sabato 12 marzo 2011

Scalfari, il principale filosofo morale, gusto nocciola

Storce il naso come quei giornali che si sono fatti piacere il salotto buono dell'economia
di Diego Gabutti - ItaliaOggi
Non so perché, sarà l'eterno ritorno del moralismo farlocco, ma mi torna in mente un vecchio articolo del Corriere, nel quale si riferiva in tono indignato che Winston Churchill aveva l'abitudine di non misurare le parole durante le riunioni del Consiglio della corona in tempo di guerra.


Un sigaro piantato tra i denti, un bicchiere di scotch sollevato nell'aria come la bandiera del reggimento, Churchill smoccolava contro tutto e tutti, roteando gli occhi come un invasato. Gandhi digiuna? Be', lasciamo che schiatti, quel rompiballe d'un fachiro. Hitler? Altro che processo: quando lo catturiamo, lo spediamo direttamente sulla sedia elettrica, avanti marsh, come James Cagney nei film di gangster. Quanto poi a quel mangiarane di De Gaulle, se solo prova a fare una mossa senza il mio consenso lo metto ai ferri, lui e tutti gli altri damerini di France libre, che se li porti il diavolo.

D'accordo: le buone maniere forse scarseggiano. Ma uno statista, o anche soltanto un premier qualunque, a casa sua avrà pure il diritto di mettersi in pantofole, e anche in mutande, o nudo integrale, quando ne ha voglia, e senza che magistrati e grandi firme disturbino la festa. Specie poi in tempo di guerra, quando le V2 piovono su Londra, i nazisti alimentano i forni di Mathausen, il fardello dell'uomo bianco non è mai stato così pesante e l'Impero traballa. Se a Winston Churchill, che sta combattendo praticamente da solo tutte le potenze dell'Asse, certi giorni va di parlare un po' a vanvera, oppure di cacciarsi le dita nel naso, be', portiamo pazienza. Sono fatti suoi, dopotutto, e non dovrebbero indignare nessuno, in particolare quei giornali che si sono fatti piacere il salotto buono dell'economia (col suo birignao etico e il suo snobismo accaparratore) e dunque dovrebbero mostrare più tolleranza verso le altrui debolezze.

Che cosa avrebbe dovuto fare Churchill? Convertirsi al politically correct prima ancora che la stampa postliberale ne sollevasse il gonfalone al vento? E che cosa dovrebbe fare Silvio Berlusconi sessant'anni dopo? Prendere lezioni di buon costume da Rosy Bindi e Pier Luigi Bersani? Non basta che Berlusconi si sia reso ridicolo (il peggio che possa capitare a un politico non è la forca) e che Churchill, dopo avere mandato (in via ufficiosa, tra intimi e sodali, a mezzavoce) tutti i nemici dell'Occidente e di Sua Maestà a farsi una passeggiata all'inferno, nelle sue vesti ufficiali abbia risparmiato il linciaggio ai criminali di guerra, scarcerato Gandhi e si sia trattenuto dal mettere ai ferri quello zerbinotto di De Gaulle, per quanto forse lo meritasse? Alla grande stampa, che campa menando scandalo per queste sciocchezze, non basta. Ormai la grande stampa, persino quella più sobria e paludata, ragiona per massime da cioccolatino spacciate per filosofemi (destando così l'invidia d'Eugenio Scalfari, il nostro principale filosofo morale gusto nocciola).

È l'informazione nell'età di Marco Travaglio, di Exit e del Gabibbo. Qualunque sia il tema (uno scandalo politico-finanziario oppure i sentimenti offesi di qualche star televisiva, le disgrazie domestiche dei concorrenti del Grande fratello o le ingiurie di Gheddafi all'Italietta, l'alta velocità in Val di Susa oppure il prossimo film di Nanni Moretti, gli smadonnamenti di Winston Churchill o i «ricatti» di Sergio Marchionne) il giornalismo italiano contemporaneo ingrana subito la marcia dell'indignazione. È la sua cravatta giusta, la sua tessera del club esclusivo. Un'orchestra, per capirci, i cui musicisti suonano tutti lo stesso strumento: il trombone. A indignarsi (come a regalare rose rosse alle signore o voti ai politici) non si sbaglia mai. E così i discorsi sconclusionati, trasformati in editoriali e articoli d'informazione, dilagano da tutte le tribune, come un vento di tempesta.


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