lunedì 13 dicembre 2010

Sopravvivere di monnezza

Rifiuti, le notti dell'incivilta'. Bombole e divani sui cumuli. Si getta tutto, fino all'alba. Sacchetti lanciati dentro il teatro

NAPOLI - Indossa pantaloni sporchi di cemento, un pullover gualcito. Arriva alle sette di sera con passo rapido dal cantiere dietro l'angolo. Sulle spalle un saccone di plastica colmo di calcinacci, tubi di ferro, barattoli di vernice vuoti. Quindi, come fosse la cosa piu' naturale della terra, lo getta tra polvere e fracasso presso il cassonetto in Piazza San Ferdinando, proprio di fronte al vecchio teatro dedicato a Edoardo De Filippo. Paolo Buffardi, responsabile logista del teatro, lo fissa negli occhi. «Sa bene che questa roba va portata alle discariche specifiche», sussurra. L'altro risponde con sguardo minaccioso, come per dire: «Fatti i fatti tuoi, che io bado ai miei». Buffardi lascia che si allontani. Poi protesta: «Avviene tutti i giorni. Dovunque a Napoli. Nessun rispetto per le regole. E dire che questo e' un luogo storico. Ma siamo noi napoletani i primi a sfregiarlo con l'immondizia. In piu' ci stanno le bande di minorenni. Entrano in sala durante le rappresentazioni. Gettano i rifiuti tra il pubblico, addirittura sul palco. Negli ultimi due anni hanno infranto a pallonate e colpi di fionda per ben 107 volte le sfere di vetro delle nostre lampade antiche. Vado dalla polizia. Ma denunciare non serve a nulla. Al commissariato mi guardano come se fossi pazzo. Abbiamo provato a invitare gratis i ragazzi a teatro. Quelli che ci vengono, sono angioletti. Pero', una volta ricongiunti al branco, tornano criminali come prima». Esasperato. Il selciato rinascimentale della piazzetta e' lordato di cartacce, lattine sfondate, plastica. Anche l'erba verde-patetico della misera aiuola resta schiacciata dai cartoni. Sara' una lunga notte nella Napoli dell'allarme rifiuti. Le ultime cronache segnalano nuove manifestazioni con il ferimento di un agente alla discarica di Sari. La nota positiva sarebbe che, grazie all'intervento dell'esercito e la mobilitazione voluta dal governo, i rifiuti ancora per la strada sarebbero passati, in 24 ore da 1.700 a 1.200 tonnellate. Nel nostro viaggio dalla sera all'alba emerge una atta vittima non solo delle inefficienze dell'amministrazione e della camorra, ma anche ostaggio di se stessa, di cecita' incancrenite tra i suoi abitanti, di una cultura diffusa che disprezza gli spazi pubblici in nome di pigrizie e fatalismi ancestrali. Te ne puoi accorgere presto, gia' atterrando a Capodichino. E' vero che ci sono, ben visibili, gli sfregi a cielo aperto costituiti delle montagne di rifiuti. Alte, sempre piu' offensive ed immonde mano a mano che ti allontani dal centro. Pero' e' facile osservare anche l'immondizia minuta e - il tovagliolo di carta, la scatola del dentifricio, il cartone dove stava l'aspirapolvere, vecchi quaderni - abbandonata sui cigli delle strade. Sono gli individui che sporcano, in questo caso c'entra poco la municipalita'. Il gruppo di pescatori incontrati prima dell'alba al molo di Porto Sannazzaro racconta di «tavolini e seggiole in plastica» trovati a galleggiare lungo le rive. Afferma uno di loro, Esposito, 63 anni: «Da un decennio almeno l'acqua del golfo e' tornata limpida. Segno che i depuratori pubblici funzionano. Anche le petroliere e i grandi cargo non puliscono piu' le loro cisterne in mare. Ma lo fanno gli yacht privati. I piccoli cabinati scaricano al largo le acque nere. I napoletani trattano il mare come una fogna. Le nostre reti a strascico tirano a bordo ogni genere di articolo: dai bidet, alle lampade e i frigoriferi. La settimana scorsa si sono malamente strappate in tre motorini gettati sul fondo». Un problema antico. Amedeo Colella, ricercatore universitario, studioso di storia partenopea e autore di un divertente «Manuale della napoletanita'», sottolinea che le epidemie di peste e colera tra Medioevo e Rinascimento erano strettamente correlate alla sporcizia. Con la sua Vespa rossa giriamo per ore tra i quartieri Spagnoli. «Gli oltre trecentomila morti di peste nel 1656 erano come l'immondizia di oggi. Non si sapeva dove metterli. I cadaveri abbandonati ammorbavano l'aria. Assieme ai topi, contribuirono alla diffusione della malattia - racconta -. Allora si girava con una fascia sulla bocca. D'estate l'olezzo era impossibile» aggiunge con un'immagine non troppo diversa da quelle viste nell'emergenza di due anni fa e ripetuta adesso tra i quartieri periferici di Fuorigrotta, Capodichino, Pianura, Scampia, Ponticelli e tanti altri. A visitarli e' ovvia la disparita' con il centro. Risalendo dal lungomare verso l'interno la situazione peggiora visibilmente. Al Vomere le strade maggiori sono state ripulite. Non pero' , quelle secondarie. Verso le dieci di sera incontriamo «Gennarino monnezza», uno dei tanti i imprenditori-spazzini che proprio sull'immondizia guadagnano da vivere. Ha 42 anni, nel 1990 si invento' di andare direttamente nelle abitazioni private per raccogliere la spazzatura del giorno e portarla ai cassonetti. «Ho circa 80 clienti. Mi pagano 10 euro al mese. Quotidianamente, tra le sei e le dieci di sera, svolgo il mio lavoro. Mi pagano anche due settimane di ferie in agosto. Il problema pero' e' che ora subisco la concorrenza delle squadre di extra-comunitari, che hanno dimezzato il canone a 5 euro al mese». Competizione dura, che per quelli come lui peggiorerebbe se la municipalita' dovesse introdurre a tappeto la raccolta differenziata. Poco dopo mezzanotte via Circonvallazione, circa 200 metri dalla stazione dei Carabinieri del quartiere dei Cavalleggeri d'Aosta, e' avvolta nel buio. Qui vengono i privati a gettare abusivamente i rifiuti ingombranti. Entrambi i lati sono coperti da tavoli, armadi, divani sventrati, pile di copertoni, cucine, bombole del gas, animali morti, veicoli bruciati e via cosi' per migliala di metri. «E' assurdo. Perché qui a Napoli la raccolta dei rifiuti ingombranti funziona, forse meglio che a Milano. Basta telefonare e la municipalita' entro 48 ore manda il camion», dice un taxista. Ma perché i Carabinieri non fanno nulla per fermarli? «Purtroppo e' cosi'. E negli ultimi cinque anni e' peggiorato» risponde il giovane carabiniere di guardia aprendo le braccia. Piu' sopra, al quartiere Posillipo, va meglio. Neppure un sacchetto presso i cassonetti negli ampi viali alberati. Sono le cinque di mattina. «Qui stanno i signori. Politici, calciatori e camorristi. Come sul lungomare e' tutto pulito, la vetrina bella della citta'» affermano i tré impiegati della Asia, una delle societa' appaltate dal Comune per la nettezza urbana. Raccontano di pericoli e vessazioni per gli spazzini nella Napoli della Camorra. «Ha fatto bene Saviano a denunciare il fenomeno alla televisione» dice uno di loro, Alfonso, 47 anni. «Le bande della Camorra si fanno la guerra per il controllo delle discariche. E noi siamo in mezzo. Ci attaccano con pistole ad aria compressa ed estintori quando vogliono fermarci». Al mercato del pesce quasi mille lavoratori si dicono soddisfatti per l'attivita' degli spazzini, ma spaventati dal piano della municipalita' per trasferire l'intero mercato a Volla, 40 chilometri dal centro. «Forse staremo al pulito. Ma senza clienti» gridano. Con l'alba transitano gli ultimi camion per la pulizia delle strade. Piove a raffiche, tira un vento fastidioso, inumidito dalla salsedine. Gli spazzoloni meccanici urtano una montagna di sacchetti abbandonati e ne sparpagliano il contenuto sull'asfalto.
Reference date : 13/12/10 Data Rassegna13/12/10 07.49
Fonte: http://tweb.interno.it/twebmi/index2.php


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