro alle ore 18, venerdì scorso, in forma di protesta. «Senza di noi la città muore» lo slogan che il movimento propone. Dopo la prima provocazione «l’auspicio è che le attività commerciali superino la sfiducia e la diffidenza verso ogni forma di protesta e aderiscano compatte alla proposta lanciata dal movimento che a breve celebrerà, con l’assemblea costituente e la nomina dei rappresentanti di zona, la sua nascita», puntualizzano i commercianti. Le adesioni raccolte sul profilo Facebook: movimento dei commercianti.

Ticino. Inversione della rinazionalizzazione europea
 di George Soros - 04/16/2012
Lungi dal diminuire, la crisi dell’euro ha preso una piega sempre più brutta negli ultimi mesi. La Banca centrale europea è riuscita ad attenuare un’incipiente stretta del credito mediante la sua Operazione di rifinanziamento a lungo termine (Orlt), con cui ha dato in prestito più di mille miliardi alle banche della zona euro a un tasso d’interesse dell’1 per cento. Quest’operazione ha apportato notevole sollievo ai mercati finanziari e la ripresa che ne è risultata ha oscurato il deterioramento sottostante, ma è improbabile che ciò duri per molto ancora. I problemi fondamentali non sono stati risolti; difatti, lo scarto tra Paesi creditori e quelli debitori continua ad ampliarsi. La crisi è entrata in quella che potrebbe essere una fase meno instabile, ma potenzialmente fatale. All’inizio della crisi, la disgregazione della zona euro era impensabile: gli attivi e passivi denominati in valuta comune erano così intrecciati che un fallimento avrebbe causato un collasso incontrollabile.
Ma, con l’avanzare della crisi, il sistema finanziario della zona euro si è progressivamente orientato nuovamente lungo linee nazionali.
Questa tendenza ha acquisito slanci negli ultimi mesi. L’Orlt ha consentito alle banche spagnole e italiane di impegnarsi in un arbitraggio molto redditizio e a basso rischio nei propri titoli di stato. E il trattamento preferenziale riservatogli dalla Bce sulle sue obbligazioni greche scoraggerà altri investitori dal detenere debito sovrano. Se continua così per qualche anno ancora, è possibile che vi sia la disgregazione della zona euro senza un tracollo – la frittata potrebbe non essere strapazzata – ma lascerebbe le banche centrali dei Paesi creditori in possesso di crediti di grandi dimensioni, difficili da esigere, verso le banche centrali dei Paesi debitori.
La Bundesbank è consapevole del pericolo. È ora impegnata in una campagna contro l’espansione indefinita dell’offerta di moneta, ed ha iniziato a prendere dei provvedimenti per contenere le perdite da sostenere nel caso di un fallimento. Questo comporta una profezia che si auto-avvera: una volta che la Bundesbank comincia a mettersi in guardia contro il collasso, tutti faranno lo stesso. I mercati stanno cominciando a rispecchiare questo comportamento.
La Bundesbank sta restringendo il credito anche in patria. Questa sarebbe una politica corretta se la Germania fosse un Paese indipendente, ma i Paesi membri della zona euro fortemente indebitati hanno un enorme bisogno del rafforzamento della domanda tedesca per evitare la recessione. Senza di esso, il “pacchetto fiscale” della zona euro, approvato lo scorso dicembre, non può funzionare. I Paesi fortemente indebitati non saranno in grado di attuare le misure necessarie, o, nel caso lo facessero, non riusciranno a raggiungere i loro obiettivi, poiché una crescita prossima al tracollo spinge verso il basso le entrate di bilancio. In entrambi i casi, saliranno gli indici di indebitamento, e si allargherà il divario di competitività con la Germania.
Sia che l’euro resista o meno, l’Europa si trova a far fronte a un lungo periodo di stagnazione economica o peggio. Altri Paesi hanno attraversato esperienze simili. I Paesi latinoamericani hanno subito un “decennio perduto” dopo il 1982, e il Giappone è stato in stagnazione per un quarto di secolo; entrambi sono sopravvissuti. Ma l’Unione Europea non è un Paese, ed è improbabile che sopravviva. La trappola del debito deflazionistico minaccia di distruggere un’unione politica ancora incompleta.
L’unico modo per sfuggire alla trappola è riconoscere che le politiche attuali sono controproducenti e cambiare rotta. Non posso proporre un programma predefinito, ma emergono tre osservazioni. In primo luogo, le norme che disciplinano la zona euro hanno fallito e devono essere radicalmente riviste. La difesa di uno status quo che risulta impraticabile non fa che peggiorare le cose. Secondo, la situazione attuale è fortemente anomala, e alcune misure eccezionali sono necessarie per ripristinare la normalità. Infine, le nuove regole devono tener conto dell’instabilità intrinseca dei mercati finanziari.
Per essere realistici, si deve prendere come punto di partenza l’attuale patto fiscale che disciplina la zona euro. Naturalmente, si dovranno modificare alcuni difetti già evidenti. In particolare, il patto dovrebbe tenere in conto i debiti commerciali e quelli finanziari, e i bilanci pubblici dovrebbero distinguere tra investimenti che pagano e spesa corrente. Al fine di evitare truffe, ciò che si qualifica come investimento dovrebbe essere soggetto all’approvazione di un’autorità europea. Una Banca europea degli investimenti allargata potrebbe quindi co-finanziare gli investimenti.
Cosa ancora più importante, si devono inventare alcune misure straordinarie per riportare le condizioni alla normalità. La carta fiscale dell’Ue obbliga gli Stati membri ogni anno a ridurre il loro debito pubblico di un ventesimo della somma con cui si supera il 60% del Pil. Propongo che gli Stati membri premino congiuntamente coloro che si comportano correttamente mediante l’acquisizione di tale obbligo.
Gli Stati membri hanno trasferito i propri diritti di signoraggio alla Bce, che guadagna circa 25 miliardi di euro (32,7 miliardi di dollari) all’anno. Il valore dei diritti di signoraggio è stato stimato da William Buiter di Citibank e Huw Pill di Goldman Sachs, che lavorano separatamente, essere tra i due e i tremila miliardi di euro, perché daranno di più man mano che l’economia cresce e i tassi di interesse tornano alla normalità. Una cosiddetta “società veicolo” (Spv - Special purpose vehicle) proprietaria dei diritti potrebbe utilizzare la Bce per finanziare il costo di acquisto delle obbligazioni, senza violare l’articolo 123 del Trattato di Lisbona.
Se un Paese violasse il patto di stabilità, perderebbe totalmente o parzialmente la sua ricompensa e sarebbe obbligato a pagare gli interessi sul debito di proprietà della Spv. Che difatti imporrebbe una dura disciplina fiscale.
Poiché premierebbe i comportamenti corretti, il patto fiscale non costituirebbe più una trappola deflazionistica del debito, e il panorama migliorerebbe radicalmente. In aggiunta, per ridurre il divario di competitività, tutti gli Stati membri dovrebbero essere in grado di rifinanziare il proprio debito al medesimo tasso di interesse. Ma questo richiederebbe una maggiore integrazione fiscale; e quindi dovrebbe essere introdotto per tappe graduali.
La Bundesbank non accetterà mai tali proposte, ma le autorità europee dovrebbero prenderle seriamente in considerazione. Il futuro dell’Europa è una questione politica, e quindi decidere va al di là delle competenze della Bundesbank.
*George Soros è Presidente del Soros Fund Management.
© Project Syndicate, 2012

Marchionne a Kragujevac per apertura ufficiale fabbrica fiat in Serbia
E’ prevista per oggi pomeriggio la cerimonia ufficiale di apertura della fabbrica Fiat in Serbia alla presenza dell’Ad del Lingotto Sergio Marchionne e del premier serbo Mirko Cvetkovic. L’inaugurazione chiude un lavoro preparatorio iniziato con la sottoscrizione, il 29 settembre 2008, da parte di Fiat e del governo serbo di un accordo che ha portato alla nascita della joint venture Fiat Automobili Srbija (Fas), di proprietà del 67 per cento di Fiat e del 33 per cento del governo di Belgrado. I padiglioni sono quelli della ex fabbrica di automobili jugoslava Zastava, distrutti dai bombardamenti Nato nel 1999 e ristrutturati da Fiat per la produzione della nuova monovolume della casa torinese, la ‘500 L’ presentata al Salone dell’Auto di Ginevra lo scorso 6 marzo. Della cifra complessiva di 950 milioni di euro di investimento, 725 milioni sono stati utilizzati per la trasformazione e ristrutturazione dell’impianto dove un tempo si produceva la ‘Zastava 10’, la ‘Yugo’, la ‘Florida’ e altri modelli della casa jugoslava. Fiat, secondo quanto riporta il quotidiano ‘Politika’, ha mantenuto in questi anni 1000 dei 2.800 impiegati della ‘Zastava’, e ha avviato nell’aprile del 2009 la produzione della ‘Punto’. Secondo l’accordo stipulato nel 2008, il governo serbo si è impegnato a sovvenzionare ogni nuovo posto di lavoro con un incentivo che varia dai 4mila ai 10mila euro. Fiat ha previsto a sua volta di arrivare a 2.443 unità lavorative entro la fine del 2012. L’indotto attorno a Fiat conta a Kragujevac 9 aziende, secondo quanto precisato precedentemente dal direttore di Fas Antonio Cesare Ferrara, con un impiego di 930 dipendenti, “200 in più di quanto programmato inizialmente”.

Forte incremento investimenti esteri in Croazia
Nel 2011 la quota di investimenti esteri diretti in Croazia ha raggiunto 1,05 miliardi di euro. Si tratta di un forte incremento rispetto all’anno precedente, quando il valore degli investimenti aveva raggiunto poco meno di 300 milioni di euro. I dati, scrive l’ ‘ Ansa ‘, sono della Banca nazionale croata.
 Entusiasmo e ottimismo a parte, come spiega l’agenzia un terzo degli investimenti riguarda la commutazione di debiti delle società croate verso creditori esteri in quote di proprietà, e non la fondazione di nuove società.
 La maggior parte dei capitali è collegata a ditte registrate in Olanda, Germania, Austria e Lussemburgo. Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese spesso non viene preso in considerazione dalle classifiche perché una quota notevole di capitale proviene da società registrate in altri Paesi, come il Lussemburgo.

Bozen, oltrepadania. «Autonomie generose con Roma»
Il presidente Malossini quantifica il oltre 2 miliardi di euro il contributo
BOLZANO.  Domani pomeriggio a Trento la Commissione dei Dodici si riunirà, in "trasferta", sotto la presidenza di Mario Malossini, presenti anche il presidente Luis Durnwalder e il governatore Lorenzo Dellai. All'ordine del giorno l'avvio del confronto con il governo Monti per la norma di attuazione del Patto di Milano. «E le autonomie - ha sottolineato Malossini - si sono già impegnate per oltre due miliardi di euro per il risanamento del Paese».  Nei giorni scorsi l'onorevole Zeller ha lanciato l'allarme sulla tentazione del governo di ridurre le finanze alle autonomie speciali. Che ne pensa?  «Non c'è alcuna ipotesi che possa prefigurare una tale volontà, questo non toglie che l'onorevole Zeller abbia ragione nel prospettare un confronto con il governo da parte delle nostre autonomie speciali che si presenta complesso, che necessita capacità di coniugare dialogo, di proposta e di rigore nella difesa delle nostre prerogative».  Prerogative tuttavia che non sono dei privilegi.  «Assolutamente no. Non ci sono privilegi: non si sottenda che le risorse sono legate allo status di Autonomia che significa avere in carico anche ormai moltissime competenze: dalla scuola alla viabilità, dalla salvaguardia dell'ambiente alla sanità e così via. E tutto ciò oggi rispettando il patto di stabilità».  Avverte anche lei una sorta di clima ostile nei confronti delle autonomie?  «Il confronto con il governo non saràfacile, anche perchè si è istaurato un clima "esterno" che via via in questi ultimi anni ha diffuso una sorta di diffidenza, se non anche di pregiudizio verso il nostro "status"».  Ragioni storiche e radici lontane, ma non ultimo anche un contributo concreto e sostanzioso che con il Patto di Milano è stato dato alle casse di Roma.  «Ci sono due fatti da non dimenicare: l'accordo di Milano che è già stato trasferito in modifica dello Statuto e l'ultimo documento che i nostri presidenti hanno presentato al presidente Monti».  Con il primo quanto hanno contribuito Trento e Bolzano?  «Con l'accordo di Milano le due Provincie hanno convenuto di fare venire meno alcune poste di entrata quali (l'iva all'importazione; le annuali quote variabili; i trasferimenti sulle leggi di settore; ed infine l'assunzione annua da parte delle due Provincie di 100 milioni di euro a testa per nuove deleghe (penso alla delega dell'Università di Trento alla Provincia) e per finanziare annualmente dei progetti in favore dei territori di Comuni confinanti. Qualcosa come rinunciare da parte delle due Provincie a circa 1 miliardo di euro».  Con il documento consegnato a Monti ci si dice invece disponibili a nuove competenze.  «Esatto. Con il documento non viene meno una ulteriore disponibilità ad un nuovo concorso al risanamento del Paese e si propone l'assunzione di nuove competenze, nuove funzioni ed infine nuovi oneri per servizi svolti sui nostri territori dallo Stato per circa un altro miliardo di euro».  Ora il ministro Gnudi è il referente delle autonomie, ma quel tavolo di concertazione non è mai decollato. E' proprio cambiato il clima a Roma?  «E' vero, a Roma potremmo dire che è cambiato il mondo. Sul tavolo della Commissione dei 12 ci sono in particolare due norme di attuazione da esaminare ed approvare (ma ovviamente tutto dipende dall'esito che avrà proprio il "tavolo" politico che il ministro Gnudi dovrà convocare)».   Quali sono?  «La prima è quella che io chiamo la "madre" delle norme di attuazione: quella della nuova finanza regionale e provinciale che traduce l'accordo di Milano che riscrivendo il Titolo VI dello Statuto ha ridisegnato "l'architettura" finanziaria dei rapporti fra lo Stato e le nostre Autonomie. Quindi la norma di attuazione sui cosidetti "ammortizzatori sociali"».  E' cambiato il mondo, a Roma e non solo, e le Autonomie speciali cosa dovrebbero fare per tutelarsi?  «Vi è la necessità anche per le nostre Autonomie speciali di promuovere un atteggiamento meno di rivendicazione e più propositivo a difesa delle prerogative dell'autonomia così come è stato fatto in maniera intelligente da parte di Dellai e Durnwalder prima con l'accordo di Milano e più recentemente con l'ultimo documento presentato a Monti».

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