domenica 22 maggio 2011

Standard & Poor's. Italia: un circolo vizioso che avrebbe bisogno di cure mirate, e non solo di una politica fatta da persone con l’obiettivo di farsi eleggere o rieleggere.



S&P: politica e fisco paralizzanti, nonostante Tesoro smentisca
Le funeree previsioni di S&P. L'agenzia di rating Standard & Poor’s, come è noto, ha rivisto venerdì dando una nuova valutazione al ribasso le tendenze (outlook) dell'Italia: da stabile a negative le sue finanze. Il ministero del Tesoro ha sminuito, sottolineando che Ocse e Fondo Monetario internazionale non la pensano così, ma anzi hanno espresso pareri molto più ottimistici. Si è parlato, nella nota trasmessa di S&P al mondo della finanza, di maggiorazione dei rischi legati al piano di riduzione del debito pubblico, crescita economica potenzialmente più debole del previsto, e di un possibile “stallo politico” a causa dell’attuale governo italiano, che in assenza di riforme necessarie all’economia, ed in presenza di costanti incertezze da donare al pubblico, metterebbe l’Italia in così serie difficoltà che, sempre a detta degli esperti di S&P, nemmeno per il 2014 la riduzione del debito pubblico avrà raggiunto risultati apprezzabili se l’andamento continua ad esser questo.

I numeri. Infatti le pericolanti prospettive di crescita derivano, secondo S&P, dalla mancanza di impegno politico nella deregolamentazione del mercato del lavoro, e dalla mancata introduzione di riforme per aumentare la produttività. La nota continua parlando perfino di colli di bottiglia da cui uscire, e di rigidità dell'economia. L'Italia infatti è costretta a non ricorrere a svalutazioni che la renderebbero competitiva, dato che è inserita nell'Unione Monetaria Europea. Inoltre la sua limitata flessibilità fiscale, causata dall’ormai molto elevato livello di indebitamento, fanno il resto. Standard & Poor's prevede dunque che l'indebitamento netto governativo raggiunga il 116% del pil nel 2011, che fu invece del 100% del pil nel 2007. L'agenzia di rating ha anche affermato che “la probabilità che l'Italia non riduca il debito governativo netto al di sotto del 113% del pil entro il 2014 è maggiore del 33%”. Secondo questa analisi, dopo la contrazione del 2008-2009 la ripresa economica in Italia è stata troppo debole, a causa della riduzione delle esportazioni, della già citata mancata riforma nel sistema che regola la produttività, ed deficit da 15 mesi a questa parte ha iniziato a crescere troppo rapidamente, il che è più preoccupante di quanto si voglia far credere, a detta dell’agenzia di rating.

Considerazioni sulla politica. Si parla dunque di costante erosione della competitività sul piano internazionale negli ultimi dieci anni, di debolezze strutturali che fanno parte del sistema Italia da molto tempo a questa parte, e che in questo pericolante momento vanno ad incidere radicalmente sulle possibilità di crescita, aumentando ulteriormente il debito che già paralizza attraverso il fisco la ripresa del mercato interno. In concreto, S&P ha scritto senza mezzi termini che le misure strutturali attuate nel 2010 dal governo italiano e quelle contenute nel Piano Nazionale di Riforma di recente stesura, “non siano sufficienti a stimolare la crescita nel medio termine”. Inoltre, la “fragilità” dell’attuale maggioranza al governo renderebbe “più impegnativa la tempestiva attuazione delle riforme strutturali”, dal momento che “il potenziale ingorgo politico potrebbe contribuire ad un rilassamento nella gestione del debito pubblico”.

I mancati benefici della domanda esterna. Eppure, nonostante tutte le negative considerazioni di cui sopra, sempre secondo l’analisi dell’agenzia S&P le possibilità ci sarebbero state: non si sarebbe dunque trattato né di sfortuna, né di crisi, né di periodo di recessione globale, ma solo di errori da parte del governo. Infatti, a detta degli esperti, c’è stato un rafforzamento della domanda esterna che avrebbe potuto far rifiorire molti settori, ma che invece li ha paralizzati a causa della bassa crescita della produttività, non potendo dunque il mercato italiano beneficiare del periodo potenzialmente augurale che si prospettava. Il mercato del lavoro italiano sarebbe di scarsa mobilità, ed il fisco poco flessibile, anche a causa del grave aumentare del debito pubblico. Un cane che si rincorre la coda, dunque. O, per meglio dire, un circolo vizioso che avrebbe bisogno di cure mirate, e non solo di una politica fatta da persone con l’obiettivo di farsi eleggere o rieleggere. Scelte azzeccate che l’Italia non è stata pronta a fare. Questo, in sintesi, è quanto appare oggi agli occhi del mondo.
S. K.

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