giovedì 12 luglio 2012

(2)_XII.VII.MMXII/ Lo zerbino in frac sabaudo rinsalda la sua amicizia con gli oltrepadani dell’est e gli slavi balcanici; genie di sua lunga conoscenza e soddisfazione reciproca. Intanto il suo capo (detto anche Monti) ha dettato “urbi et orbi” il suo manifesto-pensiero (detto anche dell’umiliazione) il quale (il manifesto intendo) caratterizzera’ la vostra vita di schiavi dei sabaudo-padani, nonche’ felici pagatori di gabelle a favore dei minorati nelle minoranze etno-linguistiche. In sintesi: fottuti.

Sicilia. L'Ue blocca i soldi alla Regione A rischio fondi per sei miliardi                                                                                 Miccichè: Berlusconi complica l’accordo con i moderati             Monti: "Per l'Italia percorso di guerra. Al G20 Berlusconi sfiorò umiliazione"
Agricoltura: meno aziende ma più grandi
Udin, oltrepadania dell’est. Il governo non fa sconti. Le autonomie si alleano
Ljubljana, Slovenija. Napolitano rinsalda l’amicizia con Lubiana

Sicilia. L'Ue blocca i soldi alla Regione A rischio fondi per sei miliardi                                                                                                                              
Riscontrate «irregolarità nell’assegnazione degli appalti e carenze significative nel funzionamento dei sistemi di gestione e controllo». Sospesi i fondi del Fesr, in attesa che da Palazzo d’Orleans arrivi un piano che metta ordine sul settore. Con un dossier di 10 pagine la direzione Politica regionale di Bruxelles, guidata da Walter Deffaa, ha notificato ieri a Palermo che le rispose fornite dalla Regione «non sono sufficienti. Non è stata intrapresa nessuna misura correttiva»
di GIACINTO PIPITONE
PALERMO. «Irregolarità nell’assegnazione degli appalti e carenze significative nel funzionamento dei sistemi di gestione e controllo»: la Commissione europea boccia la Regione, blocca finanziamenti per circa 600 milioni e impedisce che gli uffici di Palermo continuino a spendere i fondi del Fesr - 6 miliardi e mezzo - in attesa che da Palazzo d’Orleans arrivi un piano che metta ordine sul settore.
La decisione dell’Ue segue un primo provvedimento di sospensione dei pagamenti maturato a gennaio. In quella occasione alla Regione furono contestate violazioni di norme comunitarie nella spesa dei fondi del Fesr (il ramo principale di Agenda 2007/2013). Palazzo d’Orleans ha risposto difendendo la sua azione e promettendo di intensificare i controlli. Ma con un dossier di 10 pagine la direzione Politica regionale di Bruxelles, guidata da Walter Deffaa, ha notificato ieri a Palermo che le rispose fornite dalla Regione «non sono sufficienti. Non è stata intrapresa nessuna misura correttiva». Bruxelles va oltre la polemica tutta siciliana sulla quantità di fondi spesi e i relativi ritardi. Il dossier cita alcuni esempi che danno la misura delle irregolarità. Sotto osservazione sono finiti gli investimenti degli assessorati Infrastrutture, Economia, Salute e della Protezione civile. In un caso i controlli svolti in Sicilia non avevano evidenziato i «procedimenti giudiziari nei confronti di un contraente incaricato dei lavori». Inoltre, in una «significativa percentuale dei progetti esaminati non è stata verificata l’ammissibilità delle opere aggiuntive e dei relativi costi».
Per quanto riguarda gli investimenti da 34,1 milioni fatti dall’assessorato all’Economia e da 16,7 da quello alla Sanità «le verifiche sono state parziali o inadeguate, non avendo riguardato aspetti sostanziali dei progetti». In  particolare  per la Sanità «questa carenza ha interessato tutte le verifiche di gestione effettuate dal dipartimento Pianificazione strategica». Piovono critiche anche sulla regolarità degli investimenti fatti, senza gara, tramite società in house della Regione. Contestazioni che ricalcano quelle di gennaio. E per questo motivo, malgrado a marzo la Regione abbia tentato di difendersi, la Commissione rileva che gli impegni non sono stati mantenuti: «Non è stato messo in atto un sistema di controllo della qualità delle verifiche».
Erano stati promesso corsi di formazione per migliorare i controlli ma la Commissione non ne ha trovato traccia. Di conseguenza «le verifiche fatte in Sicilia non si possono considerare efficaci e affidabili. Non soddisfano». Bruxelles contesta alla Regione di aver speso con approssimazione e facendo pochi controlli. Perplessità anche sui continui cambi di dirigenti effettuati da Lombardo nei posti-chiave della gestione e del controllo della spesa: «Per più di due mesi il posto di responsabile dell’autorità di audit (si occupa delle verifiche) è rimasto vacante. E ora è ricoperto da un dirigente il cui contratto scade prima del completamento delle procedure».
Da qui «i seri ritardi nell’attuazione degli strumenti finanziari». Il sistema dei pagamenti di Bruxelles - spiega Ludovico Benfante, che guida uno degli uffici regionali per i controlli - funziona così: la Regione, dopo aver assegnato l’appalto, anticipa i finanziamenti e poi certifica la spesa ottenendo il rimborso dall’Europa. Sono questi rimborsi a essere bloccati adesso.
A gennaio si sono fermati quelli maturati fra ottobre e dicembre (200 milioni circa). Ora quelli dei primi sei mesi dell’anno (altri 400 milioni). Bruxelles ora assegna due mesi alla Regione per «migliorare il funzionamento del sistema». Nell’attesa tutti i pagamenti restano fermi. La Commissione farà una missione di controllo nei prossimi mesi in Sicilia. E già minaccia di «cancellare in parte o completamente il contributo del programma Fesr». Ipotesi che a Palermo ritengono lontana: «Siamo ancora in una fase di contraddittorio - spiega Benfante - e va aggiunto che c’è stata una difficoltà di comprensione da parte di Bruxelles nei nostri confronti»

Miccichè: Berlusconi complica l’accordo con i moderati                           
Berlusconi pronto a ricandidarsi come premier
Il leader di Grande Sud: "Avrebbe fatto meglio a starsene da parte, non vuole accettare la sconfitta. Probabilmente avrà fatto i suoi conti, avrà commissionato i suoi soliti sondaggi, e deve aver scoperto di avere qualche chance"
ROMA. "Per me avrebbe fatto meglio a starsene da parte. In più la sua candidatura, dopo aver lanciato Angelino Alfano, suona come una bocciatura per qualcuno... Peccato, secondo me doveva portare fino alla fine questo progetto".
Lo dice il leader di Grande Sud Gianfranco Micciché, a proposito del 'ritorno' di Berlusconi, in un'intervista al Messaggero in cui sottolinea che così è a rischio l'accordo con l'Udc.
Quella dell'ex premier, spiega, "é non volere accettare la sconfitta. Probabilmente avrà fatto i suoi conti, avrà commissionato i suoi soliti sondaggi, e deve aver scoperto di avere qualche chance. Più di quante ne potesse avere Alfano". Il "vero problema" a cui va incontro il Pdl, aggiunge, è perdere l'aggancio con i centristi: "Fino a ieri continuavano a cercare Casini, lo corteggiavano. Ma con Silvio in campo...". L'epilogo "quasi inevitabile" sarà un nuovo patto con la Lega "anche se ora che a guidare il carroccio c'é Maroni l'accordo sarebbe stato più facile se il partito fosse rimasto nelle mani di Alfano".

Monti: "Per l'Italia percorso di guerra. Al G20 Berlusconi sfiorò umiliazione"
Lite con i sindacati sulla concertazione
L’Italia ha intrapreso «un percorso di guerra durissimo che non è ancora finito». Nel giorno in cui lascia a Vittorio Grilli il compito di guidare il ministero dell’Economia, Mario Monti lancia un forte richiamo a non abbassare la guardia di fronte alla crisi. Non ce l’ha con i partiti e con il Parlamento, che anzi hanno dimostrato «responsabilità» in questo momento «drammatico» tanto da dare «serenità sulle prospettive di governo» dopo le elezioni del 2013. I suoi strali li rivolge semmai alle parti sociali, invitandole ad avere un atteggiamento di «collaborazione» e a considerare morta e sepolta la concertazione.

Monti interviene all’assemblea dell’Abi, al palazzo dei congressi dell’Eur, dopo che il governatore di Bankitalia Visco ha ricordato a tutti l’amara verità di un’Italia ancora in recessione. Le sue parole sono un mix di prudenza e ottimismo: «Ci vorrà tempo per vedere gli effetti dei nostri provvedimenti su crescita e occupazione - spiega il premier - ma non ho dubbi che questi effetti ci saranno perchŠ le cose fatte vanno nella direzione di rimuovere i vincoli strutturali alla crescita». Se l’Fmi colloca la ripresa per l’Italia nella seconda metà del 2013, Monti è più vago: «Credo si possa ragionevolmente sperare, non so in quale mese, che i cittadini e chi sarà al governo possano vedere i primi risultati». Dove invece il premier non usa giri di parole è nella stoccata che dà alle parti sociali.

Probabilmente ancora irritato per l’inedita convergenza tra la Confindustria di Squinzi e la Cgil della Camusso, il premier si dedica allo demolizione dell’idea di concertazione: quella, osserva, che «ha generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli non trovano facilmente lavoro». Oggi il governo ha cambiato approccio: ascolta tutti, poi decide per suo conto. E quando si parla di interessi pubblici, mette in chiaro Monti, «le parti sociali devono restare parti vitali, importanti, ma non debbono diventare soggetti nei confronti dei quali il governo pratica una sorta di outsourcing di politica economica». Monti non è avaro di giudizi critici nemmeno rispetto all’Europa. I risultati delle ultime riunioni europee segnano un «progresso significativo», ma per il premier c’è un problema di comunicazione: «Poichè i mercati vivono di coerenza e di incoerenza dei messaggi è facile che queste decisioni somiglino alla tela di Penelope». A fare le spese di questa situazione c’è anche l’Italia, i cui titoli pubblici continuano a ballare: lo spread che resta alto, ammette Monti, è «motivo di frustrazione per tutti e soprattutto per il governo».

Con l’occasione Monti prende le difese del suo predecessore a Palazzo Chigi: al g20 di Cannes, l’anno scorso, dice il Professore, «Berlusconi fu sottoposto a una pressione prossima all’umiliazione» e ci fu «un tentativo di far cedere all’Italia parte della sua sovranita». «Una situazione sgradevole» che Monti non vuole che si ripeta. E per questo fissa i suoi paletti: «L’Italia - spiega - è un paese che è tra i più pronti alla condivisione di pezzi di sovranità con altri». Ma è giustamente «riluttante» a perdere il diritto di decidere cosa fare in casa propria. Dopo il suo intervento all’Abi arriva la notizia della nomina di Grilli all’Economia. Monti, ovviamente, continuerà ad avere un ruolo di primo piano nelle scelte di politica economica. A testimoniarlo, l’annuncio della costituzione del «comitato per il coordinamento della politica economica e finanziaria»: la nuova cabina di regia sarà presieduto dallo stesso Monti e ne faranno parte Grilli, il ministro dello Sviluppo Passera e, secondo i casi, gli altri ministri competenti. Alle riunioni potrà essere invitato anche il Governatore della Banca d’Italia.

I sindacati intanto protestano per l'affondo contro la concertazione. Risponde anche Rete Imprese Italia spiegando che il metodo della concertazione è la via maestra per uscire dalla crisi. E critiche arrivano anche dal Pd e dall’Idv. Susanna Camusso è durissima: «Credo che non sappia di cosa sta parlando. Vorrei ricordargli che l’ultima concertazione nel nostro Paese è quella del 1993: un accordo che salvò il Paese dalla bancarotta, con una riforma delle pensioni equa, al contrario di quella fatta dal suo Governo». E rincara la dose: «prendere lezioni di democrazia da chi è cooptato e non si è misurato col voto è un pò imbarazzante per il futuro democratico del Paese». Anche il il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, interviene: «non c’è alternativa alla concertazione in nessun paese a democrazia matura e ad economia avanzata». Per il segretario della Uil, Luigi Angeletti «oggi, l’Europa consiglia il dialogo sociale come strumento per la crescita. Ma il nostro Presidente del Consiglio è più realista del re: pensa di poter salvare l’Italia senza preoccuparsi di salvare gli italiani». Insomma «sembra confondere concertazione con consociazione».

Agricoltura: meno aziende ma più grandi
Censimento 2010, quota capi aziende donna sale al 30,7%
12 luglio, 11:48
(ANSA) - ROMA, 12 LUG - L'agricoltura italiana è caratterizzata da aziende agricole in calo (-32,4% sul 2000) ma in crescita nelle dimensioni, con una media di 7,9 ettari di superficie agricola utilizzata (+44,2%). Il settore si affida a una conduzione e mano d'opera familiare (il 99% non ci rinuncia) ma cresce l'apporto dei salariati e degli stranieri (il 6,4% del totale). Aumentano inoltre i capi azienda donne (il 30,7%). E' quanto emerge dai dati definitivi del censimento dell'agricoltura dell'Istat sul 2010.

Udin, oltrepadania dell’est. Il governo non fa sconti. Le autonomie si alleano
Nessuna soluzione per la Regione dall’incontro con Monti ieri nella capitale. E Tondo organizza un summit con la Valle d’Aosta, Trento e Bolzano
di Anna Buttazzoni
 UDINE. Forse non avrà assistito alle “liturgie” della politica scongiurate il giorno prima, ma di certo dal governo non ha nemmeno ottenuto soluzioni. Renzo Tondo attraversa una lunga giornata romana, prima con i presidenti delle Regioni e poi anche con il premier Mario Monti, che lascia l’amaro in bocca al Friuli Venezia Giulia.
 I governatori sono furenti per il decreto di revisione della spesa, si sa, ma l’esecutivo non fa passi indietro nè sembra disponibile a trattare, anzi. Monti in serata fa sapere che «gli obiettivi del decreto legge costituiscono un elemento essenziale della politica economica del governo e pertanto non potranno essere modificati». Tondo allora cerca altre strade. Lunedì mattina a Udine ha convocato i parlamentari eletti in Fvg e i capigruppo di maggioranza e opposizione, anche perché martedì scade il termine per presentare al Senato eventuali emendamenti alla manovra del governo. Il pomeriggio invece ad Avio, sul Lago di Garda, alle 15.30 incontrerà Augusto Rollandin, Lorenzo Dellai e e Luis Durnwalder, cioè i presidenti delle Regioni autonome del Nord, della Valle d’Aosta e delle Province di Trento e di Bolzano. Da qui i governatori provano a organizzare un gioco di squadra per salvare le autonomie dalla morsa della “spending review”.
 «Nulla di risolutivo» dice solo Tondo prima di rientrare in Fvg. All’incontro i temi più discussi davanti al premier sono i tagli alla sanità e per il trasporto pubblico locale (Tpl), anche perché durante un summit con tutti i presidenti delle Regioni italiane era difficile immaginare che sarebbero stati approfondite le criticità Regione per Regione.
 L’operazione del governo impatta sul Fvg in termini di sanità per 21 milioni, cioè, pur pagando la sanità per conto proprio, la Regione dovrebbe garantire quella somma nel calderone del Fondo nazionale sanitario. Sul Tpl, invece, i riverberi sembrano minimi. Altri conti sono incubi per il Fvg e per le altre Regioni speciali. Perché il governo calcola che le cinque amministrazioni dovrebbero garantire un concorso alla finanza pubblica di 500 milioni nel 2012; 1,2 miliardi nel 2013 e 1,5 nel 2014. Facendo i conti per il Fvg significa circa 90 milioni quest’anno, 180 il prossimo e 230 nel 2014, cioè 500 milioni in tre anni. La Regione poi ha aperta la questione dei 370 milioni che si è impegnata a dare a Roma per l’attuazione del federalismo fiscale, soldi congelati, ma accantonati. Per questo le “speciali” del Nord cercano di fare squadra, perché Fvg, Trentino e Valle d’Aosta hanno sottoscritto con il governo l’impegno sul federalismo, mentre Sicilia e Sardegna no.
 Una soluzione però ancora non c’è. Tondo potrebbe decidere di riaprire l’assestamento di bilancio appena approvato e rifare la manovra per trovare i soldi da dare a Roma. Oppure può stabilire di ricorrere alla Corte costituzionale. O, ancora, restituire allo Stato i compiti che il Fvg gestisce in proprio, visto che lo Stato non riconosce quanto la Regione fa. Tutte ipotesi. Il governatore prima di tutto cerca un accordo e allora forse lunedì diventerà una giornata decisiva per capire che strada prenderà il Fvg.

Ljubljana, Slovenija. Napolitano rinsalda l’amicizia con Lubiana
La minoranza italiana al centro della giornata conclusiva della visita di Stato: «Siamo attenti alla vostra valorizzazione»
di Franco Babich
LUBIANA. Un’ora di colloqui con una delegazione della Comunità nazionale italiana, il breve incontro con il sindaco di Lubiana Zoran Jankovic e, infine, l’appuntamento con il premier Janez Jansa, prima dei saluti del presidente Danilo Türk e il rientro a Roma: il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano ha concluso ieri la visita di Stato alla Slovenia, una visita che ha confermato il buon momento nelle relazioni tra i due Paesi.
L’incontro con Napolitano è stato per la Comunità nazionale italiana un’occasione per parlare dei problemi della minoranza, legati in particolare al bilinguismo e alla necessità di veder pienamente riconosciuta e rispettata la presenza storica sul territorio, ma è stata anche e soprattutto un’occasione per parlare delle proprie speranze, visto il nuovo clima positivo nei rapporti tra Roma e Lubiana. Della delegazione facevano parte il presidente della Comunità autogestita costiera della nazionalità italiana Alberto Scheriani, i rappresentanti delle Can comunali, il deputato italiano al Parlamento sloveno Roberto Battelli, il presidente dell’Unione italiana nonché deputato italiano al Parlamento croato Furio Radin e i presidenti della giunta esecutiva e dell’assemblea dell’Unione italiana, Maurizio Tremul e Floriana Bassanese. «Vogliamo essere una risorsa qui dove viviamo, con la nostra lingua, la nostra cultura, con la nostra presenza anche economica, in un contesto di ricchezza e diversità che è tipico di queste terre» ha dichiarato Roberto Battelli ai microfoni di Tv Capodistria al termine dell’incontro. Le attività della minoranza italiana, ma anche più in generale delle minoranze nazionali, a giudizio di Maurizio Tremul, devono essere viste come un investimento, non come una spesa, «perché la presenza culturale e linguistica è uno strumento fondamentale per sviluppare i rapporti reciproci, anche economici» tra i Paesi.
Napolitano, nel suo intervento, ha ribadito che l’Italia è attenta egualmente alla tutela dei diritti e alla valorizzazione del ruolo della minoranza italiana in Slovenia come di quella slovena in Italia. «Lavoriamo – ha dichiarato a fine incontro – per dare seguiti e sviluppi concreti alla politica che qui si fa da parte del governo sloveno nei confronti delle minoranze». Napolitano ha ricordato con piacere anche la visita del settembre scorso a Pola, quando all’Arena erano presenti migliaia di italiani, e non solo italiani, per il grande concerto in occasione del suo incontro con il presidente croato Ivo Josipovic. Dopo l’incontro con la Comunità nazionale italiana, che si è svolto nel salone dell’albergo Union, Napolitano si è incontrato brevemente con il sindaco di Lubiana Jankovic dopo di che ha avuto un colloquio più lungo con il premier sloveno Janša. I due hanno giudicato positive le relazioni tra Italia e Slovenia, in particolare nel campo della collaborazione economica che nell’ultimo anno è aumentata nonostante la crisi. Napolitano e Jansa hanno espresso soddisfazione anche per come nei rispettivi Paesi vengono affrontate le problematiche delle minoranze nazionali. In quanto alla crisi dell’Eurozona, i due leader hanno definito positive le conclusioni del recente vertice europeo, che ha prestato attenzione al rigore della spesa pubblica nei vari Paesi senza però trascurare la necessità di sollecitare la crescita e lo sviluppo. Anche ieri, come nei giorni della vigilia, alla visita di Napolitano i media sloveni hanno dedicato ampio spazio, e tutti concordano che tra i due Paesi si avverte un clima nuovo, molto più positivo rispetto al passato. In quanto alle questioni ancora irrisolte, come per esempio il problema dei rigassificatori nel golfo di Trieste (la Slovenia è nettamente contraria), se ne riparlerà il 17 settembre a Lubiana, all’incontro interministeriale Italia–Slovenia.

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