sabato 5 marzo 2011

Sale il costo del debito per paesi già in difficoltà

Fitch abbassa le prospettive sul rating spagnolo. A tremare è soprattutto la penisola iberica
di Vittorio Da Rold – il Sole 24Ore.
Dopo l'annuncio della stretta della Bce i periferici si troveranno di fronte tra un mese non solo a tassi più elevati, ma anche a un euro più forte che minerà la crescita dell'export proprio nel momento in cui ne hanno più bisogno.


Sotto tiro ci sono il Portogallo, la Spagna oltre che la Grecia e l'Irlanda. Ma a tremare è soprattutto Madrid, che nonostante i buoni risultati dell'asta di titoli pubblici di ieri in cui ha collocato 3,8 miliardi (dove però ha dovuto pagare 35 centesimi in più rispetto a un mese fa) ha subìto una nuova riduzione delle prospettive sul rating da parte di Fitch.

Con i suoi problemi bancari, la Spagna è considerata a rischio se il contagio dovesse fare del Portogallo (come il mercato ormai dà per scontato) il prossimo beneficiario degli aiuti dopo Grecia e Irlanda.
Pessimismo eccessivo? Non proprio visto che ieri Fitch, come dicevamo, ha abbassato le prospettive sul rating della Spagna da stabili a negative, confermando il voto "AA+" sui titoli di Stato del paese iberico. Una variazione che riflette vari rischi: la sostenibilità della ripresa, i costi finali della ristrutturazione delle "Cajas", le Casse di risparmio e l'effettivo rispetto degli obiettivi di risanamento del bilancio, «specialmente da parte delle autorità locali».

Inoltre secondo Fitch c'è anche il rischio di un incremento di volatilità nei mercati se al Consiglio europeo di fine marzo non dovesse essere concordata una linea di risposta credibile alle difficoltà sui debiti di vari paesi dell'Ue. Ciò detto l'agenzia riconosce alla Spagna di aver superato le attese sul percorso di risanamento dei conti e sulle riforme strutturali.

La Bce ha dunque "sacrificato" sull'altare della sua credibilità i paesi periferici oppure la situazione non è così grave come sembra?
«Il quadro macroeconomico sembra senz'altro giustificare un rialzo dei tassi Bce ad aprile – spiega Marco Annunziata, capo economista di General Electric - le principali economie europee, Italia compresa, sono tornate a crescere in maniera convincente. Tassi d'interesse più elevati rappresentano però una doppia sfida per paesi periferici come Portogallo e Irlanda: più alti costi di finanziamento e un impatto negativo su economie che stanno affrontando duri programmi di austerità».

Scelta dunque obbligata per Trichet ma con riflessi negativi per i periferici? «Sì certo, ma la Bce attutirà il colpo con le sue iniezioni di liquidità e gli acquisti di titoli del debito pubblico. L'impatto negativo sui periferici sarà perciò limitato. Più importanti - prosegue Annunziata - saranno le decisioni al vertice europeo di fine mese sui meccanismi permanenti per affrontare la crisi del debito pubblico».

Opinione condivisa da Jürgen Michels, economista europeo di Citigroup, secondo cui i problemi per i periferici sono «correlati alla velocità della stretta della Bce che noi prevediamo in due rialzi di 25 punti base ciascuno entro fine anno (Unicredit all'1,75% in tre mosse da 25 punti, al 2% per Barclays, n.d.r.), ma la partita si gioca sul grado di cooesione che verrà raggiunta al summit Ue di fine mese».

Contrario alla mossa Julian Callow, capo economista europeo di Barclays Capital secondo cui «la Bce si prepara ad aumentare i tassi troppo presto. Dovrebbe dare all'economia più possibilità di arrivare a un livello sostenibile, tanto più che è ancora presto per sapere come il consolidamento fiscale in molti paesi influenzerà la domanda quest'anno e il prossimo».

Una Bce che dunque sembra guardare al suo mandato sul controllo dell'inflazione piuttosto che agli ultimi della classe che stentano a mantenere il ritmo del gruppo di testa. Concetto ribadito ieri da Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo della Bce, secondo cui «è «elegante» fare gli stress test sulle banche ma «forse sarebbe utile farli anche sui paesi». Inoltre Bini Smaghi ha ricordato che «le autorità hanno sottovalutato in modo sistematico l'inflazione e sopravvalutato le prospettive di crescita delle economie avanzate». 5 marzo 2011

 

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