martedì 16 novembre 2010

Crisi senza via d’uscita


Giorgio Mottola da Napoli
Mar, 16/11/2010 - 10:30
RIFIUTI. A Napoli sono duemila le tonnellate di rifiuti ammassate per le strade. Chiuse Taverna del Re e Terzigno, l’immondizia va tutta a Chiaiano, invaso quasi al collasso. L’umido in viaggio verso l’Emilia.

Si lamentano anche loro, i mercanti di monnezza. In piazza Garibaldi, davanti alla stazione centrale di Napoli, vendono le loro cianfrusaglie, prese direttamente dai cassonetti. I lenzuoli laceri, che stendono sui marciapiedi sporchi, sono i banchi di un ipermercato straccione. Frequentato soprattutto da immigrati ma anche da napoletani alla ricerca di scarpe vendute a non più di tre euro il paio e maglioni di lana da cinquanta centesimi. Sono l’evoluzione moderna, o forse postmoderna, degli antichi cartonari. Sembrerà paradossale, ma loro sono i primi a sperare che l’emergenza rifiuti a Napoli finisca presto. «La monnezza è buona, quando non ce n’è troppa», spiega Daniel che viene dal campo nomadi di Secondigliano, «ora per esempio, io lavoro malissimo. I sacchetti stanno lì da giorni, puzzano e colano molto più di quando la situazione è normale. E poi, così per me è troppo difficile trovare la mia merce nei cassonetti».

È improbabile che le pene di Daniel e degli altri mercanti di monnezza finiscano presto. Ieri per le strade di Napoli c’erano oltre 2mila tonnellate di rifiuti. «Due settimane fa – ricorda Francesco Borrelli, commissario regionale dei Verdi – Berlusconi aveva detto di aver risolto tutti i problemi». Ma lungo corso Umberto, l’arteria principale del centro storico, le automobili avanzano a passo d’uomo, costrette a dribblare i cantieri e i sacchetti che “esondano” fin sulla strada. Stracolma è anche via Roma, su cui si affacciano le boutique più esclusive della città. A San Gregorio Armeno, la via dei presepi, i turisti fotografano i sacchetti e non le statuette degli artigiani. «La situazione è fuori controllo», ammette l’assessore all’Igiene urbana del Comune di Napoli, Paolo Giacomelli.

La discarica di Taverna del Re, dove nelle ultime due settimane è stata conferita la metà dei rifiuti napoletani, è chiusa definitivamente. «Non la riapriremo più», ha promesso, durante il consiglio provinciale di ieri il presidente  Luigi Cesaro. Sul tavolo, però, non c’è alcuna proposta alternativa. Eppure si sono aggiunte altre grane. La discarica di Terzigno, dove hanno sversato fino a sabato i diciotto comuni dell’area vesuviana, è ancora chiusa. Con un’ordinanza, il sindaco Domenico Auricchio ha vietato l’ingresso di altri rifiuti («La falda acquifera intorno all’invaso è inquinata», ha spiegato) e non sembra intenzionato a cambiare idea. Quasi sicuramente, infatti, la questione della riapertura finirà davanti al Tar, a cui la Provincia farà ricorso, come ha annunciato Cesaro. Sono fuori gioco, e lo saranno per un periodo probabilmente lungo, anche gli Stir di Giugliano, Tufino e Caivano.

Le vasche che contengono la frazione umida sono ancora piene e non c’è altro luogo dove stoccarla, dal momento che in Campania non esistono impianti di compostaggio. Quindi, tutto si sta reggendo sulla discarica di Chiaiano, che potrebbe però collassare presto. Per questo motivo, ieri Cesaro è tornato, anche se molto genericamente, a parlare di nuovi sversatoi in provincia di Napoli: «È  necessario individuare cave da destinare a discarica per il conferimento della frazione organica stabilizzata». Rimane però il problema di come tamponare la crisi per i prossimi mesi. Per ora, la soluzione è quella tradizionale, adottata negli ultimi quindici anni di emergenza: l’esportazione dei rifiuti. Quattrocento tonnellate sono già oggi in viaggio verso l’Emilia Romagna. Daniele Fortini, amministratore delegato dell’Asia, ha chiesto infatti sostegno all’Hera, società emiliana di raccolta e gestione, che si farà carico di una parte della frazione umida di Tufino e Giugliano.

Un’altra parte dovrebbe invece arrivare in alcuni impianti di biomassa della Toscana. L’immondizia campana potrebbe prendere anche la via della Spagna. Sono stati infatti attivati contatti con un’azienda andalusa, ma «per far partire un treno occorre un mese, servono autorizzazioni speciali, non è semplice», spiega Giacomelli. La gravità della situazione sembra aver ammorbidito la posizione delle altre province della Campania. Sinora sempre contrarie ad accogliere i rifiuti di Napoli, ieri gli impianti di Salerno, Avellino e Caserta hanno accolto alcune migliaia di tonnellate di immondizia.
Fonte.
http://www.terranews.it/news/2010/11/crisi-senza-d’uscita

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