giovedì 16 dicembre 2010

Fenomenologia di Fitto


L'uomo Fitto è in fondo, fra tutti, il più rispettato: non gli si chiede mai di diventare che ciò che egli non sia già. In altre parole gli vengono provocati desideri studiati sulla falsariga delle sue tendenze: diaria nababba, lauta pensione, rimborso spese a pie’ di lista, alberghi a cinque stelle, auto blu, scorta. L’impegno chiestogli, a fronte di questi desideri, prevede la contropartita di un cache’, per la partecipazione a cene elettorali, convegni di gruppi finanziari, riunioni di associazioni imprenditoriali, assemblee di volontari per qualcosa. Lo sforzo richiestogli e’ quello di invitare i gentili convitati – con fermezza e modi affabili - all’obolo per la Causa. I convitati – paganti di proprio il conto - sono li’ per tornaconto personale, abbarbicati alla voce del presidente in diretta telefonica, e vivono pure loro desideri, sulla falsariga delle tendenze emanate dall’atmosfera.
Tuttavia, poiché uno dei compensi narcotici, a cui ha diritto l’uomo, è l'evasione nel sogno, gli vengono presentati di solito degli ideali tra lui e i quali si possa stabilire una tensione.
Ma in sogno. Infatti, per togliergli ogni responsabilità si provvede però a far sì che questi ideali siano di fatto irraggiungibili, in modo che la tensione si risolva in una proiezione e non in una serie di operazioni effettive volte a modificare lo stato delle sue cose. Insomma, a Fitto gli si chiede di rimanere cosi’ com'è ora; in compenso gli si propone un’ideale. L'ideale di uomo di fiducia del Ministro Tremonti, per le faccende del Sud. Un superuomo che Fitto non pretenderà mai di diventare, ma che si diletta a impersonare fantasticamente, come si indossa per alcuni minuti davanti a uno specchio un abito altrui, senza neppur pensare di possederlo un giorno.

La situazione nuova in cui e’ posto al riguardo è questa: il ministro Tremonti non offre, come ideale in cui immedesimarsi, il superman ma lo every_yes_man. Tremonti presenta come realta’ dell’uomo di fiducia, l'uomo assolutamente medio.
La carta da gesso Gelmini appare sul palcoscenico e subito crea un mito e fonda un culto; la diafana Carfagna scatena rituali idolatrici e dà il nome all'epoca della mora. Fitto appare a più riprese col volto magico, ma il mito non nasce neppure; l'idolo non è costui, non e’ la sensuale Carfagna, ma la Gelmini, la più amata e famosa perche’ proprio quella che rappresenta meglio i caratteri medi: bellezza modesta, sex-appeal limitato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività. Piatta, poca vita, sempre quella.

Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. Se, secondo la nota boutade, la statistica è quella scienza per cui se giornalmente un uomo mangia due polli e un altro nessuno, quei due uomini hanno mangiato un pollo ciascuno — per l'uomo che non ha mangiato, la meta di un pollo al giorno è qualcosa di positivo cui aspirare. Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio, si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La "medietà" aristotelica è equilibrio nell'esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della "prudenza". Mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità.
Dunque, il caso più vistoso di riduzione dell’uomo qualunque all'every_yes_man lo abbiamo in Italia nella figura di Fitto, e nella storia della sua fortuna.

Votato da migliaia di persone, quest'uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l'unica virtù che egli possiede in grado eccedente) ad un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si politicizzi per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessun elettore qualunque, neppure il più sprovveduto.
L’elettore qualunque vede glorificato e insignito ufficialmente di autorità politica il ritratto dei propri limiti.
Per capire questo straordinario potere di Fitto occorrerà procedere ad un’analisi dei suoi comportamenti, ad una vera e propria "Fenomenologia di Fitto", dove, si intende, con questo nome è indicato non l'uomo, ma il personaggio.

Fitto non è particolarmente bello, atletico, coraggioso, intelligente. Rappresenta, biologicamente parlando, un grado modesto di adattamento all'ambiente. L'attenzione tributatogli da Tremonti va attribuita in parte al complesso filiale che il Fitto è capace di risvegliare, in parte alla prospettiva che egli lascia intravvedere di un’amante ideale, sottomesso e fragile, dolce e cortese.
Fitto non si vergogna di essere ignorante e non prova il bisogno di istruirsi. Entra a contatto con le più vertiginose zone del Potere padano e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale. Pone gran cura nel non impressionare, non solo mostrandosi all'oscuro dei fatti, ma altresì decisamente intenzionato a non apprendere nulla. Altresi’ pone gran cura e diligenza nel leggere quanto scrittogli per promemoria: “Molte volte - ha aggiunto Fitto - c'è il rischio che si dica di voler fare qualcosa, si assegnano ai diversi livelli istituzionali le risorse ma poi vengono disperse. Noi dobbiamo recuperare senso di responsabilità: ecco perché il piano per il Sud prevede che, quando gli impegni presi non vengono mantenuti, scatta il potere sostitutivo.”
In compenso il Ministro Fitto dimostra sincera e primitiva ammirazione per colui che sa, il Ministro Tremonti. Di costui pone in luce le qualità di memoria, la metodologia: si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quello che dicono. Non lo sfiora minimamente il sospetto di una funzione critica e creativa del Ministero a cui e’ preposto. Di essa ha un criterio meramente referenziale, ripetitivo, megafonale. In tal senso (occorrendo, per essere Ministro quanto Tremonti, aver letto per molti anni molti libri) è naturale che l'uomo non predestinato rinunci a ogni tentativo. E Fitto si adegua, con naturale scioltezza.
Il Ministro Fitto professa una stima ed una fiducia illimitata verso Tremonti; un professore è un dotto; rappresenta la cultura autorizzata. È il tecnico del ramo. Gli si demanda la questione, per competenza.

L'ammirazione per la cultura tuttavia sopraggiunge quando, in base alla cultura, si viene a gestire la distribuzione del denaro. Allora si scopre che la cultura serve a qualcosa. Fitto il mediocre, rifiuta di imparare ma si propone di far da mentore. Ai meridionali.
Il Ministro Fitto ha una nozione piccolo borghese del denaro e del suo valore, anticipa quindi, verso il tipo meridionale, le impietose riflessioni che il Ministro Tremonti sarà portato a fare: "Chissà come sarete contenti di tutti questi soldi, voi che avete sempre vissuto modestamente! Avete mai avuto tanto? No? Come spenderete tutti i soldini del Piano per il Sud?".
Fitto, come i bambini, conosce i meridionali per categorie e li appella con comica deferenza, usando tuttavia sempre la qualifica più volgare e corrente, spesso dispregiativa: "signor spazzino ma ora sindaco, ex contadino ora signor assessore, sarete capaci di mettere a profitto questi soldi?".
Fitto accetta tutti i miti della società romana, in cui vive: al primo Ministro bacia la mano e dice che lo fa perché si tratta del Premier.
Oltre ai miti accetta della società le convenzioni. È paterno e condiscendente con gli umili, deferente con le persone socialmente qualificate. Un politico vecchio stampo, di razza.
Elargendo denaro non suo, ma del governo, è istintivamente portato a pensare, senza esprimerlo chiaramente, più in termini di elemosina che di legittimita’. Mostra di credere che, nella dialettica delle ragioni, l'unico mezzo di ascesa sia rappresentato dalla provvidenza (che può occasionalmente assumere il suo volto).

Il Ministro Fitto parla un basic italian. Il suo discorso politico realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a tendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, non usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-positivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi elettore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più facondo di lui.
Non accetta l'idea che a una domanda di lavoro possa esserci più di una risposta negativa. Guarda con sospetto alle varianti. Fas Finanziaria e Piano per il Sud non sono la stessa cosa; egli reagisce di fronte ai dati come un cervello elettronico, perché è fermamente convinto che A è uguale ad A e che tertium non datur. Aristotelico per difetto, la sua pedagogia politica è di conseguenza conservatrice, paternalistica, immobilistica.

Fitto è privo di senso dell'umorismo. Ride perché è contento della sua realtà, non perché sia capace di deformarla. Gli sfugge la natura della sua paradossale condizione; se codesto quesito gli viene proposto, lo ripete con aria divertita e scuote il capo, sottintendendo simpaticamente l’anormalita’; rifiuta di sospettare che dietro il paradosso si nasconda la sua verità di uomo, comunque non la considera veicolo per l’opinione politica.
Evita la polemica, anche su argomenti leciti. Non manca di informarsi sulle stranezze dello scibile (una nuova corrente politica, una disciplina economica astrusa... "Mi dica un po', si fa tanto parlare oggi di questo welfare state. Ma cos'è di preciso?"). Ricevuta la spiegazione non tenta di approfondire la questione, ma lascia avvertire anzi il suo educato dissenso di benpensante. Rispetta comunque l'opinione dell'altro, non per proposito ideologico, ma per disinteresse.
Di tutte le domande possibili su di un argomento sceglie quella che verrebbe per prima in mente a chiunque e che una metà degli astanti scarterebbe subito perché troppo banale: "Cosa vuol rappresentare con la sua domanda?" "Come mai si è scelto un partito così diverso dal suo lavoro?" "Com'è che viene in mente di occuparsi di economia?".
Quanto più è mediocre, l'uomo mediocre è maldestro. L’uomo Fitto gioisce sinceramente col padano perché onora il successo. Cortesemente disinteressato al perdente, si commuove se questi versa in gravi condizioni; indi trasvola ad altre cure confortato sull'esistenza del migliore dei mondi possibili. Egli ignora la dimensione tragica della vita.
Fitto convince dunque l’elettore, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e l’elettore pugliese lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi elettori: voi siete Dio, restate immoti.
grecanico. Tratto e ripassato da: Umberto Eco, Diario Minimo, 1961.

Nessun commento: