mercoledì 19 gennaio 2011

Salva-Stati, braccio di ferro Ue-Germania

Di ANDREA BONANNI – la Repubblica – 19 gennaio 2011.
BRUXELLES — I termini dello scontro tra la Germania e la Commissione su un aumento del Fondo salva stati si vanno a poco a poco chiarendo.


Barroso continua a chiedere, lo ha fatto anche ieri di fronte al Parlamento europeo, un aumento rapido della capacità di intervento del Fondo. «Non possiamo essere compiacenti, prima si deciderà, meglio sarà. La crisi non è ancora superata» ha ammonito ieri il commissario per gli affari economici, Olli Rehn. Il timore di Bruxelles è che Portogallo e Spagna possano essere costretti in tempi brevi a chiedere aiuto al Fondo: una ipotesi a cui la facility europea non sarebbe in questo momento in grado di far fronte. Ma le richieste della Commissione si sono scontrate con un muro opposto dalla Germania e dagli altri Paesi virtuosi: Francia, Olanda, Lussemburgo, Austria e Finlandia, tutti premiati con un rating «AAA», che hanno tenuto una pre-riunione prima dell'apertura dell'Eurogruppo. Secondo il ministro Tremonti, quella del club della tripla A è stata «una  riunione tecnica». «Non vedo scenari politici», ha detto il responsabile italiano dell'economia. In realtà dietro quella riunione c'è la volontà politica di associare un potenziamento del fondo con impegni precisi da parte dei Paesi meno virtuosi ad accettare un indurimento delle regole del Patto di stabilità e un maggiore coordinamento delle politiche economiche. Il ministro delle finanze tedesco, Schaeuble, e la sua collega francese, Christine Lagarde, sono stati espliciti: il potenziamento del fondo deve entrare nel pacchetto complessivo del rafforzamento della governance economica che sarà approvato al vertice europeo di fine marzo. «Dobbiamo lavorare a una risposta globale alla crisi e a un pacchetto completo di misure che non dovranno riguardare solo il Fondo», ha spiegato la ministra francese. «Una delle lezioni che dobbiamo trarre dall'anno appena concluso è che bisogna rendere più efficace il patto di stabilità», ha insistito Schaeuble. Senza nuovi e rinforzati criteri di rigore, dunque, come quelli già praticati dai Paesi virtuosi, non si avrà nessun rafforzamento del fondo salva stati. Ma qui si apre un capitolo che per l'Italia rischia di essere assai difficile. Infatti, quando si discute di maggiore severità del Patto, l'Italia mette avanti una serie di paletti. Tremonti, lo ha confermato ieri, è contrario a una quantificazione precisa di quanto debba essere ridotto annualmente l'ammontare del debito. La proposta della Commissione, appoggiata dalla Germania, parla di un taglio annuale del cinque per cento della parte di debito che eccede il 60 per cento previsto da Maastricht. Per l'Italia, che è ben al di sopra del 115 per cento, equivarrebbe ad una riduzione pari circa il tre per cento del Pil ogni anno.
Ieri Tremonti ha ricordato che il Patto di stabilità «fissa una cifra, il tre per cento, come limite al deficit, ma definisce solo un avverbio per il debito, quando dice che «deve avvicinarsi ad un ritmo soddisfacente al 60 per cento del Pil». Dunque non sono necessari automatismi». Secondo Tremonti, inoltre, la valutazione del debito di un Paese deve tenere conto di tutti i fattori sia di finanza pubblica sia di finanza privata. «Guardare solo al debito pubblico è un errore perché la crisi è stata originata dalla finanza privata più che da quella pubblica» ha spiegato. Il ministro ritiene che questa visione comincia a trovare consensi anche tra gli altri governi: «siamo partiti dalla demonizzazione del debito pubblico e siamo arrivati su posizioni più' ragionevoli, in cui si riconosce l'importanza di valutare tutti i fattori rilevanti». Ieri intanto, l'euro ha preso un poco di respiro, dopo che la Spagna è riuscita a piazzare 5 miliardi e mezzo di bond a 12 e 18 mesi ottenendo una parziale riduzione dei tassi. Anche la Grecia ha piazzato alcuni buoni a breve termine ad un tasso inferiore a quello che le viene praticato dal prestito europeo.
 

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