lunedì 11 aprile 2011

Federali-Mattino. 11 aprile 2011. Zaia. Wellington diceva che quando in battaglia arrivava Napoleone era come ci fossero 70 mila uomini in più: è bene che il capo, il riferimento dei veneti, quando c'è una difficoltà sia in prima linea.---Trieste. Secondo Mareschi vanno recuperati 9 milioni di arretrati consegnati erroneamente ai lavoratori sul biennio 2006-07 a causa di una massa salariale sovrastimata.

Solitudini:
Budapest. Tremonti: fondo anti opa aperto agli stranieri
Roma. Marcegaglia: mai come ora siamo soli, Paese diviso, da imprese esempio unità


Forza Oltrepadani:
Belluno. Bottacin (Provincia di Belluno): "Le prefettura vanno abolite"
Belluno. I bellunesi: «Facciamo la spiaggia sul Piave»
Trieste. Comparto, i datori di lavoro chiedono 9 milioni ai dipendenti
Trieste. I politici "under 35" parlano friulano ma Trieste è in coda

Fondi scarsi:
Verona. «I piani ci sono Mancano fondi: è tempo di scelte»
Bologna. Brevetti industriali: Emilia-Romagna ai vertici in Italia.

Clandestini ed immigrati:
Vicenza. «No ai clandestini: noi li vogliamo rimpatriare Ma rispettando le leggi»
Ferrara. L'arrivo dei profughi: ultime ore per fare il piano di accoglienza
Bologna. Immigrati rilasciati dal Cie. Sbarcano in piazza Maggiore
Imperia. Ucciso a calci e pugni, fermati 4 romeni


Budapest. Tremonti: fondo anti opa aperto agli stranieri
MADE IN ITALY. Il fondo a difesa delle imprese italiane non servirà per salvare le banche
Il ministro: «L'Europa si troverà presto dover fare i conti con una cambiale sull'immigrazione e un'altra sull'energia atomica» 10/04/2011
GODOLLO (BUDAPEST)
Prende corpo il fondo a difesa delle imprese italiane sotto l'ala della Cassa depositi e Prestiti, previsto dalla normativa anti opa varata dal governo a difesa di Parmalat e di altre aziende giudicate strategiche. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, al termine del vertice Ecofin in Ungheria, conferma che «sarà aperto ai privati e agli stranieri», ma smorza chi ipotizza in 20 miliardi di euro le munizioni a disposizione. Nella cifra ipotizzata ha forse influito l'assonanza con quella dell'Fsi francese, ha rilevato Tremonti.
NON PER LE BANCHE. Di certo «non ci sarà un fondo» per salvare le banche come in altri paesi come la Spagna (che ieri si è detta fiduciosa sull'esito degli stress test per tutte le banche, fino all'ultima cassa di risparmio) perché gli istituti di credito italiano sono solidi e si stanno anzi portando avanti nel rafforzare il capitale attraverso il ricorso al mercato. Ieri la Compagnia di Sanpaolo ha dato un primo informale assenso, lunedì arriverà quello ufficiale, a sottoscrivere la sua quota (500 milioni) nell'aumento da 5 miliardi di Intesa Sanpaolo. Una mossa simile è attesa da Mps mentre hanno già varato aumenti Ubi e Banco Popolare. Resta l'attesa per quello che deciderà di fare Unicredit.
DEBITO ATOMICO. Il ministro dell'economia pone poi sul tappeto anche un'altra questione che presenterà presto ai partner europei: quello del «debito atomico», necessario dopo il Giappone, e geopolitico, anche perché la cambiale dell'immigrazione «non si ferma a Lampedusa, ma arriva a tutti in Europa».
DEBITO GEOPOLITICO. Per questo, «l'Europa, che ha gestito abbastanza bene e con solidarietà il debito finanziario, adesso ha quello geopolitico: cosa fare in Africa e nel Mediterraneo?». «Non è una materia di contabilità solo nazionale», ha rilevato il ministro dell'economia, «O è europea o non lo è».
CASSA DEPOSITI E PRESTITI. Tornando al Fondo, modellato sulla falsariga di quello francese e su cui l'Europa ha inviato una prima richiesta di informazioni, Tremonti e il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli hanno ricordato come lunedì la Cdp terrà l'assemblea (all'azionariato partecipano infatti 66 fondazioni) per modificare lo statuto e permettere così l'acquisizione di partecipazioni in imprese. Le ipotesi parlano dell'ingresso nel Fondo di Fintecna, Inps, Inail e fondi sovrani stranieri.
QUALI SETTORI STRATEGICI. Ancora non c'è una data invece per il decreto che individua quali settori siano strategici e quali no. Tremonti e Grilli hanno risposto alle obiezioni di chi sottolineava come l'alimentare non fosse un comparto strategico ricordando la tempistica del varo della normativa francese (nel 2006 quando emersero voci di opa su Danone) e sul fatto che la Cassa di Parigi detenga una quota nel colosso alimentare transalpino.
MARTEDì IN PARLAMENTO. In ogni caso Tremonti riferirà nei dettagli «in Parlamento» martedì 12 aprile e definisce «cordiale e proficuo» il primo incontro tenuto ieri con il commissario europeo al mercato interno, il francese Michel Barnier, concordando con lui che «l'Italia rispetterà le regole».
Dove invece non ci sarà bisogno di intervento pubblico è nel comparto bancario.
Grilli, infatti, ha rilevato come il settore sia solido e anzi stia «giocando d'anticipo nella tempistica di Basilea3» e degli stress test attraverso azioni di rafforzamento. Per l'Italia questo rende quindi non necessario il meccanismo di backstop (il ricorso al mercato, ristrutturazione e in ultima ratio il pubblico) previsto dai test a carico di ogni singolo stato per le banche risultate più fragili.

Roma. Marcegaglia: mai come ora siamo soli, Paese diviso, da imprese esempio unità
ROMA - «Mai come in questi momenti gli imprenditori si sentono soli. In un Paese che stenta sempre di più a crescere mentre l’Europa si divide sempre di più sul rigore tra pochi Paesi forti e molti a rischio, quando lotta per competitività si fa sempre più aspra, gli imprenditori si sentono soli di fronte a tante difficoltà». Il grido d’allarme arriva dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, in un videomessaggio sul sito dell’associazione in cui presenta l’appuntamento di inizio maggio a Bergamo per le Assise generali. Marcegaglia parla di «momento straordinario» e chiama gli imprenditori a raccolta per «un’iniziativa eccezionale» e a dire la loro in un momento di crisi.

«L’Italia di oggi è un Paese diviso e dal mondo delle imprese deve venire un esempio per tutti. Dobbiamo far capire che si può convergere su poche scelte, condivise». Aggiunge il presidente di Confindustria. «Dobbiamo far sentire forte la nostra voce per dare messaggio chiaro al Paese sulle cose da fare. Il caldo invito che vi rivolgo - conclude la Marcegaglia - è che partecipiate tutti. È una grande occasione per decidere l’Italia che vogliamo. Uniamo esperienze, passioni, voci e intelligenze. Non è il momento di scaricare sugli altri le colpe».

Belluno. Bottacin (Provincia di Belluno): "Le prefettura vanno abolite"
I prefetti? «Io li abolirei». Gianpaolo Bottacin, lancia questo avvertimento all'incontro della protezione civile sul tema dei boati in Fadalto
di Francesco Dal Mas
BELLUNO. I prefetti? «Io li abolirei». Con il sorriso sulla bocca, ma con un tono piuttosto deciso, che non ammette tentennamenti, il presidente della Provincia, Gianpaolo Bottacin, scende a Santa Lucia di Piave, vicino a Conegliano, per lanciare questo avvertimento da un consesso, fra l’altro, al di sopra di ogni sospetto, quello della prima esposizione della Protezione civile. A tema i boati del Fadalto con le microscosse ed i terremoti veri tra l’Alpago e Vittorio Veneto.
«I volontari sono bravissimi - testimonia il governatore della Provincia - i prefetti no, soprattutto quando prendono decisioni senza tener conto della realtà, senza conoscere il territorio». Fa riferimento esplicito, il presidente, l’evacuazione di 200 persone a Borca, decisa dall’allora prefetto, costringendo il Comune, la Provincia, il volontariato e le forze dell’ordine alla soluzione di un problema che Bottacin riteneva allora risolvibile senza un così grave trauma come quello di trasferire di casa anche anziani, disabili, persone fragile, magari non autosufficienti. Fa questo riferimento, il presidente, per spiegare il motivo per cui è contrario all’evacuazione in Alpago.
«L’anno scorso ci sono state 10 scosse di terremoto autentico, quello tettonico. Avremmo forse dovuto evacuare la popolazione 10 volte? E per portarla dove? E per trattenerla fuori casa per quanto tempo».
Al termine del convegno avviciniamo il presidente: «Sì», ci risponde tranquillamente. «Io sono da sempre convinto che le prefetture andrebbero abolite. Il coordinamento della protezione civile è già in capo alla Provincia, la sicurezza e l’ordine pubblico dovrebbero essere consegnati alla Questura». Dal palco della Fiera di Santa Lucia Bottacin ha annotato che i prefetti si fermano in media due o tre anni e che, al di là della loro disponibilità e buona volontà, «in così poco tempo non possono rendersi conto di quanto esiste sul territorio e delle sue problematicità». In provincia insistono 5 mila frane, se fosse per talune teorie prefettizie «noi dovremmo essere una provincia perennemente evacuata». E ancora: Chies d’Alpago non dovrebbe più esistere, perché è il Comune della Regione con il più alto rischio di sismicità (Tambre è il secondo), ed ha alle spalle la frana più grande d’Europa. E sarebbe sufficiente questa situazione - ha insistito Bottacin, rivolto a Roberto Tonellato, capo della Protezione civile, anche lui relatore al convegno - perché «la Regione ci desse qualche risposta in più sul piano delle risorse». A cominciare da quelle necessarie all’ adeguamento antisismico sia degli edifici pubblici che delle case private. E’ o no l’Alpago - si è ancora chiesto il presidente - l’area di maggiore concentrazione di terremoti, da anni fortunatamente non più elevati del terzo grado della Richter? A questo proposito il presidente dà ragione a chi sostiene che la scossa del Iº aprile è stata non di magnitudo 2.4, ma di 2.9. E Alberto Baglioni, geologo della Regione, pure lui con relazione al convegno, ha osservato che il punto 2.9 è di cinque volte superiore al 2.4. Da quando si sono rivelate le scosse, i veri terremoti, secondo Baglioni, sono stati 2.
Bottacin ha subito replicato: no, sono stati 3 in Alpago e altri 3 a Belluno e dintorni, il 23 gennaio. «E questo dimostra che l’a ttività sismica, nella Conca, è normale, con essa ci dobbiamo convivere. E senza arrivare alle evacuazioni». Magari anche senza i prefetti? «Proprio così. Il vertice seguito alla scossa del Iº aprile, a Farra d’Alpago, l’ho presieduto io e non c’è stata nessuna evacuazione».

Belluno. I bellunesi: «Facciamo la spiaggia sul Piave»
In poche ore 500 persone sottoscrivono la petizione, compreso Gamba
di Alessia Forzin
BELLUNO. Una raccolta firme e una petizione per realizzare la spiaggia sul Piave.
Ieri mattina nel gazebo allestito all'uscita delle scale mobili, in piazza Duomo, un via vai continuo di persone ha dato il suo bene placet all'iniziativa proposta dal Patto per Belluno e da un gruppo di cittadini per spingere l'amministrazione a realizzare un'area ricreativa lungo la riva destra del Piave, a Lambioi.
In quattro ore sono state raccolte circa 500 firme, tra cui quella dell'assessore all'urbanistica Paolo Gamba. Ai bellunesi, insomma, l'idea di riappropiarsi del fiume che scorre attraverso la città e di viverlo come già accade in diverse cittadine fluviali d'Europa, piace. Il progetto, presentato da Pippo Costanzo, Celeste Balcon, Piero Balzan e Luigi Iannotta è ambizioso: si pensa a un'area per lo sport (calcetto e pallavolo), una spiaggia di sabbia, un'area per le tende, un piccolo chiosco, una zona per rilassarsi all'ombra delle piante, una piccola piscina scoperta. Il tutto lontano dai rumori delle automobili, che non potrebbero più accedere al fiume lungo la strada che scende da viale dei Dendrofori: «Nel nostro progetto c'è una sbarra che chiude l'accesso, perchè vogliamo che la gente arrivi al fiume a piedi», spiega Costanzo. Per arrivare sulle rive del Piave si potrà anche utilizzare un passaggio ad hoc, creato all'altezza del parco Emilio: si parla di un sovrappasso o un sottopasso. «Le macchine si possono parcheggiare a Lambioi», precisa Costanzo. L'area interessata dal progetto è di circa 19 mila metri quadri. Non proprio bazzecole. Nonostante le dimensioni, però, secondo Costanzo basterebbero «60-70 mila euro per realizzare il progetto. Avevo anche chiesto al Comune che mi desse la possibilità di farla io, ma poi mi sono scontrato con tutte le richieste che bisogna effettuare». Solo a leggere la lista degli enti che devono concedere le autorizzazioni, insomma, passa la voglia. Così dovrebbe essere il Comune a dar corso al progetto, che permetterebbe ai bellunesi di «avere un'occasione per rilassarsi senza andare per forza a Jesolo. Con la crisi, poi, costa spostarsi», conclude Costanzo.
Il gruppo di promotori è bellicoso: «Non ci fermeremo, stavolta andremo fino in fondo», dice Celeste Balcon, capogruppo del Patto per Belluno.
«E voglio vedere chi ci dirà di no. E' un progetto per i cittadini, e noi siamo sempre dalla loro parte». I quali, manco a dirlo, appoggiano l'idea in toto: «Con un qualcosa di strutturato l'area sarebbe tenuta anche più in ordine, perchè oggi è sempre sporca», spiega Milena Dalla Piazza.
Anche le famiglie concordano: «Spostarsi costa e ci vuole tempo», dicono Andrea e Lenka Longo. «Avere qualcosa di organizzato, vicino casa, sarebbe molto bello».

Trieste. Comparto, i datori di lavoro chiedono 9 milioni ai dipendenti
Lettera esplosiva del presidente della delegazione Mareschi: «Stipendi sovrastimati nel 2006-07 Ora quei soldi vanno restituiti». La Cgil: «È il tentativo disperato di chi non vuole trattare» Parte da Palmanova la campagna nazionale per le cure palliative.
di Marco Ballico
TRIESTE.  L'Areran ha sbagliato i conti. E la Corte dei conti non ci ha badato troppo. Ma i lavoratori del comparto, adesso, restituiscano 9 milioni (600 euro ciascuno) che non gli spettavano. Giuseppe Mareschi, presidente della delegazione trattante di parte datoriale scrive una lettera esplosiva a Regione, Anci, Upi e Uncem. Parole e cifre che rimettono in discussione gli acconti erogati a favore dei 15mila dipendenti pubblici del Friuli Venezia Giulia.

Secondo Mareschi vanno recuperati 9 milioni di arretrati consegnati erroneamente ai lavoratori sul biennio 2006-07 a causa di una massa salariale sovrastimata. A pochi giorni dalla riapertura della trattativa (il tavolo è in programma giovedì 14 aprile), e con le tensioni post voto Rsu, la novità creerà ulteriore attrito. Perché Mareschi, ricostruendo i numeri, ripesca una contratto già certificato dalla Corte dei conti. «Ci pare il tentativo disperato di chi non ha mai voluto trovare un'intesa», osserva Mafalda Ferletti della Cgil. Il presidente della delegazione trattante motiva il ricalcolo della massa salariale alla base del contratto 2006-07 (quando ancora c'era l'Areran) appoggiandosi alle disposizioni della Corte Fvg che invita la Regione a quantificare le risorse con criteri di metodo analoghi a quelli utilizzati dallo Stato.

Mareschi ritiene che per definire in modo corretto la massa salariale per il 2008-09 si devono così rifare i conti del biennio precedente. Questo perché, sostiene, «l'Areran ha commesso due errori: il primo individuando la massa salariale con un metodo indiretto, partendo dai contributi e arrivando all'imponibile; il secondo aumentando l'imponibile con ulteriori risorse». E la Corte? «Ha rilevato solo il secondo errore e non il primo, prendendo per buona la precisazione dell'Areran». Rifacendo i conti con un metodo "diretto", la delegazione trattante ritiene che la massa salariale per il contratto 2006-07 (circa 635 milioni) sia stata sovrastimata di poco meno di 60 milioni. E che, per questo, siano stati assegnati al comparto 3 milioni di arretrati in più del dovuto nel 2007, nel 2008 e nel 2009: circa 9 in totale. «Si pone dunque la questione - si legge ancora nella lettera - di provvedere al recupero del maggiore importo erogato a favore dei dipendenti».

Ma in che modo? Secondo Mareschi, dato che il metodo di calcolo per il biennio 2008-09 è corretto (e porta a una massa salariale di 602 milioni), non c'è effetto trascinamento sugli aumenti contrattuali, si tratta dunque di recuperare "solo" gli arretrati. La proposta è «di ridurre gli arretrati ancora da corrispondere contenendo l'importo previsto per i rinnovi contrattuali dal 2010 da 19 annui a 16 milioni annui». Facile prevedere bufera giovedì. «Premesso che la Corte dei conti non è un soggetto passivo e che un contratto certificato va considerato chiuso - dice Ferletti - ricordo che la Corte ha certificato lo stesso contratto dei dirigenti sostenendo che la massa salariale fosse perfino troppo bassa: possibile che quella dei non dirigenti sia sovrastimata?". E ancora: «Ci auguriamo che i datori di lavoro lascino perdere i cattivi consiglieri. Di certo è un'ulteriore conferma che Cisl e Csa hanno commesso un grave errore a sottoscrivere una preintesa al ribasso».

Trieste. I politici "under 35" parlano friulano ma Trieste è in coda
A Udine i giovani amministratori sono il 23 per cento Ma i sindaci restano una rarità: sono solo quattro ogni cento
di Silvia Zanardi
TRIESTE. Giovani, per la maggior parte uomini, 721 in totale fra sindaci, vicesindaci, assessori e consiglieri comunali. A Trieste bastano e avanzano quattro mani per contarli tutti; a Udine, con il suo esercito di 136 comuni ce ne sono ben 464. Sono gli under 35 ai vertici della politica, che l'Anci nazionale ha studiato e conteggiato per fare il punto sulla forza giovane che ci governa. Risultato: in Italia, i giovani amministratori sono in tutto 26mila e corrispondono al 21,2% del totale dei politici di territorio della penisola. Su questo sfondo, i numeri del Friuli Venezia Giulia sono lusinghieri perché i suoi 721 amministratori under 35 rappresentano il 21% del totale regionale (3444) e il 3% di quello nazionale. In vetta alla classifica della Regione, in termini assoluti, c'è Udine, con 464 giovani amministratori operanti in 136 comuni, quasi il 23%.

A seguire Pordenone (51 comuni) con 159 politici under 35. Gorizia, con 25 comuni, è invece la terza in lista con 80 fresche leve e Trieste è invece il fanalino di coda che, dal basso delle sue 6 municipalità, conta in tutto solo 18 amministratori che arriveranno agli "anta" fra 5 anni o più.

Riguardo ai 721 giovani politici del Friuli Venezia Giulia, la ricerca dell'Anci fornisce altri dati interessanti. Dal gruppo, emergono in tutto 27 sindaci; 17 vicesindaci, 124 assessori e 553 consiglieri. Come già rilevato a livello nazionale, in Regione, i giovani svolgono in netta prevalenza l'incarico di consigliere (quasi il 77%) rimanendo, comunque, solo il 24% del totale dei consiglieri. Appena il 3,7% dei giovani amministratori, invece, è stato eletto alla carica di sindaco; in particolare, i sindaci della regione con meno di 35 anni sono poco più del 12%. E la maggior parte sono uomini. Se il rosa rappresenta infatti il 18,7% del totale, nelle stanze degli enti locali, il genere maschile ricopre il 30%.

E non è tutto: altre curiosità riguardano i titoli di studio. Se i giovani laureati, con brillanti esiti alle elezioni amministrative nei comuni della Regione sono in tutto 275 (il 39,2% del totale), ben 377 si sono fermati alla licenzia di scuola media superiore rappresentando, con il 53,7%, ben oltre la metà del gruppo dei 721. In termini assoluti, inoltre, in 50 non sono andati oltre la licenza media inferiore rispondendo al 7% del totale mentre, come è comprensibile, alla voce "nessun titolo" corrisponde il numero zero.

Verona. «I piani ci sono Mancano fondi: è tempo di scelte»
L'INTERVISTA. Zaia spegne la “candelina” dei primi 12 mesi di governo
«I tagli ci sono stati e il federalismo avanza in salita Non si può gridare solo "no tax": urgente riflettere» 10/04/2011
Piero Erle
VERONA
Il giro di boa. Sommerso dalla gente che affolla lo stand della Regione a "Vinitaly" e che lo cerca in continuazione, il presidente veneto Luca Zaia spegne virtualmente la prima candelina: il 10 aprile 2010, bruciando tutti gli altri governatori, nominava la sua giunta.
Presidente, Obama negli Usa dopo un anno di mandato si scusò perché "avrei voluto aver fatto molto di più". Lei con che sentimento passa la prima boa?
Con il sentimento che forse non ha Obama, che non aveva fatto 20 anni di amministrazione come me: so benissimo che il nemico numero uno non sono le opposizioni, ma la burocrazia e la mancanza del buon senso generale che abbiamo nella legislazione. Gli enti pubblici restano ancora oggi Uffici complicazioni affari semplici. Io sono severo anche con me stesso, quando mi arrabbio è perché qualcuno vuole far passare l'idea che non mi impegno. Con l'alluvione l'ho dimostrato: mi sconsigliavano di farmi nominare commissario, però le sfide sono il pane della mia vita. Wellington diceva che quando in battaglia arrivava Napoleone era come ci fossero 70 mila uomini in più: è bene che il capo, il riferimento dei veneti, quando c'è una difficoltà sia in prima linea.
Un anno fa annunciò con forza che il Veneto sarebbe stato il primo a sperimentare il federalismo "a geometria variabile" ottenendo autonomie da Roma. Cosa si è inceppato?
Nulla. Siamo ancora in fase di approvazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale. Stiamo preparando una piattaforma contrattuale come gruppo di lavoro, ma prima devo avere chiaro cosa mi danno col federalismo regionale.
Fece la famosa scommessa sul Consiglio: nuovo Regolamento in 100 giorni, e nuovo Statuto entro Natale. Invece è passato un anno e il Consiglio ha dimostrato più volte il potere dell'ostruzionismo.
Innanzitutto abbiamo rispettato i tempi: voglio ricordare che a luglio 2010 avevamo già depositato le proposte con i nuovi testi. In Veneto i regolamenti permettono di fare una riflessione... (sorride) molto profonda. Adesso però è giunta l'ora. Siamo sicuramente ai supplementari: il Veneto ha bisogno di nuovo Statuto e Regolamento per essere operativo, come accade in altre Regioni dove un provvedimento si discute per 24-36 ore poi si vota, e non in giorni, mesi, anni...
Intanto però si è fermata l'elaborazione di piani strategici attesi da anni: ad esempio energia, cave, rifiuti, lavori pubblici.
Vanno modificati Regolamento e Statuto. Che vuol dire anche legge elettorale, e io mi auguro anche il limite di due mandati per presidente e consiglieri. So che il Consiglio sta lavorando. Perché poi i piani e i progetti di legge ce li abbiamo pronti, e li approviamo.
I tagli piovuti da Roma: non rischiate ora di trovarvi ad essere il "partito delle tasse" perché dovete valutare il canone di bonifica per fare lavori, la possibile accisa sulla benzina per l'alluvione, l'addizionale Irpef per i costi della sanità?
Innanzitutto diciamo che il periodo delle vacche grasse è finito. Noi siamo entrati con una mega-manovra del Governo e un taglio al Veneto di 350 milioni. Nozze con i fichi secchi non se ne fanno. Roma ha un debito con noi veneti di 17 miliardi di euro di tasse all'anno che restano lì, ma il federalismo è un percorso impervio, che tocca tanti interessi nazionali. I veneti però hanno bisogno di un presidio: cosa dobbiamo fare, a chi grida più forte "no tax"? La verità è che alcune riflessioni le dovremo fare, rispetto ad alcuni temi.
Alluvione: sono un enorme risultato i 300 milioni ottenuti dallo Stato. Ma non teme di essere accusato tra un po' di non aver fatto le opere necessarie anti-piene?
Guardi, io penso che i veneti abbiano una maturità che supera quella degli amministratori. Sono disposti a fare sacrifici se sanno che le risorse vanno al Veneto, temono solo "i schei butài via". Noi abbiamo molte opere da fare: io voglio consegnarne la gran parte, ma ci vogliono soldi. Intanto in questa fase non parliamo di tasse o di accise, perché io sto ancora trattando con Roma. Poi vedremo.
L'accusa che ha lanciato ai millantatori "in nome di Zaia"?
C'è un malcostume in Italia, rubricabile come "miserie umane", che è quello dei "venticelli" che rischiano di diventare leggende metropolitane. Ma io vengo dal popolo e resto nel popolo.
Ma sinceramente: non ha il problema di gente vicina alla Lega che negli uffici dice "adesso si fa come diciamo noi"?
No, specifichiamo: non c'è nessun fatto reale. Ma questo è un ente da 12 miliardi di euro: prevenire è meglio di curare. I dipendenti non c'entrano. Ma se uno cerca di scardinare una lista d'attesa facendo il mio nome, non lo accetto. Ma sia chiaro: non c'è nessun fatto reale.
Tornando al Consiglio veneto: spesso dà la sensazione di essere senza guida. Non si pente di esserci stato così poco, privilegiando la presenza a Roma?
Siamo seri fino in fondo: la guida del Consiglio non spetta al presidente della Regione. Il Consiglio ha una sua governance, e io credo nel rispetto dei ruoli: Ruffato fa bene il suo lavoro.
Il 150° d'Italia ha messo in difficoltà la Lega. Non rischiate di aver perso consensi anche da chi vi è vicino ma da "alpino" sente l'Italia?
Guardi, io ho avuto una condotta assolutamente lineare. Non ho partecipato alla mostra delle Regioni a Roma perché l'ha avocata il Consiglio regionale, e non avevo le risorse. Ho fatto i miei passaggi istituzionali come compete a un presidente di Regione, a un amministratore. Einaudi diceva: «L'autonomia è un diritto di tutti e quando tutti avranno la loro autonomia il Risorgimento sarà unitario». Piuttosto che non partecipare, sono andato a dire questo. Abbiamo quindi rivestito, mi pare, un ruolo istituzionale e un ruolo politico.
"Veneto metropolis", cioè governare per aree metropolitane: può essere una svolta da dare alla gestione regionale?
Secondo me l'area metropolitana veneta è il Veneto stesso. Rendiamoci conto che con 5 milioni di abitanti dialoghiamo con piccole aree metropolitane del mondo. Io non andrei a ghettizzare alcune zone rispetto ad altre.
Infrastrutture: sta emergendo un accordo con il Trentino per mettere assieme le forze (Serenissima compresa) e rifare il "corridoio" stradale e ferroviario della Valsugana? È l'addio alla Valdastico nord?
No, noi continuiamo a proporre a Trento la nostra posizione che è il prolungamento a nord dell'autostrada Valdastico. Trento ha una posizione, diciamo, di perplessità: sto dialogando con il mio collega Dellai, con cui ho un ottimo rapporto, e vedremo di chiudere anche questa partita. La Valsugana? Una partita non uccide l'altra. Ma noi siamo per la Valdastico nord, punto. E che qualcuno non introduca elementi di disturbo su questo ragionamento.
Erano stati annunciati con forza i fondi alla finanziaria "Veneto sviluppo" per il sostegno alle imprese. Poi cos'è successo?
Noi abbiamo mantenuto la parola e abbiamo stanziato i soldi. La solita burocrazia che non mi compete ha portato a un incaglio anche su questo, ma adesso si è sbloccato.
Bilancio della sanità: come Giunta state ottenendo in fase di rendiconto 2010 numeri forse insperati.
Non sono insperati. Abbiamo ereditato un bilancio che aveva una prospettiva di centinaia di milioni di disavanzo: ho detto subito "accendiamo la luce" nella stanza buia, abbiamo convocato i direttori generali, abbiamo fatto scelte di Giunta e affidato loro obiettivi di bilancio: penso che daremo una bella sorpresa ai veneti.
Sulle liste d'attesa invece siete ancora in trincea.
Stiamo ottenendo risultati. L'assessore Coletto ha un monitoraggio costante della situazione e renderemo conto di quanto stiamo facendo. È un lavoro che sta dando soddisfazioni.
Quanto fu eletta presidente della Provincia di Venezia, battendo il centrosinistra, la leghista Francesca Zaccariotto disse: "Ho vinto le elezioni, ma mi ritrovo una macchina amministrativa costruita da altri in decenni". Anche a palazzo Balbi c'è stato un cambiamento storico: la "macchina Regione" la sente con lei?
Prima di tutto io sono uno che ama recidere il cordone ombelicale, non vado mai a fare un lavoro pensando a quello che facevo prima. A me sembra logico e umano che dopo 15 anni un'Amministrazione possa essere in un certo qual modo fatta "a immagine e somiglianza": sarebbe così anche se fossi stato io. Io preferisco guardare avanti.
Il "no" agli ogm resta un punto fermo? Il Pdl dà altri segnali...
Sì. Ho scritto un libro intero: è uno di quelli argomenti su cui c'è una trasversalità, come aborto, eutanasia. Non sono temi di contenzioso politico.
Cosa risponde a chi l'accusa di essere un uomo-immagine più che operativo?
Che guarda il dito invece di guardare la luna. Io organizzo solo un punto-stampa dopo la Giunta del martedì per permettere ai giornalisti di avere accesso alle informazioni. Penso sia un bel segno di trasparenza. Se qualcuno mi accusa, mi dica cosa ho comunicato che fosse privo di contenuti: a me non risulta. Il problema è che non hanno più argomenti.
La Lega cala di consensi, dicono: colpa del fatto che siete al governo a Venezia e a Roma?
La Lega deve guardare avanti, non ai sondaggi. La gente esprime tanto calore e molte aspettative verso di noi. Sono stato nella Lega negli anni duri, bui, e continuerò ad esserci.
Meglio fare il ministro o il presidente di Regione?
Guardi, dalle sue stesse domande si capisce che prima ero primario di un solo reparto, ora sono primario di un pronto soccorso: devo rispondere su tutto.

Bologna. Brevetti industriali: Emilia-Romagna ai vertici in Italia.
Importante la collaborazione con le Università
a cura di Andrea Violi
L'Emilia-Romagna è ai primi posti in Italia nel rapporto nella quantità di brevetti. Con 1.320 domande presentate all’Ufficio italiano brevetti e marchi nei primi 9 mesi del 2010, l’Emilia-Romagna è seconda solo alla Lombardia, nella classifica delle regioni più attive sul fronte della valorizzazione della proprietà industriale.
In questo settore è importante la collaborazione fra le aziende e le Università. Non mancano problemi da risolvere, ad esempio aiutare le piccole e medie imprese ad accedere alla ricerca negli Atenei e forme contrattuali più standard.
Se n'è discusso a Bologna, presentando i risultati del focus group «La proprietà intellettuale nella collaborazione ricerca-impresa e nel trasferimento tecnologico», promosso da Unioncamere Emilia-Romagna con Aster.



Vicenza. «No ai clandestini: noi li vogliamo rimpatriare Ma rispettando le leggi»
«Se qualcuno pensa che l'Italia diventi il "cul del sac" in cui fare un grande centro di prima acco- glienza per gli immigrati che vengono in Europa, si sbaglia: uno si chiede che senso ha essere nell'Unione Europea, Schengen se ne è andato con le ultime dichiarazioni di Francia e Germania. Spero che domani al vertice europeo si chiarisca tutto», ha dichiarato ieri Zaia.
Sugli immigrati emergono spesso accuse contro la Lega intollerante, ma ora non viene da dire che Francia e Germania sono ben più "leghiste" di voi?
Sono assolutamente al fianco del ministro Maroni che ha affrontato con decisione e concretezza il problema. Innanzitutto io dico questo: era poco furbo andare a trattare con i tunisini facendo già sapere che si andava verso i permessi temporanei. Capisco che in Italia sono tutti in esperti di calcio, ma siedono in tribuna: noi siamo a bordo campo, e stiamo perseguendo ogni soluzione legale per mandarli a casa. Il resto, speronamenti o altre cose che si leggono, è fantasia o illegalità. Io sono il primo a dire "a casa loro", ma va fatto in maniera civile, anche perché abbiamo ormai tre categorie definite di questi im- migrati: i profughi, che sono 2300, e poi 23 mila 500 persone che sono in parte clandestini e in parte col permesso temporaneo. Ma il permesso non verrà dato a tutti quelli che hanno precedenti penali in Italia e in Tunisia, e sono tanti.
E chi accusa la Lega di dire in Veneto "no agli immigrati", e dire invece cose diverse a Roma?
Io dico che la Lega dice "no agli immigrati" a Roma e in Veneto, solo che noi applichiamo le leggi: non conosciamo altri sistemi. Commenti del genere li fa invece spesso chi vuole più clandestini, più integrazione. Anche perché poi li vogliono far votare, tutti questi cittadini, no?P.E. 10/04/2011

Ferrara. L'arrivo dei profughi: ultime ore per fare il piano di accoglienza
Verifiche sui siti, a Casaglia difficilmente si organizzerà la prima accoglienza. E la polemica politica non si placa. Il sindaco Tagliani replica alla Lega: il Carrocio si lamenta ma è il leghista Maroni che ha deciso i trasferimenti
FERRARA. Una quarantina di posti letto disponibili e diverse soluzioni sul tavolo, molte delle quali però difficilmente praticabili a brevissimo termine. L'ipotesi di allestire nell'ex scuola elementare di Casaglia il sito di prima accoglienza per la provincia di Ferrara sembra ormai caduta. L'alternativa dovrà spuntare probabilmente entro lunedì.
In Castello si svolgerà il summit che dovrà definire luoghi, tempi e capienze utili per l'accoglienza locale, un elenco che sarà trasmesso martedì sul tavolo regionale.

Una prima disponibilità che assomma circa quaranta posti letto è già stata individuata e riunisce le offerte di assistenza giunte dalle associazioni Viale K e La Casona, dal centro rifugiati di via Vallelunga e da alcuni appartamenti che possono essere reperiti nel patrimonio dell'Azienda servizi alla persona (Asp) di Ferrara.

Anche il Centro Donna Giustizia darà un contributo logistico, ma non subito: gli spazi utilizzabili al momento sarebbero tutti occupati.

«Su alcune soluzioni stiamo ancora ragionando - afferma l'assessore comunale ai servizi sociali Chiara Sapigni - il quadro si sta componendo un po' alla volta e ci sono ancora diverse verifiche da fare».

Non dovranno essere compiuti ulteriori approfondimenti invece sullo stato delle ex scuole di Casaglia, dove si era ipotizzata in un primo tempo la localizzazione di un sito di prima accoglienza: a un'analisi un po' più approfondita non risulterebbe strutturalmente adeguato a sostenere il soggiorno delle 60-65 persone che potrebbero essere trasferite in provincia con i primi sbarchi verso metà settimana.

Potrebbe anche non entrare nella rete o essere ammesso con una capacità non superiore a 10-20 unità. L'orientamento del Comune, confermato dall'assessore Sapigni, è di «mettere i profughi in condizioni di poter garantire una forma di integrazione a chi deciderà di restare e di intraprendere un percorso personale».

Un identikit ambientale che si attaglia soprattutto alle comunità basate sull'apporto del volontariato perchè già attive e dotate di servizi. Don Domenico Bedin, responsabile dell'associazione Viale K, ha offerto la disponibilità di alcuni spazi dove realizzare strutture supplementari per dare alloggio a un numero più elevato di ospiti.

Per il momento Viale K promette una soluzione immediata per una decina di persone, da distribuire tra il dormitorio di via Modena, un'area a Sabbioni, la 'Ginestra' di Cocomaro di Focomorto e un paio di appartamenti a Ferrara. Nessun arrivo è ipotizzato in via Mambro, dove l'attuale centro sarà a breve ridimensionato.

«Lunedì  il quadro si comporrà», annuncia fiduciosa la presidente della Provincia Marcella Zappaterra. Ma molte opzioni che compaiono negli elenchi dei siti in città (l'ex caserma dei pompieri), nel forese o in provincia (le ex scuole superiori di Copparo) necessitano di lavori o sono sedi elettorali. Offerte sono giunte anche da singole famiglie, come da bed&breakfast e agriturismi.

Il tutto acompagnato dalle polemiche politiche. Le dichiarazioni di Giovanni Cavicchi non sono piaciute al sindaco Tiziano Tagliani.

«Ma come - risponde alle ultime affermazioni dal segretario locale del Carroccio - i leghisti sembrano i più preoccupati di tutti ma è il governo, il cui ministro dell’Interno è il leghista Maroni, che ha deciso di trasferire gli immigrati su tutto il territorio nazionale».

La polemica, dice, si chiude qui: «Noi faremo la nostra parte, non ci tiriamo indietro». Ai cittadini assicura: «Non ci sarà nessuna invasione, distribuiremo i profughi in modo da circoscrivere a poche unità ogni singolo gruppo. Per la fase iniziale parliamo di circa 60 posti. Inoltre anche nell’ipotesi che arrivassero tutti i 300 immigrati previsti come limite massimo non arriverebbero tutti nello stesso luogo e nello stesso momento».

Bologna. Immigrati rilasciati dal Cie. Sbarcano in piazza Maggiore
BOLOGNA, 10 APRILE 2011 - BUSSANO all’Urp. Indirizzati da qualcuno, ovvio, al Cie di via Enrico Mattei. Sbarcano in piazza Maggiore alle 14.30 o giù di lì. L’altro sbarco, a febbraio, a Lampedusa con le carrette del mare. Un giorno, poco più, nell’isola degli infiniti arrivi. Poi il trasferimento a Bologna, al Centro per l’identificazione e l’espulsione. Ieri, dopo pranzo, la sorpresa: «Siete liberi», dicono al Cie. Tecnicamente, rilasciati in attesa dei documenti che la questura sta preparando e che arriveranno martedì o giovedì. Liberi di essere liberi. Forse. Abbandonati, piuttosto: perché loro, i diciannove ragazzi che per sei mesi avranno un permesso di soggiorno e sognano la Francia e la Germania «dove c’è lavoro, mica l’Italia», han pigliato l’autobus e sono arrivati in autonomia in centro. Raccontano così, i diciannove ragazzi tunisini, lo sbarco-bis. Spiazzati i dipendenti e i dirigenti comunali. Spiazzati il commissario e il subcommissario. Nessuno li aspettava.

TOC TOC, bussano all’Urp. Quindi una soluzione va presa. Pochi minuti, scatta la rete del pronto soccorso sociale. Vengono rifiutati da alcune associazioni cattoliche: «Non c’è posto». In via Lombardia fervono i lavori per la riapertura di lunedì, ma la struttura non si può utilizzare. Per la caserma di Prati di Caprara manca ancora l’ok dell’esercito (arriverà lunedì sera, forse); a Villa Aldini, l’ultima struttura emersa nel toto-siti, non è possibile programmare il trasferimento immediato. C’è ancora un sopralluogo da fare. E allora? Gli immigrati restano lì, in piazza. Finché la Coop Dolce mette una pezza e accoglie, in collaborazione col Comune, il gruppetto. Lucio e la Carla coordinano, operatori e ospiti (sì, proprio i senzatetto) si mettono al lavoro: in tre ore il dormitorio di via Sabatucci, il centro Beltrame, è pronto. Il Comune trova le brandine, il rebus accoglienza è risolto. «Siamo l’Sos Tata», scherza Pietro Segata, numero uno della cooperativa. Oggettivamente: organizzazione incredibile, «ma è il nostro lavoro, tutto qua», spiega Segata. Qualcosa, nella comunicazione Roma-Bologna, non è andato. Ma tant’è: «Abbiamo risposto all’emergenza», spiega il subcommissario Raffaele Ricciardi.

LUNEDÌ ne arriveranno altri, in Comune tutti si preparano all’emergenza dopo la sorpresina del sabato pomeriggio. La conferenza metropolitana dei sindaci porrà i paletti sui siti disponibili per l’accoglienza, martedì invece la sintesi tra Prefettura e Regione. «Ma i clandestini ci sono già, da tempo. Da alcune settimane c’è un aumento di richieste di aiuto, soprattutto di maghrebini — osserva Paolo Mengoli, direttore della Caritas —. quest’emergenza è vera. Serviamo 300 pasti al giorno, un primo flusso c’è già stato».
di VALERIO BARONCINI

Imperia. Ucciso a calci e pugni, fermati 4 romeni
10 aprile 2011
Imperia - Tragedia nella notte e Torri, borgo poco distante da Ventimiglia, dove un uomo di 53 anni Walter Allavena è morto dopo essere intervenuto in una rissa per difendere suo figlio Claudio. L’uomo, come raccontato da alcuni testimoni, è stato picchiato selvaggiamente .

Per la morte di Allavena sono stati fermati quattro romeni con l’accusa di omicidio preterintenzionale. I fermati sono Ciprian Marius Meuret, 32 anni; Bordano Andrei Mihut, 23; Aredelean Mihai, 19; e Sebastian Aureliano Mereut, 37, tutti residenti nella zona di Ventimiglia. Ora, sarà l’esito dell’autopsia, che verrà fissata domani dal pm marco Zocco, a chiarire le cause del decesso. E intanto la comunità di Torri è sotto choch per quanto accaduto.

Secondo quanto ricostruito tutto sarebbe iniziato quando il figlio ventenne della vittima, che si trovava in compagnia di alcuni amici, ha avuto una discussione - sembra a causa di un cane - con alcuni giovani romeni. Tra i ragazzi ci sarebbe stata una piccola rissa, ma poi si sarebbero allontanati. Gli immigrati tuttavia sarebbero tornati indietro fino a pochi metri da casa di Allavena, dove avrebbero rintracciato il ragazzo picchiandolo. Il padre del giovane sentendo le urla è uscito dall’abitazione ed è intervenuto per sedare il pestaggio. È a quel punto che gli immigrati si sarebbero accaniti contro di lui.

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