martedì 31 maggio 2011

Federali Sera-31 maggio 2011. Fa un certo effetto sentire Santoro che dà dell'analfabeta a Sgarbi.----Bozen. Durnwalder ha detto di aver trovato un centinaio di nomi italiani che veramente nessuno conosce.----Palermo. La sorella della première dame francese sui fatti di Lampedusa: Non ho visto le immagini di Lampedusa, ma penso che lì sia successo qualcosa di violentissimo, di insostenibile con tutti i morti che ci sono stati anche fra mamme e bambini.----Mirano. Gli abitanti che dovranno gettare la spazzatura con la chiave saranno in tutto 6.608.

007 italiani, in go:
Libia, ex generale: a Gheddafi resta 20 per cento capacità militari

Ma e’ come l’altra?:
L'attrice Bruni Tedeschi contro Sarkozy: «Sui migranti governo francese sbaglia»
Belgio, Coene: B. centrale non compra debito Grecia, Portogallo e Irlanda

Forza Luis, Fitto non sa cos’e’ un toponimo. E’ peggio di te, ma non molto:
Bozen. Durnwalder: "Decine di nomi italiani sconosciuti e inutilizzati in Alto Adige"
Bozen. Durnwalder: "Italiani stufi".
Bozen. Via dalla crisi con la ricerca.
Mirano. Arrivano i cassonetti a chiave

Effetto Laurea in Filosofia:
Fa un certo effetto sentire Santoro che dà dell'analfabeta a Sgarbi



Libia, ex generale: a Gheddafi resta 20 per cento capacità militari
A Roma gli 8 ufficiali che hanno defezionato grazie all'impegno degli 007 italiani
Roma, 30 mag (Il Velino) - Al regime di Gheddafi non resta più del 20 per cento delle sue capacità militari. Ne è convinto il generale libico Malud Assud Halasi, uno degli otto ufficiali che hanno deciso di defezionare dalle fila delle truppe fedeli al Rais e di schierarsi con il Consiglio nazionale di transizione (Cnt). Lo ha affermato durante una conferenza stampa a Roma all’hotel Parco Tirreno a cui hanno partecipato alcuni membri del Cnt e gli altri militari che hanno defezionato. Per l’alto ufficiale, il colonnello potrebbe contare ormai solo su qualche centinaia di soldati e alcune decine di generali. Inoltre, il sistema di telecomunicazioni tra le forze governative sarebbe stato compromesso e di conseguenza, molte unità sono rimaste isolate. “Noi chiediamo pietà per i martiri che sono caduti in difesa nella libertà e sosteniamo i difensori della dignità e dell'orgoglio della Libia”, ha aggiunto un altro generale, che ha chiesto ai suoi colleghi dell’esercito e delle forze di polizia di aderire alla Rivoluzione del 17 febbraio e di schierarsi con il popolo.
“Ci ha spaventato quello che il nostro popolo subisce - ha spiegato l’ufficiale -: tante uccisioni, un genocidio, le violenze contro le donne libiche in tantissime città, tutto quello che abbiamo visto con i nostri occhi e che ci è stato chiesto di fare contro i figli del nostro popolo”. La defezione degli “Otto” (cinque generali, due colonnelli e un maggiore) “premia anche il lavoro attento, competente e determinato della nostra intelligence e delle varie articolazioni istituzionali italiane”, ha spiegato il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, introducendo la conferenza stampa. Gli otto fanno comunque parte di un gruppo più ampio, composto da 120 militari, che ha lasciato la Libia e che ha deciso di schierarsi con il Cnt, ha aggiunto l’ex ministro degli Esteri libico Abdel Rahman Shalgam, durante il suo intervento.
(red/est) 30 mag 2011 18:17

L'attrice Bruni Tedeschi contro Sarkozy: «Sui migranti governo francese sbaglia»
La sorella della première dame francese sui fatti di Lampedusa: «Lì successo qualcosa di violentissimo»
PALERMO - «Non ho visto le immagini di Lampedusa, ma penso che lì sia successo qualcosa di violentissimo, di insostenibile con tutti i morti che ci sono stati anche fra mamme e bambini». Così l'attrice e regista Valeria Bruni Tedeschi sorella della première dame francese Carla Bruni, oggi a Roma per la presentazione di «Tutti per uno» (di cui è protagonista), il film di Romain Goupil, in uscita il primo giugno, che racconta il dramma dei sans papiers dalla prospettiva dei bambini.

SARKOZY VERGOGNOSO - Un giudizio sulla politica francese rispetto ai respingimenti è venuto dal regista: «Il modo di reagire del governo francese e di Sarkozy», ha detto Goupil, «è stato vergognoso, quello che aveva fatto il governo italiano concedendo dei permessi temporanei era ciò che avrebbe dovuto fare tutta l’Europa. Quello che sta succedendo in Paesi come Egitto, Tunisia, Libia, e speriamo anche in Siria, è uno sconvolgimento grande come quello del Muro di Berlino. L’Europa dovrebbe avviare delle politiche per aiutare questi Paesi. Non voglio fare una classifica di chi è peggio tra Berlusconi e Sarkozy, ma il governo francese si è comportato nel modo sbagliato». Valeria Bruni Tedeschi, cognata del primo ministro francese Sarkozy, sul tema si è limitata a dire: «Io la penso come lui».

Belgio, Coene: B. centrale non compra debito Grecia, Portogallo e Irlanda
La Banca centrale belga non sta più acquistando titoli di Stato di Grecia, Portogallo e Irlanda. Lo ha dichiarato Luc Coene, governatore della Banca centrale belga, all'assemblea degli azionisti dell'istituto. Coene fa parte anche del Consiglio direttivo della Bce. La Banca centrale belga detiene 5,3 miliardi di euro di titoli di Stato greci, portoghesi, irlandesi e spagnoli e nel caso in cui uno di questi Paesi andasse in default le perdite non sarebbero compensate dallo Stato belga, ha spiegato il vice governatore Mathias Dewatripont.
Tra i titoli detenuti dalla Banca centrale belga, quelli greci ammontano a 700 milioni di euro, mentre la quota di quelli irlandesi è pari a 1 milioni di euro. "Ci sono problemi nei Pigs", ha aggiunto Dewatripont ma nel complesso "il valore di mercato dell'intero investimento è molto stabile".

Bozen. Durnwalder: "Decine di nomi italiani sconosciuti e inutilizzati in Alto Adige"
Nella proposta della commissione d'esperti Durnwalder ha detto di aver trovato ''un centinaio di nomi italiani che nessuno conosce''. ''La cosa più sensata sarebbe indicare i toponimi utilizzati dalla gente del posto".
BOLZANO. ''Sono davvero tanti i toponimi italiani in Alto Adige che non vengono utilizzati''. Lo ha detto il governatore altoatesino Luis Durnwalder che nelle prossime ore invierà al ministro Raffaele Fitto la sua proposta per la regolamentazione del bilinguismo per la segnaletica di montagna.
Nella proposta elaborata nei mesi scorsi dalla commissione d'esperti Durnwalder ha detto di aver trovato ''un centinaio di nomi italiani che veramente nessuno conosce''.
''La cosa più sensata - ha aggiunto - sarebbe indicare i toponimi effettivamente utilizzata dalla gente del posto''. 30 maggio 2011

Bozen. Durnwalder: "Italiani stufi".
Biancofiore: "Colpa dei notabili Pdl"
''Gli italiani - ha aggiunto il governatore - hanno bisogno di un governo stabile, che si occupi dei problemi reali del Paese". Per la deputata bolzanina la sconfitta va attribuita alle scelte dei notabili del partito, alle quali Berlusconi si sarebbe adeguato per quieto vivere.
BOLZANO. ''Berlusconi ultimamente ha veramente esagerato. Come dimostrano i ballottaggi gli italiani si sono stufati del fatto che tutta la politica gira solo intorno ai suoi interessi e alle sue vicende private''.
 Lo ha affermato il governatore altoatesino Luis Durnwalder, che da 22 anni guida la Provincia. ''Gli italiani - ha aggiunto - hanno bisogno di un governo stabile, che si occupi dei problemi reali del Paese''.

 Sulla vicenda interviene anche la deputata bolzanina del Pdl Michaela Biancofiore. ''Vince l'antipolitica _ dice _ e sbaglia chi in queste ore attribuisce la sconfitta del centro destra a Berlusconi nel continuo miraggio della sua morte politica e chi afferma che ha vinto il Pd ,quando mai come in questa tornata è stato tanto marginale. Nessuno dei candidati a sindaco ,infatti, è stato scelto dal presidente del Consiglio e presidente del partito. La scelta dei candidati e della conduzione della campagna elettorale è stata perlopiù dei notabili del partito, spesso attraversati dalla supponenza di coloro che vincono sempre per meriti altrui senza avere voti propri''.

 ''Berlusconi - prosegue - è stato il caso anche di Bolzano e Merano un anno fa, cede per quieto vivere alle pressioni ossessive e asfissianti di alcuni suoi vertici che non ne rispettano la sua volontà e il suo intuito politico, per piazzare pervicacemente i loro uomini ai puri fini di un potere personale che nulla ha a che fare con l'interesse dei cittadini. E questo modus operandi, offusca completamente il profilo berlusconiano del Pdl ,che la sinistra ha viceversa fatto proprio. Pisapia e De Magistris , sono infatti andati oltre i loro partiti ,assumendo quell'aspetto di ricambio rivoluzionario tipico del berlusconismo stile 1994.

 A quello dobbiamo tornare. Berlusconi - conclude - deve rifondare da domani il partito e soprattutto riprenderlo in mano in via esclusiva avvalendosi non di persone compiacenti ma di coloro che gli vogliono bene''. 30 maggio 2011

Bozen. Via dalla crisi con la ricerca.
di Francesco Palermo
 Solo vent’anni fa l’Alto Adige era un deserto per la ricerca. Mancavano università, centri di ricerca, incubatori di innovazione economica, e singole iniziative pur lodevoli non potevano certo colmare il vuoto. Il territorio rischiava di restare gravemente indietro rispetto ai vicini più prossimi, il Trentino e il Tirolo.
 Che iniziavano a investire massicciamente in ricerca e formazione. Chiuso il Pacchetto, le cose cambiarono rapidamente. L’ultimo treno stava passando, ci si è accorti di dover salire e fortunatamente lo si è fatto. Dando vita prima all’Eurac (pensando inizialmente di poter impedire così l’università), poi all’università, e più di recente agli incubatori più direttamente legati al trasferimento tecnologico e al sistema delle imprese, come il TIS, il BIC, la sede Fraunhofer, il futuro parco tecnologico.
 La coincidenza temporale con la chiusura del pacchetto non è casuale: la vicenda della ricerca in Alto Adige è indissolubilmente legata alla fase post-pacchetto, all’autonomia dinamica di cui rappresenta la punta più avanzata. E oggi la ricerca, proprio come l’autonomia, si trova di fronte a una crisi di identità e di crescita. Come l’autonomia degli ultimi anni, infatti, anche la ricerca ha compiuto passi rapidi e importanti, facendo dell’Alto Adige un centro di eccellenza mondiale in alcuni settori, non a caso soprattutto quelli legati alle specificità istituzionali, culturali e geografiche del “sistema Alto Adige”. Il tutto con costi molto ridotti, intorno all’1% del bilancio provinciale. Soldi che tra l’altro creano ritorni fiscali e indotto economico: gli enti pagano le tasse, i ricercatori che operano in Alto Adige spendono qui il loro stipendio, e i molti che vengono per iniziative
di alto livello arricchiscono immensamente il territorio, anche economicamente.
 Così come l’autonomia dell’ultima fase, il sistema della ricerca ha funzionato perché fondato su una crescita costante e su buoni risultati. Quando sono iniziate le difficoltà, specie legate alla crisi economica, sono però venute fuori anche le domande di fondo, e l’incertezza delle risposte. Dove si vuole andare? Quale modello di autonomia vogliamo? Quale modello di ricerca? E quale modello di autonomia della ricerca? Su queste domande si sta scontando una crisi di progettualità, che negli ultimi mesi ha visto succedersi diversi episodi importanti: i tagli ai bilanci, che hanno colpito la ricerca in modo assai maggiore rispetto alla contrazione complessiva del bilancio provinciale, le richieste delle imprese, le vicende legate al rinnovo del Consiglio di amministrazione dell’E urac e ai rapporti con l’università, il nuovo ruolo del potere politico. Tutto deriva da una mancanza di chiarezza rispetto al ruolo dell’alta ricerca nel sistema Alto Adige, a sua volta dovuta alla più generale incertezza rispetto al futuro complessivo di questa terra. Se non sappiamo dove vogliamo andare e cosa vogliamo diventare, difficilmente sapremo come farlo. E la ricerca è lo strumento, non il fine, dello sviluppo di un territorio.
 Come per l’autonomia nel suo complesso, anche nella ricerca, in questa fase di transizione, si contrappongono idee diverse, che cercano di imporsi in uno scontro nemmeno tanto latente. Il mondo imprenditoriale spinge molto perché passi (e sta passando) l’idea che ricerca e innovazione in tanto siano utili e da promuovere in quanto abbiano immediate ricadute per le imprese, possibilmente facendo finanziare l’innovazione e il trasferimento tecnologico (cioè ciò che dovrebbero fare in primo luogo le aziende) al sistema pubblico, per ottenere in altra forma ciò che prima erano gli aiuti diretti. Ovviamente questa è una funzione importante della ricerca, proprio perché essa è un sistema, non un’attività isolata, e deve beneficiare il territorio e da questo deve trarre beneficio. Quindi è essenziale che la ricerca presti attenzione al territorio e che l’ amministrazione la incentivi a vantaggio dell’intero sistema, incluse ovviamente le imprese.
E proprio per questo, però, sarebbe miope guardare alla ricerca solo in relazione alle imprese. Il collegamento è vitale, ma funziona solo se la ricerca resta qualcosa di più ampio, e se si capisce che l’innovazione non è solo industriale, ma anche istituzionale e culturale. Anche perché, senza un sistema di ricerca complessivo, non si realizzano nemmeno i brevetti industriali. Tutte le esperienze del mondo dimostrano infatti che i territori più favorevoli alle imprese sono quelli con una politica complessiva della ricerca. Altrimenti è come dare il pesce all’a ffamato invece di insegnargli a pescare.
 Poi c’è il ruolo della politica. Ad essa spetta di delineare lo sviluppo strategico del territorio. Cosa vogliamo essere tra vent’a nni? E come arrivarci, sapendo che la ricerca ha un ruolo determinante nel processo di trasformazione sociale? Vogliamo essere un piccolo atollo autoreferenziale formando solo i quadri di domani, vogliamo avere una ricerca di alto livello ma politicamente orientata (è possibile: Cina e Russia insegnano), o vogliamo mantenere e aumentare l’eccellenza internazionale in settori strategici? Sono domande che anche altrove si pongono: a Trento la “ provincializzazione” dell’università sta creando nuove opportunità e anche rischi di interferenza, e anche lì la fase attuale è di forte transizione - anche se il Trentino investe in ricerca più del doppio dell’Alto Adige. Le crisi di crescita sono normali e spesso produttive. Ma se durano troppo non si cresce più. E non ce lo possiamo permettere.

Mirano. Arrivano i cassonetti a chiave
Mirano. Si parte a giugno, interessate quasi tremila famiglie
di Filippo De Gaspari
MIRANO. Raccolta dei rifiuti, rivoluzione in arrivo a Mirano: dal primo giugno per aprire i cassonetti ci vorrà la chiave. Il Comune ne ha distribuite a migliaia nei giorni scorsi, istruendo gli utenti interessati dalla nuova procedura durante tre serate.  In questi giorni Comune e Veritas stanno predisponendo le nuove isole ecologiche. La novità dunque parte alle soglie dell'estate, anche se per i primi giorni il Comune intente mantenere a fianco dei nuovi contenitori i cassonetti tradizionali, per abituare gradualmente i residenti al nuovo corso. A essere interessati dal nuovo sistema di raccolta sono 2.494 utenze, di cui 211 non domestiche, tutte situate nella fascia sud del territorio: Vetrego, Ballò, Scaltenigo e alcune vie di Campocroce, in pratica quasi il 40% del territorio. Gli abitanti che dovranno gettare la spazzatura con la chiave saranno in tutto 6.608. Veritas sta predisponendo 65 nuove isole ecologiche con contenitori a calotta, dove solo i residenti, attraverso la chiave elettronica consegnata dal Comune, potranno gettare l'immondizia, come avviene in alcune zone di montagna. A spiegare cosa cambia sono stati nei giorni scorsi l'assessore ai Servizi al cittadino Lucio Dalla Costa, il consigliere delegato all'Ambiente Filippo Mion, Stefano Varotto di Veritas e Silvio Silvestri per il Comune. Qualche dubbio è emerso sulla dislocazione delle nuove isole ecologiche in via don Orione, a causa della strada troppo stretta in alcuni punti. Per il resto servirà del tempo per conoscere il gradimento dei cittadini. Il Comune ha deciso di intraprendere la strada dei contenitori a calotta dopo i positivi riscontri arrivati dai comuni limitrofi che adottano il sistema già da qualche tempo, come Mira e S. Maria di Sala e raggiungere entro il 2012 il 65% di raccolta differenziata, come imposto dalla legge (oggi Mirano non supera il 45%). Fino al 30 giugno per informazioni e segnalazioni ci si potrà rivolgere al numero 041.7291944, dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 12. 

Fa un certo effetto sentire Santoro che dà dell'analfabeta a Sgarbi
 di Ishmael  
Michele Santoro, col suo occhio più spiritato, ha dato dell'«analfabeta culturale» a Vittorio Sgarbi, che dopo la recente disavventura televisiva qualche epiteto poco gradevole (vanesio, per esempio, e farfallone) certamente lo merita, ma non quello d'analfabeta, e per di più culturale. «Analfabeta culturale», fateci caso, non significa niente; è un'espressione tracotante ma vuota, e soltanto un semicolto può pensare che si tratti d'un insulto. Senza offesa, ma c'è qualcosa della «capra», come forse direbbe Sgarbi esibendosi in uno delle sue burattinate da tarantolato, e forse c'è qualcosa persino dell'analfabeta culturale, in chi ha concepito l'epiteto «analfabeta culturale». Non che il Masaniello d'Annozero, o chi gli scrive i monologhi, abbia sempre torto, intendiamoci.

Per esempio ha ragione quando dice che non si fa «una televisione culturale», come ha tentato di fare Sgarbi, buttando lì una mezza citazione da Pier Paolo Pasolini oppure dedicando qualche distratto commento all'artista Tale (o Talaltro, a piacere) prima d'infliggere al pubblico di Rai1, in prima serata, mezz'ora in diretta col giovane Sgarbi jr (un incubo, e immagino anche per il povero ragazzo, non soltanto per i telespettatori). Ma se questa «televisione culturale» è da ridere per non piangere, allora come la mettiamo con l'idea di televisione culturale coltivata dal giacobino de noantri che sfoggia virtuismo (non virtù) dai teleschermi di Rai2 ogni giovedì sera che il ciel ci manda?

Che dire, per esempio, di quel nullatenente culturale di Roberto Benigni che butta lì (come ridere, al Festival di Sanremo, dove capita, da una parola in su) interi Canti della Divina Commedia? E cosa dire di quei saltafossi culturali di Roberto Saviano e Dario Fo che, più avventurosamente ancora, buttano lì se stessi, senza vergogna: un po' di gramelot scatologico tanto per gradire, un capoverso o due di Gomorra per farsi venire sonno? Una volta, con queste orecchie, ho sentito quel bisognoso d'affetto culturale di Fabio Fazio spiegare con un sorrisetto altezzoso a Bill Gates (dicesi Bill Gates) che Noi Europei abbiamo interessi più filosofici di quei sempliciotti d'americani (che saranno mai Windows o Moby Dick a fronte d'un libro sull'Eros d'Eugenio Scalfari o d'un editoriale pro Strauss-Khan, quel caro amico, vittima del puritanesimo yankee, di Barbara Spinelli?)

Sgarbi è risaputatamente un rompiballe. Ma almeno qualche bel libro l'ha letto. Mentre questi qua, Santoro e i suoi alfabetizzati culturali, non sono mai arrivati nemmeno in fondo a un paginone culturale di Repubblica, e mica perché sono noiosi, ma perché non li capiscono (sono «difficili», peggio d'un sudoku, come direbbero compiaciuti gli autori, loro sì sempliciotti, di simili lenzuolate).

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