giovedì 6 gennaio 2011

Benvenuti nel nuovo Medioevo

06 gennaio 2011
Andrea Plebe
SIETE PRONTI a vivere in un nuovo Medioevo? Preparatevi, perché è quello che ci aspetta, secondo il politologo americano di origine indiana Parag Khanna, classe 1977, una delle voci più ascoltate negli Stati Uniti negli ambienti che contano.


Khanna è stato consulente del presidente Barack Obama per la politica estera durante la vittoriosa campagna elettorale per la Casa Bianca, ha compiuto studi in America e in Europa, ha vissuto negli Emirati arabi uniti, collabora con testate prestigiose come il New York Times e il Financial Times, è una delle menti fini della New American Foundation di Washington, dove si studiano le strategie per affrontare le turbolenze mondiali. Al suo attivo Khanna ha già un libro in cui ha cominciato a diffondere le sue idee, “I tre Imperi” (609 pagine, 22,50 euro), pubblicato lo scorso anno in Italia da Fazi. Qui ha cominciato a ragionare sul Secondo mondo - che era il titolo in lingua inglese - ovvero l’Europa dell’Est, l’Asia centrale, l’America Latina, il Medio e l’Estremo Oriente, aree sulle quali l’Europa e la Cina sarebbero impegnate in una battaglia per imporre i propri modelli di sviluppo, tagliando fuori gli Stati Uniti, la cui fase di massima espansione è finita da tempo. Anzi, proprio l’America sarebbe a rischio di finire in quel “Secondo mondo”.

Adesso Khanna va oltre nel suo nuovo saggio, “How To Rule the World”, che Random House pubblicherà l’11 gennaio e le cui anticipazioni hanno già cominciato a far parecchio discutere politici e diplomatici.
Secondo l’esperto di geopolitica, il XXI secolo assomiglia sempre più al XII, al Medioevo, anche se Khanna concede che nessuna analogia è perfetta. Nel Medioevo il pezzo mancante era proprio l’America, la storia era pre-Atlantica, però altri riferimenti reggono: l’Occidente e l’Oriente allora conosciuti erano entrambi potenti, la dinastia Song in Cina inventava il denaro nella forma cartacea che ancora conosciamo, l’impero indiano del Sud governava i mari dall’Africa orientale all’Indonesia, il modo arabo-islamico era al massimo del suo splendore, dominando dall’Andalusia all’Asia centrale, mentre il Sacro romano impero viveva un periodo di incertezza e instabilità. La globalizzazione - Khanna cita i viaggi di Marco Polo - cominciava il suo cammino in un mondo frammentato.

E oggi a che punto siamo? Il quadro che Khanna dipinge, quello che viene dal 11 Settembre e dall’ultima crisi finanziaria globale, è di quelli che fanno tremare i polsi: “Oggi i poteri che ci aspetta mantengano la pace sono i maggiori produttori di armi, le banche che dovrebbero incoraggiare il risparmio promuovono un tenore di vita oltre i propri mezzi e gli alimenti arrivano alle popolazioni affamate dopo che sono morte. Ci stiamo dirigendo verso una tempesta perfetta di consumo di energia, crescita della popolazione e scarsità di cibo e di acqua che non risparmierà nessuno, ricco o povero”. All’elenco si possono aggiungere ancora l’Aids, l’instabilità finanziaria, il terrorismo, Stati a rischio fallimento: “Nel giro di vent’anni potremmo vedere le schermaglie fra America e Cina evolvere in veri conflitti, ulteriori stati deboli crollare, battaglie per il controllo di combustibili e gas nelle profondità marine, popolazioni in fuga dall’Africa centrale, e le isole del Pacifico andare a fondo”.

Khanna cita Henry Kissinger: “Non si disegna un nuovo ordine mondiale come misura di emergenza. Ma c’è bisogno di un’emergenza per produrre un nuovo ordine mondiale”. Pare che siamo vicini a quel punto. Secondo il politologo indo-americano, ipotizzare un asse G2 tra Stati Uniti e Cina è sbagliato: “Ignora il fatto che i due poteri non possono trovarsi d’accordo su moneta, clima, censura e molti altri argomenti e che pochi, nel mondo, vogliono essere governati dagli Usa o dalla Cina”.

Per uscire dallo stallo, secondo Khanna non è percorribile la strada di un rafforzamento della responsabilità dell’America, né delle Nazioni Unite, «di cui ormai nessuno parla più». Mega-diplomazia è la parola chiave secondo Khanna: «La democrazia è ovunque ci sia qualcuno che conti». Bill Gates, Bono, Brad Pitt e Angelina Jolie possono contare più delle grandi organizzazioni: “Ci sono duecento nazioni nel mondo che hanno relazioni fra loro, centomila società multinazionali che negoziano con i governi e fra loro, e almeno 50 mila organizzazioni non governative che intervengono nelle zone di conflitto per fornire assistenza a governi e popolazioni in stato di necessità”. Il futuro non è dunque in grandi istituzioni che rappresentino tutti, ma in organizzazioni più piccole che rappresentino se stesse in contesti “regionali”.

Interdipendenza, dice Khanna, è una parola alla moda,«ma è una constatazione, non una strategia. Una perpetua elasticità, non una governance rigida, è la strategia che nazioni, economie e comunità devono perseguire». Funzionerà? Il Medioevo, conclude Khanna, non è stato solo un’epoca buia, e da lì è sgorgato il Rinascimento. Soccorre un pensiero di Winston Churchill: “Sono un ottimista. Essere qualcos’altro non sembra molto utile”.
 

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