giovedì 5 maggio 2011

Irlanda Grecia Portogallo, piani di salvataggio a confronto





Portogallo. Le gambe corte di Lisbona
A prima vista, le condizioni imposte al Portogallo per il salvataggio Ue-Fmi sono meno pesanti che nel caso della Grecia per quanto riguarda il risanamento dei conti pubblici e meno onerose dei tassi d'interesse richiesti all'Irlanda. Per le privatizzazioni, c'è un programma leggero: gli introiti previsti sono un decimo di quanto chiesto alla Grecia. In parte questo dipende dalle condizioni del debito portoghese, nettamente inferiore a quello greco, e delle banche lusitane, non in bancarotta come quelle irlandesi. Ma anche dall'accettazione della realtà da parte dei negoziatori europei e dell'Fmi: anche con una stretta fiscale meno severa, l'economia portoghese accuserà una contrazione del 2% quest'anno e il prossimo. Ed è inutile mettere sulla carta privatizzazioni di dimensioni che non hanno alcuna chance di essere raggiunte.
 Piuttosto, la soluzione del vero problema del Portogallo, la crescita stagnante già da oltre un decennio, è affidata a riforme strutturali che i partiti portoghesi, di entrambi gli schieramenti, hanno rifiutato di fare negli ultimi 15 anni, consegnando il Paese al disastro attuale. Che il Governo che uscirà dal voto del 5 giugno abbia la volontà e la capacità di farle resta un atto di fede.

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