venerdì 27 maggio 2011

Le agenzie di rating sono gli aruspici d'oggidì



 di Sergio Luciano – Italia Oggi
Marco Tullio Cicerone si chiedeva, in una delle sue «Lettere», come facessero gli aruspici a incrociarsi per le strade di Roma, guardarsi negli occhi e non scoppiare a ridere in faccia l'un l'altro: come fanno, tra di loro, i complici di una burla ai danni di una vittima inconsapevole. Gli aruspici, si sa, erano gli indovini che promettevano di predire il futuro scrutando il volo degli uccelli, le viscere delle vittime dei sacrifici e simili amenità. Il laico Cicerone, che non credeva ai loro vaticini, li fustigava così da par suo. Ebbene, dopo le clamorose prove di miopia se non addirittura incompetenza che molti analisti delle società di rating hanno dato nei mesi precedenti la crisi finanziaria del 2008-2009, fa veramente specie che la comunità finanziaria, e soprattutto i mercati, continuino a considerare con tante attenzione i voti espressi da queste entità, soprattutto le prime tre, Standard & Poor's, Moody's e Fitch. È del tutto evidente che non ci prendono quando serve, ovvero che reiterano giudizi ovvi quando è del tutto superfluo farlo. Spesso non convergono nelle valutazioni, come nel caso dell'outlook sull'Italia, negativo per S&P e stabile per Moody's e Fitch, il che se da un lato fa pensare che non ci sia un «cartello» tra esse dall'altro dà l'idea che le loro valutazioni siano basate su criteri aleatori e discutibili, fin troppo discutibili, in materia economica. Insomma, se i loro rating fossero considerati soltanto degli indicatori interessanti, tra molti altri, per formarsi un'idea della situazione di imprese e nazioni non ci sarebbe nulla di patologico; diventa inquietante vederli considerati invece ancora come degli oracoli. Tanto più che, contro i tre leader storici di questo piccolo mercato, si sta sempre più spesso schierando la Dagong Global Credit Rating, l'agenzia di rating cinese, che sei mesi fa tagliò il rating del debito Usa e due giorni fa l'ha rifatto con la Gran Bretagna: come la pensino i principali investitori finanziari del mondo è rilevante per chiunque, e visto che i cinesi hanno deciso di «non fidarsi più» di S&P, Moody's e Fitch e di far da sé, le tre big storiche avrebbero dovuto essere considerate automaticamente a loro volta declassate. La verità è che i mercati finanziari mondiali sono isterici, oppressi da incertezze senza precedenti dal Dopoguerra a oggi, e tremano a ogni segnale critico: figuriamoci di fronte a dei rating negativi. Anche per questo ha ragione Elio Lannutti, leader storico dei risparmiatori associati italiani con l'Adusbef, ad auspicare che il prossimo G8 ridimensioni «lo strapotere delle agenzie di rating». Ma non c'è da farsi illusioni: non accadrà.
 

Nessun commento: