martedì 16 novembre 2010

La nostra gioventù? disperata e senza lavoro


di PASQUALE DORIA - 15 Novembre 2010
Matera. Due faldoni panciuti e dentro altrettanto zeppe cartelle contengono una marea di domande di lavoro. Ne arrivano ogni giorno, in tutto, forse sono poco meno di un migliaio e solo una parte di questi disperati messaggi nella bottiglia occupano già l’intero piano della scrivania. Le mostra con la tristezza stampa sul volto Nunzio Olivieri, alla guida del centralissimo Hotel San Domenico, ma anche impegnato su molti altri fronti imprenditoriali.

L’invito a sfogliare i curriculum non ha nulla di curiosamente morboso e avviene nel suo ufficio, nella massima riservatezza, lontano da occhi indiscreti. Dentro quelle cartelle c’è la desolante storia di un giovane popolo d’invisibili a caccia di lavoro. Uno qualunque, purchè regolarmente retribuito. «Ecco come, mio malgrado - spiega Olivieri - vado registrando un lento, ma inesorabile abbassamento di u n’asticella virtuale. Più angusti diventano gli spazi del mercato e maggiore è la propensione a mettere da parte il titolo di studio, a cominciare dal laureato. Un traguardo sudato, che ha coinvolto sicuramente a livello di non pochi sacrifici e non solo la persona che viene qui a chiedere aiuto, ma anche i suoi genitori che sul quel titolo di studio chissà quanto hanno sperato per consentire l’agognato salto di qualità per i propri figli, ora professionisti solo sulla carta, ma ancora a carico del magro stipendio impiegatizio di un ceto medio sempre più povero». Sulla tavolozza della scrivania dominano i colori plumbei di una realtà cruda.

«Sono più che certo di non essere l’unico a misurarsi con questa situazione drammatica», continua Olivieri. «E a volte non basta neppure l’esperienza, quel minimo di cinismo che ogni imprenditore deve per forza di cose imparare ad indossare come una sorta di abito corazzato. Si tratta di una divisa sempre più stretta e scomoda. Basta osservare alcuni di questi curriculum. Molti sono laureati e alcuni mi chiedono di fare il lavapiatti. La mia coscienza si rifiuta, non lo farei neanche se potessi. Sceglierei sempre un ragazzo senza titolo di studio, al massimo un diplomato. Non è moralmente accettabile. Un laureato in legge mi chiede ormai da qualche tempo di potere fare almeno il portiere di notte. Anche in questo caso non potrei mai. Al cospetto di un errore potrei rimproverarlo? Non me la sentirei e rischierei di rendere un cattivo servizio a lui e ai clienti. Anche in questo caso, punterie su un diplomato, magari proveniente dall’istituto alberghiero che almeno una certa infarinatura del lavoro la possiede. Insomma, se si vuol evitare di farsi male con le proprie mani è vietato improvvisare. La situazione dei laureati, purtroppo, è la più esposta perchè si presume abbiano maturato altro tipo di competenze».

Sfogliando le cartelle, molte corredate anche di fotografie e referenze, ecco cosa vorrebbero fare i nostri giovani in un albergo: addetto ai piani, portiere di notte, cameriere di sala, cuoco, aiuto cuoco, addetto alla segreteria, receptionist, addetto al ricevimento, barman e aiuto barman. «Il turn over più spinto - riprende Olivieri - lo registriamo tra i camerieri di sala. Se uno di loro si ammala, o incappa in un qualunque infortunio, va sostituito con la massima sollecitudine. Inizialmente ne convocavo tre alla volta. Uno lo prendevo e però registravo la profonda delusione degli atri due. Non è che si può sempre sorvolare sulle altrui aspettative deluse. Se fosse per me io li assumerei tutti. Allora, ho escogitato una sorta di rimedio empirico e chiamo per telefono. Chiedo come va la vita e se capisco che chi parla dall’altra parte è a spasso, allora gli dico che ho immediatamente bisogno di vederlo. Se è già impegnato vado avanti nella ricerca, ho solo l’imbarazzo della scelta. Un’accortezza che non mi costa molto e che risparmia cocenti momenti di sconforto a giovani che si sentono costantemente traditi nelle loro aspettative».

Di tanto in tanto, sulle domande personali spicca un’annotazione. Segnalato da tizio e caio, si legge. Molti i nomi di politici, di tutti i partiti. Olivieri allarga le braccia. «Quelle annotazioni le faccio io - spiega - perchè mi è capitata gente che non aveva molta voglia d’impegnarsi. A quel punto ho saputo a chi rivolgermi e a restituire il grazioso dono al mittente. Ma si può sapere chi mi hai mandato? Esordisco solitamente con questa domanda ed ora, quale monito preventivo a futura memoria, devo dire assolutamente la verità: che non è mai la raccomandazione a fare la differenza, ma il merito, la capacità di sapersi guadagnare la stima del datore di lavoro e dei colleghi. Tutto il resto sono solamente inutili chiacchiere».

È stata rispettata rigorosamente la privacy dei ragazzi e delle ragazze che hanno inviato i loro curriculum, non mancano anche nominativi di fuori provincia, o di fuori regione, come pure quelli di cittadini extracomunitari. La sensazione è che spulciando attentamente tante informazioni si possa svolgere un’indagine sociologica con i fiocchi. In quelle pagine vengono risposte le aspirazioni di una generazione che a differenza di quella che l’ha preceduta guarda al futuro con preoccupazione crescente. Lo sanno già che per loro sarà dura, almeno questo sembra un dato maturo, ma spesso questa consapevolezza si scontra con una rassegnazione che ha il volto di chi non spera più in niente e ha il sapore aspro della disperazione sedimentata in una domanda di lavoro che per forza di cose forse non avrà mai risposta.
Fonte:

Nessun commento: