venerdì 27 maggio 2011

Federali Sera-27 maggio 2011. Jagoda u supermarketu. Nonostante una taglia da dieci milioni di euro, l’ottanta per cento dei cittadini non avrebbe fatto alcuna soffiata su Mladic. Il 53 per cento degli intervistati ha definito il tribunale dell’Aja “antiserbo”.----Il sindaco di Bari Michele Emiliano questa volta è infuriato perché i suoi impiegati, scrivendo in «burocratichese», hanno provocato una selva di proteste: tutti i baresi, infatti, hanno ricevuto in questi giorni da parte del Comune una lunghissima e non proprio chiara comunicazione che riguarda l’Ici, la tassa comunale sulla casa. Alla lettera erano allegati dei bollettini per il pagamento. Tra i contribuenti si è scatenato il panico: si paga di nuovo l’Ici?

Jagoda u supermarketu:
Belgrado offre il boia Mladic e adesso chiede l’ingresso in Europa
Bari. Ici, Emiliano furioso con i burocrati

Forbita missiva. E’ per il Governatore?:
Sicilia. Il sano egoismo serve all’altruismo

A caccia di soldi:
Sul mobile imbottito asse apulo-lucano
Belluno: bilancio provinciale, si riapre la caccia ai soldi




Belgrado offre il boia Mladic e adesso chiede l’ingresso in Europa
 Le squadre speciali arrestano l’uomo che organizzò la strage di Srebrenica, dopo quindici anni di ricerche e sospetti
Dopo quindici anni di latitanza, l’ex generale serbo Ratko Mladic è stato arrestato. Mladic era ricercato dal Tribunale internazionale dell’Aia per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Si nascondeva a casa di un parente nel piccolo centro di Lazarevo, nella provincia serba della Vojvodina. I corpi speciali di Belgrado, che da qualche anno si addestrano con gli italiani del Nono reggimento Col Moschin, sono entrati in azione alle 5.30 del mattino.
L’ex comandante dei serbi di Bosnia, l’uomo che ha sterminato i musulmani di Srebrenica, aveva cambiato identità ormai da tempo: il suo nuovo nome, stampato su documenti che qualcuno ha regolarmente rilasciato, è Milorad Komadic. Lazarevo è un piccolo borgo agricolo fondato da emigrati tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale, che furono poi cacciati dai veterani di Tito. Fra loro c’era anche il padre di Mladic, ucciso nel 1945 dagli ustascia, i miliziani croati filonazisti.
Un giornale bosniaco aveva segnalato la presenza di un criminale di guerra serbo, che si nascondeva in una fattoria nella zona di Lazarevo e curava la depressione pascolando il bestiame. Senza mai fare, però, il nome di Ratko Mladic. Non è un caso che all’operazione per la cattura del super ricercato abbia contribuito anche l’intelligence di Sarajevo, come ha rivelato ieri il presidente bosniaco Bakir Izetbegovic, figlio del primo leader indipendentista che combattè contro Mladic e i serbi. L’ex generale, 69 anni, non ha opposto resistenza e, secondo le prime indiscrezioni, “è apparso molto invecchiato”. Con lui sarebbe stato arrestato anche il suo capo della sicurezza, Zoran Obrenovic Maljic.
A Mladic dava la caccia l’Action team, un gruppo ristretto incaricato dal governo serbo di catturare i criminali di guerra. Nella squadra c’è Sasa Vukadinovic, il capo dell’intelligence civile (Bia). E’ un uomo di fiducia del presidente serbo, Boris Tadic, che si è occupato di criminalità organizzata fino al 2008, quando il leader riformista di Belgrado lo ha messo al comando dei servizi segreti. In tre anni ha arrestato due grandi ricercati come Radovan Karadzic e Ratko Mladic.
Prima di rendere pubblica la notizia dell’arresto, il super latitante è stato portato al quartier generale della Bia per l’esame del Dna, che ne ha accertato l’identità in via definitiva. Al riconoscimento ha collaborato anche una squadra dell’Fbi che si trova a Belgrado proprio per aiutare la caccia ai criminali di guerra.
Pochi minuti dopo il responso del Dna, il presidente serbo Tadic ha tenuto una conferenza stampa dai toni vittoriosi. “Abbiamo lavato l’onta”, ha detto ai giornalisti. Tadic ha sottolineato che “si chiude una pagina molto difficile della nostra storia e si aprono le porte dell’Unione europea”. Il leader riformista, al potere dal 2004, è un forte sostenitore dell’ingresso della Serbia nell’Ue, ma la candidatura entro quest’anno era del tutto incerta, almeno fino all’arresto di ieri. L’Olanda – che sconta ancora la vergogna per i paracadutisti che, sotto la bandiera dell’Onu, non furono in grado di fermare il massacro di Srebrenica ordinato da Mladic, aveva legato l’ingresso a una condizione: la cattura dei criminali di guerra. Il procuratore del Tribunale internazionale dell’Aja, Serge Brammertz è sempre stato pronto ad accusare Belgrado di non voler catturare Mladic e Goran Hadzic, l’ultimo latitante dell’ex Yugoslavia. Brammertz lo avrebbe fatto anche a giugno, nel suo prossimo rapporto ufficiale: per colpa di Mladic, il presidente Tadic rischiava di vedersi chiudere le porte dell’Europa.
I serbi devono avere individuato da tempo il rifugio di Mladic – forse grazie a una segnalazione anonima – ma hanno arrestato l’ex generale nel giorno in cui era attesa a Belgrado Catherine Ashton, l’Alto responsabile della politica estera europea. Non a caso, la baronessa inglese si è affrettata a dichiarare che la cattura “è un grande passo avanti per la Serbia e per la giustizia internazionale”.
L’ex generale sarà estradato all’Aja nel giro di una settimana, ma prima sarà interrogato sulle possibili coperture delle autorità serbe almeno fino al 2006, l’anno dell’arresto dei collaboratori che lo aiutavano nella latitanza. Quelle catture, in realtà, servirono soltanto a far volatilizzare Mladic, chiamato dalle sue vittime “il macellaio della Bosnia”. Negli anni della guerra, l’ufficiale dell’esercito ha pianificato l’assedio e il bombardamento di Sarajevo, ha convogliato i prigionieri musulmani e croati nei lager dove venivano trattati come bestie, e ha ordinato il massacro di ottomila persone in seguito alla caduta delle enclavi di Srebrenica e Zepa.
Un serbo su tre, però, lo considera ancora l’eroe che ha difeso la nazione in Croazia e a Sarajevo, pagando in prima persona. Secondo un sondaggio realizzato poco prima della sua cattura, il 51 per cento degli intervistati è contrario alla sua estradizione all’Aja. Solo il 34 per cento ne auspica l’arresto. Nonostante una taglia da dieci milioni di euro, l’ottanta per cento dei cittadini non avrebbe fatto alcuna soffiata su Mladic. Il 53 per cento degli intervistati ha definito il tribunale dell’Aja “antiserbo”. Nonostante le critiche di partigianeria, soprattutto negli anni in cui le guerre erano ancora in corso e i tempi processuali troppo lunghi, la Corte internazionale è riuscita a punire i crimini nell’ex Yugoslavia.
Su 161 accusati soltanto uno è ancora latitante: il pesce piccolo serbo-croato Hadzic. Trentasei rimangono in custodia o sotto processo all’Aja, compresi i pezzi da novanta come il generale croato Ante Gotovina, il leader kosovaro Ramush Haradinaj e i serbi Vojislav Sesely e Radovan Karadzic. Centoventicinque sono già stati giudicati e 64 condannati. Altri tredici criminali di guerra sono stati consegnati ai paesi d’origine per essere processati. In 36 casi, gli atti d’accusa sono stati ritirati. Sei prigionieri sono morti, come il più famoso di tutti, Slobodan Milosevic, l’ex zar dei serbi che è sfuggito al giudizio umano. Belgrado, con l’avvento di Tadic, ha arrestato 44 dei 46 ricercati serbi, più uno che si è suicidato durante la cattura. All’Aja sono finiti due presidenti della Repubblica, un primo ministro, tre capi di stato maggiore delle Forze armate, un responsabile dei Servizi e diversi generali dell’esercito e della polizia. Nel 2008, in un anonimo quartiere di Belgrado, è stato scoperto Karadzic, l’ex leader dei serbi di Bosnia, che si era trasformato nell’irriconoscibile dottor Dabic. Il prezzo più alto, anche in vista di possibili manifestazioni di protesta, verrà pagato con l’estradizione all’Aia di Mladic. Ora la Serbia si è messa alle spalle il passato delle guerre etniche, in vista di un futuro europeo.

Bari. Ici, Emiliano furioso con i burocrati
«Non sanno dialogare con la gente»
Partite le comunicazioni per informare sui pagamenti
«Assurdo, si sono espressi proprio da sadici e spietati»
BARI - Un’altra reprimenda per i dipendenti comunali definiti «spietati e sadici» che trattano i cittadini da «sudditi o, peggio, pazienti». Il sindaco di Bari Michele Emiliano questa volta è infuriato perché i suoi impiegati, scrivendo in «burocratichese», hanno provocato una selva di proteste: tutti i baresi, infatti, hanno ricevuto in questi giorni da parte del Comune una lunghissima e non proprio chiara comunicazione che riguarda l’Ici, la tassa comunale sulla casa. Alla lettera erano allegati dei bollettini per il pagamento. Tra i contribuenti si è scatenato il panico: si paga di nuovo l’Ici? «L’invio delle lettere era necessario ma i burocrati che l’hanno concepita si sono espressi da sadici e spietati - fa ammenda a modo suo, Emiliano -. Le lettere erano scritte in un italiano tecnico al limite della comprensibilità».

IL CONTENUTO - La lettera del Comune doveva informare che a riscuotere le tasse da quest’anno non è più Equitalia, ma l’ente direttamente. E che, quindi, i bollettini per il pagamento dovevano essere intestati al Comune. Con l’occasione gli uffici comunali ricordavano ai contribuenti le aliquote dell’Ici a Bari, confinando il riferimento all’esenzione (totale per la gran parte dei contribuenti) in un rigo di oscura citazione del decreto legge del 2008 che ha cancellato il balzello sulla prima casa. Immediata la reazione dei cittadini che, allarmati, si sono rivolti a commercialisti o direttamente al Comune, attraverso gli uffici, il centralino e naturalmente anche tramite la bacheca facebook di Emiliano: ma l’Ici, era la domanda di tutti, non è stata abolita? L’Ici è stata infatti abolita ma soltanto per la prima casa, purché di residenza. Circostanza diffusissima ma, evidentemente, non l’unica possibile. Non potendo differenziare caso per caso, gli uffici hanno inviato a tutti un’unica comunicazione con le possibili condizioni: dal 3 per mille dovuto a chi affitta con contratto agevolato, al 9 per mille di chi ha una casa sfitta. Il bollettino allegato ha favorito il malinteso.

EMILIANO FURIOSO - Interrogato dai suoi fan sul web, il sindaco Emiliano ha prima tentato una difesa d’ufficio. Poi, letta la comunicazione, ha aspramente (e pubblicamente) rampognato i dipendenti, definiti tra le altre cose «geni della comunicazione» per aver suscitato un tale vespaio da obbligare tutti - dall’opposizione ai mezzi di informazione - a occuparsi delle novità sulla riscossione dell’Ici. Soltanto per venerdì, i dirigenti hanno fissato la conferenza stampa in cui l’amministrazione chiarirà la comunicazione inviata a tappeto nei giorni precedenti. Intanto Emiliano avverte: «Se siete proprietari di una sola casa, ma non ci abitate, dovete pagare lo stesso l’Ici. Vi avvertono prima perché tra breve cominceranno i controlli: rischiate delle pesanti sanzioni».
Adriana Logroscino

Sicilia. Il sano egoismo serve all’altruismo
di Carlo Alberto Tregua – QdS
San Francesco era ricco, ma con la conversione donò tutti i suoi averi, indossò un saio e i sandali e cominciò a dividere il pane con i poveri. Altro che i cardinali che indossano ricche vesti, vanno in giro con potenti auto blu e alloggiano in immobili super dotati.
 Agostino di Tagaste, vescovo di Ippona, tardò molto a convertirsi, ma quando lo fece era profondamente convinto dei valori morali e religiosi e si è rivelato un grande teologo perchè ha coniugato la religione con l’umanità. Le Confessioni è un’opera che dovrebbe essere tenuta sempre sul nostro comodino insieme alla Bibbia. Due uomini di grande spessore spirituale che si sono dedicati agli altri per il resto della loro vita.
 Nonostante la spiritualità e la voglia di dare, non si può sottacere la necessità di avere una buona salute senza della quale è difficile dare agli altri. Buona salute vuol dire star bene di corpo e di spirito, avere il cervello che funzioni e la mente che sappia guidarlo. è, dunque, necessario vivere in modo sobrio utilizzando il cibo per procurarci l’energia sufficiente e non per alimentare il piacere della gola, nutrire il nostro cervello di conoscenza e continue letture.
 Il nostro corpo e la nostra mente sono soggetti a continua manutenzione, anche se il primo è dotato di importanti strumenti di autoriparazione. Per contro, il malato si chiude in se stesso perchè l’istinto di sopravvivenza gli impone di dedicare le energie a superare la patologia con la conseguenza che difficilmente è altruista dovendosi occupare di se stesso.
 Quanto precede viene definito, da alcuni, egoismo. Esso, come il colesterolo, va distinto in quello buono e in quello cattivo. Quest’ultimo è ben rappresentato da Jean-Baptiste Poquelin, Molière (1622-1673), nel suo L’avaro. L’egoismo buono è amore per se stessi e non per la propria immagine, l’autostima capisce contemporaneamente i propri difetti e, ove possibile, ci corregge perchè ognuno di noi deve avere e deve darsi sempre un’altra possibilità. Fare come l’albero che rinnova continuamente le proprie foglie. Rispettare noi stessi significa rispettare gli altri. Prendere atto dei propri limiti, significa vedere i limiti degli altri.
Il sano egoismo serve all’altruismo. Sembra un ossimoro ma non lo è, ove si pensi per un momento che la voglia di dare deve essere supportata dal proprio star bene, diversamente rimane una volontà senza alcuna pratica applicazione.
 L’animo degli altri deve essere sostenuto. Possiamo farlo psicologicamente. Possiamo farlo se facciamo manutenzione del nostro animo. Possiamo sostenere gli altri se sosteniamo noi stessi, distinguendo il ruolo delle persone dal nostro. E tuttavia integrando i due ruoli.
 Il crinale che distingue l’egoismo sano da quello becero è la finalità. Se l’egoismo è finalizzatio all’altruismo, cioè a rendersi utili al prossimo, è sano; se, invece, è finalizzato a gonfiarsi il petto, a sentirsi inarrivabili, allora è totalmente deprecabile. La distinzione che andiamo scrivendo sembra di poco conto, ma non la è, perchè ci fa capire la differenza fra buoni e cattivi: i buoni veri dai buoni falsi, che sono i cattivi. 
 Sentiamo tanta gente che si lamenta della malasorte e della propria disgrazia. Gente che non fa confessione della propria inabilità a vivere come la vita merita. Gente seduta mentalmente, che non ha alcuna carica dinamica per fare, ma utilizza le energie per lamentarsi inutilmente.
 La società ha bisogno di persone produttive e attive, forti e capaci di sacrifici, che non si spaventano di affrontare le difficoltà per risolverle, che non si preoccupano di addormentarsi morti di stanchezza. Ci sono tante persone così che associano a questo modo esemplare di vivere il silenzio, non capaci di alcuna vanteria,  pronti a dare e i riottosi a prendere.
 Non sono santi, non c’è bisogno di essere santi. Basta essere Uomini e Donne capaci di svolgere la propria esistenza ordinaria magari in modo straordinario. Non è facile, ma si può fare. Anzi, si deve fare. Guai a coloro che vogliono intestarsi missioni impossibili, degne di films più o meno gradevoli, ma che non fanno parte della realtà del nostro mondo.
 È in questo mondo che dobbiamo vivere, non nell’Iperuranio.

Sul mobile imbottito asse apulo-lucano
di DONATO MASTRANGELO
POTENZA - La Regione Basilicata cerca la sponda pugliese per sollecitare il Governo a giungere nel più breve tempo possibile alla definizione dell’Accordo di Programma per il rilancio del mobile imbottito della Murgia. È quanto è emerso ieri nell’incontro convocato a Potenza dall’assessore alle Attività Produttive, Erminio Restaino. La Giunta regionale lucana, dunque, si confronterà con quella della Regione Puglia affinchè si possa convocare a stretto giro un tavolo al Ministero per lo Sviluppo Economico. Del resto la bozza dello strumento di programmazione negoziata, secondo quanto confermato anche dalle organizzazioni sindacali di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, sarebbe pronto già dall’inizio del 2011. Non è un caso, infatti, che le parti sociali, proprio lo scorso gennaio ritornarono sulla questione del mobile imbottito dell’area murgiana. Una bozza di accordo era già stata presentata ai funzionari del ministero nel dicembre 2010. Una prima intesa, inoltre, tra le due istituzioni regionali era già stata messa in campo nel 2006 quando fu varato il protocollo Scajola che poi non ebbe attuazione. La Regione Basilicata ha messo sul piatto già 60 milioni di euro per dare nuova linfa al sistema produttivo murgiano e ricollocare te centinaia di maestranze ormai fuori dal ciclo di lavoro e dare una copertura a circa 600 lavoratori del comparto, interessati dalla scadenza della mobilità in deroga. La Regione Puglia ha invece messo a disposizione 20 milioni di euro. «C’è stata unità di intenti - afferma Michele Andriulli della Fillea Cgil ma adesso non occorre più perdere tempo e fare in modo che si giunga alla forma dell’Accordo di Programma. Mettiamo in piedi lo strumento poi avremo modo, eventualmente di ottimizzarlo. Vanno date risposte al comparto del mobile imbottito. Dallo scorso gennaio ad oggi sono arrivati a scadenza per la mobilità in deroga circa un centinaio di unità e ogni giorno, purtroppo, se ne aggiungono altre. C’è poi la questione dell’ex sito produttivo della Nicoletti. Per i lavoratori di questa azienda la cassa integrazione in deroga scade il prossimo 11 agosto. Stiamo parlando di 350 famiglie alle quali bisogna dare una risposta». Intanto in una nota il consigliere regionale dell’Italia dei Valori, Nicola Benedetto ha sostenuto che «parlare come fa l’assessore Restaino di semplici “confini” dell’Accordo di Programma da chiarire con il Governo non aiuta a risolvere quelle che sono invece profonde divergenze riferite innanzitutto alla gravissima inadempienza del Governo che non tiene conto dell’impegno già sottoscritto di mettere soldi propri. Non serve a nulla sottovalutare e tentare di smussare l’irresponsabilità del Ministero per lo Sviluppo Economico che ha impegnato le risorse destinate al polo del salotto all’intesa di programma per il salvataggio del gruppo Merloni secondo quanto ha annunciato il Ministro Paolo Romani in occasione della campagna elettorale a Nocera Umbra a favore dei candidati del Pdl. Si tratta invece – sottolinea Benedetto – di attrezzarsi adeguatamente e senza atteggiamenti di inferiorità per fronteggiare l’atteggiamento del Governo e di sconfiggere la “furbizia” di quei ministri e parlamentari del Pdl che invocano il ddl Sviluppo e il Piano Sud come strumenti di intervento per il rilancio del polo murgiano del mobile». Al tavolo convocato alla Regione oltre all’assessore Restaino hanno preso parte parlamentari, consiglieri regionali, la Provincia di matera, amministratori e rappresentanti del Comitato di distretto del mobile imbottito, di Api e Confindustria e dei sindacati Cgil, Cisl e Uil.

Belluno: bilancio provinciale, si riapre la caccia ai soldi
La Lega promette impegno e scarica la responsabilità sul Pdl
BELLUNO. Tutti in movimento per salvare il bilancio della Provincia. A distanza di oltre due mesi dal primo allarme lanciato dall'amministrazione Bottacin, il governo è ancora latitante, ma gli esponenti di Lega Nord e Pdl tornano a promettere il loro impegno. Cosa abbiano fatto in questo periodo non è chiaro ma, visto che il risultato non è stato raggiunto, o l'impegno è stato scarso o manca l'influenza politica.
 Il segretario provinciale del Carroccio Diego Vello attacca gli alleati del Pdl: «Per quanto concerne la situazione economica in seno all'amministrazione provinciale dovuta, in parte ai tagli governativi e all'eredità lasciataci da Reolon e dalla passata amministrazione di centro sinistra, la segreteria provinciale sta seguendo da vicino il problema con i propri rappresentanti ad ogni livello. Si precisa che, per quanto riguarda i temi di finanza pubblica, l'assessore competente è del Pdl tanto quanto il ministro che siede a Roma, l'augurio è che la nostra alleanza si dimostri di fronte anche a questi problemi a tutela della nostra provincia e degli oltre 54 mila elettori che hanno scelto il centro destra come nuova forza di governo in Provincia».
 A questo punto però la situazione diventa paradossale, visto che Roma, Venezia e Belluno sono governate da una filiera di centrodestra e tanto disinteresse per una amministrazione amica non si era mai visto. Inevitabile la domanda a Vello: tutti i segnali lasciano intendere che stiate scaricando Bottacin, perché? «E' una domanda pretestuosa per far credere che la Lega sia divisa, non c'è nulla di vero. E' interesse della Lega governare questa provincia e continuare a crescere».
 Sulla base di queste parole, quindi, c'è da credere che negli ultimi due mesi ogni leghista bellunese con una carica abbia cercato soldi per Palazzo Piloni. Soldi che non arrivano «per colpa del Pdl». Allora è il Pdl a voler scaricare Bottacin, o forse la Lega Nord per intero.
 Nel frattempo interviene anche il vicepresidente del consiglio regionale, il leghista Matteo Toscani. La Regione ha già fatto la sua parte, recuperando almeno la metà dei tagli subiti dall'ente Provincia, ma Toscani vuole far suonare di nuovo la sveglia, convocando una riunione con tutti quelli che possono fare qualcosa. Il consigliere regionale replica anche all'attacco di Sergio Reolon, consigliere regionale del Pd e ex presidente della Provincia: «Se c'è qualcuno che non ha nessuna colpa del buco da otto milioni di euro, questo è Bottacin. Il buco è causato dai tagli ai trasferimenti statali ma, se proprio vogliamo cercare responsabilità ai problemi della Provincia, ne ha senz'altro di più lo stesso Reolon». (i.a.)

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