venerdì 27 maggio 2011

Federali Mattino-28 maggio 2011. Caserta. Per vendicarsi dei vicini di casa vende l'intero palazzo agli immigrati.----Munnezze. I goriziani si sono stufati di fare la differenziata. La percentuale è passata dal 54% del 2009 al 52% del 2010. Le bollette aumentano e cala l’attenzione dell’utenza alla selezione dei rifiuti. Chioggia: La città fa schifo - dice la donna - ma per i rifiuti ci fanno pagare un sacco di soldi. C'è qualcosa che non va.----Alto Adige, gli imprenditori: Se l'economia italiana peggiora, possibile la secessione.

Forza Luis, un po’ di coraggio, passerai alla Storia patria:
Svizzera. Ode al federalismo
Alto Adige, gli imprenditori: "Se l'economia italiana peggiora, possibile la secessione"

Scuola differenziale, di monnezza:
I goriziani si sono stufati di fare la differenziata
Chioggia / Rifiuti e tariffe, troppi aumenti

A caccia di soldi:
Caserta. Per vendicarsi dei vicini di casa vende l'intero palazzo agli immigrati
Venezia. Migliaia di clandestini mai espulsi e si litiga per un pugno di profughi


Svizzera. Ode al federalismo
Di Gerhard Lob, swissinfo.ch
La struttura federale elvetica è stata promossa con ottimi voti nella prima giornata della 3a Conferenza nazionale sul federalismo. Anche da parte della Federazione delle imprese svizzere economiesuisse. Tuttavia, è stato riconosciuto un certo bisogno di riforme.
 Le istituzioni politiche con la loro divisione federale delle competenze tra autorità comunali, cantonali e federali sono profondamente radicate nella mentalità dei cittadini svizzeri. Sembra perfino che nell'epoca della globalizzazione, le strutture federaliste vicine ai cittadini abbiano acquisito ancora più importanza. Questo almeno secondo quanto emerso alla terza Conferenza nazionale sul federalismo, apertasi ieri a Mendrisio.
L'ex ministro svizzero Arnold Koller, che in passato ha presieduto l'Ong internazionale "Forum of Federations", ha addirittura parlato di una "nuova attrattiva del federalismo". Dopo tendenze centralistiche, il federalismo ha di nuovo il vento in poppa. Anche i cantoni svizzeri sono più consapevoli della propria forza, come ha dimostrato il successo del lancio del referendum contro la riforma fiscale, ha osservato Koller.
Gli Stati federali hanno anche superato meglio la crisi economica mondiale di Stati governati centralmente, ha dichiarato l'ex ministro. Una constatazione interessante, perché proprio cerchie economiche svizzere in passato avevano sovente giudicato la struttura federale della Svizzera, combinata con elementi di democrazia diretta, ingombrante e sfavorevole all'economia.

Economiesuisse sostiene il federalismo
Ma questa posizione sembra ormai superata. Almeno stando al presidente di cconomiesuisse, Gerold Bührer, che giovedì a Mendrisio si è schierato chiaramente a favore del federalismo. "I trionfi del federalismo sono la stabilità politica e sociale, la prossimità con cittadini e imprese, la disciplina fiscale, così come il terreno fertile per l'innovazione", ha affermato.
"Anche l'economia trae benefici da questo", ha aggiunto il presidente di economiesuisse, riconoscendo che anche valori non materiali come le istituzioni popolari influiscono sul successo economico di un paese. In particolare, il rappresentante delle imprese svizzere ha elogiato il federalismo finanziario e fiscale.
Bührer ha invece criticato le procedure a volte molto lunghe - come per i permessi di costruzione - e ha lanciato un appello a un'armonizzazione delle norme formali tra i Cantoni. Ha comunque precisato che, in generale, "i vantaggi superano gli aspetti negativi".

Adeguamenti necessari
Se le lodi al sistema svizzero hanno abbondato, non sono però mancate le riflessioni sui limiti evidenti di questo sistema. I cambiamenti sociali, economici, culturali e tecnologici comportano nuove sfide per il federalismo.
Finora hanno reagito praticamente solo i comuni: molti hanno già risposto ai cambiamenti, ha rilevato il politologo Wolf Linder dell'università di Berna. Negli ultimi anni c'è stato un impressionante processo di fusioni comunali - con il caso estremo del Cantone di Glarona, dove da 25 comuni ne sono stati creati tre. A livello comunale ci si è resi conto che unità amministrative troppo piccole non sono più funzionali.
"Al contrario, a livello cantonale, sorprendentemente, non c'è alcun processo di fusione",  ha osservato Linder. Peculiarità istituzionali, come il fatto che per esempio Zurigo con un milione di abitanti ha lo stesso numero di parlamentari di Uri, con 35mila abitanti, alla Camera dei Cantoni (cioè due), non vengono rimesse in discussione, ha rammentato. Il ricercatore si è peraltro detto scettico sull'eventuale creazione di sette macro-regioni in Svizzera.

Non un prodotto di esportazione
I relatori sono stati unanimi su un punto: il modello svizzero di federalismo non può essere esportato tale e quale in un altro paese. L'ambasciatore svizzero in Italia, Bernardino Regazzoni, ha citato in proposito Romano Prodi: l'ex primo ministro italiano ed ex presidente della Commissione europea ha detto che "il federalismo svizzero non è percorribile in Italia", perché frutto di un processo dal basso verso l'alto, ossia "di autonomie locali che adagio, adagio si sono messe insieme".
In Italia invece il processo è inverso: si tratta di uno Stato centralo che viene federato. Secondo Regazzoni, negli ambienti politici e accademici del Belpaese, dove c'è un grande dibattito sul federalismo, ci si orienta molto più ai modelli di Paesi dell'Unione europea, come quello belga o quello tedesco. Le conoscenze sulla Svizzera in generale nella vicina Repubblica sono piuttosto scarse, fatta eccezione per le regioni di frontiera come la Lombardia, ha spiegato il diplomatico.
Malgrado la vicinanza geografica, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, che giovedì era atteso a Mendrisio per un'allocuzione, ha rivolto solo per video il proprio messaggio ai partecipanti alla Conferenza. Un dettaglio che però non ha lasciato dubbi sul fatto che il federalismo elvetico è un modello per i Lombardi.
 Gerhard Lob, swissinfo.ch
Mendrisio
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

Alto Adige, gli imprenditori: "Se l'economia italiana peggiora, possibile la secessione"
Il settimanale Swz: "qualora si dovesse giungere a situazioni simili a quelle della Grecia, ci sono imprenditori in Alto Adige che non escludono di riaffacciare la richiesta della secessione"
BOLZANO. ''Nel caso di sviluppi negativi dell'economia italiana, qualora si dovesse giungere a situazioni simili a quelle della Grecia, ci sono imprenditori in Alto Adige che non escludono di riaffacciare la richiesta della secessione''.
Lo afferma il settimanale degli imprenditori sudtirolesi Swz. ''Negli ultimi 40 anni - afferma il settimanale - non vi sono stati motivi per chiedere il distacco dell'Italia, ma oggi sempre più spesso si incontrano imprenditori che non escludono a priori un distacco dall'Italia, per motivi che sono di carattere economico piu' che non di valenza politica''. 27 maggio 2011

I goriziani si sono stufati di fare la differenziata
La percentuale è passata dal 54% del 2009 al 52% del 2010. Le bollette aumentano e cala l’attenzione dell’utenza alla selezione dei rifiuti.
di Francesco Fain
L’avevano minacciato più volte. «Se le bollette dei rifiuti non caleranno, smetteremo di fare la differenziata», ripetevano i goriziani che, in questi ultimi mesi, abbiamo sentito in diversi servizi dedicati ai rifiuti. E, forse, più di qualcuno ha messo in atto questa forma di protesta se è vero che, per la prima volta dall’introduzione del nuovo sistema di raccolta, la percentuale di differenziata è calata: e non soltanto a Gorizia ma anche a Monfalcone e nel resto dell’Isontino.

Le statistiche dell’Arpa
Illuminante è la lettura delle statistiche sfornate periodicamente dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente sulla base dei dati forniti dai vari Comuni isontini. Il quadro è aggiornato al primo semestre del 2010. Ebbene, in quel lasso di tempo Gorizia ha raggiunto una percentuale di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani pari al 52,96 % per cento, con un lieve ma significativo calo rispetto al dato annuale del 2009 che mostrava, invece, una percentuale del 54,24%. Il panorama non cambia se consideriamo ciò che è successo a Monfalcone. Anche nella città dei cantieri pare che i residenti si siano “stufati” di selezionare i rifiuti e di trasformare i propri terrazzini in piccole isole ecologiche. Mentre nel 2009 la differenziata aveva sfiorato addirittura il 60 per cento (59,52%, per la precisione), nei primi sri mesi dell’anno successivo la percentuale è calata di più di quattro punti, attestandosi sul 55,13%. E anche il dato provinciale registra una leggera flessione: nei primi sei mesi di quest’anno la percentuale di raccolta differenziata si è attestata sul 57% tondo tondo, mentre il dato 2009 era pari al 58,70%. Se andiamo ancora indietro si scopre che nel 2008, in tutto l’Isontino, la differenziata aveva raggiunto quota 57,43%: pertanto il dato dei primi sei mesi del 2010 è inferiore anche al dato di tre anni fa.

Materiale indifferenziato
Aumenta, dunque, il materiale indifferenziato e aumenta - in parallelo - il ricorso a impianti come il tervalorizzatore di Trieste. Ricordiamo che in uno specchietto messo a disposizione dal Comune di Gorizia, Iris ha calcolato qualche tempo fa che ammonta a poco più di 10 mila chilogrammi, pari a 100 quintali, il peso dei rifiuti indifferenziati raccolti in un mese estivo in luoghi «non deputati». Tanti, decisamente troppi. È un quantitativo ancora considerevole di scarti che finisce direttamente in discarica o al termovalorizzatore di Trieste senza la possibilità di essere riciclato. Mentre in alcune zone di Gorizia, i cittadini stanno seguendo i dettami del sistema di raccolta, in altre zone ciò non avviene.

È ampiamente risaputo che l’obiettivo del nuovo Piano provinciale dei rifiuti urbani è raggiungere nel 2012 il 65% della raccolta differenziata: è chiaro che il calo evidenziato dal “data-base” dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente può complicare il cammino verso tale,a mbizioso obiettivo. Tra le altre cose, prevede la riduzione dei rifiuti a 70mila tonnellate annue. Meno viene buttato, meno si paga.
26 maggio 2011

Chioggia / Rifiuti e tariffe, troppi aumenti
Bollette care e spiaggia sporca. E il megatubo ancora da spostare
CHIOGGIA. «E adesso chi mi rinnova la tessera elettorale dopo il ballottaggio?». Cesare Pagan ha 72 anni, ben portati, ed è preoccupato e presenta un problema che, assicura, hanno tanti suoi amici della stessa età. «Con il ballottaggio la mia tessera elettorale è completa perchè mi è rimasta solo un'ultima casella da timbrare ma tra meno di tre settimane c'è il referendum e l'ufficio elettorale non mi ha comunicato nulla. Se non di compilare una domanda per una nuova tessera e poi tornare dopo tre giorni per ritirarla. Ma siamo in tanti ad avere questo problema». Cesare ha paura di farsela spedire a casa perchè i tempi sono ristretti e lui vuole andare a votare tutti i referedum. Cesare non è l'unico ad avere problemi con la consegna della posta.

 Altre persone si avvicinano alla postazione della Nuova ma alcune hanno il timore di parlare e dare le proprie generalità al cronista. Così parlano ma in modo anonimo. Come la signora che non nasconde la sua apprensione per il pagamento della tariffa per l'asporto rifiuti, «aumentata di colpo». «La città fa schifo - dice la donna - ma per i rifiuti ci fanno pagare un sacco di soldi. C'è qualcosa che non va». E di rifiuti ma in spiaggia parla anche un signore che chiede di non scrivere le sue generalità. Ce l'ha con la Veritas che, a suo parere, non cura bena la pulizia dell'arenile a Sottomarina: «Andare in spiaggia è per me un tormento - spiega l'uomo - c'è ancora il megatubo usato per il ripascimento che ostacola non poco chi passeggia per prendere una boccata d'aria. E poi il servizio Veritas - sostiene - è peggiorato e le tariffe sono aumentate. Così non va bene. Io - sottolinea - ho lavorato una vita alla Fincantieri, sono stato esposto all'amianto e sono andato in pensione con due milioni e 500 mila lire al mese. Allora le cose andavano bene. Adesso con 1300 euro di pensione
riesco solo a sopravvivere, tra casa, bollette ed altro».

 Sono diverse le persone che vengono a parlare dei loro problemi, talvolta molto personali. Ma c'è anche chi ha una storia da raccontare lunga una vita. Come la signora Bianca di Torino che ogni anno torna a Sottomarina per trascorrere le vacanze. Lei ha lasciato Adria dopo la grande alluvione del Polesine nel 1951 e con la famiglia si era trasferita a Torino. Qui, quarda il destino, ha conosciuto il marito, anche lui a cercar fortuna, e partito due anni prima da Sottomarina. «Ci siamo sposati e da allora vengo tutti gli anni a Sottomarina, a respirare l'aria di casa. Abbiamo un piccolo appartamento con due stanzette - racconta Bianca - ma per noi va bene. Non abbiamo grandi pretese».

 Ma a Chioggia il giorno del mercato c'è anche chi viene solo a comprare il pesce, e in autobus da Venezia. E' il caso della signora Ivana Paolini che ogni giovedì arriva a Chioggia e va al mercato del pesce. «Lo so che a Venezia c'è quello di Rialto, però mi piace venire qui a Chioggia perchè secondo me la qualità è migliore e i prezzi meno esosi. Poi ho alcune amiche e andiamo a fare shopping tra le bancarelle».

 Chioggia è anche una grande città della cultura ma spesso le istituzioni lo dimenticano. E' il cruccio di Roberto Bullo, ex capo ufficio tributi del Comune, che si duole del fatto che nessuno pubblicizzi il museo univesitario naturalistico a Palazzo Grassi. «E' gratis ed è bellissimo, ma anche l'Apt se ne frega. Nessuno lo indica ai turisti e alle comitive di giovani che arrivano in città. Dalle stanze del museo poi - racconta Roberto - si gode un panorama meraviglioso della città. Basterebbe solo questo a consigliare una visita a Palazzo Grassi e invece, niente, nessuno lo pubblicizza e così rischia di scomparire. Come nessuno pubblicizza il museo Linneo, altra grande mostra naturalistica ospitata nell'ex monastero di San Francesco fuori le mure. Insomma qui abbiamo tanta cultura ma pochi fanno veramente qualcosa. Spero - conclude Roberto - che la nuova aministrazione affronti il problema e imponga agli organi preposti, come l'Apt, di fornire maggiore 27 maggio 2011
informazione anche nei siti online».

Caserta. Per vendicarsi dei vicini di casa vende l'intero palazzo agli immigrati
L'uomo spiega così le ragioni del singolare annuncio: «Troppe amarezze, così qualcuno impara a campare»

CASERTA - «Vendo a gitani, rumeni, albanesi e cinesi». E ai suoi vicini? Nulla da fare, perché sono stati scortesi. A Grazzanise, terra dei Mazzoni», va in onda la singolare protesta del proprietario di un palazzo messo interamente in vendita. A scortesia si risponde con eguale moneta. «Sono dieci anni di tribolazioni — giustifica Antonio Raimondo —: i tecnici mi hanno sbagliato una pratica urbanistica ed è stato l’inizio dei guai». «Vendo questo fabbricato a Rumeni, Gitani, Albanesi e Cinesi». Sullo striscione che non è di fattura artigianale ma professionale, c’è anche il numero del telefono cellulare cui rivolgersi per informazioni. È esposto in gran pavese su un fabbricato già intonacato ma mancante di rifiniture, sulla Statale 264 Capua-Castel Volturno, pieno centro di Grazzanise, quattro bar a pochi metri — per dire della urbanizzazione piena della zona — incastonato fra l’ultimo degli edifici del paese vecchio e la sequela di palazzine del nuovo.

LA PORTA DEL VOLTURNO - Grazzanise è un po’ la porta di Castel Volturno ed anche questo entroterra pullula di immigrati extracomunitari e il testo della proposta immobiliare innesca una serie di interrogativi sul perché della definita individuazione dell’acquirente e della discriminazione nei confronti dei concittadini o comunque di nazionalità diversa da quelle indicate.

TRA PROVOCAZIONE E PUBBLICITÀ - E se si tratta di una provocazione, di una trovata pubblicitaria? Questa proposta commerciale col suo «target» dettagliatamente dichiarato porta comunque alla immediata e positiva considerazione: finalmente un cartellone che non faccia il paio con quelli odiosi che pure c’erano in passato nelle nostre zone, offerte di locazione «ad esclusione di immigrati» che facevano il paio con i «non si fitta a meridionali» di qualche anno fa nel Nord Italia e con quello citato da Marco Demarco nel suo ultimo libro «Terronismo» e scovato a Formia (!) Non si fitta a napoleCani».

L'EX SINDACO: UN MANIFESTO DI APERTURA - Una puntata nei bar a saggiare pareri. Dice un cliente del dirimpettaio Hypnosis: «L’offerta appare un po’ discriminante, originale, all’incontrario del solito ma discriminante. Se è per pubblicità e un bel colpo». Maurizio D’Agostino, titolare del bar Grande Fratello, invece, sorride e ammicca. E dice: «Questa offerta puzza di minaccia, di attentato al vicinato». Quasi applaude Mario Luise, che della vicina Castel Volturno è stato tre volte sindaco. «Questo più che uno striscione è un ‘Manifesto’, una straordinaria apertura nel territorio dei Mazzoni nei confronti di una politica a favore di tutti i popoli ed etnie diverse come quella dei nomadi. Da ammirare».

LO SFOGO DEL PROPRIETARIO - Non c’è che sentire il proprietario del fabbricato, Antonio Raimondo, che si sfoga di getto: «Ebbene sì, a costo di svenderla questa casa, ma la voglio dare agli stranieri e meglio ancora se gitani. Così qualcuno impara a campare. Sono dieci anni di tribolazioni, tutto in regola con le licenza ma spuntava sempre qualche anomalia, sanatorie difficoltose, anche la Bucalossi che non avrei dovuto pagare. Mi accorgo troppo tardi di qualche superficialità di chi mi curava queste pratiche e in Comune ci mettono il resto a trovare peli nell’uovo…».

«BOMBA ETNICA» PER I VICINI - Muro a muro col fabbricato, c’è l’insegna di uno studio tecnico e tutto diventa comprensibile e lo striscione veste i panni di una «bomba etnica» per il vicino di casa. Riferiamo il particolare a Mario Luise. «Mannaggia — il suo commento—, quanto mi dispiace. Sarebbe stato bello credere in una via mazzonara all’internazionalismo».
Franco Tontoli

Venezia. Migliaia di clandestini mai espulsi e si litiga per un pugno di profughi
Più difficile allontanare i migranti irregolari dei rifugiati. La politica si concentra altrove. Solo uno su 10 viene rimpatriato. L’accusa: mancano strutture e risorse
VENEZIA — E’ come precipitare nel buco nero dell’ozono o muoversi in una sorta di nebulosa dove l’interpretazione di leggi, leggine e codicilli intasa il lavoro di Questure, Carabinieri, Finanza, Comuni, Prefetture, Capitanerie di Porto. Mentre ci si accapiglia sull’ospitalità di qualche centinaio di profughi in fuga dal Nord Africa, si dimentica lo scandalo delle migliaia di espulsioni non effettuate dei migranti irregolari: è un grande bluff, un gigantesco flop. L’Italia infatti è ultima in Europa per numero di espulsioni «realmente» effettuate di stranieri irregolari (3 su 10) mentre Spagna, Francia e Germania viaggiano a livelli da record: 8 su 10. A livello nazionale, il Veneto è quarto per numero di espulsioni dopo Sicilia, Lombardia e Campania. Eppure (r)esistono troppi limiti nell’attuale legislazione sulle espulsioni. A Nordest si è passati dai 25mila stranieri regolari residenti nel 1991 agli oltre mezzo milione di oggi.
Oscilla di più la realtà degli irregolari: secondo i dati Ismu, oggi la quota di migranti irregolari in Veneto si aggira tra i 55mila e i 90mila. Ma si stima che solo un 10 per cento siano realmente espulsi da Nordest: il numero oscilla tra i 4 e i 6mila l’anno. Di più. Nella quota degli irregolari vanno anche considerati i 23.954 stranieri (dei 300mila a livello nazionale) che grazie all’ultimo decreto flussi, hanno presentato in Veneto domanda di regolarizzazione: è l’esercito di colf, badanti e baby sitter. Ufficialmente «clandestini» da espellere, di fatto figure ormai insostituibili nel welfare alla veneta. Solo un 30% otterrà la regolarizzazione, il restante 70% andrà ad ingrossare le fila dei lavoratori in nero, dunque «clandestini».

Da non trascurare anche i quasi 35mila stranieri nelle liste di disoccupazione regionali: almeno il 30 per cento ha il permesso di soggiorno scaduto. Materia incandescente, l’espulsione dei migranti irregolari. L’ultimo stop è arrivato dall’Unione Europea che ha bocciato il reato di clandestinità fortissimamente voluto dalla Lega e dal ministro dell’Interno Roberto Maroni con la legge 94 del 15 luglio 2009. In primopiano, i limiti di una legislazione italiana ormai datata e il paradosso di un’Europa dei 27 che ancora non dispone di un unico testo di riferimento sia sulla gestione dei flussi che sul fronte delle espulsioni. In mezzo secolo, sull’immigrazione, l’Italia ha prodotto tre leggi diverse (Martelli, Turco-Napolitano e Bossi-Fini) ai quali si aggiunge il recente articolo 14 del testo unico sull’immigrazione, lo stesso duramente contestato dall’opposizione per i criteri di discrezionalità nelle espulsioni. Paradossalmente, sia la Bossi- Fini che l’ultimo decreto, fissano più i paletti per non espellere i migranti irregolari che le norme per espellerli. Infatti, secondo il ministero, gli stranieri non possono essere espulsi se occorre prestare loro soccorso, compiere accertamenti sulla loro identità e se non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo per accompagnarli (avete letto bene).

Sono tutte situazioni «sfruttate» al massimo dagli irregolari per trattenersi sul territorio italiano e poi far perdere le proprie tracce. Il flop delle espulsioni raggiunge l’apice con l’ingresso degli irregolari in uno dei 10 Cie (Centri d’identificazione ed espulsione) presenti in Italia, strutture dalle quali i «clandestini» andrebbero ufficialmente allontanati dall’Italia. Il termine massimo di permanenza in questi centri è di 60 giorni (30 più altri 30 su richiesta del questore e conseguente provvedimento di proroga del magistrato). Anche qui il Veneto paga pegno più volte. Intanto è una delle regioni più «isolate»: i Cie più vicini sono quelli di Gradisca d’Izonzo (136 posti), Bologna (95 posti) e Milano (84 posti). Accompagnare i migranti irregolari in uno di questi centri, significa costi di gestione elevatissimi per lo stato e dunque anche per il Veneto: dalle spese (e dai mezzi) di trasporto necessari per accompagnare gli irregolari, alle diarie delle forze dell’ordine alla disponibilità ricettiva reale nelle strutture. Da anni si discute della realizzazione di un Cie anche in Veneto, ma una decisione ancora non c’è. L’unica nota in controtendenza sulle espulsioni è recente: dopo l’accordo fra Italia e Tunisia, i migranti sbarcati a Lampedusa che non hanno lo status di profugo o rifugiato, in 72 ore sono espulsi con tanto di accompagnato coatto sui voli charter. E’ un’anomalia, non v’illudete. Il Governo Berlusconi per ottenere queste espulsioni veloci ha dovuto mettere mano al portafoglio e versare a Tunisi 10 milioni di euro.
Massimiliano Melilli

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