martedì 6 settembre 2011

Federali.Sera_6.9.11. Palermo, cinque miliardi di euro. A tanto ammonta l’esposizione finanziaria della Regione Siciliana. Cifre che ne fanno la seconda regione italiana per stock di debito, dietro soltanto alla Campania.----Verona, padania. Ma quello che ha scoperto il Nucleo di polizia tributaria non riguarda soltanto una truffa ai danni dello Stato italiano perpetrata in Argentina. Ci sono casi anche in Croazia, Tunisia e Marocco. E pure a Verona dove due anziani coniugi hanno continuato a chiedere l'assegno associale nonostante i loro redditi non fossero tanto bassi quanto prevede la legge per avere titolo a riscuotere l'assegno.----Svizzera, Generoso Chiaradonna: Due settimane fa si è sentito il grido di dolore degli industriali ticinesi che chiedevano proprio di legalizzare una misura tesa a pagare almeno i salari dei frontalieri in euro per diminuire i costi. Sempre più imprese infine dagli annunci sono passati ai fatti concreti aumentando l’orario di lavoro a parità di salario, ovviamente. Un modo rapido ed efficace – nel breve periodo – per recuperare la produttività persa con il tasso di cambio. Ma in realtà non è nient’altro che un vero e proprio taglio dei salari. Perché di questo si tratta.

Palermo. La Regione ha 5 miliardi di debiti
Verona, padania. Pensioni, truffa all'Inps da 200mila euro
Il Made in Italy reagisce e cresce all'estero
La forza del franco e il rischio deflazione


Palermo. La Regione ha 5 miliardi di debiti
Per esposizione finanziaria è seconda dietro la Campania Il maggior creditore è il ministero dell'Economia
PALERMO - Cinque miliardi di euro. A tanto ammonta l’esposizione finanziaria della Regione Siciliana. Cifre che ne fanno la seconda regione italiana per stock di debito, dietro soltanto alla Campania. Le cifre del debito siciliano sul nuovo numero di «ASud’Europa», settimanale del Centro Pio La Torre. Il maggior creditore della Regione è il Ministero dell’Economia: 2.550 milioni (pari al 54,4% del totale). Seguono il prestito contratto con la Cassa Depositi e Prestiti per 1.503 milioni (32,1%) del totale); i mutui accesi con la Banca europea degli investimenti per 358 milioni (pari al 7,6%) e i prestiti obbligazionari per 272 milioni (pari al 5,8%). Le posizioni debitorie a carico dello Stato sono costituite da mutui della Cassa Depositi e Prestiti per 216 milioni (pari al 55,5% del totale) e da mutui contratti con istituti bancari per 172 milioni (44,5%). Il debito complessivo dello scorso anno è risultato del 9% superiore rispetto a quello del 2009. Il costo sopportato lo scorso anno dalla Regione per il pagamento di interessi e rimborso della quota capitale dei propri prestiti è stato pari a 1,061 miliardi (di cui 226 milioni a titolo di interessi). La vita media del debito residuo, oggi è pari a circa 17 anni. Un incremento record se si pensa che due anni fa era peri a 14 e nel 2007 era pari a 7 anni.

Verona, padania. Pensioni, truffa all'Inps da 200mila euro
 DENARO E GIUSTIZIA. La Finanza ha scoperto anche alcune persone che si fingevano povere per incassare il contributo statale
 Tra i furbetti anche i figli di una donna morta da 16 anni, che incassavano regolarmente il vitalizio
06/09/2011
«Intascava» la pensione nonostante fosse morta nel 1995. Non soltanto. Il suo «spirito» ha anche chiesto un adeguamento della somma. Peccato che la deceduta fosse stata la moglie di un italiano che poi s'era trasferito in Argentina e che in quel Paese da anni, nell'ambasciata, ci fosse il generale Fabio Contini, ex comandante della guardia di Finanza locale. E che quindi il contatto tra Fiamme gialle veronesi e quelle argentine sia molto più frequente.
Ma quello che ha scoperto il Nucleo di polizia tributaria non riguarda soltanto una truffa ai danni dello Stato italiano perpetrata in Argentina. Ci sono casi anche in Croazia, Tunisia e Marocco. E pure a Verona dove due anziani coniugi hanno continuato a chiedere l'assegno associale nonostante i loro redditi non fossero tanto bassi quanto prevede la legge per avere titolo a riscuotere l'assegno.
INPS. Ieri mattina alla guardia di Finanza s'è tenuta una conferenza stampa cui ha partecipato anche il direttore dell'Inps Giovanni Martignoni per spiegare che cosa, in collaborazione tra istituto e finanzieri si sia potuto scoprire tra malversazione e truffa aggravata.
In tutto sono stati illustrati sei casi. Certo il più eclatante resta quello della signora argentina considerato l'anno di morte.
Qualcuno per lei ha percepito 16 anni di introiti non dovuti. E s'è pure preso la briga di chiedere un adeguamento. Infatti se il coniuge è titolato per percepire la reversibilità della pensione, altrettanto non lo è altro parente nel caso di decesso dell'avente diritto.
E queste persone che hanno recepito il denaro illecitamente adesso saranno perseguite penalmente.
FINTI POVERI. Non male comunque anche i due veronesi finiti poveri che hanno fatto letteralmente carte false per aver diritto all'assegno sociale, continuando a dichiarare redditi inferiori a quelli reali per mettere da parte altro denaro.
Per loro è scattata anche una denuncia penale. Non hanno dichiarato redditi per 35 mila euro.
Negli altri tre casi s'è trattato di persone straniere che avevano iniziato a percepire l'assegno sociale mentre vivevano in Italia, ma che avrebbero dovuto comunicare il loro rientro in patria e di conseguenza non avrebbero più riscosso denaro.
RECUPERO. Queste violazioni hanno generato indebite elargizioni da parte dell'Inps per un importo superiore a 200 mila euro.
A spiegare i dettagli dell'operazione sono stati ieri mattina il colonnello Bruno Biagi, il tenente colonnello Carlo Levanti e il direttore Martignoni che hanno evidenziato come diventi complicato fare le verifiche quando i soggetti eleggono domiciliazioni bancarie e facciano versare direttamente il denaro sui loro conti correnti. Difficile sì, impossibile evidentemente no.
 Alessandra Vaccari

Il Made in Italy reagisce e cresce all'estero
 COMMERCIO. A luglio l'export registra un +2,3% su base annua mentre l'import a è a -0,4%
 Boom del vino italiano su mercati emergenti (Russia e Cina) e in Usa (+21%) ma le vendite al dettaglio segnano un altro calo
06/09/2011
ROMA
A luglio il saldo commerciale con i paesi extra Ue è pari a -315 milioni, in leggero aumento rispetto al deficit di luglio 2010 (-232 milioni). Lo comunica l'Istat che ha diffuso la stima preliminare del commercio estero extra Ue a luglio. A luglio 2011 le esportazioni risultano in crescita rispetto al mese precedente (+2,3%), mentre le importazioni diminuiscono dello 0,4%. Nell'ultimo trimestre (maggio-luglio) la dinamica rispetto al trimestre precedente risulta positiva per le esportazioni (+2,1%) e negativa per le importazioni (-3,2%).
SALE IL DEFICIT ENERGETICO. La crescita tendenziale, pur mantenendosi su tassi positivi simili per importazioni (+8%) ed esportazioni (+7,6%), risulta in marcato rallentamento rispetto alla dinamica dei mesi precedenti. Il deficit del comparto energetico (-5,1 miliardi di euro) è più ampio rispetto ad un anno prima (-4,3 miliardi), ma l'avanzo nell'interscambio di prodotti non energetici cresce da 4 miliardi di luglio 2010 a 4,8 miliardi di luglio 2011.
L'aumento tendenziale delle esportazioni coinvolge tutti i principali comparti, con tassi superiori alla media per l'energia (+18,3%), i beni strumentali (+10,3%) ed i beni di consumo non durevoli (+8,9%). Anche nel mese di luglio le importazioni di energia (+19,4%) presentano un incremento superiore alla media. Per i prodotti intermedi si registra una dinamica positiva, seppure in marcato rallentamento rispetto ai mesi precedenti (+5,9%). Una marcata flessione delle importazioni si rileva, invece, per i beni di consumo durevoli (-11,2%).
RUSSIA IN PRIMIS. I mercati più dinamici all'export sono: Russia (+21,8%), Svizzera (+13,6%), Turchia (+12,8%) e Giappone (+11,8%). La crescita delle esportazioni è inferiore alla media verso i paesi Eda (+7,3%), gli Stati Uniti (+5,1%), che però registrano l'avanzo commerciale più ampio (1.034 milioni), i paesi Asean (+4,8%) e ampiamente negativo verso i paesi Opec (-11%). La crescita delle importazioni è sostenuta dagli acquisti dalla Russia (+70,2%), dall'India (+23,6%), dalla Turchia (+20,4%), dai paesi dellle economie dinamiche dell'Asia-Eda (+16,2%) e dai paesi dell'Asia sud orientale (+13,6%). In forte diminuzione sono le importazioni dal Giappone (-24,4%), da Svizzera (-9,6%) e dai paesi Opec (-6,9%).
BOOM DI VINO MADE IN ITALY. Sono più che raddoppiate (+126%) le esportazioni di vino italiano in Cina, dove la domanda si è fatta economicamente consistente. È quanto emerge da un'analisi della Coldiretti sul commercio estero, in occasione della divulgazione dei dati Istat. «Nei primi cinque mesi del 2011 le esportazioni di vino italiano, nonostante la crisi, sono cresciute del 15%», sottolinea la Coldiretti, precisando che l'aumento è il risultato di una crescita del 12% nei paesi dell'Unione Europea e del 21% negli Stati Uniti. «Straordinarie però - precisa la confederazione agricola - sono soprattutto le performance sui mercati emergenti come la Russia, che registra un balzo del 44% e la Cina. Se sarà mantenuto l'attuale trend di crescita, per le esportazioni di vino italiano nel 2011 - secondo la Coldiretti - sarà raggiunto il record storico di 4 miliardi, più della metà del fatturato complessivo».
VENDITE AL DETTAGLIO. A giugno l'indice destagionalizzato delle vendite al dettaglio, informa l'Istat, è diminuito dello 0,2% rispetto a maggio. Nella media del trimestre aprile-giugno 2011, l'indice ha registrato, rispetto ai tre mesi precedenti, una variazione negativa dello 0,1%. Nel confronto con maggio 2011, le vendite di prodotti alimentari registrano una variazione nulla e quelle di prodotti non alimentari diminuiscono dello 0,3%. Rispetto a giugno 2010, l'indice grezzo del totale delle vendite segna un -1,2%, le vendite di prodotti alimentari registrano una variazione nulla e quelle di prodotti non alimentari diminuiscono dell'1,8%.

La forza del franco e il rischio deflazione
di Generoso Chiaradonna - 09/03/2011
I problemi di bilancio nell’eurozona persistono e il leggero deprezzamento del franco che abbiamo conosciuto nelle ultime tre settimane è evaporato come neve al sole in soli tre giorni.
La valuta svizzera da ormai due anni, in un mondo dominato dall’incertezza, è vista come un porto sicuro dagli investitori di mezzo mondo in fuga soprattutto dall’euro, ma non solo. Il franco infatti si è apprezzato nei confronti di tutte le principali valute internazionali anche nei confronti dello yen giapponese. Per il momento gli effetti negativi sulle esportazioni sono ancora contenuti e non si hanno notizie di delocalizzazioni importanti anche se c’è già chi paventa una fuga in massa di tecnologia verso lidi più accoglienti dal punto di vista valutario.
Ma quanto possono ancora resistere a queste tentazioni gli industriali? Fino a quando la domanda nei mercati tradizionali di sbocco rimane sostenuta il livello delle esportazioni – come indicano anche gli ultimi dati disponibili – non dovrebbe scendere drasticamente.
I margini di guadagno però si stanno assottigliando in modo molto marcato. Gli effetti del franco forte si fanno sentire prima di tutto sui bilanci delle aziende votate all’esportazione.
Ma convivere con una situazione così degenerata dal punto di vista monetario sta già avendo degli effetti concreti sull’economia reale.
Anche se non ancora generalizzati, gli annunci di aziende che fissano a un tasso di cambio ‘politico’ i salari dei lavoratori frontalieri, si fanno sempre più pressanti. Due settimane fa si è sentito il grido di dolore degli industriali ticinesi che chiedevano proprio di legalizzare una misura tesa a pagare almeno i salari dei frontalieri in euro per diminuire i costi. Sempre più imprese infine dagli annunci sono passati ai fatti concreti aumentando l’orario di lavoro a parità di salario, ovviamente. Un modo rapido ed efficace – nel breve periodo – per recuperare la produttività persa con il tasso di cambio. Ma in realtà non è nient’altro che un vero e proprio taglio dei salari. Perché di questo si tratta. E se la situazione dovesse protrarsi ancora a lungo, magari con l’entrata in recessione dell’eurozona o degli Stati Uniti, lo spettro della deflazione per l’economia svizzera è dietro l’angolo.

Una diminuzione generalizzata non soltanto dei prezzi che nell’immediato potrebbe far piacere ai consumatori, ma anche dei salari e una spinta a tesaurizzare franchi svizzeri che alla fine potrebbe avere come conseguenza un lento declino del livello dei salari e un brusco processo di deindustrializzazione del panorama svizzero.

Come già detto dagli industriali ticinesi due settimane fa il ‘franco serve per lavorare e non per speculare’. Un ‘grido di dolore che rischia di rimanere tale’ se ad annunci di politica monetaria espansiva della Bns non seguono politiche economiche almeno di pari entità.

Nessun commento: