martedì 25 gennaio 2011

Notizie Federali del Mattino: fuori dalle palle, 25 gennaio 2011.

Sezione fuori dalle palle:
1. Lecce. Radio Padania, stop da Ministero a trasmissioni dal Salento.
2. Bolzano. L'Austria studia il doppio passaporto.
3. Bolzano. La Svp voterà la sfiducia al ministro Bondi.
4. La mia Sardegna indipendente e di sinistra.
5. Padova, diagnosi false e medicine rincarate.
6. Vicenza. Made in Veneto.
7. Mantova. Una nuova casa per i cani. Sedici box tutti riscaldati.
8. Venezia. In ottantanove hanno più di 100 anni oggi li compie Adolfo.

Sezione vasa vasa, nasce il mito:
9. Palermo. Lumia: “Totò Cuffaro ha tradito le istituzioni”.
10. Catania. La Cassazione: "Da Cuffaro lezione di civiltà".
11. Un politico, la legge e la dignità.

Sezione allarme Emidio:
12. Ascoli Piceno. Petrelli: "Caro sindaco, basta con gli spot a costo zero!"


1. Lecce. Radio Padania, stop da Ministero a trasmissioni dal Salento. LECCE – Il ministero dello sviluppo economico, accogliendo il ricorso proposto dal gruppo Radio Rama, ha disposto che l’impianto acceso da Radio Padania ad Alessano (Lecce) non è autorizzato in quanto interferisce con le trasmissioni di altre radio preesistenti. Ne dà notizia il legale di Radio Rama, Gianluigi Pellegrino.  «Come avevamo segnalato con il ricorso – evidenzia l'avvocato Pellegrino – nel caso salentino non vi erano per Radio Padania nemmeno i presupposti per applicare una legge di assurdo privilegio che le consente di accendere autonomamente canali radio divenendone titolare per silenzio assenso se entro 90 giorni non emergono interferenze. Per questo abbiamo dovuto immediatamente segnalare al ministero che le interferenze c'erano sia su quella stessa frequenza (radio Nice) sia sulla frequenza assai prossima di Radio Rama (che trasmette da Santa Maria di Leuca). Ed ora vediamo con soddisfazione che il ministero ha ritenuto fondato il nostro esposto rilevando «esistenza di interferenze ad altri (quindi più di uno) soggetti concessionari».
«Il ministero ha inoltre evidenziato le sanzioni cui va incontro Radio Padania se continua a trasmettere. Non resta che notare – conclude Pellegrino – che se Radio Padania avesse civilmente preso atto dell’interferenza non ci sarebbe stato bisogno dell’intervento sanzionatorio. Per i danni causati agiremo in giudizio evidenziando anche l’assoluta incostituzionalità dei privilegi che il Governo assegna a Radio Padania che poi non li utilizza per aprire finestre di dialogo, ma per offendere il Mezzogiorno».
2. Bolzano. L'Austria studia il doppio passaporto. Il ministro degli esteri Spindelegger a Durnwalder: stiamo valutando se è costituzionale. CORVARA. «Il governo austriaco ha commissionato uno studio per verificare la compatibilità costituzionale del doppio passaporto per i sudtirolesi». Lo ha detto ieri a Durnwalder il ministro degli esteri austriaco Spindelegger, in un incontro tenutosi a margine del vertice diplomatico di Corvara.  La collaborazione tra Provincia e Governo italiano, le recenti norme di attuazione e gli effetti dell'Accordo di Milano per l'Alto Adige, la questione della doppia cittadinanza: sono stati alcuni dei temi che il presidente della Provincia Luis Durnwalder ha accennato ieri pomeriggio in un incontro con il ministro degli Esteri austriaco Michael Spindelegger, in Alto Adige per il vertice diplomatico di Corvara.  «Ho aggiornato il ministro sugli ultimi sviluppi dei rapporti con Roma - ha detto Durnwalder al termine del cordiale colloquio - in particolare riguardo agli effetti dell'Accordo di Milano, alle trattative sulle funzioni delegate dallo Stato alla Provincia e alle recenti norme di attuazione approvate».  Durnwalder ha confermato a Spindelegger che si è registrato un miglioramento nel dialogo e nella collaborazione con il Governo italiano, anche se nelle decisioni sulla politica nazionale il partito di maggioranza sudtirolese intende mantenersi sempre fuori dai blocchi.  Con il titolare degli Esteri di Vienna il presidente della Provincia ha discusso anche la questione della doppia cittadinanza italoaustriaca per i sudtirolesi: «Spindelegger ha riferito che il suo governo ha commissionato uno studio per delineare la portata di un simile provvedimento e capire anzitutto se è compatibile con la Costituzione di Vienna», ha riferito Durnwalder al termine dell'incontro. Com'è noto, sulla questione sono al lavoro anche i giuristi dell'università di Vienna incaricati della Volkspartei. Di recente, il parlamentare Siegfried Brugger ha auspicato una soluzione simile a quella trovata dallo Stato italiano per gli istriani e i dalmati. Il ministro ha confermato che sono diversi gli aspetti da chiarire, a cominciare dal rapporto tra diritti e doveri nel caso della doppia cittadinanza e dall'eventuale modifica di accordi europei. Nei prossimi mesi, quando l'analisi giuridica sarà ultimata, le risultanze verranno discusse anche con la Provincia. In merito alla recente iniziativa di referendum sull'autodeterminazione, nell'incontro è stato ribadito che una simile azione, per come è stata proposta, non può avere valenza internazionale. «Spindelegger intende mantere contatti costanti con la Provincia e seguire l'evoluzione dell'autonomia - ha concluso Durnwalder - e in tal senso ha anticipato che nei prossimi mesi vuole invitare la giunta provinciale ad un incontro."
3. Bolzano. La Svp voterà la sfiducia al ministro Bondi. BOLZANO. La Svp voterà la sfiducia al ministro Bondi, «con ogni probabilità». Lo ha deciso ieri pomeriggio la Parteileitung. «Sarebbe assurdo votare per un ministro che con il dispendioso restauro del Monumento alla vittoria di Bolzano si è giocato ogni simpatia», spiega l'Obmann Richard Theiner dopo la riunione della direzione del partito. «Mentre a Roma e Pompei crollano importanti reperti culturali, in Alto Adige si preservano monumenti non amati, come quello della Vittoria, gli ossari e il bassorilievo di Mussolini a Bolzano», così la Svp. La Svp potrebbe invece astenersi, ha spiegato il presidente Luis Durnwalder, se entro il giorno del voto arrivassero segnali precisi da Bondi: eliminazione della cancellata del Monumento, realizzazione del museo sul totalitarismo nella parte interrata, installazione di tabelle esplicative, rimozione del Duce a Cavallo dal palazzo in piazza Tribunale, installazione di tabelle esplicative negli ossari sparsi per la provincia.
''Intendo rassicurare il governatore Luis Durnwalder riguardo il restauro del Monumento della Vittoria a Bolzano, vicenda per la quale sono particolarmente sensibile'': a dirlo e' il ministro dei Beni culturali SandroBondi, che replica cosi' all'intenzione della Svp di votargli la sfiducia vista la sua 'ostinazione' a restaurare il monumento.''Sin dal mio insediamento - sottolinea Bondi in una nota - ho sempre vigilato, infatti, affinché le risorse stanziate durante la responsabilita' dei miei predecessori fossero utilizzate esclusivamente per la realizzazione di un progetto condiviso, un recupero che contribuisse a superare le divisioni di un doloroso passato e ad alimentare una memoria in cui si riconosca l'intera comunità del Sud Tirolo. E' per questo che ho sempre dato disposizioni alla Direzione Regionale per i beni culturali paesaggistici per il Veneto e alla Soprintendenza per i beni architettonici di Verona di procedere alla ricerca di una soluzione la più possibile partecipata, coinvolgendo tutte le realta' istituzionali del territorio. Un atteggiamento che lo stesso Governatore Durnwalder può constatare, dal momento che in attesa di tale soluzione i lavori di recupero procederanno solo se condivisi. Sono stato e resto a disposizione per arrivare a tale soluzione tutti insieme''.
4. La mia Sardegna indipendente e di sinistra. Creata il 24/01/2011 - 20:30 Gabriella Saba. INTERVISTA. A colloquio con Claudia Zuncheddu, medico specializzato in medicina tropicale, ex pilota di rally, fondatrice del partito Rossomori (3,5 per cento alle ultime elezioni regionali) che vuole raccogliere l’eredità progressista del Partito sardo d’Azione.
Il mio percorso politico è stato naturale, coerente con una formazione di base fortemente identitaria, e sempre consapevole di un patrimonio e di una cultura specifici». Claudia Zuncheddu ha un viso bello e forte in cui sono iscritti i dati estetici del patrimonio che cita: mediterranei e nordafricani, con tracce mediorientali. Ha occhi magnetici e vagamente verdi e un sorriso che quando vuole è dolce. «In  ogni caso - dice - la mia prima battaglia è stata quella per la conquista dell’individualità per essere padrona della mia vita e gestirla liberamente. E infatti a 19 anni vivevo già da sola».
Oggetti d’arte cinesi, africani e mediorientali addobbano la sua casa, un appartamento magnifico all’ultimo piano di un palazzo di Castello, la parte antica di Cagliari. Claudia Zuncheddu è medico specializzato in medicina tropicale, è stata pilota di rally ma è, soprattutto un personaggio politico di spicco. Se esiste, oggi, un partito indipendentista vivacemente schierato a sinistra, lo si deve a lei. Il partito si chiama Rossomori ed è la costola uscente del vecchio Psd’Az (Partito sardo d’Azione) fondato da Emilio Lussu. Quando quest’ultimo decise nel 2009 di schierarsi con il centrodestra, alias la giunta del governatore Ugo Cappellacci, un certo numero di sardisti ne uscì, prima tra tutti la Zuncheddu che, insieme a qualche altro, li organizzò in un partito nuovo: quei Rossomori, appunto, il cui simbolo è un profilo moro su cui spicca la scritta Rosso e Mori in rosso e nero e che, benché piccolo e ai primi passi, si accaparrò alle elezioni regionali ben 23.000 voti, circa il 3,5 per cento.
La presidente, che per inciso è anche consigliere regionale, è alle prese al momento con varie battaglie, una di queste riguarda il contestato poligono di Quirra, al centro da anni di polemiche per l’alto tasso di leucemie e tumori tra gli abitanti della zona e nel mirino dopo la relazione shock di due veterinari. «È una vecchia e irrisolta questione che riporta ad altro. Il 60 per cento dei poligoni italiani si trova in Sardegna. Vuole dire che il nostro territorio è ancora terra di conquista»». Quando si arrabbia, capita che Claudia Zuncheddu abbandoni l’Aula. In Consiglio regionale, e nei comizi, parla italiano e sardo. «Ci sono espressioni che non sono traducibili in italiano. Il saluto, in ogni caso, lo faccio in sardo». L’indipendenza? «È l’unica via. Ma va raggiunta per tappe».
Quattro Parigi-Dakar
Soltanto quando finisce di parlare, ti accorgi che è una donna minuta. Eppure, negli anni Novanta, è stata pilota di rally-raid: una delle pochissime donne a partecipare a quattro Parigi-Dakar, a tre rally del Faraoni, a un rally in Tunisia e a una Parigi-Pechino (su quest’ultima esperienza, ha scritto un libro reportage). Correva come privata, e quindi con pochi mezzi. Senza assistenza veloce, ma arrivò sempre e si attirò i riflettori internazionali e l’attenzione di molti media. «Mi piaceva l’agonismo, e c’era poi questo fatto della sfida con gli uomini. Ero sul serio una delle poche donne pilota, allora. Quelle corse, peraltro, mi scatenavano molti conflitti interiori: per esempio, quando correvo in Africa vivevo con sofferenza il contrasto tra la miseria di certe zone e lo sfoggio consumistico imposto nelle gare. Lo giustificavo con il mio amore per l’agonismo».  A 19 anni aveva fatto, in auto, il periplo del Mediterraneo, più tardi si avvicinò ai deserti, a quel Nordafrica che la riportava, spiega, alle sue radici. Ci andò come pilota e come medico, e lavorò come volontaria negli ospedali. Da anni, collabora inoltre a progetti di sviluppo con i Tuareg del Mali. «Il mio sogno è andare, un giorno, a rintanarmi in Mali, un luogo in cui mi sento accolta e in cui, la farà ridere, ringiovanisco»».
Nel frattempo, si dedica alla politica, e dei due ambulatori di base che segue, a Cagliari e nella zona di Sant’Elia, il quartiere più marginale della città, uno slum in versione soft che per lei, dice, è anche una scuola di vita, e su cui varrebbe la pena di scrivere un libro. Qual è il suo programma, dottoressa Zuncheddu? «L’ambiente, perché è l’unica ricchezza reale del popolo sardo ed è parte integrante del patrimonio identitario, che è stato saccheggiato e offeso dallo Stato italiano». Non ha fatto granché, lo Stato, per l’ambiente sardo… «Ma figuriamoci. Il modello di sviluppo è stato pessimo per l’ambiente, oltre che per l’economia». A proposito di poligoni… «La Sardegna è diventata una piattaforma di guerra anziché un’oasi di pace, che sarebbe invece la sua vocazione». E oltre all’ambiente? «I diritti civili. A partire da quelli dei gay, che come noi (sardi, ndr) sono una diversità e quindi una ricchezza».
Ha presentato interpellanze e mozioni per la questione delle carceri: i carcerati sardi scontano la pena, in genere, lontano dall’isola, «con grande disagio dei famigliari che sono spesso poco abituati a muoversi, e devono sobbarcarsi lunghi viaggi per raggiungere penitenziari che quasi sempre sono isolati».  Precisa: «Ho fatto una gran battaglia, su questa storia. Mozioni, interrogazioni, interpellanze perché portino il problema davanti al ministro Alfano, per ora però non si sa niente. Il fatto è che la territorialità della pena è prevista dalla legge italiana. Mi chiedo dunque di che sovranità si tratti, se si permettono di non rispettare quella legge».
Ex sessantottina
Che filo conduttore lega il suo impegno di adesso ai suoi esordi, nel movimento studentesco e la sua militanza vicina a Lotta Continua, e al femminismo? «Ho una formazione di base fortemente identitaria, direi che questo è il filo conduttore. Un attaccamento fortissimo alla mia terra e alla mia cultura. Radici forti che mi hanno permesso di viaggiare come cittadino del mondo, perché senza radici non si può viaggiare». Il ’68, come racconta, «me lo beccai in pieno». Nel 1969, quasi una ragazzina, militava in prima fila nel movimento studentesco, sia pure «con un’ottica identitaria, avevo sempre la consapevolezza che si trattava di un fenomeno di importazione». Più tardi, si avvicinò a Lotta Continua e anche in quel caso, la sensazione era che il movimento dovesse adattarsi alla realtà sarda. «Il mio rapporto con la politica fu, sotto questo aspetto, molto conflittuale».
A quel tempo, si divideva peraltro tra Cagliari e Milano, dove studiava medicina. Prese distanza dalla politica dopo il 1977, con l’avanzata della militanza clandestina. «Molta gente arretrò, e io scoprii un modo nuovo di fare la rivoluzione. Non ero tra quelli che si sentivano vinti, semplicemente cambiai l’impostazione. Quella rivoluzione che era incentrata sulla lotta di classe, la trasformai in una rivoluzione individuale, un viaggio di scoperta personale che, però, poteva essere anche utile al mondo». E il femminismo? «Anche in quel caso, come potrei spiegare? C’ero perché c’ero ma mi trovavo già in una fase avanzata di emancipazione. Io cominciai a lavorare quando ero molto giovane, quindi ero già nella fase dell’autonomia. Fu un modo un po’ individuale di vivere quel movimento».
Alla vita politica tornò quando, paradossalmente, diventò famosa come pilota donna. A quel punto, tutti i partiti sardi la volevano in squadra. Per un po’ resistette agli assalti e poi cedette alle insistenze del Psd’Az, un vecchio amore per retaggio paterno, e però anche un amore discusso, e lacerante. Quando entrò era il 2003, il Psd’Az era già spaccato e da sedici anni mancava dal Consiglio comunale, ma lei riuscì a entrarvi in una coalizione di sinistra di cui facevano parte anche i sardisti. Quando il partito sancì definitivamente lo spostamento a destra con l’alleanza con Cappellacci, lei fu la prima a decidere di andarsene, perché, diceva, «se aspettiamo gli uomini, questi traballano sempre». Sciolse il nodo delle ambiguità. «Il partito era di destra? E dunque la sinistra se ne andava».
Diventò ancora più barricadiera. In prima fila contro le centrali nucleari, e «contro tutte le decisioni che vengono prese con la giustificazione che il territorio è italiano».  Non si sente nemmeno un po’ italiana? «Guardi, io sono stata allenata a rispondere, alla domanda “Sei italiana o sarda?”, che sono sarda. E questo spiega molte cose». L’indipendenza è una conquista lenta? «Sì, e vorremmo ottenerla per passi, e il primo di questi sarebbe l’autonomia energetica». Come sarebbe la Sardegna sovrana, rispetto alla Comunità europea? «Non è nemmeno detto che una Sardegna indipendente dovrebbe far parte dell’Unione europea. Ci troviamo in una posizione strategicamente interessante che permette di privilegiare anche altri Paesi del Mediterraneo oltre a quelli dell’Ue, per esempio quelli nordafricani».
Ma l’indipendenza è proprio necessaria? «Naturalmente, visto che cinquant’anni di autonomismo non ci hanno fatto diventare più ricchi, siamo anzi più poveri. Pensi soltanto ai modelli di sviluppo industriale che sono stati imposti: sostanzialmente disastrosi. L’indipendenza è necessaria, vede forse una alternativa?».
5. Padova, diagnosi false e medicine rincarate: truffa alla Usl, medico e “complice” ai domiciliari. Medico e paziente truffavano l’Usl di Padova per ottenere in esenzione di ticket farmaci costosi che poi vendeva a prezzi maggiorati a donne che volevano sottoporsi a tecniche di procreazione medicalmente assistita. Alessandro Valdisseri, 50 anni, di Bologna, specializzato in ginecologia, e la sua “assistente” padovana, ex paziente, Eleonora Folcetti (42) sono così finiti agli arresti domiciliari. La squadra mobile di Padova, che li ha smascherati, ha anche denunciato otto pazienti per ricettazione.
”Il danno finora accertato – ha detto il direttore generale dell’Usl 16, Fortunato Rao – è di 10 mila euro, ma non è escluso che ci possano essere ulteriori vittime tra le aziende sanitarie di altre province”. E’ stata la stessa Rao a fare denuncia, nel giugno 2010 ”dopo che ad un controllo incrociato era emerso un piano terapeutico dubbio, che coinvolgeva una paziente che non risultava all’anagrafe sanitaria”.
La polizia euganea ha scoperto che il piano terapeutico era intestato a pazienti inesistenti, inoltre che la firma del medico (esistente nella realtà) era falsa. C’erano però ricette mediche vere intestate alla stessa Folcetti, rilasciate da Valdisseri. Il medico bolognese, secondo quanto risultato dalle indagini, con vari artifizi e raggiri otteneva costosi ed indispensabili medicinali, in esenzione di ticket, rivendendoli a un prezzo più caro alle pazienti che volevano una procreazione medicalmente assistita.
Folcetti invece consegnava alle pazienti i medicinali, dopo averli ritirati dalla farmacia dell’Ospedale Sant’Antonio presentando false prescrizioni: false diagnosi di infertilità e piani terapeutici a firma di ignari medici, collaborazione di terze persone aventi i requisiti di Legge per ottenere i farmaci forniti dietro corresponsione di danaro all’indagata la quale, talvolta, per soddisfare le richieste di approvvigionamento, si faceva rilasciare piani terapeutici a suo nome. Valdisseri avrebbe pubblicizzato e organizzato la sostituzione di maternità presso cliniche straniere dove la legislazione è permissiva. 24 gennaio 2011 | 20:00
6. Vicenza. Made in Veneto. Bottega veneta, 18 donne disoccupate confezioneranno le borse della griffe. Al via il progetto di Regione, Provincia di Vicenza e Cooperativa montana vicentina. Il governatore Zaia: per prodotti come questo vedrei bene la marchiatura «Made in Veneto». ARSIERO (Vicenza) – Borse griffate «made in Veneto». E per la precisione ad Arsiero, nella montagna vicentina, dove il marchio «Bottega Veneta» ha lanciato con la locale comunità montana un progetto per la creazione di un laboratorio artigiano «ad hoc» per dare lavoro a 18, e più avanti 32, donne disoccupate della zona. La Cooperativa Femminile Montana realizzerà borse di lusso per il brand del gruppo Gucci, al cento per cento italiane: «E' la risposta veneta alla crisi – commenta il governatore leghista Luca Zaia, presente al taglio del nastro – per prodotti come questi, o come il vetro di Murano, così tipici, vedrei bene anche la marchiatura “made in Veneto”».
LA COOPERATIVA - «Nella Valdastico trovare lavoro non è difficile, è quasi impossibile. Per le donne è ancora peggio». Marino Finozzi, assessore veneto alla Montagna, sintetizza così il senso del progetto avviato da Regione, Provincia (il cui sportello mutui ha garantito un prestito da ventimila euro a tasso zero), gli artigiani di Cna Veneto e la comunità montana Alto Astico Posina con Bottega Veneta. «Sono state scelte diciotto disoccupate della zona con esperienza nel tessile - spiega l'amministratore di Bottega Veneta Marco Bizzarri – il flusso di ordini è continuo e ci aspettiamo che le socie della cooperativa raddoppino entro aprile. La formazione ricevuta nella lavorazione della pelle, poi, darà loro competenze preziose». Lo stabilimento è stato aperto in via Longhi ad Arsiero, le operaie-socie hanno dai 20 ai 58 anni e sono specializzate nella realizzazione di borse ad “intreccio infilato”. Gli stipendi sono pagati dalla cooperativa, le socie poi dividono gli utili. Per il futuro si prevede la nascita di una cooperativa analoga a Pedemonte, sempre in vallata.
MADE IN VENETO - Presente all'inaugurazione, Zaia ha ribadito le sue idee sulle produzioni certificate italiane: «La legge sul made in Italy va rivista, non bastano tre lavorazioni: si deve attestare che tutto il processo si svolge in Italia. Non possiamo rincorrere cinesi che lavorano a 5 euro l'ora e indiani a un euro l'ora, dobbiamo puntare sulla qualità. Mettere anche la marchiatura «Made in Veneto» non sarebbe male: si può pensare a una certificazione del genere per le produzioni tipiche. Non solo della nostra regione, anche il «made in Sicilia» per le paste siciliane ad esempio». Il governatore del Carroccio è intervenuto anche su dazi e certificazione «local»: «Ai cinesi diciamo che le loro “schifezze” se le tengano a casa loro. Ma il discorso dei dazi è superato: l'importante è che passi il messaggio che per venire nel nostro mercato si devono rispettare le norme su sanità, lavoro e sicurezza».
7. Mantova. Una nuova casa per i cani. Sedici box tutti riscaldati. di Margherita Grazioli. Una nuova casa per gli amici a quattro zampe più sfortunati. E una doppia promessa: un nuovo nucleo prima dell'estate e la rimozione dell'eternit dal vecchio canile «al più presto» come ha detto il sindaco. Ieri è stata una giornata di festa nel cuore di Bosco Virgiliano, dove è stata officiata la funzione per la festa di Sant'Antonio.  Subito dopo il taglio del nastro del nuovo padiglione dell'Associazione Cinofila, alla presenza delle autorità cittadine e di decine di cani accompagnati dai loro padroni. «Un traguardo che ci sembra un sogno - ha dichiarato la presidentessa Monica Reverselli -, perché migliorerà tantissimo la vita dei nostri cuccioli». La nuova struttura si compone di sedici box, che ospiteranno dai due ai quattro esemplari. Segni particolari? Un impianto di abbeveraggio automatizzato e il riscaldamento a pannelli elettrici. Il tutto per un costo complessivo di 48mila euro, spesi dall'associazione grazie al lascito testamentario del dosolese Ferdinando Massari e con il contributo del Comune per l'impiantistica. «Ci assumiamo l'impegno a rimuovere al più presto la copertura in eternit - ha assicurato il sindaco Sodano -, e abbiamo già previsto uno stanziamento di altri 100mila euro per questi animali sfortunati». Perché il cane è il migliore amico dell'uomo, ma molti uomini spesso non ricambiano il favore. «Per questo stiamo investendo altri 30mila euro per costruire un altro blocco entro l'estate - ha spiegato la Reverselli -, e riserveremo otto box ai casi più urgenti, come sequestri e maltrattamenti». E proprio per questo l'Associazione lancia un appello: «Cerchiamo nuovi volontari per far di più per i nostri amici».
8. Venezia. In ottantanove hanno più di 100 anni oggi li compie Adolfo. di Angela Pulliero. Una vita lunga un secolo quella del signor Adolfo Bragato, che oggi compie il suo centesimo compleanno. Si tratta dell'89º centenario, il 15º se si considerano i soli uomini, del comune di Venezia. Nato a Jesolo nel 1911, ha passato a Venezia gran parte della sua vita per poi trasferirsi a Mestre, in via Pigafetta, dove attualmente vive con la figlia Maria Valeria Bragato, di 77 anni. Ai nipoti, Adolfo racconta di quando era giovane e attraversava la laguna con la barca a remi per raggiungere la Giudecca, dove lavorava come capomastro. Durante la seconda guerra mondiale vedeva i bombardamenti aerei dallo specchio d'acqua. Adolfo ha dato vita ad un albero genealogico giunto alla quarta generazione: tre figli, quattro nipoti e cinque pronipoti.  Il segreto della sua longevità lo scopriamo dalle parole del nipote Emanuele Scarpa: «Il nonno ha sempre camminato tanto, non ha mai fumato e ha sempre bevuto con moderazione. E poi, è sempre stato attento alla salute, sottoponendosi scrupolosamente ai controlli medici. Ancora oggi, per un mal di schiena, mobilita tutta la famiglia». Ieri mattina è stato festeggiato dai suoi parrocchiani.
9. Palermo. Lumia: “Totò Cuffaro ha tradito le istituzioni”. BlogSicilia ha contattato il senatore del Pd Giuseppe Lumia [1], membro della commissione antimafia, in merito alla condanna a 7 anni di reclusione nei confronti del senatore Totò Cuffaro.
- Come giudica la sentenza di condanna al senatore Totò Cuffaro?
“La valuto oggettivamente: la giustizia italiana ha accertato in modo definitivo e inequivocabile che Cuffaro ha commesso due reati gravissimi: favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione del segreto istruttorio. La condanna, ovviamente, assume un significato politico estremamente rilevante poiché Cuffaro è stato un Presidente della Regione Siciliana, ovvero un leader della coalizione che ha governato la Sicilia, colluso con la mafia.
Il ‘sistema’ Cuffaro era marcio, caratterizzato da quella maledetta intermediazione politica che di fronte a qualsiasi bisogno si fa burocratica-clientelare e quando sono in gioco risorse ingenti si fa affaristica-mafiosa.
Questa vicenda ci insegna che la politica non può essere colpita dal delirio di onnipotenza, andare oltre ogni confine e spingersi fino ai rapporti collusivi. Il “cuffarismo”, insieme al “dell’utrismo” e, nel mio stesso partito, il “crisafullismo” costituiscono un problema ancora aperto, su cui impegnare le migliori energie per combattere e spazzare via il sistema delle collusioni con la mafia”.
- Che ne pensa, inoltre, della ‘santificazione’ del comportamento di Cuffaro [2],  costruita da politici bipartisan, regionali e nazionali, da molti media e giornalisti di gran fama? “In una parte della cultura democristiana ci sta il rispetto delle istituzioni e del ruolo della magistratura. È stato giusto sottolinearla visto che da altri esponenti politici, con in testa il Presidente del Consiglio, con cui Cuffaro era alleato, arrivano segnali ben diversi.
Non vorrei però che questo fatto coprisse la giusta indignazione che tutti dobbiamo avere nei confronti di chi si è macchiato di gravi reati. Non dobbiamo correre il pericolo che si mettano in secondo piano le sue responsabilità politiche e penali, rischiando così di riabilitarlo come persona corretta e rispettosa delle istituzioni: Cuffaro è stato un politico e un Presidente della Regione scorretto, che ha tradito le istituzioni che rappresentava.
- Non è forse stata strumentalizzata la ‘dignità’ di Cuffaro per attaccare chi va contro i magistrati e non si fa processare?
“Mettiamo da parte le strumentalizzazioni e guardiamo ai fatti. In Italia, oltre all’intermediazione cuffariana, che sta diventando sempre più un fenomeno nazionale, c’è un’altra cultura, quella berlusconiana, che possiamo spiegare in questo modo: chi ha potere ricerca privilegi e impunità, quindi, è pronto ad attaccare la credibilità, l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.
È innegabile che la politica deve rafforzare gli esecutivi, ma tutto questo deve essere fatto con un controbilanciamento dei poteri che nel nostro Paese non si è realizzato. Basti pensare al gravissimo errore, fatto proprio dal centrosinistra, di non regolamentare il conflitto di interessi e il potere televisivo”.
10. Catania. La Cassazione: "Da Cuffaro lezione di civiltà". Il magistrato della Suprema corte: "Si è difeso nel processo e ha accettato con rispetto il verdetto. Gli si deve dare meritoriamente atto in tempi così burrascosi per la giustizia". 24/01/2011. CATANIA - "L'imputato Cuffaro, pur investito di importanti cariche pubbliche, si è sottoposto al giudizio dei giudici. Si è difeso nel processo, ha accettato con rispetto, come egli stesso ha affermato, il verdetto emesso dai magistrati. Gli si deve dare meritoriamente atto". Così Antonio Esposito, presidente della seconda sezione penale della Cassazione, ha commentato le parole espresse dall'ex senatore Salvatore Cuffaro dopo la condanna a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e violazione del segreto istruttorio nell'ambito del processo "Talpe alla Dda". "Dare atto di un merito - ha proseguito - il verdetto accettato con rispetto, non significa cancellare sentenza e reati. È anche una lezione per tutti, in tempi così burrascosi intorno alla giustizia". Riguardo poi a coloro che contestano la sentenza il magistrato ha detto "credo che sia opportuno oltre che doveroso attendere la motivazione della sentenza, poi l'opinione pubblica può liberamente approvarla o criticarla". Riguardo infine il motivo che ha indotto il collegio a confermare la condanna dei giudici di Palermo Esposito ha aggiunto "i magistrati parlano dei processi esclusivamente attraverso i provvedimenti. Rispetto alle valutazioni espresse emotivamente a caldo, è opportuno che plauso e censura siano esternati dopo la lettura dei motivi. Resta l'amara constatazione che infedeli servitori dello Stato - ha concluso - hanno tradito il giuramento di fedeltà e la fiducia di magistrati inquirenti con i quali lavoravano a stretto contatto".
11. Un politico, la legge e la dignità. La mattina in cui attendeva il verdetto della Cassazione, il senatore Salvatore Cuffaro si è alzato presto per andare in chiesa a pregare. Nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, sede nel Seicento del tribunale dell'Inquisizione romana, nella piazza dove avvenivano i supplizi di giustizia tra ali di folla avide e ansimanti. Le cronache raccontano che due agenti in borghese lo sorvegliavano discretamente da dietro una colonna per timore di un'eventuale fuga. Poi è rientrato a casa, ha aspettato la sentenza che lo ha raggiunto al telefono, ha pianto e ha raggiunto il carcere di Rebibbia.
Si conclude in questo modo la parabola politica dell'ex presidente della Regione Sicilia giudicato colpevole di un reato ignobile per un pubblico ufficiale: favoreggiamento aggravato alla mafia e rivelazione del segreto istruttorio. L'avventura aveva avuto un inizio mediatico a suo modo premonitore nel 1991: l'allora trentenne Cuffaro, mentre assisteva tra il pubblico a una puntata di Samarcanda in memoria dell'imprenditore Libero Grassi, ucciso da Cosa Nostra per essersi rifiutato di pagare il pizzo, chiese la parola e cominciò a inveire contro Giovanni Falcone e il «giornalismo mafioso» in difesa del buon nome della Sicilia e della sua classe dirigente. Sarebbero poi venuti i giorni del potere, la Sicilia governata a forza di voti e di clientele, fino alla vertiginosa caduta del figlio di due maestri elementari di Raffadali, cresciuto a "sfincione" e Dc.
In questi giorni però è necessario sottolineare la dignità e la compostezza con cui ha affrontato la sentenza, riassunta nella seguente dichiarazione: «Sono un uomo delle istituzioni che ha fiducia nelle istituzioni e dunque nella magistratura che rispetto anche in questo momento di prova». Lo ha riconosciuto il magistrato che lo ha condannato e lo ha evidenziato l'Avvenire in un editoriale in cui si ricorda Paolo Borsellino e «l'imperativo categorico della politica di essere una casa di cristallo» insieme con le parole di un altro magistrato ucciso dalla mafia, Rosario Livatino, agrigentino come Cuffaro: «Non ci sarà chiesto se siamo credenti, ma credibili». Un atteggiamento simile a quello dell'ex governatore ebbero il suo mentore politico Calogero Mannino, assolto in Cassazione dopo un calvario giudiziario durato sedici anni e soprattutto l'uomo simbolo del potere democristiano in Italia, Giulio Andreotti. Anche lui si è sempre difeso dentro il processo e non dal processo, dando prova, nonostante l'infamante qualità delle accuse, la durata decennale dell'iter giudiziario e l'età sempre più avanzata, di rispettare le istituzioni repubblicane che l'hanno visto ricoprire per sette volte la carica di presidente del Consiglio.
Tali condotte inducono a chiedersi se nel politico di estrazione cattolica non ci sia una capacità particolare di sottomettersi alla giustizia terrena, una risorsa di fede e di cristiana rassegnazione che si traduce in un elemento di forza personale e di virtuosa sensibilità sul piano istituzionale nel momento della disgrazia.
Purtroppo, al comportamento responsabile di Cuffaro bisogna contrapporre le immagini sguaiate di quanti in queste ore hanno pensato di festeggiare a base di spumante e cannoli la sua carcerazione, convinti di rappresentare la parte «buona e sana» della Sicilia e non quella incivile. L'amministrazione della giustizia è sempre un compito tragico che non dovrebbe ammettere brindisi di sorta, ma nel nostro paese non sono presenti solo la mafia e la corruzione, bensì anche un umore forcaiolo e giustizialista che costituisce un tratto distintivo del corpaccione italiano sin dai tempi in cui l'unica forma di giustizia praticata a livello unitario era quella inquisitoriale, per definizione politica.
Cuffaro ha scelto di portare in carcere La fattoria degli animali di George Orwell, la straordinaria allegoria della corruzione del potere totalitario, in cui, nel mondo dominato dai maiali, «tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri». Egli ha certamente molte colpe come politico, ma nelle sue ultime ore da uomo libero non ha sbagliato una mossa: la sua vicenda è lì a ricordarci che in una fattoria democratica «la legge è uguale per tutti». miguel.gotor@unito.it
12. Ascoli Piceno. Petrelli: "Caro sindaco, basta con gli spot a costo zero!". 24/01/2011, ore 18:06. Ascoli Piceno | Il membro dell'UDC polemizza con il primo cittadino ed il suo recente appello sulla carenza anagrafica del nome Emidio: "Si occupi dei problemi reali della città". "Allarme Emidio ad Ascoli? Per farsi pubblicità "a costo zero", caro Sindaco, eviti almeno di trarre gratuiti vantaggi dalle invocazioni del Santo padre. L'unica vera grande apprensione degli Ascolani, che per lei dovrebbe necessariamente costituire una priorità assoluta, è quella sociale, determinata dall'ancora fortissima crisi del lavoro, che sta attanagliando in modo particolare il nostro territorio". Ad affermarlo è Francesco Petrelli, il coordinatore del nascente Partito della Nazione che racchiude, Udc, Liberal e Rosa Bianca. "Piuttosto che sottolineare il dato anagrafico - spiega Petrelli -, emerso dall'analisi dei nomi dei nuovi nati nel Comune di Ascoli, Castelli si preoccupi della crescente crisi dei nuovi nati, vista le difficoltà economiche contro cui centinaia di famiglie ascolane giornalmente si battono con grande dignità. Dopo due anni dal mandato che le hanno conferito, gli ascolani sono sempre più desiderosi di sue risposte sui grandi temi della Città: Ex Sgl, Polo Universitario, Auditorium, Contratto di quartiere, Prg, Consind e convenzione Saba".
Argomenti cui s'aggiungono, secondo Petrelli, i problemi di tutti i giorni, come le strade che in alcuni tratti ormai sono al limite della praticabilità: il tratto di Corso Mazzini che dalla Fontana dei cani va verso Porta Maggiore.
"Perché - interroga l'esponente dell'Unione di Centro - ancora per il Polo universitario non è stato redatto un progetto esecutivo cantierabile? Con il bando pubblicato, infatti, non va in appalto l'opera bensì un progetto esecutivo che poi sarà assegnato da una commissione tecnica... Per l'Auditorium universitario ci sono disponibili 2,5 milioni di euro fatti assegnare ben 8 anni fa dall'allora senatore Amedeo Ciccanti. Perché i lavori dell'Auditorium non sono stati a tutt'oggi appaltati? Ascoli è l'unico comune delle Marche a non avere ancora fatto l'adeguamento del proprio Prg al Piano paesaggistico regionale. Perché sullo stato di avanzamento del Prg tutto tace? Sono 4 anni che è scaduta la prima verifica della convenzione per i parcheggi con la Saba. Il Comune potrebbe rinnovarla, invece in questi anni l'Ente non ha nemmeno effettuato la quantificazione delle tendenze debitorie verso la Saba, che pare superino i 2,5 milioni di euro. Perché? Tale domanda si fa ancora più pressante oggi che si parla dell'Arengo che vuole spendere qualche milione di euro per riacquistare i parcheggi. Non sarebbe stato meglio acquistare l'Ex Sgl, anziché permettere a pochi di tentare un lucro su cui, dicono, si giochi il futuro della Città? Per ogni valutazione in merito, il cittadino consideri che l'Ex Sgl, nell'attuale Prg è verde pubblico".

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