lunedì 14 marzo 2011

Mezzogiorno-Sera. 14 marzo 2011.

Chieti. «Case popolari, nessun taglio ai contributi».

Cervelli in fuga: ”Ognuno vale 300.000 euro”.

Truffa ai danni dell’Inps, scoperti 1000 falsi braccianti


Sanità, allarme delle Regioni «Il sistema rischia di saltare»

E il Lombardo flirta con i lumbard

Corte dei Conti, condannato l'ufficio di presidenza per la doppia indennità

L'UNIONE SARDA - Economia: Da 500 milioni a zero Nel polo industriale investimenti a rischio

Export: Istat; nel 2010 ripresa in tutta Italia, boom Isole

Esportazioni: boom nel 2010

I nuovi poveri dimenticati in una Basilicata in caduta.

Rifiuti Campania, no della Spagna: dirottati in Olanda e Germania


Chieti. «Case popolari, nessun taglio ai contributi». L'assessore D'Agostino alla minoranza: fondi raddoppiati rispetto al 2009. CHIETI. Botta e risposta tra minoranza e maggioranza sui tagli del fondo di emergenza abitativa. L'opposizione giorni fa aveva accusato la giunta Di Primio di aver cancellato il 60 per cento dei contributi per gli assegnatari delle case popolari, ora la replica dell'assessore alle Politiche della casa, Ivo D'Agostino. «L inutile allarme lanciato dal consigliere dell'Idv, Bassam El Zohbi, servirà forse a fargli ottenere titoli sulla stampa locale, ma rischia solo di far preoccupare inutilmente molte famiglie che aspettano con ansia di poter accedere al fondo per l'emergenza abitativa» dice D'Agostino «informo il consigliere che l'amministrazione del sindaco Di Primio ha praticamente più che raddoppiato la cifra del capitolo portandolo dagli 80mila euro stanziati dall'ex giunta di centrosinistra a 195mila euro. L'amministrazione» posegue «come già avvenuto nel 2010, provvederà anche per il 2011 a compiere una variazione di bilancio per rimpinguare il fondo. Il tutto, ovviamente, in ragione delle disponibilità economiche dell'Ente a fronte dei tagli nei trasferimenti governativi. E bene ricordare al consigliere El Zohbi» puntualizza «che nel 2010, appena insediati, abbiamo accolto e fatto fronte a 90 istanze di cittadini bisognosi rispetto delle 70 prese in considerazione nel 2009 quando nella giunta di Ricci, lo stesso El Zohbi ricopriva l'incarico di assessore. Informo, inoltre, l'esponente dell'Idv, il quale evidentemente si fida di cattivi informatori, che le richieste a tutt'oggi sono solo 109 e non 130 come erronamente da lui stesso dichiarato. Al sempre presente Luigi Febo» conclude «che non manca mai l'appuntamento con la ribalta mediatica, ricordo che l'indebitamento del Comune per svariati milioni è causato dal fatto che la giunta Ricci ha percorso in senso inverso la strada del virtuosismo lasciando Chieti sepolta dalle macerie anche finanziarie». L'assessore D'Agostino annuncia inoltre che per quest'anno e per i prossimi, è previisto «un notevole incremento per quanto riguarda il fondo di emergenza abitativa» ricordando a El Zohbi «che non è certo lui a dovermi ricordare ciò di cui debbo occuparmi». (y.f.)

Cervelli in fuga: ”Ognuno vale 300.000 euro”. di Walter Giannò. 14 marzo 2011 -
Quanto costa un cervello in fuga? La risposta nell’incipit di quest’articolo de La Stampa: “Quattro miliardi di euro. Duecento milioni persi ogni anno nell’arco 1989-2009, solo calcolando il valore economico dei brevetti (301) depositati dai 20 principali scienziati italiani emigrati all’estero“.
Una cifra esorbitante, che non può non condizionare la vita economica del territorio da cui provengono le mente eccelse.
Un tema trattato con forza dal terzo numero de Il Sud, in edicola, e affrontato sabato scorso a Catania, durante il convegno: “Giovani al Sud: una sfida per tutti“.
Tra gli intervenuti, a proposito di soldi che vengono a mancare quando un giovane decide di andare altrove, c’è stato Roberto Lagalla, rettore dell’Università di Palermo:
“Il dato più signficativo che non può essere messo da parte è quello più ricordato: gli Atenei del Sud, come Palermo, Bari, Napoli e Messina, producono e promuovono capitale umano che arricchisce l’economia di altre Regioni della nostra Nazione e di altri paesi del mondo. Ciò significa che questi giovani sono competitivi. Ecco perché sarebbe drammatico se dovesse passare il messaggio che ‘fare università al Sud coincide col non essere adeguati alla competizione alla modernizzazione e alla competitività‘. È un dato che non può essere accettato, perché non è veritiero”.
Anche il Rettore ha parlato di valore economico dei laureati che decidono di trasferirsi al di là dello Stretto o delle Alpi: “Un giovane che emigra porta con sé una dote alle altre Regioni che vale 300.000 euro, ovvero il costo che va dalla scuola materna alla conclusione del processo formativo. Ogni 1000 laureati sono, dunque, 300.000.000 di euro che noi diamo ad un altro sistema economico”.
Numeri che evidenziano, ancora più delle parole, la gravità della questione ‘giovanile’ che riguarda il Meridione (e non solo).
Secondo gli ultimi dati Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), infatti, è in corso una vera e propria emorragia.
Ammonta a 331.709 il flusso di giovani tra i 20 e i 40 anni in uscita dal nostro paese negli ultimi dieci anni.
La Regione da cui si ‘scappa’ di più è la Lombardia (3.560 20-40enni nel 2010). Al secondo posto la Sicilia (2.794).
Se, però, consideriamo il totale degli espatri tra il 2000 e il 2010, in cima alla classifica c’è di nuovo la nostra Isola, che ha visto emigrare verso l’estero ben 40.281 giovani tra i 20 e i 40 anni.

Truffa ai danni dell’Inps, scoperti 1000 falsi braccianti
di BlogSicilia 14 marzo 2011 -
Mille falsi braccianti. Questa la scoperta della Guardia di Finanza di Catania che, su delega della Procura della Repubblica, ha eseguito 5 ordinanze di custodia cautelare, il sequestro preventivo di 1,5 milioni di euro a copertura delle somme erogate indebitamente e più di 20 perquisizioni domiciliari.
Gli indagati, a vario titolo, sono 40 tra dipendenti Inps di Catania, patronati, consulenti del lavoro, imprenditori agricoli, oltre a 1.000 falsi braccianti agricoli.
Dovranno rispondere di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa. L’indagini ha riguardato i Comuni di Bronte, Maniace Randazzo e Maletto.

Sanità, allarme delle Regioni «Il sistema rischia di saltare»
Lunedì 14 Marzo 2011 07:44 Redazione desk
ROMA - I governatori delle Regioni italiane sono più che preoccupati: mancano i 425 milioni per finanziare il trasporto pubblico locale, il riparto dei 106 miliardi del Fondo sanitario divide il nord dal sud, c’è il problema del mancato finanziamento delle associazioni degli allevatori e ora si aggiunge la questione della copertura finanziaria degli ammortamenti non sterilizzati. Si tratta di quelle somme che sono state impegnate negli anni per investimenti, per esempio in edilizia sanitaria. Fino ad oggi l’onere dell’ammortamento di queste somme non era iscritto nei bilanci delle Regioni ma ora il ministero dell’Economia chiede di farlo, a partire già dai bilanci del 2010. Ma i governatori temono che, così facendo salterebbe il sistema sanitario nazionale e tutte le Regioni dovrebbero approntare dei Piani di rientro dal debito. In una relazione, gli assessori regionali alla sanità, che sul tema si sono riuniti più volte, fanno notare come «il problema della copertura finanziaria degli ammortamenti non sterilizzati rappresenta una questione critica sotto il profilo della sostenibilità economica e finanziaria dei singoli sistemi regionali». «E’ facile prevedere - scrivono preoccupati gli assessori - che la maggior parte delle Regioni, avendo costruito il proprio bilancio di previsione senza coperture per gli ammortamenti non sterilizzati, potrebbero essere indicate come inadempienti e quindi passibili di assoggettamento a Piano di rientro». Inoltre, fanno notare gli assessori, la copertura degli ammortamenti comporta una riduzione effettiva delle risorse destinate ai Livelli essenziali di assistenza proprio nell’anno in cui, il 2011, si è registrato l’incremento più basso di risorse del Fondo sanitario degli ultimi 15 anni cui si aggiunge la mancata copertura delle risorse per gli investimenti in edilizia sanitaria e il mancato ripristino del Fondo per le non autosufficienze, pari a 400 milioni di euro. Insomma, una situazione di grave preoccupazione che fa scrivere alla Commissione salute della Conferenza delle Regioni che il combinato disposto di tutte queste cose, unito alla questione ammortamenti, porti alla «non sostenibilità finanziaria dell’intero sistema Regioni». L’orientamento dei governatori è di mettere una pietra sul passato e di definire le regole nel 20011 per partire dal 2012; la partita con il ministero dell’Economia rimane tuttavia tutta ancora aperta. Intanto una buona notizia c’è: i presidenti delle Regioni hanno trovato un accordo tra loro per ripartire 1,2 miliardi di euro per gli spostamenti dei pazienti da una regione all’altra per le cure sanitarie nel 2010. Le Regioni che incassano le maggiori somme, poiché hanno curato un numero maggiore di pazienti che arrivavano dall’esterno del territorio, sono la Lombardia (444 milioni), l’Emilia (358 milioni e la Toscana (113 milioni). Tutto il sud, con l’eccezione del Molise, è in perdita ma anche alcune Regioni del nord, come la Liguria e la Provincia di Trento, hanno avuto fughe di soldi e di pazienti dalla Regione, rispettivamente di quasi 27 milioni e di quasi 16 milioni di euro.

E il Lombardo flirta con i lumbard
14 marzo 2011 |  Autore: Andrea Lodato. Il federalismo incombe, andiamo e tempo di incassare… Magari prima che sia troppo tardi. Raffaele Lombardo, presidente della Regione, traccheggia con i suoi ex alleati, quelli della Lega Nord. La posizione del Movimento per l’Autonomia alla Camera e al Senato, le aperture a sostegno di un governo da cui i lombardiani sono ormai da tempo fuori e lontani, non dipende da un ritorno di fiamma del governatore con Silvio Berlusconi, tutt’altro. Lombardo dialoga con i ministri Tremonti e Calderoli, molto interessati, in questa fase, a tenersi stretti i voti degli Autonomisti, dimostrando, peraltro, a Berlusconi che non solo lui è capace di riportare consenso alla linea governativa. Sul fronte che interessa di più la Lega, il federalismo, Tremonti e Calderoli stanno incassando l’appoggio lombardiano, dunque. In cambio di che? In cambio del riconoscimento e del via libera agli articoli 37 e 38 dello Statuto siciliano, quelli delle accise, quelli dei tributi che le imprese “straniere” devono pagare alla Sicilia se operano qui. Non è robetta, è tanta roba e Lombardo ne ha bisogno perché il bilancio della Regione è tragico. Per la verità anche Berlusconi non vorrebbe perdere la chance di riportare a sé l’Mpa, al punto che sui Fas anche il ministro Fitto nell’ultimo vertice ha avuto una posizione lievemente più conciliante e Berlusconi ha annunciato con enfasi il via libera dell’Ue alla fiscalità di vantaggio per il Sud.
Intanto si tira dritto su questa strada e un giocatore d’azzardo come Lombardo non ha paura a gettare sul tavolo della partita i voti di deputati come Commercio e Latteri. Che molti vogliono pronti a finire tra le braccia di Silvio, in effetti saldamente collegati a Lombardo, per conto di cui e per il quale se c’è da votare “contro” ovvero a favore, beh si vota, anche a costo di passare momentaneamente per amici del giaguaro.

Corte dei Conti, condannato l'ufficio di presidenza per la doppia indennità
14/03/2011 POTENZA -E’ alquanto kafkiana la sentenza della Corte dei Conti che ha condannato l’assessore Rosa Mastrosimone (in foto), gli ex consiglieri regionali Giacomo Nardiello e Aldo Michele Radice, il consigliere Franco Mattia, il vice presidente della Regione, Agatino Mancusi, il dirigente regionale Giordano, e il parlamentare Maria Antezza.
Sentenza kafkiana perché i 7 lasciarono che Maria Antezza, Cosimo Latronico, Egidio Digilio e Carlo Chiurazzi, dopo la loro elezione in Parlamento, continuassero a percepire l’indennità di consiglieri regionali.
Stando all’accusa del procuratore generale della Corte dei conti Michele Oricchio, i 7 sono colpevoli per aver provocato un danno all’erario, ovvero ai contribuenti.
Una vicenda che si sarebbe potuta risolvere senza alcuna sentenza se solo i 4 parlamentari lucani avessero immediatamente restituito quanto “indebitamente” percepito. Cosa che a oggi - la vicenda risale al 2008 - ancora non è stata fatta. E così alla “sbarra”sono finiti la senatrice del Pd Maria Antezza, già presidente del consiglio regionale, l’attuale assessore alla Pubblica istruzione e all’epoca dei fatti vicepresidente del Consiglio Rosa Mastrosimone, l’ex consigliere Pdci Giacomo Nardiello, già segretario dell’ufficio di Presidenza, il dirigente Ferdinando Giordano, il consigliere Franco Mattia del Pdl, il vicepresidente della Regione Basilicata Agatino Mancusi (Api) e Aldo Radice. Tutti, all’epoca dei fatti, facevano parte dell’ufficio di Presidenza del consiglio regionale e così si spiega la condanna della Antezza.
A giudizio, infatti, non sono finiti i 4 parlamentari che hanno accumulato la doppia indennità, ma gli esponenti politici regionali che, stando all’accusa, non hanno fatto nulla per impedire l’illecito amministrativo.
Per capire meglio quanto accaduto bisogna tornare al 2008 quando quattro consiglieri regionali si candidano alle Politiche e vengono eletti. I quattro sono Maria Antezza, Cosimo Latronico, Egidio Digilio e Carlo Chiurazzi.
Dopo un mesetto dall’elezione comunicano -tra le due cariche c’è incompatibilità - che abbandoneranno il consiglio regionale, optando per la carica di parlamentare. Le dimissioni, stando sempre all’accusa, dovevano essere formalizzate dall’ufficio di presidenza della Regione.
Cosa che non sarebbe accaduta e che avrebbe fatto sì che i quattro neoeletti, per due mesi, si trovassero a percepire un doppio stipendio: da parlamentare e da consigliere regionale. Per la Corte dei Conti il danni si aggira sui 100.000 euro per cui, a oggi, ognuno dei condannati dovrebbe restituire alla Regione circa 15.000 euro di risarcimento. A risarcire il danno all’erario, però, dovrebbero, essere, come tra l’altro annunciato e promesso, i 4 parlamentari.
Parlamentari che, se “saldassero il conto” immediatamente, eviterebbero ai 7 condannati la presentazione del ricorso contro la sentenza della Corte dei Conti.
Alessia Giammari

L'UNIONE SARDA - Economia: Da 500 milioni a zero Nel polo industriale investimenti a rischio
14.03.2011 Altro che investimenti milionari, nuovi posti di lavoro e prospettiva ventennale per la fabbrica. La Glencore sta per rivedere il piano industriale studiato per la Portovesme srl e si ipotizza addirittura il blocco degli investimenti. Motivo? Un insieme di incertezze e ritardi non più sopportabili che starebbero consigliando alla società svizzera di rivedere il suo business plan. I sindacati puntano il dito contro la politica e chiedono azioni immediate ed incisive, altrimenti il polo industriale di Portovesme rischia di sprofondare cancellando centinaia di buste paga. Fabio Enne, segretario della Cisl, nei giorni scorsi ha lanciato l'allarme con un comunicato dai toni molto duri verso i politici e le istituzioni. Cosa potrebbe succedere nella riunione di oggi. «Potrebbe succedere che la Glencore comunichi lo stop agli investimenti - dice Enne - sia del parco eolico che del potenziamento dell'impianto elettrolitico». - Come si è potuti passare in pochissimo tempo da uno scenario fatto di investimenti e prospettive di lungo periodo per la Portovesme srl ad un probabile stop al piano industriale? «Purtroppo è successo che tutti gli accordi e le intese fin qui siglate sono rimaste disattese, pensiamo all'accordo di programma per l'elettrolitico: approvato dal Cipe qualche mese fa, ma non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. C'è poi il problema dei costi energetici: nell'ambito dell'interconnessione, l'azienda aveva chiesto 75 megawatt ma gliene sono stati assegnati 50. Oggi la Portovesme srl paga l'energia a prezzo pieno. Poi c'è la questione dei certificati verdi per l'eolico: il Governo vuole tagliarli ed è giusto nel caso di speculazioni. Ma qui stiamo parlando di autoproduzione, che è tutta un'altra cosa. Infine a tutta questa incertezza si è aggiunta la multa comunitaria». - Cosa si deve fare per evitare il peggio? «È da tre giorni che abbiamo lanciato l'allarme ma non abbiamo avuto nessun riscontro politico. La Regione deve trasformare in dati di fatto le cose che ha sempre sostenuto, facendo le giuste pressioni sul Governo perché immediatamente sia convocato un tavolo a Roma su tutte le nostre emergenze, nessuna esclusa». - Altrimenti? «D'ora in poi tolleranza zero. I tempi della politica non coincidono con quelli delle fabbriche, questo l'abbiamo constatato. Noi dobbiamo impedire che ciò che è ancora aperto chiuda e ottenere il riavvio delle fabbriche chiuse, rivendicare il diritto al lavoro di questo territorio nei modi che ci competono». Il clima diventa subito incandescente: oggi in Confindustria la Portovesme srl incontrerà i sindacati: potrebbe annunciare lo stop. Domani sarà la volta dell'Eurallunmina: altra razione di cassa integrazione dopo due anni di stop. E deve essere ancora definito il caso-Ila. Peggio di così non potrebbe andare. ANTONELLA PANI

Export: Istat; nel 2010 ripresa in tutta Italia, boom Isole
Dowjones ROMA (MF-DJ)--Nella media del 2010 la ripresa delle esportazioni (+15,7% a/a) ha interessato tutte le ripartizioni territoriali. Particolarmente elevato e' stato l'aumento registrato per l'Italia insulare (+51,7%), dovuto al forte incremento delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati. Anche l'Italia centrale e quella meridionale registrano aumenti superiori alla media nazionale (pari, rispettivamente, a +17,2% e +15,9%).
Lo rende noto l'Istat, spiegando che la dinamica congiunturale evidenzia, nel quarto trimestre 2010 rispetto al trimestre precedente, variazioni positive delle esportazioni per tutte le ripartizioni territoriali, con incrementi contenuti per le regioni nord-orientali (+0,3%). Gli aumenti piu' consistenti si registrano per l'area del mezzogiorno (+4,2%) e per l'Italia centrale (+2,9%).
Nel 2010, i maggiori incrementi delle esportazioni per le regioni che contribuiscono di piu' ai flussi commerciali con l'estero riguardano Sardegna (+59,4%), Sicilia (+47,6%), Lazio (+24%), Puglia (+20,2%), Trentino-Alto Adige (+19,4%) e Abruzzo (+18,8%). Sempre con riferimento alle regioni piu' rilevanti per le vendite all'estero, si segnala una crescita contenuta per Liguria (+1,9%) e Friuli-Venezia Giulia (+7,9%), mentre e' inferiore alla media nazionale la crescita delle esportazioni per Marche (+11,2%) e Lombardia (+14,1%), regione per la quale si riduce leggermente la quota sul complesso delle esportazioni nazionali (dal 28,2 al 27,8%). com/ren

Esportazioni: boom nel 2010
Nel 2010 le esportazioni hanno conosciuto una ripresa in Italia. Dopo il crollo subito nel 2009, le diverse ripartizioni territoriali presentano rialzi a doppia cifra. Lo rileva l’Istat, sottolineando che «particolarmente elevato è stato l’aumento registrato per l'Italia insulare (+51,7%), dovuto al forte incremento delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati». Anche il Centro e il Sud registrano aumenti superiori alla media nazionale (+15,7%, come già rilevato dall’Istituto di statistica), rispettivamente +17,2% e +15,9%.

I maggiori aumenti dell’export, l'anno scorso, guardando alle regioni che contribuiscono di più ai flussi commerciali con l’estero, sono stati messi a segno da Sardegna (+59,4%), Sicilia (+47,6%), Lazio (+24%), Puglia (+20,2%), Trentino-Alto Adige (+19,4%) e Abruzzo (+18,8%). Mentre l’Istituto di statistica registra una crescita contenuta per Liguria (+1,9%) e Friuli-Venezia Giulia (+7,9%). Ed è inferiore alla media nazionale la crescita delle esportazioni per Marche (+11,2%) e Lombardia (+14,1%), regione per la quale si riduce leggermente la quota sul complesso delle esportazioni nazionali (dal 28,2 al 27,8%).
Quindi, nel complesso il Mezzogiorno ha visto salire le esportazioni del 27%, e la quota sull'export nazionali è aumentata dal 10,5% del 2009 all’11,5% del 2010. L’analisi per area di sbocco mette in evidenza come la crescita delle esportazioni delle regioni del mezzogiorno abbia interessato maggiormente i flussi diretti verso i paesi extra Ue (+35,7%), con variazioni particolarmente significative per Russia, paesi Mercosur, e Turchia. Un incremento particolarmente intenso si registra, per l’area Ue, anche per le esportazioni verso la Spagna. Per le altre regioni risulta sempre maggiore l'incremento delle esportazioni verso i paesi Ue.

I nuovi poveri dimenticati in una Basilicata in caduta. di MIMMO SAMMARTINO
La storia della famiglia Grippo (Pasquale, 43 anni, invalido, sua moglie Ida Viggiano, 45 anni, e dei loro due figli), costretti a vivere in una casa di 40 metri quadri pieni di muffa e umido, con un reddito annuo di 1370 euro e senza il riconoscimento nemmeno del diritto alla casa popolare, è emblematica. Un esempio, purtroppo, non più straordinario di quelle nuove povertà che dilagano.
In Basilicata, dicono le statistiche, uno su quattro è sotto la soglia del bisogno. Non si arriva a fine mese, mancano lavoro, certezze e casa. L'Osservatorio Casa.it fotografa un mercato dell'abitazione che vede Potenza primeggiare sui costi. Per un'abitazione di 90 metri di superficie il costo medio, in centro, oscilla intorno ai 1800 euro a metro quadrato. Per un'alloggio di nuova costruzione si può arrivare anche a 2500 euro. In periferia, se la casa non è nuova, si può sperare di scendere a 1400 euro. Ma è sempre troppo per chi ha redditi ridotti al lumicino e nessuna sicurezza di continuità lavorativa.
D'altra parte, come osservano gli economisti, la Basilicata continua a perdere terreno e numeri. Non solo sul fronte dello spopolamento galoppante (ormai si è scivolati sotto le 590 mila unità) per denatalità e ripresa dell'emigrazione, ma anche sul versante del reddito medio dichiarato al fisco: a fronte dei 19 mila euro annui dell'Italia, la Basilicata si ferma a 14.580 euro. Con il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha segnalato la caduta di 20 punti di prodotto interno lordo (per mancati interventi privati, essenzialmente), in Basilicata e in Puglia, per il contagio della criminalità organizzata. Una conferma che viene dall'analisi (sempre di Bankitalia) relativa al riciclaggio di denaro sporco: nel territorio lucano, solo nel primo semestre del 2010, ci sono state una cinquantina di segnalazioni di operazioni sospette. Fenomeno in netta crescita rispetto a 2008 (78 movimenti sospetti in un anno) e 2009 (84 operazioni dubbie nell'arco dei dodici mesi). In questo scenario, il risultato è che crescono le povertà e gli usurai sono iperattivi della loro attività di strozzinaggio con un giro d'affari, nella sola Basilicata, che Confesercenti calcola in 270 milioni.
Fra le vittime dell’usura ci sono almeno tremila commercianti lucani negli ultimi due anni (il 18,7% degli operatori economici attivi). Il Ministero dell'Interno conferma: sono stati 184 in Basilicata (131 in provincia di Potenza e 53 in quella di Matera) gli episodi relativi al racket estorsioni-usura. Davanti a questo disastro, il dramma quotidiano della famiglia Grippo, a cui non è concessa neanche la casa popolare, pare destinato ad attendere.

Rifiuti Campania, no della Spagna: dirottati in Olanda e Germania
Napoli, 14 mar (Il Velino/Velino Campania) - I rifiuti campani verso il nord Europa. Dopo il no della Spagna, in particolare dell’assessorato all’Ambiente dell’Andalucia che ha firmato ufficialmente il "diniego dell’autorizzazione all’azienda Partenope Ambiente per il trasporto internazionale dell’immondizia", si stanno studiando altre ipotesi come portarli in Olanda e Germania. Per liberare lo stir di Caivano del peso dei rifiuti in eccesso, era già stato predisposto il trasferimento, via nave, di oltre 30mila tonnellate di materiale alla discarica 'Vernisur' che si trova nei pressi di Jerez de la Frontera ma tutto s’è bloccato. Gli andalusi hanno motivato con le leggi europee dicendo che la regolamentazione non era in regola, circostanza smentita invece dalla Regione Campania.
(rep/lr) 14 mar 2011 11:03

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