venerdì 25 marzo 2011

Federali-Mattino. 25 marzo 2011. Fui colpito dagli adesivi, poi quando tornai a scuola al liceo scientifico Righi di Casalecchio vidi il diario di un mio amico con sopra un adesivo della Lega lombarda, lo fotocopiai e per un anno me lo tenni nel portafoglio. Tutto ciò - conclude Zaia - non va inteso contro quella cultura che l’elite definisce alta, ma ne costituisce il presupposto essenziale, senza il quale tutto il resto è inutile chiacchiericcio di pochi autoreferenziati soggetti.

Successioni e secessioni tribali:
Golfo, giornale Kuwait: Il Bahrein vuole espellere 4mila sciiti
Rivolta in Siria, «cento morti»
Siria, chi sono gli Assad, un clan al potere da 40 anni.
Iran. Diritti umani. L’Iran torna sotto l’inchiesta Onu dopo dieci anni.
Libia, alla Nato il comando delle operazioni

Pago domani, forse:
Portogallo: Fitch taglia rating ad 'A-'.

Forza Oltrepadani:
Trento. Occupazione in Trentino, continuano i licenziamenti.
Cortina, il sindaco boccia la tassa di soggiorno e scrive agli albergatori
Pavia. Per 300 profughi ora spunta l'ipotesi dell'ex Arsenale.

Padani:
Treviso. Zaia: "Mai nessun profugo all'ex caserma Salsa".
Vicenza. Nucleare in Veneto Passa il no: è lite tra la Lega e il Pdl
Venezia. Zaia: «Il popolo veneto è tra i più antichi. E' giusto che ci sia una giornata dedicata»
Bernardini: «Scoprii la Lega sulla Smemoranda».

Accolte tutte le richieste:
Roma. Federalismo, le regioni: «C'è l'accordo»
Roma. Federalismo, arriva il sì delle regioni: «Soddisfatte tutte le nostre richieste»

Dossier prosciuttella:
Dossier Merola, è caccia al 'corvo' con impronte e Dna.


Golfo, giornale Kuwait: Il Bahrein vuole espellere 4mila sciiti
Roma, 24 mar (Il Velino) - Il Bahrein e gli altri paesi del Golfo verso l’espulsione di migliaia di sciiti? Lo scrive il quotidiano kuwaitiano Al Seyassah secondo cui una non meglio identificata “fonte diplomatica araba con base a Londra” avrebbe prospettato la misura. L’ipotesi sarebbe allo studio dei governi di Manama e di Riad dopo aver rilevato, assieme alle intelligence di Stati Uniti e Francia, il coinvolgimento nelle recenti proteste di un numero molto alto di sciiti affiliati alla Guardia rivoluzionaria iraniana o alla milizia libanese Hezbollah. Ieri, in polemica con il leader del “Partito di Dio” Hassan Nasrallah, le autorità del Bahrein hanno sospeso i voli dal paese verso il Libano. Una misura di ritorsione contro lo sceicco sciita che parlando a Beirut sabato scorso aveva chiesto al popolo arabo di reagire “alla tirannia contro la nostra gente in Bahrein, solo perché sono sciiti”.
Parole definite da Manama “una sfacciata interferenza”. Secondo la fonte citata dal quotidiano kuwaitiano il Bahrein si accingerebbe a espellere 90 libanesi sciiti. Allo stesso tempo le autorità di Manama, che martedì hanno arrestato cinque residenti libanesi per sospetti contatti con “partiti stranieri” (ovvero con Hezbollah), “starebbero riconsiderando la posizione di 4 mila famiglie sciite residenti nel Golfo”. Da settimane il regno del Bahrein è scosso da proteste di piazza guidate dalla maggioranza sciita (il 70 per cento dei cittadini) contro la casa regnante degli al Khalifa di fede sunnita.
(red/dam) 24 mar 2011 12:04

Rivolta in Siria, «cento morti» 24 marzo 2011
Damasco - Le forze siriane hanno ucciso ieri decine di persone - 25, secondo le informazioni ufficiali; 100, secondo quelle dei manifestanti - in un attacco contro una moschea a Deera, città meridionale della Siria, per poi aprire il fuoco su centinaia di giovani che sfilavano in un corteo di solidarietà, nel sesto giorno di proteste anti-governative.
La notizia è stata riferita da alcuni testimoni: «Le forze di sicurezza hanno sparato quando sono arrivate dal nord, i corpi sono rimasti per strada». In precedenza alcuni abitanti avevano raccontato che fra le vittime c’è anche Ali Ghassab al-Mahamid, un medico di un’importante famiglia di Deraa che si era recato nella moschea Omari, nel quartiere vecchio della città. Un comunicato delle autorità ha poi spiegato che Mahamidm, ucciso mentre era su un’ambulanza arrivata sul posto per soccorrere i feriti, è stato «assalito da una banda armata, che ha provocato il suo martirio: le forze di sicurezza si sono scontrate con la banda armata vicino alla moschea Omari, sparando a diversi suoi membri e ferendone altri. Un membro delle forze di sicurezza è morto». Prima che le forze di sicurezza attaccassero la moschea, l’elettricità e le linee telefoniche in zona erano state tagliate. La sparatoria è iniziata al grido di «Allahu Akbar (Dio è grande, ndr)» . Al momento non è chiaro se i manifestanti avessero armi.
In Siria si è arrivati a sei giorni di proteste per chiedere libertà politica e mettere fine alla corruzione in un paese di 20 milioni di abitanti: il partito Baath al governo ha bandito l’opposizione e instaurato lo stato di emergenza dal 1963.
Nessun commento, per il momento, dal governo di Assad, che affronta la più grande sfida al suo governo da quando è subentrato al padre, Hafez al-Assad, nel 2000.
L’attacco è avvenuto all’indomani delle dichiarazioni dell’ufficio Onu per i Diritti umani, che ha detto che le autorità «devono mettere immediatamente fine all’uso eccessivo della forza contro i manifestanti pacifici».

Siria, chi sono gli Assad, un clan al potere da 40 anni. BEIRUT – Sorpreso all’alba da una telefonata della famiglia che lo informava dell’improvvisa morte del fratello maggiore in un oscuro incidente stradale, da Londra dove si era appena diplomato oftalmologo Bashar al Assad, attuale presidente siriano, veniva catapultato a Damasco per essere avviato dal padre Hafez, ”fondatore della Siria moderna”, sulla strada della successione ai vertici di un regime in piedi ormai da quasi mezzo secolo.
Correva l’anno 1994 e l’imberbe Bashar, appena 28 anni, si trovò nel giro di pochi mesi iscritto all’accademia militare dove sin dagli anni ’60 si è formata la crema degli ufficiali baathisti, e poi trasferito alla scuola di guerra di Damasco per affrettare l’ascesa ai vertici militari e indossare la divisa, quanto mai necessaria per ottenere la legittimazione dell’establishment. Da quasi undici anni in carica, benché non si sia ancora scrollato di dosso l’appellativo di ”giovane”, il sorridente rais siriano, ormai 45 anni, non ha soltanto saputo superare la difficile transizione ai vertici del potere, ma ha anche dimostrato di saper condurre il paese attraverso ripetute tempeste regionali, mantenendo però di fatto inalterata la stretta verso ogni forma di dissenso interno.
Con il 97,2% dei voti il trentaquattrenne Bashar al Assad era stato eletto presidente nel luglio 2000 in un referendum confermativo, dopo che nell’arco di una sola notte il parlamento aveva emendato la costituzione che imponeva un capo di Stato non più giovane di 40 anni di età.
Da allora il rais ”riformatore”, succeduto al padre Hafez al potere dal 1970 e membro del più potente clan alawita (branca dello sciismo) del paese, è a capo di un regime protetto da una capillare rete di servizi di controllo e repressione e da super addestrati corpi d’élite, tutti in mano ad altri membri della famiglia presidenziale o di clan alawiti alleati degli Assad.
Accuse non confermate di monopolizzare ingenti risorse economiche del Paese e di controllare l’assegnazione degli appalti di importanti commesse straniere in Siria pesano su altri influenti parenti del presidente, tra i quali spicca il nome dell’imprenditore miliardario Rami Makhluf. Cugino da parte materna di Bashar, Makhluf è proprietario, tra l’altro, di una delle due compagnie di telefonia cellulare del Paese, la SyriaTel, i cui uffici sono stati assaltati a Daraa. Il suo nome, preso di mira dagli slogan anti-regime scanditi questi giorni nel sud del Paese, era salito agli onori delle cronache nel 2008, quando il Dipartimento del tesoro americano lo aveva inserito in una lista nera con l’accusa di beneficiare e facilitare la corruzione pubblica in Siria.
Bashar Assad è sposato da undici anni con Assma al Akhrass, 35 anni, conosciuta a Londra dove la giovane lavorava come consulente informatica per la JP-Morgan. Esponente di una ricca famiglia sunnita di Homs e nipote dell’attuale premier siriano Muhammad al-Utri, Assma Bashar appare sempre più di frequente sulle prime pagine dei media governativi e di quelli stranieri, descritta come una ”first lady dai modi non appariscenti”, che lotta ”per la difesa dei diritti dei più deboli della Siria”.

Iran. Diritti umani. L’Iran torna sotto l’inchiesta Onu dopo dieci anni. GINEVRA – Dopo circa 10 anni, la situazione dei diritti umani in Iran torna ad essere sotto l’inchiesta di un relatore speciale delle Nazioni Unite. Riunito in sessione a Ginevra, il Consiglio Onu per i diritti umani ha infatti approvato una risoluzione sulla nomina di un relatore speciale dell’Onu incaricato di indagare sulla situazione dei diritti umani in Iran e di presentare un rapporto.  Per alcuni osservatori, l’approvazione del documento sembra costituire una sconfitta per Teheran e un successo per gli occidentali e per gli Stati Uniti del presidente Barack Obama, entrati nel Consiglio sui diritti umani boicottato nell’era Bush. Il testo, promosso in primo luogo dagli Stati Uniti e dalla Svezia e appoggiato da numerosi Paesi, esprime ”profonda preoccupazione” per gli sviluppi nel Paese ed esorta le autoritàdella Repubblica islamica d’Iran a collaborare ”pienamente” con il futuro relatore.
La breve risoluzione è stata approvata con 22 voti a favore, 14 astensioni e sette voti contrari, quelli di Bangladesh, Cina, Cuba, Ecuador, Mauritania, Pakistan e Russia, mentre l’Iran non e’ tra i 47 membri del Consiglio. Tra i voti favorevoli al testo anche quello del Brasile, che in passato si era astenuto. Non hanno votato la Libia – sospesa dal Consiglio – ne’ l’Angola, il Kirghizistan e il Qatar, perché assenti.
Giordania, Arabia Saudita e Bahrein sono invece nella lista dei paesi che hanno scelto di astenersi. Infine l’Italia non figura attualmente tra i membri del massimo organo delle Nazioni Unite per i diritti umani, e non ha potuto votare. In un recente rapporto sull’Iran, il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, aveva tra l’altro criticato l’aumento delle esecuzioni di condannati a morte, delle amputazioni, l’accresciuta repressione dei difensori dei diritti umani e il persistere delle condanne alla lapidazione. ”Siamo molto preoccupati dalla situazione in Iran. Si è deteriorata in modo drammatico quest’anno”, ha affermato l’ambasciatrice statunitense Eileen Chamberlain Donahoe. Secca la replica dell’ambasciatore iraniano Syed Mohammad Reza Sajjdi, che ha accusato gli Usa di essere i principali organizzatori della campagna contro l’Iran e il fatto che gli Usa siano diventati membri del Consiglio è ”un grande passo indietro”.
Esperti indipendenti, i relatori sono incaricati dal Consiglio di indagare sulla situazioni dei diritti umani in determinati paesi o su questioni tematiche quali la tortura. Per Peter Splinter, di Amnesty Internatinal, ”dato il rifiuto dell’Iran di cooperare con gli esperti tematici dell’Onu dal 2005, è essenziale che la comunita’ internazionale faccia tutto quanto è in suo potere per ottenere la cooperazione dell’Iran con il relatore speciale”. Il mandato di relatore speciale sull’Iran non era stato rinnovato dal 2002, ai tempi della Commissione Onu per i diritti umani sostituita dal 2006 dall’omonimo Consiglio. Quello sull’Iran e’ il primo nuovo mandato specifico a un Paese dalla creazione del Consiglio, hanno sottolineato gli Usa.
24 marzo 2011 | 19:45

Libia, alla Nato il comando delle operazioni
Entro pochi giorni le operazioni militari saranno sotto un unico controllo. Unione Africana invita le parti a un dialogo in Etiopia. Colloquio telefonico tra Frattini e il leader della rivolta
Roma, 24 mar (Il Velino) - Tra lunedì e martedì la Nato prenderà il comando delle operazioni in Libia. La notizia rimbalza da Ankara - anticipata dal primo ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu - a Bruxelles, dove è stata confermata da fonti della stessa Alleanza Atlantica. La decisione che chiude un teso braccio di ferro tra Parigi e gli altri paesi coinvolti nelle operazioni, si registra nel giorno in cui un caccia francese ha abbattuto un aereo militare che a Misurata stava violando la no fly zone. Giorno in cui si profilano nuovi scenari per un dialogo. L'Unione africana ha invitato i rappresentanti del governo di Muammar Gheddafi e dell'opposizione al regime ad Addis Abeba, in Etiopia, venerdì prossimo per discutere della crisi libica. Lo ha reso noto il presidente dell'Unione Jean Ping, riferisce la Reuters, spiegando che all'incontro Gheddafi potrebbe mandare il suo primo ministro e che sono anche invitati funzionari dell'Unione europea, delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e rappresentanti del mondo arabo. E nel primo pomeriggio il ministro degli Esteri Franco Frattini ha avuto un "cordiale colloquio telefonico con il Capo del governo transitorio libico Ibrahim Jibril". L'Italia ha ribadito gli sforzi "per giungere ad un cessate il fuoco e alla fine delle violenze sui civili al fine di porre le premesse per l’avvio di un dialogo politico ed inclusivo di riconciliazione nazionale". Jibril ha dal canto suo "espresso apprezzamento per l’impegno dell’Italia in favore del popolo libico anche attraverso le diverse iniziative umanitarie". Le parti hanno "concordato di mantenere uno stretto raccordo tra l’amministrazione transitoria libica ed il governo italiano anche tramite la struttura consolare italiana a Bengasi".
Nel frattempo la cronaca degli scontri è costellata da notizie e smentite. Le forze leali al colonnello Gheddafi hanno preso ieri controllo del porto della città, bloccando migliaia di lavoratori stranieri che stavano per lasciare il paese via mare. Nel pomeriggio il portavoce dell'esercito rivoluzionario anti-Gheddafi, Ahmed Beny, colonnello dell'aviazione, in una conferenza stampa a Bengasi ha invece annunciato che “il porto di Misurata è sotto il nostro completo controllo”. Oggi i funerali delle vittime dei raid aerei condotti dalla coalizione ieri sera sul quartiere di al-Tajura, periferia orientale di Tripoli. La tv di stato libica ha trasmesso le immagini della cerimonia funebre che si tiene nel cimitero dei Martiri, sul lungomare di Tripoli. Slogan contro l'Occidente e a sostegno del regime libico sono stati scanditi da centinaia di persone presenti alle esequie. Secondo l'imam che guida la preghiera per i defunti, le bare sono tutte di civili. Intanto il portavoce dell'esercito rivoluzionario avrebbe parlato di trattative con alcuni uomini pro-Gheddafi che avrebbero chiesto di poter andarsene dalla città, ma conservando le loro armi.
(red) 24 mar 2011 17:41

Portogallo: Fitch taglia rating ad 'A-'. Possibile ulteriore taglio. 24 marzo, 17:56. (ANSA) - ROMA, 24 MAR - L'agenzia di rating Fitch ha tagliato il merito di credito del Portogallo a 'A-' e mantiene il suo giudizio in sospeso per un possibile peggioramento. Lo comunica Fitch in una nota.

Trento. Occupazione in Trentino, continuano i licenziamenti. 24/03/2011 11:44
TRENTO - Dopo dieci incrementi mensili consecutivi, a marzo in Trentino il numero degli iscritti in mobilità perchè licenziati torna a calare, attestandosi sotto la soglia record del mese di febbraio. Con 4.767 iscritti al 22 marzo la contrazione rispetto al mese precedente è pari all'1,35%. I licenziamenti però non si fermano. Lo comunica la Cgil del Trentino.
"Si tratta di una riduzione ancora non significativa - osserva il sindacato - ma è sicuramente un segnale incoraggiante considerato che spezza un trend negativo che durava quasi da un anno. Infatti con 4.832 iscritti perchè licenziati il dato di febbraio era cresciuto ulteriormente rispetto al mese precedente quando, con 4.784, si era superata soglia 4.500 per il sesto mese consecutivo. Dal gennaio 2009 ad oggi si è registrata una contrazione degli iscritti solo in altri due casi".
Altro dato positivo - osserva la Cgil - è l'andamento dei lavoratori in mobilità che hanno trovato un impiego a termine: a marzo si conferma l'incremento dei sospesi già registrato a febbraio dopo quattro mesi consecutivi di contrazione: oggi i sospesi sono 1.624, 105 in più rispetto a febbraio quando risultavano essere 1.519 con una crescita congiunturale del 6,9%. A gennaio invece i sospesi erano stati i 1.456, a dicembre 2010 1.654, a novembre 1.663, a ottobre 1.734 e a settembre 1.813. Su base annua il numero dei sospesi è in aumento del 15,7%. Secondo la Cgil non c'è però ancora una svolta nell'andamento del mercato del lavoro in Trentino: infatti a marzo 2011 gli iscritti in mobilità sono ben 477 in più rispetto a marzo 2010 quando in totale risultavano 4.279. Su base annua l'incremento di iscritti licenziati è pari all'11,1%.

Cortina, il sindaco boccia la tassa di soggiorno e scrive agli albergatori
Andrea Franceschi: «Introdurre una tassa di scopo facendo svolgere a voi il ruolo di esattori è in contrasto con la politica che stiamo portando avanti»
CORTINA D’AMPEZZO (Belluno) - Cortina d’Ampezzo boccia la tassa di soggiorno: il Comune rinuncia all’obolo e il sindaco avverte gli albergatori con una lettera della decisione. Tutto è sintetizzato in una missiva di poche righe inviata dal sindaco Andrea Franceschi e dall’assessore al turismo Herbert Huber. «In riferimento al dibattito in corso sulla cosiddetta tassa di soggiorno - spiegano - l’amministrazione comunale di Cortina d’Ampezzo ci tiene ad informarvi che non c’è nessuna intenzione di applicarla». «Introdurre una tassa di scopo, facendo svolgere agli albergatori il ruolo di esattori - avvertono i due amministratori - sarebbe in netto contrasto con la politica turistica che stiamo portando avanti, facendo investimenti importanti sugli eventi sportivi e culturali». (Ansa)

Pavia. Per 300 profughi ora spunta l'ipotesi dell'ex Arsenale. PAVIA. Il ministero della difesa indica le aree disponibili, il ministero dell'interno sceglie quelle più adatte, i Comuni si adeguano e accolgono la quota assegnata di profughi dal nord Africa. Ridotta ai minimi termini è questa la procedura che potrebbe portare all'ex Arsenale di via Riviera 300 profughi che all'inizio dovevano essere libici in fuga dalla repressione del colonnello Gheddafi ma che (eventualmente) saranno una parte dei magrebini che sbarco dopo sbarco si ammassano a Lampedusa.
Il balletto delle cifre. Al momento a Lampedusa ci sono circa 6mila profughi, ma il ministero dell'interno ha calcolato che in tempi brevi il numero totale degli immigrati in fuga dal nord Africa dovrebbe raggiungere in Italia le 50mila unità. Sulla base di questa cifra il ministro Roberto Maroni ha chiesto e ottenuto la collaborazione delle Regioni per gestire l'emergenza. Considerato che 50mila profughi corrispondono a mille persone in arrivo ogni milione di abitanti, il calcolo informale che circola tra gli addetti ai lavori assegna alla Lombardia circa 9mila immigrati da gestire. Poi si tratterebbe di scegliere le strutture adatte per ospitarli. A Pavia, sempre informalmente, sarebbe già stato visitato l'ex Arsenale che ha una capienza teorica di 300 persone, sostanzialmente in linea con la media di profughi che il governo dovrebbe assegnare a città con le dimensioni e le caratteristiche di Pavia.
I motivi di una scelta. Ma perchè proprio l'ex Aresenale? Perchè è ancora una struttura militare e l'indicazione delle strutture potenzialmente adatte ad ospitare i profughi è stata affidata al ministero della difesa. Le strutture di tipo militare, inoltre, permetterebbero di gestire più facilmente un arrivo improvviso di profughi. Semplificando: è più facile gestire 300 immigrati in spazi organizzati come una caserma che in un villaggio turistico. Nell'ex Arsenale, poi, c'è una mensa da 250 posti e ci sono docce per 200 persone: strutture che nelle scorse settimane sono state al centro di un sopralluogo di dirigenti della prefettura. L'ex Arsenale, però, non è ancora un'area dismessa e i sindacati hanno già lanciato l'allarme per gli ultimi lavoratori, molti dei quali disabili, che avrebbero evidenti difficoltà a convivere con una struttura trasformata in centro di accoglienza
provvisorio.
I tempi dell'operazione. Ammesso che i profughi arrivino, si tratta di capire quando e per quanto tempo resterebbero. «Impossibile fare previsioni - taglia corto il deputato Pavese Carlo Nola che, molto vicino al ministro della difesa Ignazio La Russa, ha il polso della situazione da un osservatorio privilegiato -. Per il momento i ministeri lavorano su cifre ipotetiche e su quote che, di conseguenza, sono ancora più ipotetiche». Sulla permanenza dei profughi, il ministero dell'interno ha già dettato la linea: a tempo indeterminato (ma non nelle strutture di emergenza per chi ha diritto all'asilo, rimpatrio per tutti gli altri.

Treviso. Zaia: "Mai nessun profugo all'ex caserma Salsa". Il governatore su Facebook cancella ogni possibilità sull'arrivo di profughi dalla Libia. Ieri il capogruppo del Pdl Mauro si era detto disponibile: "A condizione che Maroni mandi i poliziotti». TREVISO. Il governatore Luca Zaia smentisce che l'ex caserma Salsa ospiterà profughi della Libia. In un messaggio su Facebook ha voluto rassicurare i suoi "amici" del social network sulla possibilità che Treviso possa farsi carico di una quota di profughi.
Ecco il suo messaggio:
"Serve un chiarimento, perchè la caserma Salsa adibita a centro d'accoglienza, come qualcuno ha detto, non esiste. Al prefetto di Venezia, che coordina tutte le prefetture venete, è stato chiesto di fare un censimento dei siti eventualmente disponibili in Regione, escludendo dalle ipotesi tutte quelle strutture vicine ai centri abitati. Alla fine dell'indagine è stata mandata una lettera al Governo, firmata anche dal sottoscritto, in cui si precisa che non ci sono posti disponibili  nel breve e medio periodo in Veneto. Le nostre ex caserme sono tutte dei vecchi ruderi diroccati, servirebbero degi anni per metterle apposto...Inoltre, la 'Tommaso Salsa' NON è inserita in nessuna lista per l'emergenza preparata dal ministero. Farla diventare un centro d'accoglienza è un'idea mai presa in considerazione!" Luca Zaia

Vicenza. Nucleare in Veneto Passa il no: è lite tra la Lega e il Pdl
CONSIGLIO. Votata una mozione che sbarra la strada a future centrali
Il Carroccio, che aveva proposto una sua mozione, concorda alla fine un testo unico col centrosinistra L'ira degli alleati: «Allora d'ora in poi tutti liberi» CAPOGRUPPO LEGA. Piero Erle. VENEZIA. Il Consiglio regionale ha detto no a centrali nucleari in Veneto, invitando la Giunta Zaia ad esprimere questa posizione al Governo e a invitarlo a rispettarla anche se - è stato ricordato più volte ieri - la norma prevede che il parere delle Regioni sia necessario, ma non vincolante. È il verdetto dato ieri con l'approvazione di un maxi-emendamento a una mozione dell'Idv (partito che ha promosso il referendum di giugno) e che alla fine ha visto convergere 32 "sì" della Lega e di Pd, Idv e Sinistra. Vota no invece il Pdl, che per tutto il giorno ha fatto capire con vari interventi che non gradiva affatto la spaccatura che si delineava sempre più. Niente voto per l'Udc, che con Raffaele Grazia ha rinfacciato alla Lega la «vergogna di dire una cosa a Venezia, e poi di farne un'altra a Roma» (dove il Veneto non si è opposto al decreto governativo pro siti per le centrali). Unione Nordest astenuta.
IL TESTO DEL NO. La mozione approvata, e presentata nella sua versione finale dal capogruppo leghista Federico Caner a dimostrare concretamente la posizione del Carroccio, scandisce contenuti concreti. Primo, auspica «la più grande partecipazione al referendum» di giugno. Secondo, chiede che la Regione si dichiari indisponibile a ospitare stoccaggi anche temporanei di scorie radioattive. Terzo, va elaborato un "Piano energetico regionale" con «forti programmi di investimento per lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che utilizzino fondi di energia rinnovabili» (fotovoltaico, biomasse, biogas, idroelettrico). Quarto, si miri a costituire un fondo per chi vuole rendere efficienti gli edifici dal punto di vista energetico. Quinto punto - rimarcato da Caner per il chiaro significato federalista - si invitano i parlamentari veneti ad attivarsi per modificare la norma in modo che salvaguardi per la Regione «il diritto all'autodeterminazione anche in materia energetica previsto al titolo 5° della Costituzione» indicato anche dello Statuto veneto.
L'IRA DEL PDL. «È crisi», dice il capogruppo Dario Bond (Pdl) davanti alle telecamere, affiancato dai consiglieri Nereo Laroni e Giancarlo Conta, mentre anche il suo "vice" Piergiorgio Cortelazzo si fa sentire in aula. L'ira del Pdl è dovuta a due motivi chiari. Primo, il voto della Lega ha di fatto spaccato il fronte della maggioranza, tanto che appunto gli azzurri hanno votato "no" contro il "sì" degli alleati verde. Secondo, la Lega ieri a Venezia ha rotto anche la linea "governativa" che vede i due partiti al governo a Roma, visto che proprio ieri mattina il Governo Berlusconi ha deciso di bloccare per un anno l'iter per la costruzione di nuove centrali nucleari nel Paese. Bond al microfono è esplicito: «Allora d'ora in poi anche noi avremo posizioni "a geometria variabile", anche sullo Statuto. Siamo liberi». Caner risponde più tardi : «Se avessimo la stessa posizione sempre su tutto, saremmo un partito unico, non alleati». Ma Bond e il Pdl rincarano l'attacco in una nota: «Se si è governativi a Roma, lo si deve essere anche a Venezia. La Lega non può continuare con questo atteggiamento propagandistico. È anche una critica al governatore, la prima grande critica a Zaia da parte nostra. Non è possibile che dopo un anno di legislatura insieme ci siano due modi così diversi di fare politica. Serve un confronto serio».

Venezia. Zaia: «Il popolo veneto è tra i più antichi. E' giusto che ci sia una giornata dedicata» Il presidente della Regione sulla festa istituita il 25 marzo di ogni anno:«Le piccole comunità possono ritrovarsi e onorare la propria identità»
VENEZIA - «Quello veneto è un popolo tra i più antichi ed ha contribuito a fondare la civiltà del mediterraneo. È perciò sacrosanto che lo si celebri in una giornata dedicata». Lo sottolinea il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, che saluta «con soddisfazione e partecipazione» la ricorrenza della Festa del Popolo Veneto, istituita per il 25 marzo di ogni anno con la legge regionale n. 8 del 2007 per la tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto.
«È bene che questa festa ci sia - aggiunge Zaia - ed è intelligente che quest’anno i festeggiamenti siano stati organizzati su tutto il territorio, in collaborazione con enti locali e associazioni culturali. È così che anche le piccole comunità possono ritrovarsi - aggiunge il governatore - e celebrare il rito della propria identità, che è semplice in quanto facilmente percepibile da ogni veneto, ma anche complesso, perchè composto da un grande mix di diverse peculiarità, come la lingua, la storia, la cultura, la religione, i saperi, le arti e i mestieri che vogliamo valorizzare con questa festa». «Tutto ciò - conclude Zaia - non va inteso contro quella cultura che l’elite definisce alta, ma ne costituisce il presupposto essenziale, senza il quale tutto il resto è inutile chiacchiericcio di pochi autoreferenziati soggetti». (Ansa)

Bernardini: «Scoprii la Lega sulla Smemoranda». Il leghista Manes Bernardini si racconta:  «Del Sud amo mia moglie. E Barletta»
Forse quando ha detto che gli ex Pci voteranno per lui, il candidato sindaco della Lega Nord, Manes Bernardini, parlava con cognizione di causa. Perché i primi due voti a sinistra li ha guadagnati in casa, dai suoi genitori. Con lui iniziamo un piccolo viaggio tra i candidati sindaco cercando per una volta di descrivere e raccontare più l’uomo del politico. Anche per conoscere un po’ meglio i duellanti per la carica di primo cittadino.
Quanti anni ha e dove è nato?
«Trentotto, sono nato a Casalecchio».
Titolo di studio?
«Laurea in Giurisprudenza».
Che lavoro fa?
«Sono avvocato civilista, lavoro in uno studio a Bologna».
Come è sbocciato l’amore per la Lega Nord?
«Dobbiamo andare molto indietro, ad una vacanza vicino Londra, quando avevo diciassette anni».
Andiamoci.
«Nel mio corso di studio c’era una ragazza bergamasca che aveva la Smemoranda piena di adesivi della Lega lombarda e di filastrocche del Carroccio».
E allora?
«Fui colpito dagli adesivi, poi quando tornai a scuola al liceo scientifico Righi di Casalecchio vidi il diario di un mio amico con sopra un adesivo della Lega lombarda, lo fotocopiai e per un anno me lo tenni nel portafoglio».
E il suo ingresso nel Carroccio?
«Era un sabato, ero stato ad ascoltare Beppe Maniglia in piazza e davanti al MacDonald’s vidi un banchetto dei giovani del Nord. Mi fermai e mi diedero una sporta di adesivi e la pubblicazione "Lombardia autonomista". Aprii il giornale sull’autobus 20 andando a casa e tutti mi guardavano male».
La prima tessera?
«Nel ’91, la feci dopo una riunione nella sede di via Santa croce dove si pensava di far scendere uno striscione dalle Due Torri con la scritta "Bologna ai bolognesi"».
È leghista da un ventennio.
«Sì, tra poco saranno vent’anni».
Nella sua famiglia cosa votavano?
«Votavano a sinistra. Mia madre fu scottata dalla chiusura della sua fabbrica con il sindacato che fece poco o nulla e cominciò a cambiare idea politica. Anche mio padre era di sinistra, ma l’ho convertito al leghismo, come ho fatto con mia madre».
La sua prima partita del Bologna? E il suo rapporto con la città?
«Bologna-Roma con Guerini allenatore insieme a mia sorella. Io ho vissuto a Casalecchio ma ho sempre avuto un amore viscerale per Bologna, per la sua storia, per la sua cultura e per le sue tradizioni».
La prima volta che ha incontrato Umberto Bossi?
«Era il 1992 in via dello Scalo a Bologna. C’era tanta gente ed io ero al servizio d’ordine».
Cosa pensa dei suoi colleghi leghisti che mettono i cartelli stradali in italiano e in dialetto?
«Lo farei anche a Bologna, lo proposi anche qualche anno fa. Credo che la lingua e la storia locale vadano valorizzate, a me piace molto il Trentino che ha i cartelli con la doppia scritta. Mi piacerebbe valorizzare il linguaggio dei nostri nonni».
E cosa ama del Sud Italia?
«Mia moglie che è di Barletta».
Dicono che lei è il leghista dal volto buono. Cosa pensa di questa definizione?
«Io sono Manes e basta, la politica la fanno gli uomini. Poi sicuramente porsi con garbo ed educazione aiuta».
Olivio Romanini

Roma. Federalismo, le regioni: «C'è l'accordo»
L'annuncio del presidente della Conferenza delle Regioni, Errani. La Polverini: «Accolte tutte le richieste»
MILANO - «Dopo un lungo impegno, serio e convinto, delle Regioni, ci sono le condizioni per affermare che il Governo rispetta tutti i punti dell'accordo del 16 dicembre 2010, a partire dai 425 milioni di euro fuori dal Patto di stabilità per il trasporto pubblico locale». Lo ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, che ha aggiunto: «Per le Regioni l'accordo su federalismo c'è». 
«L'esito della riunione di oggi è positivo. Stiamo solo verificando i testi ma l'accordo politico c'è». Lo ha detto la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, al termine della Conferenza sul federalismo fiscale. «Ci sono i 425 milioni sul tpl - ha spiegato - c'è la fiscalizzazione come l'avevamo chiesta tutti: sono state accolte tutte le nostre sollecitazioni. Stiamo ora verificando attraverso i nostri tecnici - ha aggiunto Polverini - che il testo corrisponda all'intesa politica raggiunta. Finalmente si conclude positivamente questa partita del federalismo», ha detto infine la presidente del Lazio.
LA MANOVRABILITA' - Non scatterà dal 2011 ma dal 2013 la «manovrabilità» dell'addizionale regionale Irpef prevista dal decreto legislativo sul federalismo regionale. È una delle novità dell'intesa con le regioni. «Il Governo ha rispettato l'accordo - ha commentato Errani - e le Regioni a loro volta lo rispetteranno». Oltre al finanziamento per il trasporto, sono stati accolti una serie di altri punti: la fiscalizzazione del trasporto pubblico locale dal 2012, la revisione dei tagli previsti dalla manovra, dal 2012, per le Regioni che rispettino il Patto di stabilità «una scelta fondamentale per avviare il federalismo regionale», ha spiegato Errani. Ok dal Governo anche all'addizionale Irpef dal 2013 e non dal 2011 e agli emendamenti relativi ai fondi di perequazione. «Considero tutto questo un passo avanti - ha affermato Errani - ora dobbiamo verificare che all'accordo corrispondano, nel dettaglio le relative scritture». Le Regioni, dal canto loro, hanno dato il via all'intesa con il Governo per il rinnovo degli ammortizzatori sociali in deroga per gli anni 2011-2012. (Fonte Ansa)

Roma. Federalismo, arriva il sì delle regioni: «Soddisfatte tutte le nostre richieste»
Ridotto taglio trasferimenti, 425 milioni per trasporto pubblico locale. Protestano Province e Comuni: ora tocca a noi
ROMA - Chiuso il lungo braccio di ferro sul federalismo che ha opposto per settimane il governo ai presidenti delle regioni.Che hanno ottenuto tutto quello che chiedevano. A partire dai 425 milioni che servono per finanziare il trasporto pubblico locale. E' quindi arrivato il parere favorevole al decreto sul federalismo fiscale regionale e i costi standard in sanità.
«Ci sono le condizioni per affermare che il Governo rispetta tutti i punti dell'accordo del 16 dicembre 2010, a partire dai 425 milioni di euro fuori dal Patto di stabilità per il trasporto pubblico locale», ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Vasco Errani. Tra le altre novità, non scatterà dal 2011 ma dal 2013 la manovrabilità dell'addizionale regionale Irpef prevista dal decreto legislativo sul federalismo regionale; ci sarà la fiscalizzazione delle risorse per il trasporto pubblico locale a decorrere dal 2012, con conseguente soppressione dei trasferimenti statali alle Regioni relativi al trasporto pubblico locale; verranno istituiti, nel bilancio delle Regioni a statuto ordinario, due fondi, uno a favore dei comuni, l'altro a favore delle province e delle città metropolitane, alimentati dal fondo perequativo dello Stato. In cambio le Regioni hanno garantito un maggiore impegno sul fronte degli ammortizzatori sociali in deroga per gli anni 2011-2012: la partecipazione del Governo passa dal 70 al 60% e alla differenza le Regioni potranno compartecipare con una quota del Fondo sociale europeo.
I risultati ottenuti dalle Regioni producono subito le proteste di Province e Comuni. «Un accordo che preveda la riduzione del taglio ai trasferimenti per le sole Regioni è del tutto impensabile. Il Governo estenda da subito la misura anche a Province e Comuni», ha chiesto il presidente dell'Upi, Giuseppe Castiglione. Sulla stessa linea il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino: «Se si vuole ridurre il taglio ai trasferimenti statali, questo deve valere nei confronti di tutti i livelli istituzionali della Repubblica».

Dossier Merola, è caccia al 'corvo' con impronte e Dna. Ha i giorni contati la persona che nei mesi scorsi ha messo in giro per mezza Bologna il dossier velenoso contenente accuse nei confronti del candidato sindaco del centrosinistra e di altri dirigenti Pd. Bologna, 24 marzo 2011 - Potrebbe avere i giorni contati il “corvo” che nei mesi scorsi ha messo in giro per mezza Bologna il dossier velenoso contenente accuse nei confronti del candidato sindaco del centrosinistra, Virginio Merola, e di altri dirigenti del Pd locale.
Infatti, non solo gli investigatori hanno gia’ individuato diverse impronte potenzialmente interessanti, ma presto la caccia al ‘corvo’ passera’ anche attraverso la ricerca del Dna. Come? Dall’analisi dei francobolli attaccati sulle buste contenenti i dossier e poi inviate (o in alcuni casi parrebbe consegnate a mano in buchetta) ai Circoli del Pd o alle redazioni giornalistiche. I francobolli (solo quelli attaccati col sistema tradizionale e non quelli adesivi) potrebbero contenere tracce di saliva e presto finiranno nelle mani del medico legale Susi Pelotti, che dovra’ analizzarli per cercare eventuali tracce del profilo biologico del ‘corvo’. E’ questo il prossimo passo degli inquirenti, che da tre settimane lavorano sulle 13 copie del dossier raccolte nei vari circoli Pd e consegnate in piazza Trento e Trieste dall’avvocato Vittorio Manes, che assiste Merola. Su buste e plichi ha lavorato fino ad oggi la Polizia scientifica, su incarico del procuratore aggiunto Valter Giovannini. I primi risultati cominciano ad arrivare e danno speranze di poter arrivare all’anonimo: sulle buste sono state individuate due impronte, mentre sui dossier una cinquantina. Sono tutte impronte “utili”, cioe’ rilevate in modo corretto (non strisciate o parziali). Ora comincera’ la fase piu’ delicata della “caccia” al ‘corvo’: le impronte individuate, infatti, andranno comparate tra loro per verificare se ce ne siano una o piu’ ricorrenti. Che si ripetono, cioe’, su piu’ buste o piu’ documenti.
La svolta potrebbe arriverebbe proprio se gli inquirenti scopriranno che una di queste impronte si ripete su documenti e buste recapitate in luoghi lontani tra loro (ad esempio due circoli Pd che si trovano agli estremi della citta’). Questo significherebbe con buona probabilita’ che quell’impronta ricorrente e’ di chi ha vergato e poi messo in giro il dossier. O perlomeno di chi ha fatto il ‘postino’ per conto del ‘corvo’ e ha distribuito i plichi in giro per la citta’.
In Procura, ai primi di marzo, Manes consegno’ 12 buste (e un tredicesimo dossier che era senza busta): cinque di queste non riportano alcun timbro sul francobollo, il che farebbe supporre che siano state consegnate a mano e non spedite. I Circoli che le hanno ricevute sono tutti della zona est della citta’ (Mazzini, Fossolo, San Ruffillo).
Intanto, mentre proseguiranno le operazioni di confronto e comparazione da parte degli uomini della Polizia scientifica, nei prossimi giorni il procuratore aggiunto Giovannini, che insieme al pm Giuseppe Di Giorgio si occupa dei due fascicoli aperti in Procura per fare luce sul dossier dei veleni, incarichera’ il medico legale Pelotti di setacciare i francobolli nella speranza di trovare tracce del Dna di chi li ha attaccati sulle buste. La prima inchiesta della magistratura (senza indagati ne’ ipotesi di reato) era stata aperta sul dossier anonimo (inviata alla Procura prima che ai magistrati lo portasse Merola). Il secondo fascicolo, invece, e’ quello aperto in seguito all’esposto di Merola vergato da Manes: ipotizza, contro ignoti, i reati di diffamazione, calunnia e lesione dei diritti politici.

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