lunedì 20 dicembre 2010

Banca d’Italia: la poverta’ degli stranieri e l’indice di Gini

La ricchezza delle famiglie italiane – 2009


I principali risultati
· Alla fine del 2009 la ricchezza lorda delle famiglie italiane è stimabile in circa 9.448
miliardi di euro, quella netta a 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila euro in media per famiglia. Le attività reali rappresentavano il 62,3 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie il 37,7 per cento. Le passività finanziarie, pari a 860 miliardi di euro, rappresentavano il 9,1 per cento delle attività complessive.

· La ricchezza netta complessiva è aumentata tra la fine del 2008 e la fine del 2009 di circa l’1,1 per cento, per effetto di un aumento del valore delle attività finanziarie (2,4 per cento)
superiore a quello delle passività (1,6 per cento); le attività reali hanno registrato un rialzo
più lieve (0,4 per cento). A prezzi costanti, usando come deflatore quello dei consumi,
l’aumento della ricchezza complessiva è stato dell’1,3 per cento.

· Alla fine del 2009 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane poteva essere
stimata in circa 4.800 miliardi di euro. In termini reali la ricchezza in abitazioni è
aumentata rispetto alla fine del 2008 dello 0,4 per cento.

· Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010 la ricchezza netta delle famiglie
sarebbe diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, in seguito a una diminuzione
delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la
crescita delle attività reali.

· Secondo studi recenti, la quota di ricchezza netta mondiale posseduta dalle famiglie
italiane sarebbe pari al 5,7 per cento, superiore alla quota italiana del PIL e della
popolazione del mondo (rispettivamente pari a circa il 3 e l’1 per cento).

· Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano relativamente poco indebitate;
l’ammontare dei debiti è pari al 78 per cento del reddito disponibile lordo (in Germania e in
Francia esso è circa del 100 per cento, mentre negli Stati Uniti e in Giappone è del 130 per cento).

LA RICCHEZZA DELLE FAMIGLIE ITALIANE NELL’ANNO 2009
1. La ricchezza
Alla fine del 2009 la ricchezza netta delle famiglie italiane, cioè la somma di attività
reali (abitazioni, terreni, ecc.) e di attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle
passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), è stimabile in circa 8.600 miliardi di euro.
(Tavv. 1A e 3A)2 3.
La ricchezza netta complessiva, a prezzi correnti, è aumentata tra la fine del 2008 e la fine del 2009 di circa l’1,1 per cento (93 miliardi di euro), per effetto di aumenti delle attività
finanziarie (2,4 per cento) superiori a quelli delle passività (1,6 per cento), mentre le attività reali hanno registrato solo un lieve rialzo (0,4 per cento; Tav. 1A). In termini reali, l’aumento
della ricchezza complessiva rispetto alla fine del 2008 è stato dell’1,3 per cento (più di 100 miliardi di euro del 2009; Tav. 1A).

Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010, la ricchezza netta delle famiglie
sarebbe leggermente diminuita in termini nominali (-0,3 per cento) per effetto di una
diminuzione delle attività finanziarie e di un aumento delle passività, che hanno più che
compensato la crescita delle attività reali (Fig. 1).
La variazione della ricchezza complessiva in termini reali può essere attribuita a due
componenti: i capital gains, che esprimono le variazioni dei prezzi delle attività reali e finanziarie, al netto di quella parte attribuibile al deflatore dei consumi, e il flusso di risparmio al netto degli ammortamenti6. I capital gains nel 2009 sono stati positivi per circa 36 miliardi di
euro, principalmente per effetto del miglioramento dei corsi azionari avvenuto nel corso dell’anno7; il risparmio delle famiglie è ammontato a circa 70 miliardi di euro.
Nel periodo 1995-2009 il risparmio ha contribuito alla crescita del valore della
ricchezza netta per circa il 60 per cento, il restante 40 per cento è stato dovuto ai capital gains.
Il risparmio negli ultimi anni si è attestato attorno all’1 per cento della ricchezza netta e il suo contributo alla crescita della stessa ha avuto una variabilità più ridotta di quella dei capital gains
(Fig. 2).
Alla fine del 2009 la ricchezza netta è stata pari a 8,2 volte il reddito disponibile lordo,
valore, in aumento rispetto agli anni più recenti (era 6 nel 1995, 7 nel 1999, 8 nel 2007 e 7,8 nel 2008; Tav. 2A).
Alla fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia era stimabile in circa 350 mila euro.
La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione:
molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all’opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata. Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza – desunte dall’indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane indicano che alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva quasi il 45 per cento della ricchezza complessiva. L’indice di Gini, che varia tra 0 (minima concentrazione) e 1 (massima concentrazione), risultava pari a 0,613, sostanzialmente in linea con quello osservato nel 2006.

Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 pari al 3,2 per cento,
risulta invece in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi (Tav. 4A). Secondo le stime
disponibili, nel confronto internazionale l’Italia registra un livello di disuguaglianza della
ricchezza netta tra le famiglie piuttosto contenuto, anche rispetto ai soli paesi più sviluppati.
Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia è diminuita dello
0,3 per cento a prezzi correnti e dello 0,2 a prezzi costanti (Tav. 2A); sempre a prezzi costanti,
la ricchezza netta per famiglia è tornata su livelli di poco inferiori a quelli che si registravano
alla fine del 2005 (Fig. 3).
Alla fine del 2009 le attività reali (5.883 miliardi di euro; Tav. 1A) rappresentavano il
62,3 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie (3.565 miliardi di euro) il 37,7 per
cento e le passività finanziarie (860 miliardi di euro) circa il 9,1 per cento. Rispetto ai primi anni
del decennio la quota di ricchezza lorda in attività reali è cresciuta, mentre quella detenuta in
attività finanziarie ha subito una riduzione. La crescita della quota in passività finanziarie è stata
lenta ma costante
2. Le attività reali
A fine 2009 la quota di attività reali in abitazioni risultava pari a oltre l’82 per cento del
totale delle attività reali e quella in fabbricati non residenziali a meno del 6 per cento. Impianti,
macchinari, attrezzature, scorte e avviamento incidevano per poco meno del 6 per cento, mentre
i terreni e gli oggetti di valore ammontavano rispettivamente al 4 e al 2 per cento circa (Fig. 4).
La composizione delle attività reali ha subito modeste variazioni a partire dal 1995
(Tav. 3A); la quota in abitazioni è aumentata di 3,6 punti percentuali, mentre è diminuita quella
relativa ai terreni (-1,7), agli impianti, macchinari, scorte e avviamento (-1,4) e agli oggetti di
valore (-0,7). La quota dei fabbricati non residenziali è rimasta sostanzialmente invariata.
Alla fine del 2009 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane ammontava
a circa 4.800 miliardi di euro, corrispondenti a circa 200.000 euro in media per famiglia.
La ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2008 e la fine del
2009 di circa lo 0,3 per cento (circa 13 miliardi di euro), un valore molto inferiore al tasso
medio annuo del periodo 1995-2008 (circa il 6,3 per cento), a causa del rallentamento delle
quotazioni sul mercato immobiliare (Fig. 5)12. In termini reali, la variazione della ricchezza in
abitazioni rispetto al 2008 è risultata pari a circa lo 0,4 per cento.
Secondo i dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia del
Territorio, durante la prima metà del 2010 i prezzi degli immobili sono risultati sostanzialmente
stabili rispetto alla fine del 2009. Sulla base di queste e di altre informazioni13, si ipotizza un
incremento del valore della ricchezza in abitazioni per il primo semestre del 2010 inferiore all’1
per cento (Fig. 5).

3. Le attività finanziarie
Alla fine del 2009 il 44,2 per cento delle attività finanziarie era detenuto in obbligazioni
private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni, partecipazioni e fondi comuni di
investimento. Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano meno di un
terzo del complesso delle attività finanziarie; la quota investita direttamente dalle famiglie in
titoli pubblici italiani era pari a poco più del 5 per cento. Le riserve tecniche di assicurazione,
che rappresentano le somme accantonate dalle assicurazioni e dai fondi pensione per future
prestazioni in favore delle famiglie, ammontavano al 17,7 per cento del totale delle attività
finanziarie (Fig. 6).
Durante il 2009 è proseguita la ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme
di investimento più liquide, quali i depositi in conto corrente e il risparmio postale, le cui quote
di ricchezza finanziaria sono cresciute rispettivamente di 1,4 e 0,3 punti percentuali. Rispetto al
2008 si osserva comunque una riduzione della quota di ricchezza detenuta in titoli pubblici
italiani, pari a oltre 2 punti percentuali, mentre è cresciuta quella detenuta in azioni e partecipazioni (aumento della quota di oltre un punto percentuale). Più in particolare si osserva
una ricomposizione dei portafogli verso titoli esteri a discapito dei titoli italiani: la quota di
ricchezza finanziaria detenuta in obbligazioni e azioni estere è cresciuta di oltre un punto
percentuale mentre quella detenuta in obbligazioni e azioni italiane è diminuita di 1,8. Dopo la
forte riduzione di ricchezza detenuta in fondi comuni d’investimento osservata durante il 2008,
il 2009 vede una ripresa seppur debole di questo comparto (Tav. 3A).
Rispetto alla fine del 1995 la composizione delle attività finanziarie ha subito
significative variazioni, riconducibili principalmente all’aumento della quota di attività in
obbligazioni private italiane di 8,7 punti percentuali (dal 2,3 all’11 per cento) e di quella in
riserve tecniche di assicurazione di quasi 8 punti percentuali (dal 10 al 18 per cento). Di
converso, le quote di attività finanziarie in depositi bancari e in titoli pubblici italiani hanno
fatto invece registrare una forte diminuzione (rispettivamente dal 30 al 18 e dal 19 al 5 per
cento).
4. Le passività finanziarie
A fine 2009 le passività finanziarie delle famiglie italiane erano costituite per circa il 41
per cento da mutui per l’acquisto dell’abitazione; la quota di indebitamento per esigenze di
consumo ammontava a circa il 12,5 per cento14, quella per altri usi personali al 21,4 per cento. I
debiti commerciali e gli altri conti passivi15 costituivano circa il 22 per cento delle passività
delle famiglie (Fig. 7; Tav. 3A).
Tra la fine del 2008 e la fine del 2009 il valore dei mutui per l’acquisto dell’abitazione è
aumentato del 2 per cento, un tasso in forte decelerazione rispetto agli anni precedenti: tra la
fine del 2007 e la fine del 2008 era stato pari al 5 per cento; il tasso medio annuo di crescita tra
il 1995 e il 2007 a quasi il 17. Una decelerazione ha caratterizzato anche il credito al consumo,
dal 23 per cento in media nel periodo 1995-2007, al 6 e 4,7 per cento negli ultimi due anni.
Anche i debiti commerciali, dopo una repentina accelerazione tra la fine del 2007 e la fine del
2008 (+8,5 per cento, contro un tasso medio annuo pari a circa il 4 per cento tra il 1995 e il
2007), hanno subito una forte riduzione (-6,7 per cento) tornando sui livelli registrati alla fine
del 2007.
5. Il confronto internazionale
Alla fine del 2008 la ricchezza netta era pari a 7,8 volte il reddito disponibile lordo delle
famiglie italiane, rapporto in linea con quello della Francia (7,5) e del Regno Unito (7,7),
lievemente superiore a quello del Giappone (7), e significativamente superiore a quello del
Canada (5,4) e degli Stati Uniti (4,8) (Tav. 1).
Le attività reali detenute alla fine del 2008 dalle famiglie italiane erano pari a 5,4 volte
il reddito disponibile, un valore di poco inferiore a quello della Francia (5,7), in linea con quello
del Regno Unito (5,2), ma superiore a quello degli Stati Uniti (2,2), del Canada (3,3) e del
Giappone (3,4) (Tav. 1). Si conferma per l’Italia una maggiore propensione all’investimento
immobiliare, che riflette tra l’altro una struttura del sistema produttivo che vede la
preponderanza delle microimprese familiari, per le quali gli immobili sono anche capitale d’impresa.
Alla fine del 2008 le attività finanziarie delle famiglie italiane risultavano pari a oltre 3 volte il reddito disponibile, un rapporto inferiore a quello di Giappone, Stati Uniti, Regno Unito e Canada ma superiore a quello di Germania e Francia. Va peraltro ricordato che nei paesi anglosassoni la relativa minore rilevanza del sistema pensionistico pubblico implica un maggior
investimento in riserve tecniche di assicurazione. Sempre alla fine del 2008 l’ammontare di passività delle famiglie italiane era il 78 per cento del reddito disponibile, il valore più basso tra
i paesi considerati: tale rapporto risultava pari a circa il 100 per cento in Germania e Francia, il 130 per cento negli Stati Uniti e in Giappone, e il 140 e il 180 nel Canada e nel Regno Unito rispettivamente.

Secondo studi recenti, la ricchezza netta mondiale delle famiglie ammonterebbe a
circa 160.000 miliardi di euro. La quota relativa all’Italia sarebbe pertanto di circa il 5,7 per
cento; tale quota appare particolarmente elevata se si considera che l’Italia rappresenta poco
oltre il 3 per cento del PIL mondiale e meno dell’1 per cento della popolazione del pianeta.
L’Italia appartiene alla parte più ricca del mondo, collocandosi nelle prime dieci posizioni tra gli
oltre 200 paesi considerati nello studio, in termini di ricchezza netta pro-capite.
Il 60 per cento delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 90 per cento delle famiglie di tutto il mondo; quasi la totalità delle famiglie italiane ha una ricchezza netta superiore a quella del 60 per cento delle famiglie dell’intero pianeta.



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