martedì 14 dicembre 2010

Il sud tra viceré e futuro

di NICHI VENDOLA, Presidente Regione Puglia
Nel Premio Nazionale dell’Innovazione 2010 ben 3 progetti, sui primi 5 premiati, provengono dalla Puglia. Progetti di giovani ricercatori, in grado di aprire straordinarie prospettive alle imprese delle scienze della vita. Non è un semplice caso fortunato. In realtà, la Puglia è tra i laboratori del Mezzogiorno d’Europa più aperti all’innovazione ed alla crescita del sistema produttivo ed imprenditoriale. Nell’ultimo quinquennio questa Regione ha orientato la propria politica industriale alla creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo delle attività imprenditoriali.

Ha puntato a rafforzare quelle economie esterne e di relazione che costituiscono uno dei principali vantaggi competitivi delle imprese più innovative ed aperte ai mercati internazionali. La Puglia ha volto lo sguardo a creare e rafforzare un vero e proprio “milieu innovateur” territoriale in grado di far nascere imprese di successo e traguardare i confini angusti della crisi, dove soggetti pubblici, produttori di conoscenza ed imprenditori possono più facilmente incontrarsi per scambiare informazioni e creare relazioni cooperative più stabili e durature. Lasciarsi alle spalle l’economia fordista per passare all’economia delle idee e della creatività: questa è la sfida che la Puglia ha deciso di intraprendere. Ecco quindi il sostegno alla creazione di distretti produttivi, distretti tecnologici, reti di laboratori di ricerca pubblica e privata, comunità di pratica e di apprendimento specificamente rivolte ai giovani ed all’accompagnamento dei processi che stimolano la creatività e favoriscono la valorizzazione a fini imprenditoriali.

Tutto questo è stato possibile grazie ad un sistema di incentivazione regionale particolarmente selettivo e mirato per le diverse tipologie di imprese (micro, piccole e medie, grandi imprese, consorzi e reti). E’ proprio lo stesso sistema che il Governo – con il Piano per il Sud ed il Decreto Incentivi - vuole cancellare per tornare al “regime unico” gestito direttamente dallo Stato centrale in modo del tutto automatico ed a-valutativo. Dietro il luogo comune della frammentazione e degli sprechi (quelli sì generati dalla legge nazionale 488/92 che oggi si vuole rispolverare sotto nuove mentite spoglie) l’obiettivo di fondo è quello di riallocare risorse e meccanismi decisionali presso le vecchie e svuotate burocrazie centrali.

La Puglia da anni ha puntato invece con successo sull’esatto contrario: pochi strumenti di incentivazione e per giunta fortemente diversificati rispetto agli obiettivi della ricerca, dell’innovazione e della qualificazione delle nuove produzioni, facendo ricorso ad un uso modulare dei livelli di aiuto che premia in modo più consistente le attività “brain intensive” rispetto ai più tradizionali investimenti in capitale fisso.

Solo negli ultimi due anni, al fine di proseguire sulla strada intrapresa ed arginare gli effetti locali della crisi mondiale, la Regione ha attivato ben 20 bandi e messo in campo risorse pubbliche per circa 800 milioni di euro, premiando ricerca, innovazione, internazionalizzazione e, soprattutto, un nuovo protagonismo di migliaia di giovani in veste di neo-imprenditori, ricercatori e semplici lavoratori. Grazie a questi strumenti, nuovi poli di specializzazione sono nati nell’aeronautico, nelle biotecnologie, nell’agroalimentare, nell’ICT, nella meccatronica, ed altri ancora sono in corso di incubazione sul territorio regionale nei settori dell’edilizia sostenibile, dell’energia rinnovabile e dell’efficientamento energetico, della logistica, dell’industria creativa e dell’ambiente.

La Puglia vuole continuare ad investire ed a crescere contando sulle proprie forze, come da alcuni anni ha imparato bene a fare. Ma per proseguire in questa direzione occorrerebbe uno Stato nazionale maggiormente rispettoso dei doveri, così come dei diritti delle amministrazioni regionali, uno Stato nazionale che non divida il Paese in due anche per quanto attiene il rispetto delle autonomie e delle prerogative costituzionali. Le classi dirigenti del Mezzogiorno non hanno alcuna intenzione di ritornare ai tempi dei Vicerè, di abdicare rispetto a compiti e responsabilità che considerano ineludibili e non barattabili, perché continuano a sperare, malgrado tutto, in un futuro migliore, più ricco di opportunità, più coeso e solidale per i cittadini attuali e per le generazioni che verranno.
14 Dicembre 2010
Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=389654


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