martedì 25 gennaio 2011

Notizie dall’Unione europea, stime del Fmi, 25 gennaio 2011

Sezione politica ed economia:
1. Grecia, sciopero il 23 febbraio.
2. La Spagna alla Cassa (Ue).
3. Bce in allerta sull'inflazione. Beda Romano.
4. Il Fondo Monetario Internazionale stima che…


1. Grecia, sciopero il 23 febbraio. Lo stesso giorno si terra' anche una manifestazione di piazza. 24 gennaio, 17:59. (ANSA) - ATENE, 24 GEN - Il sindacato del settore privato Gsee ha annunciato un nuovo sciopero nazionale di 24 ore contro l'austerity il 23 febbraio prossimo e secondo fonti bene informate e' 'molto probabile' che vi aderira' anche il sindacato del settore pubblico Adedy. Lo stesso giorno si terra' anche una manifestazione di piazza. La nuova protesta congiunta, cui e' verosimile aderisca anche il sindacato comunista Pame, sarebbe la nona contro il piano di austerita' del governo.

2. La Spagna alla Cassa (Ue). Donato Masciandaro. L'eventuale nazionalizzazione delle Casse di risparmio spagnole rappresenta l'ennesimo capitolo di un abbecedario sui rischi di avere l'Euro senza avere una regolamentazione ed una vigilanza unificata. È un libro che purtroppo potrà avere anche altri capitoli, se i governi europei continueranno a vivere alla giornata, scaricando sulla Banca centrale europea (Bce) tutti i conflitti insoluti a causa della loro miopia.
La storia delle Casse spagnole ci offre un monito purtroppo molto attuale. Il rischio di un conflitto tra la tutela della stabilità monetaria - che deve rimanere la priorità per la Bce - e quella della stabilità finanziaria continuano a rimanere alti, se l'Unione continuerà ad avere regole finanziarie disomogenee e una vigilanza frastagliata.
Guardiamo cosa è successo in Europa negli anni che hanno preceduto la crisi finanziaria del 2007-2009. Se si analizzano i dati del periodo tra il 2001 e il 2006, l'Unione monetaria si caratterizza per una politica monetaria non solo unica, ma anche efficace. L'inflazione effettiva, ma soprattutto le aspettative di inflazione - il vero motore del successo o dell'insuccesso di una banca centrale - sono state entrambe basse e stabili. Lo stesso non è stato per le variabili finanziarie diverse dalla moneta, in particolare legate al livello di indebitamento.
La ragione è semplice: nell'Unione le regole che determinano il modello di banca, nonché le modalità di vigilanza sulle banche stesse, sono ancora troppo legate all'ambito nazionale, con tutti le conseguenze distorsive che ne derivano. Negli anni che hanno preceduto la crisi le industrie finanziarie dei paesi dell'Unione hanno preso strade affatto diverse, per un deficit che è di regole e di vigilanza.
Il sistema di regole dell'Unione è fondato sui principi dell'armonizzazione minima e del mutuo riconoscimento. Tale binomio doveva stimolare la concorrenza tra sistemi, con auspicabili effetti positivi in termini di efficienza. La conseguenza inattesa e indesiderata è stata l'eccessiva crescita del rischio. Infatti si è lasciato al prudente apprezzamento dei banchieri e dei vigilanti nazionali le scelte che finiscono per determinare l'effettivo grado di assunzione del rischio. In alcuni Paesi si è consentito che le banche assumessero rischi eccessivi, vuoi per il modello di attività adottato vuoi per le scelte di investimento. Nei mesi scorsi sono emersi di volta in volta gli eccessi delle banche inglesi e irlandesi, di quelle olandesi e tedesche, e per ultime ma non ultime le casse spagnole.
Nel caso della Spagna l'eccesso di liquidità si è scaricato sul mercato immobiliare. Se si guardano i dati della quota di investimenti immobiliari sul prodotto interno lordo, si troverà che i Paesi più esuberanti sono nell'ordine l'Irlanda, la Spagna e la Grecia.
Per cui regole e vigilanza, se non vogliono diventare focolai di instabilità prima finanziaria e poi monetaria, devono occuparsi dei livelli di indebitamento. Ma perché non lo hanno fatto? Ci sono sia ragioni economiche, che politiche.
La ragione economica è l'ossessione paranoica per i coefficienti di capitale, che ha portato a trascurare sia i coefficienti di liquidità che i livelli di indebitamento. Proprio la Spagna rappresenta l'ulteriore insegnamento che guardare esclusivamente ai coefficienti di capitale non serve. Tanti hanno indicato proprio il caso spagnolo come esempio virtuoso di regolazione, avendo adottato coefficienti di capitale cosidetti anticiclici, in cui si incentiva la raccolta di capitale di rischio nei momenti favorevoli del ciclo. Premesso che la teoria non ha ancora esplorato compiutamente i pro ed i contro di tale scelta regolamentare, in ogni caso l'insufficienza del presidio rappresentato dal solo capitale di rischio è lampante.
La ragione politica è che in un mercato dei capitali europei in cui operano banche nazionali, il rischio che i vigilanti vengano catturati dalle stesse banche, dalla politica, o da un combinato disposto dei due summenzionati fattori, è molto alto. La cattura aumenta i rischi di instabilità. Se poi l'instabilità si manifesta davvero, come nel caso delle Casse spagnole, l'intervento dello stato diventa un passo obbligato. Ma più stato nelle banche significa ulteriori rischi di distorsione, con danni che abbiamo visto valicano i confini nazionali.
Quello che oggi deve preoccupare noi Europei è che, nonostante la crisi, continuiamo a vedere nell'Unione la balcanizzazione delle regole e della vigilanza. La paralisi delle regole è il passivo adattamento al difficoltoso cammino di Basilea 3. Il disegno della vigilanza non è andato oltre una riforma dei meccanismi di coordinamento. Non dovremo allora meravigliarci se il libro dell'instabilità finanziaria si arricchirà di nuovi capitoli.

3. Bce in allerta sull'inflazione. Beda Romano.  FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente. Si moltiplicano i segnali di pressioni inflazionistiche nella zona euro, in un momento in cui l'economia sembra rafforzarsi, soprattutto in Germania. La situazione è delicata da un punto di vista di politica monetaria, tanto che ieri, ancora una volta, la Banca centrale europea ha espresso preoccupazione per l'andamento dei prezzi.
L'indice Pmi, che riflette la fiducia dei direttori degli acquisti delle imprese di servizi nella zona euro, è salito in gennaio, da 54,2 a 55,2, ben sopra al livello di 50, che è lo spartiacque tra espansione e recessione dell'economia. Nel contempo lo stesso indice, ma relativo questa volta all'industria, è sceso leggermente, a 56,9 da 57,1.
L'indicatore che raggruppa i due settori dell'economia è comunque aumentato, da 55,5 a 56,3. I dati confermano che la congiuntura europea sta attraversando un momento positivo, grazie soprattutto alla Germania dove la ripresa è particolarmente vivace. La settimana scorsa l'indice Ifo sulla fiducia delle imprese si è attestato ai massimi degli ultimi venti anni.
Queste cifre, secondo gli economisti François Cabau e Frank Engels di Barclays Capital, indicano la possibilità di una crescita del prodotto interno lordo nella zona euro dello 0,6% nel primo trimestre di quest'anno (dal +1,7% stimato per l'intero 2010). Molti analisti di mercato hanno notato che i dati mostrano evidenti pressioni inflazionistiche.
In Germania, per esempio, l'indice del Pmi relativo ai prezzi alla produzione è salito a 81,2 in gennaio, un livello finora mai toccato da un indicatore nato ormai una decina d'anni. Secondo il centro-studi Markit, che mette a punto proprio il Purchasing Managers' Index, le imprese hanno messo l'accento sui prezzi della benzina, dei metalli e dei prodotti alimentari.
Da alcuni giorni ormai la Bce si dice preoccupata dall'andamento dei prezzi delle materie prime. Ieri in un'intervista al Wall Street Journal, il presidente Jean-Claude Trichet ha spiegato che il compito dell'istituto monetario è di accertarsi che non vi sia «un effetto-travaso» nell'economia e sui salari. Le sue parole hanno contribuito a un rialzo dell'euro contro il dollaro, a 1,3640.
I banchieri centrali sono preoccupati dell'impatto che gli aumenti delle materie prime potrebbero avere su un tessuto economico impregnato di abbondante liquidità. Il tasso di riferimento nella zona euro è all'1% dal maggio 2009. Il mercato si interroga sulla tempistica di una prossima stretta monetaria. Ormai molti economisti prevedono un primo rialzo tra giugno e settembre.

4. Fondo Monetario Internazionale, stime sul prossimo biennio.
Nel corso di un convengo tenuto a Johannesburg, in Sud Africa, il Fondo Monetario Internazionale ha comunicato le proprie stime per il 2011 e il 2012, contenute nell’aggiornamento al Rapporto economico mondiale.
Il giudizio sintetico sull'economia del mondo è: la crescita globale si attesterà al 4,4% nel 2011, e al 4,5% nel 2012. La ripresa globale prosegue, ma resta incerta.
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Il Fondo Monetario Internazionale rivede al rialzo la stima del pil mondiale per il 2011: quest’anno l’economia crescerà del 4,4 per cento. Il prossimo anno si espanderà del 4,5 per cento. Secondo il Fmi la ripresa continua a due velocità, con le economie emergenti a fare da traino. Nelle economie avanzate, dove il Pil salirà del 2,5% in entrambi gli anni, la crescità rimarra' moderata, la disoccupazione ancora alta e gli stress registrati nella periferia dell’area euro contribuiranno a mantenere alti alcuni rischi.
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USA. A mettere a segno la performance migliore sarà l’economia statunitense, destinata - secondo il Fondo - a crescere del 3% nel 2011, e del 2,7% nel 2012. Il deficit federale americano si attesterà nel 2011 al 10,75 per cento del pil, più del doppio di quello dell’area euro. Il debito supererà il 110 per cento del pil nel 2016. Il Fondo sottolinea che l’assenza di un piano credibile di medio termine per risanare le finanze pubbliche, potrebbe tradursi in un aumento dei tassi di interesse, cosa che potrebbe avere effetti negativi sui mercati finanziari e sull’economia globale.
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Cina, Giappone ed India. La Cina si conferma motore dell’economia mondiale. Il Pil cinese si espanderà nel 2011 del 9,6 per cento e nel 2012 del 9,5 per cento. L’economia indiana crescerà quest’anno dell’8,4 per cento e nel 2012 dell’8 per cento. La Bank of Japan (BoJ) ha lasciato i tassi d’interesse fermi allo 0-0,1 per cento negli sforzi per sostenere l’economia che mostra ancora i segni di una moderata ripresa, ma che sembra avviata verso una pausa visto anche il trend un po’ debole delle esportazioni, mentre il ritorno graduale a un percorso di recupero moderato è ipotizzabile solo nel tempo.
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Unione europea. Il Pil dell’area euro aumenterà dell’1,5% l’anno prossimo, e dell’1,7% il successivo. Il ruolo di locomotiva spetta alla Germania, la cui economia è prevista salire rispettivamente del 2,2% e del 2% nei due anni. Bene anche la Gran Bretagna, 2% per il 2011 e 2,3% per il 2012. Un pò più lenta la Francia la cui crescita viene confermata rispettivamente all’1,6% e all’1,8%. Per l’Italia viene confermata all’1% nel 2011 ed all’1,3% nel 2012.
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Risanare i conti. Servono piani ambiziosi, credibili, il Fmi invita le nazioni con elevati livelli di debito, dentro e fuori la zona euro, a fare progressi con i piani di risanamento dei conti di medio termine: «Gli spread dei titoli di stato in alcuni casi hanno raggiunto massimi decisamente al di sopra dei livelli visti durante la crisi dello scorso maggio. Le pressioni sull'Irlanda sono risultate particolarmente severe, e hanno portato al piano Ue-Bce-Fmi. I legami fra i rendimenti medi dei titoli di Grecia e Irlanda con quelli del Portogallo restano elevati, ma le correlazioni sono aumentate fortemente negli ultimi mesi con i rendimenti spagnoli e, in misura minore, con quelli dell'Italia, con l'intensificarsi delle pressioni sugli spread».
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Rischio debiti sovrani. Il Fmi sottolinea come i rischi sul debito sovrano nell’area euro si sono ampliati ad altri paesi. «Gli spread dei titoli di stato in alcuni casi hanno raggiunto massimi decisamente al di sopra dei livelli visti durante la crisi dello scorso maggio». Le pressioni sull’Irlanda sono risultate particolarmente severe, e hanno portato al piano Ue-Bce-Fmi. I legami fra i rendimenti medi dei titoli di Grecia e Irlanda con quelli del Portogallo restano elevati, ma le correlazioni sono aumentate fortemente negli ultimi mesi con i rendimenti spagnoli e, in misura minore, con quelli dell’Italia, con l’intensificarsi delle pressioni sugli spread.
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Il fondo Efsf. I paesi dell’Eurozona devono aumentare la dimensione effettiva del Fondo salva-Stati, cui dovrebbe essere affidato un mandato più flessibile. La dimensione dell’European Financial Stability Facility va aumentata e il suo mandato dovrebbe essere più flessibile, afferma il Fondo monetario, sottolineando che per i paesi dove il sistema bancario rappresenta una grande fetta dell’economia, è ora più che mai essenziale assicurare l’accesso a fondi sufficienti. Secondo l’Fmi, «il meccanismo di risoluzione deve essere rafforzato se necessario», rafforzando i meccanismi decisionali. Inoltre, per ridurre l’incertezza e aiutare la ricostituzione della fiducia sui mercati, la Bce dovrà continuare a fornire liquidità alle banche che ne hanno bisogno e conservare il proprio programma di acquisto titoli sul mercato.
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In Ue servono ulteriori stress test. Sono necessari ulteriori rigorosi e credibili stress test sulle banche europee, accompagnati da piani di ricapitalizzazione e ristrutturazione degli istituti sottocapitalizzati ancora vitali, e di chiusura dell'attivita' per quelle banche che non ce la possono fare.
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In conclusione. L'aggiornamento al Rapporto economico mondiale sottolinea che la stabilità finanziaria globale è «ancora a rischio» a «quasi quattro anni dall’inizio della più grande crisi finanziaria dai tempi della Grande Depressione». Secondo il Fondo, «la ripulitura dei bilanci delle banche è incompleta e procede lentamente», mentre l’effetto leva «è ancora alto». Per questo «continua a essere cruciale affrettarsi nella realizzazione dell’agenda di riforma della regolamentazione. Senza ulteriori progressi in questo campo», conclude l’Fmi, «la stabilità finanziaria globale e una crescita sostenibile rimangono inafferrabili».
grecanico.

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